A voi LE BASI, la rubrica in cui stabiliamo e blocchiamo le fondamenta del Cinema da Combattimento in modo da essere tutti in pari. In questo primo, imprescindibile round fisso settimanale percorriamo la filmografia di una delle colonne portanti del nostro credo, il glorioso John Milius, attraverso le opere più importanti della sua carriera, sia come regista sia come sceneggiatore. Buona lezione.
Ciao, mi chiamo Jackie Lang e anche io sono qui come Stanlio Kubrick e Darth Von Trier prima di me per dire che John Milius è LE BASI.
E la prima ragione sta nei 5 minuti iniziali di Dillinger. Si può capire tutto di un film dai suoi primi 5 minuti. Nei casi migliori si può capire tutto anche del suo autore e Dillinger inizia dimostrando che John Milius, lo sceneggiatore dei miracoli, quello che si era dimostrato al tempo stesso classico e innovatore, capace di realizzare crossover mostruosi tra azione e drammatico, western e speculazione umana, conditi con grandi dosi di califfaggine, non è uno scrittore solo prestato alla regia, non è uno che si limita a puntare la macchina da presa su chi sta pronunciando le battute che ha scritto, ma un vero narratore per immagini.
Come ogni diplomato al DAMS sa Dillinger arriva al cinema 6 anni dopo Gangster story, il film su Bonnie & Clyde con Warren Beatty e Faye Dunaway, quello che fece crollare il codice di autocensura che vigeva ad Hollywood dagli anni ‘30 in tema di sesso e violenza, insomma quello che ha spalancato le porte alla moderna concezione della violenza del cinema americano (occhio che questa è storia!). Insomma 6 anni dopo quel film lì è tutto un liberatorio sparare e prendere colpi in petto con ampi schizzi di sangue e il buon Milius ci sguazza, così, visto che vanno tanto di moda, fa anche lui il suo film efferato sui gangster dell’era della Depressione.
Tutto inizia con un’inquadratura fissa che incornicia i personaggi da dietro la cassa di una banca (c’è luogo più iconico per iniziare un racconto su Dillinger, il rapinatore per eccellenza, che non la cassa di una banca?), con la finestrella a inquadrarlo ulteriormente come fosse la cornicetta di un quadro, come se non bastasse il fotogramma stesso del film. Baffetto da guascone, cappello da giorno di festa e battuta facile, Dillinger dopo poco sfodera la pistola nella posizione di La grande rapina al treno e fa il suo lavoro come se stesse rapinando gli spettatori. La scena si chiude con un bel primo piano malandrino in cui afferma: “Questo potrebbe essere uno dei momenti migliori della vostra vita”. SBAM! e partono i titoli di testa con un charleston che allegramente canta “We’re in the money…”. Minuto 1.30.
http://www.youtube.com/watch?v=Ocy0SIuuEGk
Lui, Milius, non solo sta con Dillinger, quella simpatica canaglia, ma sta con il suo spirito divertito, sta con lui per le risate, per i baffetti, per l’atteggiamento leggero, in una parola sta con lui per l’etica, e pretende dallo spettatore la medesima adesione prima sentimentale che logica. Non ci sono delle motivazioni per le quali è meglio lui, o lo capite vedendolo o niente. Milius è così.
Ci sarà tutto il film per i dati, le date, i numeri, la storia e le argomentazioni ma intanto cerchiamo di essere sicuri che siamo tutti dalla parte giusta della barricata. Perchè per Milius il cinema è soprattutto questo: stare con le persone con cui è giusto stare e contro quelle contro le quali è giusto porsi. E indovinate quali sono le persone con cui sta il vecchio John? Sta con i duri.
Lo dimostra nella scena che segue i titoli di testa quando ai criminali, i soci di Dillinger, contrappone un vecchio indurito dalla vita. Harry Dean Stanton (Dio l’abbia in gloria) tenta di fare lo spaccone per farsi notare dai compari rapinando un vecchio benzinaio seduto sul portico dietro la pompa, lo minaccia con la pistola ma questo non si muove, non gliene frega della pistola e delle minacce, nemmeno lo guarda e quando viene minacciato sputa in terra come segno di disprezzo, semplicemente lui non prende ordini da quel damerino solo perchè è armato. Immediatamente ha vinto lui.
