Introduzione di Nanni Cobretti
Forse non tutti lo sanno, ma i400Calci.com non è altro che la prima incarnazione digitale di una storica rivista cartacea. Ebbene sì: fondati nel 1929 dal mio avo Mario Cobretti in reazione all’ennesima commedia romantica con Mary Pickford, fin dal primo numero I 400 Calci hanno influenzato profondamente la critica allo spettacolo e non solo. Ad esempio fu il mio bisnonno Mario il primo ad accorciare il nome “cinematografo” in “cinema”, perché diceva che era corto la metà e il tempo è danaro. Ai suoi tempi lo accusavano di usare un linguaggio da “fanciullopikkiatello”, poi la storia gli ha dato ragione.
Ma niente, succede che l’altra sera rovistavo in soffitta in cerca dei filmini in Super 8 sulle vacanze in Indonesia di mio nonno Bruce (figlio di Mario) e della sua amante di allora Bettina Ruhian, e ho trovato una vecchia lettera datata 1964 indirizzata a lui da parte di Capitan Miike, il redattore che allora si occupava dell’ingrato compito di recensire esclusivamente film brutti.
A voi il preziosissimo reperto d’archivio, in versione integrale:
All’attenzione di Bruce Cobretti, presso La rivista del cinema da combattimento I 400 Calci
Caro Bruce,
ho avuto finalmente modo di vedere The Horror Of Party Beach. Troverai nella busta, insieme a questa mia, anche il parere sulla pellicola. Ti scrivo per portarti anche i saluti del tuo amico Francesco che è stato tanto gentile da ospitarmi in questo mio breve soggiorno negli Stati Uniti. Un ragazzo interessante, devo ammettere, per quanto un po’ strampalato. Per darti un’idea ti racconterò di questo curioso episodio risalente a due giorni fa: lunedì, quando sono arrivato, avevo un notevole mal di testa (credo per colpa del trasferimento sull’aerocargo che trasportava diapason difettosi in casse da 1000 pezzi. Sfusi.). Volevo riposare un po’ ma Francesco ha iniziato a suonare con la sua banda proprio di fianco alla mia camera da letto. Colpa la stanchezza per il lungo viaggio, colpa il mal di testa (avevo finito i cachet), insomma ho trasceso e, nell’esasperazione, credo di aver messo seriamente in discussione la moralità e la professione delle madri dei musicanti. Non ci crederai ma quel matto si è messo a ridere e ha detto che il soprannome calzava a pennello. Francesco (o Frank, come si fa chiamare adesso) ha detto che ti invierà presto un nastro magnetico con alcune canzoni del suo gruppo visto che vorrebbe tanto il tuo parere. Ho ricevuto anche il biglietto per il viaggio di ritorno. Mi imbarcherò sulla tonnara Guglielmo Gasolio domani.
Saluti a te e alla tua signora
Capitan Miike
The Horror Of Party Beach
ovvero
“e io mi sono fatto crescere i capelli per farmi guardare da te alla Laguna Nera”
Probabilmente al di là dell’Oceano qualcuno crede che, insieme alla perenne fedeltà del governo italiano in saecula saeculorum, con il piano Marshall gli Stati Uniti si siano anche comprati dal Vaticano l’indulgenza plenaria. Non si capisce altrimenti per quale ragione un’opera come The Horror Of Party Beach possa arrivare nei cinema senza che qualcuno, dal regista, al produttore, al distributore non abbia il timore di incorrere in una dannazione perenne come si confà per i delitti che gridano vendetta innanzi a Dio. Dire in cosa difetta questo film è un po’ come cercare di contare quanti capelli mancano sulla testa di Amintore Fanfani. Si fa prima a fare il contrario. Ebbene, se in qualcosa questo The Horror Of Party Beach può dirsi riuscito è esclusivamente l’esposizione delle generose grazie dell’attrice Marilyn Clarke che danno, allo spettatore medio americano, se non altro la soddisfazione del triviale ma doveroso fischio d’apprezzamento. Il resto dell’opera è figlia del caos primordiale, del grande mistero della natura, del rovello indistricabile che è la mente del regista Del Tenney.
