[Questa settimana la consueta puntata di The Curse Of Miike non andrà in onda perché il film è stranamente bello. Buona lettura]
Quando mi sono trovato tra le mani questo Husk, opera prima di Brett Simmons tutta dedicata agli “spaventapasseri assassini”, una sensazione di deja-vù fatta di leccate umide sui parabrezza, omosessualità latenti e registi finiti a raccogliere saponette in un centro di detenzione, mi aveva pervaso totalmente, facendo vacillare le poche energie rimaste dal lungo ricovero e costringendomi a chiamare la mia assistenze Lalongari Bongiorno per prolungare di un ulteriore anno gli appuntamenti con lo psicoterapeuta. “Bene sign. Bongiorno, ci vediamo martedì prossimo” mi aveva detto il dottore, scaricando un fulmine dalle mani esageratamente strofinate l’una contro l’altra.
Ma andiamo a incominciare.
LE PREMESSE
1) Husk è un’opera prima
2) Husk è un lungometraggio tratto da un cortometraggio
3) Husk ha un cast quasi del tutto recuperato da figurazioni apparse in telefilm americani di dubbia qualità
4) Spaventapasseri assassini
5) Brett è un nome orribile
LE probabili CONCLUSIONI
1) fa schifo perché me l’ha rifilato Nanni
2) fa schifo perché è un allungar il brodo con l’acqua
3) fa schifo perché negli horror non ci sono le risate preregistrate e non può comparire Brian Austin Green e tutti a dire “ma quanto s’è imbruttito…” (risate)
4) Fa schifo perché già visto e quello che abbiamo visto non era proprio. Ecco. Aggradevole.
5) Brett è un nome che no.
LA SORPRESA.
Ebbene no.
Perché mr. Simmons, che ha un nome orribile e sa probabilmente di averlo, ha studiato parecchio per fare questo Husk. E -a mio insindacabile giudizio- ha studiato anche bene. Dunque, nella preparazione di questo Husk di sicuro Simmons ha approcciato il volume: Tutto il cinema di Hideo Nakata minuto per minuto (con approfondimento del monografico su Shimizu e commento a lato di Cicciolina Wertmuller). Di orientale infatti, -nonostante l’ambientazione da Children of the Corn- nel film c’è parecchio. Al di là dello spettro racoroso vittima di un assassinio familiare che si fa i porci comodi suoi tirando sberle a chiunque gli capiti a tiro, a dare al tutto un sapore di raviolo fritto c’è tema del “prescelto”: attraverso visioni più o meno estemporanee, infatti, veniamo aggiornati via flashback sul perché e sul per come tutto è iniziato. Non sono poteri ESP, ma poco ci manca. Ma andiamo avanti.
Simmons, l’eroe registico dal nome obbrobrioso, superato l’esame “cinema orientale: tutto quello che dovete sapere sul perché le ombre fanno paura se passano veloci davanti alla telecamera”, si è lanciato sul fronte iberico con una bella ambientazione fatiscente a metà tra il cascinale e l’orfanotrofio con fotografia contrastata e fortemente virata sui giallo. 30 e lode nell’esame di Balaguerò e Plaza (con approfondimento su “come tenere la macchina da presa in maniera originale senza far venire voglia di Plasil allo spettatore”) e tutti a casa a bere sprizzini.
Ma arriviamo al nocciolo, al succo, al sodo di questo Husk. Si diceva: opera sugli spaventapasseri posseduti dotata di un’ambientazione latamente carpenteriana, dalla fotografia curata che non disdegna di affondare le mani in un corredo immaginifico della Spagna dell’horror contemporaneo. Aggiungiamoci un tocco francese sulla colonna sonora, tutta piena di sussurrini e rumori di background fortemente riverberati che fa molto Ils. Applichiamo al tutto il feticismo per le maschere di telaccia ruvida con sorrisone (repechage del pessimissimo The Strangers, remake del succitato) e il risultato quale è?
La soluzione dopo la foto.
LA SOLUZIONE
Una tesi su Neil Marshall. Eh si miei cari lettori. Brett Simmons, in questo Husk, si dedica anima et corpore alla rielaborazione, rivisitazione, proto-scopiazzamento delle due opere più famose del Neil: da un lato le tempistiche a tamburo battente + attacco fulmineo + splatterone gran guignol di The Descent, dall’altro il tema dell’assedio con soggetti che ti aprono la panza e ti infettano -in un modo o nell’altro- di Dog Soldiers. E se dal confronto potrebbe scaturire un’impietosa stroncatura, c’è da dire [attenzione: twist] che effettivamente Brett ha studiato e ha studiato con passione.
Perché questo Husk, con tutti i limiti della premessa, funziona pure bene. Fa saltare sulla sedia senza tregua, fa male quando deve fare male e si concede giusto una decina di minuti di catena bassa a metà e a fine film. C’è da dire che il ragazzo ha ancora parecchio da imparare sul fronte “Come ti chiudo il film senza tirare fuori dalla dispénza i tarallucci e il vin santo” però l’opera lascia ben sperare. Uno slasher come altri? Sì, certo. Sceneggiatura che fa un po’ acqua? Pure. Ma la mano funziona, i maestri sono buoni e non vedo per quale ragione non possa essere considerato un buon prodotto. Specie perché fatto con grande amore. Voto 27 ma se fossi in lei lo accetterei.
DVD-QUOTE suggerita
Ho visto di peggio
Bongiorno Miike, i400calci.com
Dedicato a suor Amanda
“catena bassa” <3
Impareggiabile Miike.
Husk me, I won’t say no, how could I?
Corn is nice, and Corn can stop you
e allora me lo dovrò proprio vedere…
@Cannibal: se c’hai un’ora e poco più di tempo che non sai come impegnare, vale la pena.
Dovrei autolicenziarmi per aver commesso la grave disattenzione di passarti un film bello.
Non ci avrei dato due lire, più film belli per Miike!
@Nanni: un errore impensabile da parte del LeaderER.
Visto ieri, considerando la media dei film che subisce Miike, questo è come come una fonte di acqua fresca per un assetato nel deserto. Bello.
@Jo: suvvia, non sarà un capolavoro ma il suo porco lavoro lo fa.
Beh, quoque io.
Però ho retto solo 22 min. poi la noia mi ha sopraffatto. Questo film è Smallville rifatto da uno intortato di brutto con il Tarsem di The cell, da cui ha ricavato l’ideona delle “pareti artistiche”. Sui piccioni spolpati sul parabrezza: michia, ma sono dei bistecconi. Bisognerà segnalare questa tipologia di piccioni che so, all’Etiopia: con ognuno di essi possono sfamare un intero villaggio. Per un mese.
@Cobrechito: riassumiti tranquillamente :)