“Diavologia”, o di quella volta che dopo Lords of Salem abbiamo sentito il dovere di fornirvi modelli di demònio più attendibili o quantomeno più interessanti; per dilettarvi, educarvi o esortarvi coraggiosamente alla letteratura andando a recuperare quei casi in cui un film è diventato talmente più famoso del libro da cui è stato tratto che probabilmente ne ignoravate o avevate dimenticato le origini. Divertimento e mistero chiavi in mano, Satana incluso.
Il libro: Il club Dumas di Arturo Pérez Reverte
Il film: La nona porta di Roman Polanski
la trama del film: Dean Corso, scaltro e cinico cacciatore di libri rari al soldo di ricchi collezionisti, è sulle tracce di un trittico di volumi identici per stabilire quale sia l’originale e quali le copie. Trattasi di un tetro tomo del seicento di rara e pregevole fattura dal titolo “Le nove porte del regno delle ombre” uno dei tanti testi occulti dell’epoca, scampato in tre esemplari all’inquisizione e la cui autenticità da stabilire è una priorità assoluta per il suo proprietario Boris Balkan, un eccentrico collezionista di testi sul diavolo provenienti da tutto il mondo il quale asserisce che quello autentico dei tre è stato trascritto dal Delomelanichon, libro scritto dal diavolo stesso, e che questi ha celato nelle incisioni ermetiche del testo le istruzioni per evocarlo. L’indagine farà addentrare Corso in una realtà parallela e invisibile e lo porterà al cospetto di forze, umane e sovrumane, che non avrebbe mai sospettato.
La trama del libro: Lucas Corso, scaltro e cinico cacciatore di libri rari al soldo di ricchi collezionisti, è sulle tracce di due testi per conto di altrettanti committenti. Il primo è una bozza manoscritta de “Il vino D’Angiò”, capitolo quarantadue de “I tre moschettieri” di Alexandre Dumas del quale deve stabilire l’autenticità per conto del suo nuovo acquirente Flavio LaPonte; l’altro è trittico di volumi identici per stabilire quale sia l’originale e quali le copie. Trattasi di un tetro tomo del seicento di rara e pregevole fattura dal titolo “Le nove porte del regno delle ombre” uno dei tanti testi occulti dell’epoca, scampato in tre esemplari all’inquisizione e la cui autenticità da stabilire è una priorità assoluta per il suo proprietario Varo Borja, un eccentrico collezionista di testi sul diavolo provenienti da tutto il mondo il quale asserisce che quello autentico dei tre è stato trascritto dal Delomelanichon, libro scritto dal diavolo stesso, e che questi ha celato nelle incisioni ermetiche del testo le istruzioni per evocarlo. L’indagine farà addentrare Corso in una realtà parallela e invisibile e lo porterà al cospetto di forze, umane e sovrumane, che non avrebbe mai sospettato.
Cosa è successo in mezzo?: come facilmente noterete dai due riassunti qua sopra, in mezzo è successo che per fare entrare più libro possibile nel minutaggio del film è stata completamente e chirurgicamente tagliata una metà della storia, la metà che riguarda il primo libro, il capitolo de “I tre moschettieri” di Dumas, che è per giunta il motivo del titolo del libro da cui il film è tratto il quale linearmente assume perciò il titolo del secondo testo in ballo. E Il protagonista cambia nome da Lucas a Dean.
La nona porta, pur non essendo memorabile e neanche una delle vette di Roman Polanski, è un film con un certo fascino misterioso, uno di quei film che piaciuti una volta si tende a rivedere ciclicamente. Ebbene: il libro da cui è tratto è almeno il doppio più avvincente, e tutte le cose che avete apprezzato nel film sono una trasposizione più blanda di quello che c’è su carta. In sostanza il film è un adattamento a togliere di un romanzo molto, molto ricco. Per mettere su schermo Il club Dumas in maniera adeguata sarebbe necessaria difatti una miniserie, una cosa alla “Segno del Comando” o tipo la luciferina “I compagni di Baal”, cosa che non escludo si possa fare ma che all’epoca della sua uscita nel 1999 era improbabile visto che le serie TV non erano ancora diventate quel cinema 2.0 che sono adesso.