Non sono passati nemmeno 5 minuti (escludendo i titoli) e già sappiamo che c’è una simpatica canaglia come Dillinger con cui ci conviene stare e che non lo facciamo perchè è un criminale, visto non tutti i criminali degli anni ‘20 sono come lui. In questo film (come nella vita) infatti non si sta con i fuorilegge per forza, non si sta con una categoria, si sta con i singoli, con chi ha una spina dorsale, chi è fedele alle proprie idee e chi non si lascia piegare “…e se non vi piace siete ancora in tempo per uscire dalla sala”. Questi sono i primi 5 minuti di Dillinger.
Troverete le stesse idee, la stessa coerenza e lo stesso amore per chi non si compromette e affronta qualsiasi confronto con la faccia contro il vento in ogni altro film di Milius e non lo troverete mai detto a parole, che quelle servono ad altre cose, sono buone per mandare avanti la trama o commuovere le signore, lo troverete invece nelle immagini, nelle facce, negli atteggiamenti. Lo troverete nelle uniche cose che contano.
E la dimostrazione viene solo pochi minuti dopo. Perchè in Dillinger il buon John Dillinger è solo una metà del film, l’altra è Melvin Purvis l’uomo che gli dava la caccia. Come in ogni western che si rispetti (e per i cineasti di quegli anni e quelle idee il western era semplicemente LA BASE come per noi è Milius, non si fa niente se non si parte da quella struttura) al fuorilegge corrisponde la legge e, visto che siamo negli anni ‘70 e possiamo dichiarare superato il manicheismo di un tempo a favore di una complessità più decadente, lo sceriffo della situazione non si oppone direttamente al criminale ma ne è quasi fratello, una figura opposta ma non diversa, un estraneo alle dinamiche cretine del resto mondo. Come al solito non sono le parole a spiegarlo.
La faccia rugosa pre-Danny Trejo che Ben Johnson presta a Melvin Purvis entra in scena spaccando tutto con una sequenza da manuale del cinema virile.
C’è un criminale armato in un casetta in mezzo al niente, la polizia asserragliata fuori con fucili puntati, arriva Melvin. Non dice niente, dà ordini, si veste bene, mette il giubbotto antiproiettile sopra il suo completo, guanti, due pistole in mano, ovviamente cappello in testa e manca solo il sigaro, impone a qualcuno di metterglielo in bocca e accenderlo che lui ha le mani occupate da due pistole. Cammina tranquillo fino ad entrare in casa. Non c’è colonna sonora, non ce n’è bisogno. Due spari. Esce moribondo e insanguinato il criminale che crolla a terra, dopo di lui Melvin con in braccio la donzella salvata. Questo sarebbe il villain.
Insomma sono passati orientativamente meno di 20 minuti e già è evidente che questo film dall’impianto classico in realtà non lo è per niente. Le categorie che conosciamo sono state ribaltate, il criminale sbruffone e simpatico non è tale in quanto criminale (i suoi colleghi sono delle mezze seghe) e l’uomo che gli darà la caccia non è un nemico vero, anzi la loro rivalità e l’acrimonia con cui a questo fuorilegge romanticone, un po’ dandy e scavezzacollo si contrappone un uomo retto e massiccio, un vero tocco di granito, è più simile ad un bromance mancato che altro. Addirittura in momenti diversi del film entrambi diranno che “Il tempo è l’unica cosa che possiedo in abbondanza”, credendo rispettivamente che questo li renda unici rispetto all’avversario quando invece dimostra ulteriormente la loro identità.
Milius insomma sta con entrambi perchè sono seri. Il resto del mondo si fotta.
Sono così seri che quando Pretty Boy Floyd morirà ammazzato da Melvin Purvis, con l’ultimo fiato gli chiederà se nel casino generale è proprio stato lui ad ucciderlo, ed è contento di sapere che è andata così. Una fine onorevole per mano di Purvis.
La caccia e la contrapposizione è insomma solo un’altra maniera di far valere il proprio punto di vista sul mondo, dimostrarsi coerenti, onesti (intellettualmente) e dotati di un codice, da che parte della barricata si stia poco importa.
Il punto di vista di John Milius sulla vita, per come esce nei film, è così determinante e miliare che si ritroverà in tutto il cinema migliore venuto dopo. Micheal Mann (per dire) è figlio di questo cinema, non solo perchè Heat si fonda sulle medesime regole appena esposte ma anche per l’economia di dialoghi, la forza delle immagini, la mancanza di virtuosismi a favore della massima densità delle scene e la totale assenza di colonna sonora nei momenti d’azione, in cui sono i rumori, le urla, gli spari e il sonoro della macchina umana al lavoro che fanno da contrappunto, non le note.