Una confusione totale che si sintetizza in un un pastrocchio di trucchetti rubati da altre opere del cinematografo e, tra ingrandimenti veloci e inquadrature di sbieco, ci propina alla fin fine le solite bellezze al bagno insidiate dal mostro. Vudù, scorie radioattive, mostri anfibi zombie che succhiano sangue, esperimenti di laboratorio, ghenghe di motociclisti e scazzottate tra vitelloni da spiaggia: così come dai film di Fellini, alla fin fine, l’unica cosa che si capisce è l’amore del regista nei confronti del suo pene (e il desiderio che esso sia attaccato al corpo ben più aitante di un Gassman o di un Mastroianni anziché al suo), così da questo film l’unica cosa che si riesce a capire è l’amore di Tenney per il surf rock, visto che l’unica cosa sensata -o comunque lineare- sono gli stacchetti musicali a cura dei The Del-Aires, banda di sgambettanti giovanotti che definire mestieranti è un complimento. Rimpiangendo addirittura le incursioni cinematografiche di un Little Tony o del reuccio (il cui “Buongiorno, Tristezza” sarebbe un ottimo sottotitolo per questo film, qualora lo volessero malauguratamente importare anche da noi), nel momento in cui i titoli di coda scorrono sullo schermo ci si domanda seriamente chi abbia subito la sorte peggiore: le povere vittime dei mostri succhiasangue o noi spettatori di quest’ora di deliri. Una parola (o forse più) va poi spesa sugli effetti speciali. Son passati ormai quasi dieci anni da Il Mostro della Laguna Nera il cui costume, per quanto datato, risulta essere molto più convincente rispetto ai quattro stracci di gomma appiccicati addosso a questi mimi chiamati a interpretare le creature marine zombie. Le meraviglie viste nel Perseo di De Martino hanno alzato definitivamente verso l’alto l’asticella dell’incredibile. Già oggi non è più sufficiente un po’ di gomma, una maschera, del succo di pomodoro e un tappeto di archi per fare paura, c’è bisogno di qualcosa di più. La gente vuole mostri davvero mostruosi: dovranno essere enormi, realistici, incarnare le paure e uscire, anziché dal mare a passi lenti, rapidamente e improvvisamente dalle pareti degli edifici facendoci saltare sulla sedia. Insomma siamo molto molto distanti dagli alieni che inventerà un pubblicitario inglese fra 15 anni. Finiti sono i tempi dell’attendismo cinematografico: l’orrore sta cambiando rapidamente forma, e il cinema dovrà presto arrivare a farci i conti. E questo The Horror Of Party Beach non sa nemmeno fare due più due.
Citazione da inserire sulla locandina
“Peggio di così si muore.”
Capitan Miike, Rivista del cinema da combattimento I 400 Calci
Geni!
Gentile Redattore Capitan Mike,
grossa è stata la mia sorpresa, stamane, nel leggere sulla Rivista del Cinema da Combattimento le di Lei opinioni su questa pellicola. Non si crucci troppo sulla bruttezza di questa operetta che mescola canzonette di adolescenti ai bagni e genere orrorifico, ho prestato attenzione a quello che dice l’enciclopedia su di essa e con grossa sorpresa ho constatato il fiorire, in questi nostri anni, di numerose rappresentazioni simili al cinematografo realizzate con poche lire. Stia a vedere che fra qualche decennio, avranno pure il coraggio di rivalutarle. Notavo dalla réclame, cosa alquanto singolare, come questa pellicola sia realizzata nell’obsoleto bianco e nero quantunque nell’industria cinematografica, al giorno d’oggi, ci si possa valere del technicolor.
Le porgo i saluti del nostro comune amico, Ceffoni.
Fitz.
ps non si lasci sorprendere dalla durata dell’attraversata sulla Guglielmo Gasolio. Sebbene i noiosi si lamentino di essa, paragonandola come lunghezza a svariati campi di giuoco del fùtbol, essa può risultare assai divertente.
pps vedo che conserva ancora la sua divisa da ranger.
@Steven: Il nonno sarebbe stato contento di questo tuo commento. Chissà se Nanni ha in soffitta altre recensioni del mio avo…
Le preciso che la lettera di cui sopra esprime il mio pensiero sebbene stia stata scritta, sotto mia dettatura, da mio nipote Stevie. Questo giovanotto ha avuto la poco brillante idea di indicarsi come mittente.
Ossequi.
Fitz.
Io spero che Ceffoni si degni di venire a salutare di persona
Stimato Capitan Miike,
Sono dolente per quello che sicuramente avrà patito nel corso della visione di questa sciocchezzuola buona solo per permettere ai giovanotti di inguaiare bambinaie e cameriere con il favore del buio della sala.
Nel caso volesse rifarsi gli occhi con una pellicola di ben altre ambizioni le consiglio la visione della recente “I diavoli del gran Prix” che con il suo montaggio al fulmicotone non rischierà certamente di tediarla.