Polanski, con il suo sceneggiatore dal buffo nome di John Brownjohn, nel valutare il film cade in un errore grossolano: sottovaluta infatti l’importanza della seconda trama che nelle interviste dell’epoca chiama molto superficialmente “la trama secondaria”. Facendo questo fallisce, dove invece il libro riesce.
Perchè la succitata “trama secondaria” nel libro trascina Corso nelle spire del Club Dumas del titolo, una setta di fanatici de “I Tre Moschettieri” che vivono una contemporaneità plasmata su ruoli e situazioni del romanzo, trasformandola (e trasformando quella di chi incontrano) in un gigantesco feuilleton vivente con i suoi Richelieu, Milady e Rochefort in carne ed ossa seppure con altri nomi e fattezze. Questo ha una doppia valenza narrativa, innanzitutto -molto praticamente – fa atmosfera e con i suoi crescenti depistaggi e attentati mette pepe ad ambedue le indagini di Corso (che avvengono in contemporanea); più subdolamente poi sancisce il potere molto fisico dei libri nelle vite degli uomini e la creazione di una dimensione parallela in cui verità e finzione coesistono, tema questo che è cruciale per l’altra trama – quella “principale” secondo Polanski – che vede un Corso ormai esterefatto e vinto dal constatare come i libri aprano a realtà inconcepibili, pronto quindi a scoprire quelle che aprono direttamente all’inconcepibile e ritrovandosi, in due modi diversi, ad essere una marionetta in balia dei fili tirati dai due scritti.
Finali a confronto: – Attenzione: spoiler gravissimi a seguire-
Il libro finisce male e muoiono tutti di Satana: l’avido Corso e l’esaltato Borja all together, in mezzo al rituale ad uso evocazione che però va malemalemale e che il diavolo se li porta, letteralmente.
Il film invece finisce con Corso che si scopa il diavolo, con le fattezze della Seigner da giovane, poi all’alba va in un castello diroccato col sole che sorge e varca la nona porta che ha aperto trombandosi il diavolo. Polanski, vaffanculo dai.
Ma il libro, in generale, come è?: “Il club Dumas” è un romanzo giallo a tinte sovrannaturali molto particolare. Arturo Perez Reverte, da cronista è un fissato delle fonti. Un bravo giornalista (e Reverte è stato corrispondente di guerra per vent’anni) difatti consulta e cita continuamente le sue fonti, e così fa Reverte che imposta il suo thriller su una sterminata bibliografia di testi più o meno antichi e anche più o meno esistenti ma non per questo meno dettagliati, anzi di ognuno vero o pseudobiblia che sia rivela quanti più dettagli possibili.
È un thriller ingegnoso e colto per lettori esigenti, il non plus ultra da ombrellone, è il giallo per bibliofili definitivo, l’ Umberto Eco hard boiled. L’operazione che fa Reverte, al di là della ingenosità degli intrecci e della qualità di trame e personaggi, è di gran classe: rende ogni tipologia letteraria fondamentale per la sua caratteristica intrinseca: parla degli intrecci umani del feuilleton mettendoli in atto nella vita dei personaggi e parla della stampa ermetica antica rendendola la chiave da decifrare per venire a capo della vicenda. Come nell’altro suo thriller a speculazione storica, il bellissimo “La tavola fiamminga”, è impossibile non venire risucchiati dalla dimensione di rimandi letterari e storici, se amate i libri più di una volta vi troverete a voler andare in biblioteca a cercare i testi citati costantemente e in dettaglio (cosa che nel film non avviene granchè invece).
In conclusione libro o film?: Libro, senza dubbio e senza molte altre spiegazioni.
Curiosità: Francisco Solè, autore nel 1993 delle pregevoli incisioni un po’ dureriane presenti nel libro (fatte con una cura iconologica veramente notevole) venne chiamato da Polanski per realizzare anche quella necessaria al finale alternativo del film. Nella suddetta illustrazione la ragazza interpretata dalla Seigner è riconoscibile come il diavolo stesso dall’iconografia utilizzata che la vede in guisa della “Meretrice di Babilonia” dell’Apocalisse. Fondamentalmente quindi, con Polanski, Corso trombandosi la Seigner non solo ci fa lo sfregio di vantarsene al bar ma si intuisce che ci fa schiattare male tutti di apocalisse biblica.