Nel resto di questo film, che non è nemmeno uno dei migliori di Milius, non mancheranno altri elementi interessanti come la volontà di approfondire il mito di Dillinger attraverso quel che di lui si dice, il rapporto che aveva con la stampa, il fomento degli altri criminali nei suoi confronti e la determinazione con cui l’FBI cercava di creare delle figure mediatiche eroiche e affascinanti quanti i criminali (i G-Men). Ma è tutto materiale che potete imparare da J. Edgar con DiCaprio.
Che Dillinger fosse uno che piace, uno col bel sorriso, simpatico e amabile è per Milius un tratto della personalità, come il sigaro di Melvin Purvis. L’affaire mediatico non è mai il centro del film, tanto quanto non lo è il fascino endemico della figura. Il centro è il movimento, spostarsi, cercarsi, muoversi, rischiare, essere uguali ma da lati opposti ed essere assetati l’uno dell’altro. In una parola “essere vivi”. Le follie di Evel Knievel, il ritiro naturalistico di Jeremiah Johnson e tutto il resto di cui vi parliamo da settimane altro non sono che mille forme diverse della medesima celebrazione dell’essere vivi e di esserlo a pieno (e sapete che SPOILER tra un po’ di post arriverà anche “Qual è il meglio della vita?”).
http://www.youtube.com/watch?v=VwxLEKbMzDU
Dvd-quote suggerita:
“Stare dalla parte giusta”
Jackie Lang, i400calci.com
In che senso “non è nemmeno uno dei migliori di Milius”?
E’ un capolavoro diamantino.
L’unico film simil-Peckinpah mai fatto davvero all’atezza dei film di Peckinpah.
L’ultima parte del film tutta è un Trionfo della Morte in versione gangster.
Hai presente il livello degli altri di Milius? Non so: Apocalypse Now, Corvo rosso, Il vento e il leone, Conan, Un mercoledì da leoni…
posso dire che trovo più interessanti questi post educativi alle recensioni sui film Asylium e syfy ?
Per fortuna internet è grande a sufficienza per entrambi
Jackie, certo che ho presente. E per me, appunto, migliori film di Milius sono Un mercoledì da Leoni, Il vento e il leone, Dillinger e Conan. Una spanna sotto gli altri (L’ultimo attacco e Motorcycle gang anche più di una spanna).
Apocalypse Now! e Corvo Rosso hanno l’impronta di Milius ma non si può dire siano davvero “suoi”, dai.
Beh per me da morire. Forse Apocalypse Now! ha avuto una storia produttiva tale, così ingombrante e colma di contributi altri (Storaro, Brando…) da essere qualcosa di ancora superiore ma non puoi fare finta che tutti i momenti migliori e più memorabili di quel film siano una questione di scrittura. Battute epiche, personaggi straordinari, un’organizzazione del racconto mostruosa (la discesa all’inferno con ogni tappa che è più folle della precedente, un girone più vicina al demonio) e alcuni idee che sono fulminanti già su carta, prima ancora della realizzazione (la cavalcata con gli elicotteri).
Sappiate che sto aspettando il pezzo su conan più dell’estate…ma in attesa continuate così!
Anche per me questo e’ un milius minore che corrisponde comunque ad un gran film!
Bella lezione anche oggi su Le Basi. Continuo a studiare nonostante questo sia davvero difficile da pescare nel torrente. Spero cmq si riveli migliore del pallosissimo Nemico pubblico di Mann, che all’epoca mi deluse assai considerando che ho il suo santino sopra al comò.
Intanto grazie.
Grazie perché le recensioni di Dillinger sono pochissime e grazie perché senza di voi, un film che si trova a stento e per di più solo con i sub in inglese, non so se me lo sarei visto mai.
La cosa che più mi ha colpito è che qui siamo ancora in pieno territorio western. Mitra al posto dei fucili, auto al posto dei cavalli, ma per il resto ideali, sviluppo e anche molte location sembrano quelle di un film su fuorilegge e sceriffo del far west.
La violenza la fa abbastanza da padrona e la signora che viene travolta dalle auto dei banditi (poi impegnate in uno scontro a fuoco con la polizia), è un ottimo contraltare alla presentazione da guascone che Dillinger fa immediatamente prima. Ma in genere ogni volta che si spara (e non si spara di certo poco), lo si fa per uccidere.
Anche io però sono d’accordo con Lang, fra tutti i film che ho visto con Milus come regista/sceneggiatore questo è quello che ho trovato meno armonioso.