Il regista è Roger Corman che per l’occasione ha preso un ragazzo da poco laureato in teatro come suo aiuto. Lo tenga d’occhio perché si parla di lui in maniera assai lusinghiera. Si chiama Francis Ford Coppola. Che buffo nome.
I miei più sinceri complimenti per la vostra rivista del cinema da combattimento che sta rivoluzionando il mondo della critica cinematografica come fece James Figg con la nobile arte del pugilato.
Ossequi
Sali del Cinematografo
@sali: a proposito, chissa’ se riesco a ritrovare in archivio anche i vecchi numeri del “Premio Frank Capra” per il nome piu’ ridicolo…
All’attenzione del sig. Fitzgerald Senegal:
al nominar dell’egregio Ceffoni, mio nipote, colpito da un violento attacco d’isterica ilarità propria dell’alticcio pubblico dei fenomeni da baraccone circensi, ha violentemente colliso il proprio ginocchio contro la gamba dello scrittoio, prorompendo in calunnie e infamità nei confronti di svariate divinità, seppur mantenendo un ebete ghigno sul volto.
Dicemi di farle i complimenti per le invidiabili amicizie e chiede la cortesia di portare i suoi cari saluti a Stevie.
Ossequi
Midiclo Rossi Stuart
Pregiatissimo Sig. Midiclo Rossi Stuart, rappresenterò i suoi saluti al mio indisciplinato nipote appena possibile.
Voglia unirsi alla nostra compagnia, stasera, al dopolavoro ferroviario “L’incursione: redenzione” per il consueto torneo di occhiali rotti del venerdì.
Cordialità
Gentilissimo Sig. Fitzgerald Senegal,
la ringrazio sentitamente per il cortese invito al dopolavoro ferroviario, non avessi precedentemente preso l’impegno di arbitrare la partita del giuoco del pallone tra Alieni e Predatori (mio nipote frequenta personaggi a dir poco pittoreschi) mi unirei senza dubbio alcuno alla vostra gioiosa combriccola: “L’incursione: redenzione” ha provocato un brivido lungo la mia spina dorsale, ha fatto perdere l’uso dell’altro ginocchio del piccolo Anakin causa collisione col medesimo scrittoio, causando alla sua bocca da camallo una nuova fuoriuscita di improperi e falsità che ha portato il mio vicino, l’egregio dott. Satana, a chiedere cortesemente di abbassare i toni.
Con la presente, colgo occasione di porgere nuovamente a lei e al giovine Stevie i miei omaggi, quelli di Anakin e quelli del dott. Satana
Illustre Midiclo,
Peccato non possa essere dei nostri. Proprio oggi ospitavamo gli occhiali del Sig. Refn della rivista “Cinematografo di silenzi e inganni recensito da Casanova e Luotto” e ne avremmo degustate in un numero superiore ad una.
Accidentaccio!
Chiedo perdono per la mia scurrilità ma il programma da lei appena enunciato m’appare oltremodo interessante, purtroppo codesti figuri a guisa di xeno paiono alquanto poco inclini ad accettare benevolmente cambiamenti dell’ultim’ora e non vorrei far la fine del mio portaombrelli da loro scambiato per una sputacchiera.
Se lei fosse in possesso di attrezzatura dagherrotipica, la pregherei di impressionare su delle lastre elettrolitiche le pulchrae imagines che sicuramente la serata riserverà per i fortunati astanti.
I miei più cordiali saluti a lei e alla famiglia.
Preg.mo sig. Fitzgerald,
quello screanzato di mio nipote David mi ha fatto vedere la sua invero sciocca e risibile risposta al mirabile articolo dello stimatissimo Capitan Miike, perdonabile solamente in virtù dell’entusiasmo che traspariva e non ho potuto far a meno di notare il suo nome, che piacere risentirla su queste pagine!
Poffarre che coincidenza! Ho recentemente fatto la conoscenza del galantuomo da lei citato che ai tempi soleva usare il curioso appellativo di Manrovesci, insieme al quale abbiamo visto alcuni meravigliosi capolavori di questo immaturo passatempo per povere creature che però in futuro sono sicuro non mancherà di allietare il nostro temporaneo soggiorno su questo globo.
Mi sovviene che alcune delle opere visionate con dovizia di commenti salaci ed arguzie fossero “senza dimora con arma da fuoco”, “giorno del giudizio” e “manovella parte seconda” e mi pare di rimembrare, oltre ovviamente la sua presenza, anche quella dello stimatissimo signor Salidelcinematografo.
Le giungano tosto i miei più cordiali saluti