Libro: Amazon
Da fan di Dumas ho amato alla follia il libro e odiato a morte Polansky. Come già ottimamente scritto in questo libro ci sono due trame, una interessante, piena di citazioni, trovate ed espedienti, l’altra banale, poco originale e scontata. Polansky e il futuro premio Jimmy Bobo di luglio ovviamente scelgono di ignorare quella interessante. Fail.
“La nona porta, pur non essendo memorabile e neanche una delle vette di Roman Polanski, è un film con un certo fascino misterioso, uno di quei film che piaciuti una volta si tende a rivedere ciclicamente”
Vero. Visto la prima volta, pur da fan di Polanski, avevo pensato “A ‘sto giro il Roman ha cannato di brutto!”. Ma poi negli anni mi sono accorto che ogni volta che passa per tv me lo riguardo sempre con piacere, anche più di film suoi che considero maggiori.
Il libro non l’ho mai letto. Lo ha fatto la mia ragazza e mi ha sempre detto che é molto meglio e infinitamente più complesso, anche se a lei neanche il film dispiace.
Il film lo vidi al cinema centosessantamila anni fa e a parte il finale un po’ meh ricordo l’atmosfera mi avesse intrigato. Dovrei rivederlo. E dopo ‘sto pezzo m’è pure venuta voglia di leggere il libro.
Darth io non te lo volevo dire ma hai messo tutta una parte sotto spoiler e poi ne hai lasciato una grosso alla fine
Altri film con accaniti bibliofili fumatori?
A me il film piacque e piace tantissimo ma non ho mai letto il libro. Il problema ora, dopo questo ottimo pezzo, è che quindi leggere il libro mi farebbe rivalutare il film in negativo… Del resto però l’ombrellone si avvicina e sono un po’ a corto di idee… La domanda che mi sorge spontanea è molto superficiale: che fastidio gli dava il nome Lucas per cambiarlo in Dean??? Capisco che Varo Borja (che mi viene cambiato in automatico da telefono in Borja Valero, maledetto fantacalcio) potesse essere troppo esotico forse, ma Lucas…
complimenti, interessantissimo articolo.
il romanzo purtroppo non l’ho letto.
il film mi ha fatto cagherrimo già all’epeca, salvo solo una simpatica gag di Depp, allorchè, dopo essersi trombato una tipa che in realtà l’ha fatto solo per il libro (sì certo, voglio vedere se il relic hunter fosse stato joe pesci), lei gli dice something like “non cercare di fottermi” e lui le risponde something like “mi pareva di averlo appena fatto”.
per il resto, un meh grosso come l’altare della patria – e disgustoso uguale.
All’epoca mi era piaciuto forte, come tutti i film dove dentro ci fumano un sacco.
sottoscrivo umbem parola per parola
Il film lo trovai piuttosto deludente anche se l’ispirazione di fondo mi ispirava molta curiosità, indagando scoprii il libro che è veramente due gradini sopra. Purtroppo Reverte si è ripetuto solo con “la tavola fiamminga” poi ha perso ispirazione e si è messo a scrivere romanzetti fotocopia.
Ma davvero nel libro muoiono tutti male? Porca troia, mi ricordavo un finale totalmente differente.
Reverte ha scritto anche la serie di Alatriste, che é gradevole, e una serie di puttanate allucinanti fra cui un romanzo con un prete rubacuori come protagonista che dio caro pagherei per cancellare dalla mia memoria.
eppure nel libro (senzazionale e avvincente), forse avrò colto male, ho sempre pensato che morisse Borja Varo (Il Balkan del film) ma che Corso si salvasse, tornando verso l’auto con La ragazza che lo aspetta.
Ho colto male? Per favore se si correggetemi.