La scelta di spezzettare il film in tante scene madri lo penalizza. Si vede ottima roba che però rimane sempre sospesa, slegata in larga misura da quello che la segue e che l’ha preceduta.
Intendiamoci però, rispetto ad esempio al film di Mann questo gli è superiore in tutto. A partire dal viso e dai gesti del fuorilegge che qua sembra veramente un figlio della depressione, cosa che Depp invece non riusciva, e forse nemmeno voleva, fare.
Cmq il dvd ita esiste, ma non so se é ancora in catalogo. Io ho sia quello ita che quello usa, quello ita ha qualità video molto inferiore e dura qualche minuto in meno (poca roba).
Non vedo mai citato addio al re: se facessero una director’s cut potrebbe concorrere con i migliori di milius. Non dimentichiamo nemmeno rough riders, che dopo un paio di film veramente brutti riportò milius a livelli di eccellenza
Ormai attendo il mercoledì con gioia. Dopo i sette capestri mi recupererò anche questo!
sono saltato in aria al Dio l’abbia in gloria a Harry Dean, pensavo fosse morto e non lo fossi venuto a sapere, invece per fortuna il grandissimo e’ ancora vivo e vegeto.
Bella recensione, bravo, devo confessare che questo e’ uno dei pochi Milius che non ho visto. recuperero’ prima possibile.
Questa è divulgazione nella sua forma più nobile, dovrebbero insegnare queste cose nei licei. Grazie, regaz.
OT
In corso sondaggio alla traditora lanciato dal Grande Capo su facebook:
https://www.facebook.com/n.cobretti/posts/10200683878699739?comment_id=4610063¬if_t=like
In culo a Johnny Depp e il suo “Dillinger” soporifero!
Altre basi,altro giro d’applausi sia per Milius che per Lang!
Probabilmente l’ha già chiesto qualcuno, ma dopo Milius è previsto un altro “LE BASI” con un altro regista/sceneggiatore? Per esempio morirei per avere un “Le basi: Sergio Leone”
visto che insistete è il momento dello “sborrino dell’olio”. ho conosciuto Milius presso i suoi uffici alla Columbia nel 1994 :))
Si siamo veramente nel western pieno al 100%. E sti cazzi che non ci sono i cavalli.
Prima cerchiamo di finire questo LE BASI e poi si penserà al prossimo.
Micheal Lucas: un brindisi per te!
Continuo a non aver parole per ringraziarvi di questa monografia.
Scoprire che ti mancano così tanto le BASI e avere qualcuno che ti educe in questo modo è impagabile. Davvero, come diceva Angus Lee qualche commento più sopra, dovrebbero insegnare queste cose nei licei!
Aspetto con ansia mercoledì prossimo :)
Grazie Jackie, il brindisi me lo faccio con te che ti prendi la briga di occuparti di cose serie. perciò ti racconto che il buon vecchio Jhon aveva un assistente vietnamita che obbligava a fumare i suoi sigari ben sapendo che il soggetto odiasse fumare :))
CHE GRANDE
Questo mi manca e lo recupererò al più presto.E’ un piacere questa monografia, Milius col sigaro dovrebbe essere il nuovo seagal ietro la cinepresa.
@micheal lucas:ahaahaah,grandissimo. Altri aneddoti miliusiani?
Bellerrima questa lettura di Dillinger. E’ vero, The Heat è molto più simile a questo del successivo Public Enemy, io ci ho visto delle intenzioni diverse da parte di Mann, come se volesse portare il suo metodo in un’altra epoca, essere presente lì negli anni ’30 con la sua troupe e le sue camere digitali, rinunciando ad ogni pretesa di fiction, di drammatizzazione fuori dalla Storia. Nello specifico, Milius enfatizza e “piega” la Storia a un suo punto di vista, mentre Mann cerca di esserne l’invisibile testimone. Ma sono mie pippe mentali.
Su Conan, non posso immaginare in quale altro modo si possa rileggere, forse partendo dalle similitudini tra Milius e R.E.Howard, una figura in fondo sconosciuta al pubblico. Ma poi, finite sempre per sorprendermi :-))
Anche a me è piaciuto, però di Milius preferisco “Il vento e il leone” e “Un mercoledì da leoni”.
“L’ uomo dai sette capestri” lo devo ancora vedere! Mannaggia qualche anno fa lo cannai in TV! Così come la miniserie “Rough riders”.