@Darth SPOILER ma il finale di corso non è poi tanto differente, va incontro alla tipa diabolica e la sua sorte rimane ambigua FINE SPOILER
@DocGonzo guarda il romanzo del prete lo salvo perchè mi ha spinto ad andare in vacanza a Siviglia ed è stato un epic win.
invece opinioni sul film di Alatriste con viggo mortensen?
io mi ricordo un colpo di classe dove Depp si rifugia in un bar per sfuggire ad un losco figuro che lo segue e il suddetto losco figuro si vede attraverso la vetrata, poi cala il sole, si accendono le luci e chiaramente dalla vetrata si vede il riflesso dell’interno del bar e il Depp s’inquieta perché non ha più sott’occhio il rischio. e tutto senza stacco
un cambio di fotografia volante con doppio carpiato che mi piacque assai e mi piace tutt’ora quando lo rivedo
il resto un po’meno, a parte borja valero (che quest’anno vincerà lo scudetto, daje borja!!!) che spezza colli a finti satanisti da discount con la tunicona e le candelone
Ricordate il Nome della Rosa? Libri bellissimo ed anche piuttosto complesso, il film fu un’altra cosa, così come lo è La Nona Porta. Sono libri difficili da adattare alla pellicola cinematografica, ciò nonostante i registi hanno dato il meglio, credo, per ricrearne l’atmosfera. Per un bibliofilo poi il capitolo del libro riguardo i restauri dei testi è qualcosa di sublime, e certamente non poteva essere realizzato in una pellicola. Rimane comunque un film da vedere e da commentare.
@ Darth Von Trier: bellissimo articolo che mi ha fatto venir voglia di recuperare il libro (bellissimo) e poi vedere il film (molto meno bellissimo, finale ad cazzum).
SPOILERONI SUL FINALE
io non avevo inteso cosi il finale! Pensavo che Corso se ne andasse dal luogo del rituale, capendo che il rituale sarebbe fallito causa falsificazione dell’ultima tavola, e nel frattempo sentiva le urla di Varo Borja. No?
Visto il film e letto il libro, apprezzato molto entrambi devo dire. Li ho trovati anche abbastanza diversi. Cioè, il film ci si ispira ma va per i cazzi suoi.
Mini spoiler: il tormentone legato a questo film, che vidi col mio amico Beppe, è e sarà sempre “ancora nessun accenno al fatto che la tipa vola”
Strano io ricorda del romanzo un finale diverso Corso si salva non viene preso dal diavolo.
Ho visto il film e poi ho letto il libro, confermo che in entrambi CORSO non muore. il film è piu’ gotico e tutto incentrato sul diavolo ma a me è piaciuto, il libro è tutt’altra storia: citazioni colte non solo di DUMAS, devo precisare però che le tavole sono uguali. Considerando come qualcuno ha gia’ fatto, che sarebbe stato troppo lungo riportare fedelmente il libro, Polansky ha comunque fatto un egregio lavoro,
Il finale del libro non è quello descritto.
film affascinante!il libro non lho letto non saprei dire!
film affascinante!il libro non so dire
l’ autore del post è un p…a infatti il film è bello e corso nn muore neanche nel libro…sto qua vuole spiegarci le cose poi nn ha capito neanche il finale del libro…bhaa
e poi anche nel libro corso si scopa il diavolo sotto forma di ragazza, in quache modo credo che il finale del film sia meglio del finale del libro anche se per capirlo bisogna studiarci su bene. infatti nel film si capisce della tavola 9 quella finta manomessa dai fratelli ceniza che raffigura il castello in fiamme mentre quella originale rappresenta il castello illuminato, avendo balkan interpretato il fuoco come se dovesse darsi fuoco lui stesso per raggiungere l’ obbiettivo mentre invece corso torna dai fratelli prende la tavola giusta il castello illuminato si scopa il diavolo e con la luce si avvia verso la vittoria…infatti la 9 tavola dice “Nunc Scio Ex Tenebris Lux”grazie a tutti lo so sono intelligente :)
E infatti solo innamorandosi del bel diavolo interpretato da Emmanuelle Seigner Corso giCarte, dadi, scacchiere: le tre forme assunte dal Gioco nella cultura occidentali, con varie combinazioni. Il riferimento alla fortuna è molto pertinente, in quanto sarà evidente che non basta compiere il giusto percorso iniziatico E infatti solo innamorandosi del bel diavolo interpretato da Emmanuelle Seigner Corso(Balkan lo farà, e fallirà ignominiosamente) bisogna godere della Simpathy of the Devil ungerà ad aprire la “Nona Porta”, sia in senso mistico che carnale…..