L’universo del DTV è una roba davvero strana. A volte regala cose sorprendenti, a volte addirittura capolavori. Il più delle volte, tuttavia, galleggia in una piscina di mediocrità, tanto da farti incazzare e chiedere perché, al di fuori del sistema di rating del cinema, al di fuori di tutti i problemi e i cazzi che si fanno le major nel non offendere nessuno, nel cercare sempre la storia d’amore inutile, nel tagliuzzare la violenza per ottenere il PG-13 in modo da piazzare le action figures da McDonald’s, perché le maestranze coinvolte mirino a un comune denominatore ancora più innocuo, anziché darcene con tutto quello che in sala non si può vedere.
Il DTV avrebbe la possibilità di essere il nuovo grindhouse, il nuovo drive in, in un’epoca in cui tutto è standardizzazione da multisala, porta i tuoi figli e avrai diritto a una mega confezione di poppi conni, porta la fidanzata e potrete comprare due menù al prezzo di uno. Il DTV, in un mondo in cui la sala a volte te la fai in casa col mega schermo e l’impianto che fotte il cervello ai vicini, potrebbe salvare chi di noi ha sete di sangue e carnazza. E invece, più spesso, vedi Asylum e compagnia bella, è robetta innocua, girata e interpretata senza nerbo.
E purtroppo, questo Bullet, un film d’azione che vorrebbe essere monto basic, vecchio stampo, fisico, SANGUIGNO, rientra perfettamente nel caso anzi descritto. Quando parte sembra tutto molto bello: c’è Danny Trejo, fazza da cinema come poche oggi, che va a trovare un dealer in una roulotte nel deserto – “Salve, mi chiamo Nick Lyon, sono un regista e ho visto Breaking Bad!” – e gli sbatte un bel malloppo di banconote sul tavolo dicendo “Facciamo affari”. Ma subito dopo arrivano due sbirri e Trejo aka Bullet non esita a farli fuori. In realtà – SPOILER – è tutta una messa in scena: Bullet, aka Frank Marasco, è un grosso della polizia e ha costruito questa candid camera per costringere lo spaccino a rivelargli i nomi dei suoi capi.
Questo episodio serve per due motivi: introdurre il main plot, perché il capo del poveraccio è Carlito Kane, il cattivone col nome più stupido dell’anno; e introdurre ovviamente il Nostro Eroe. Bullet è uno che non esita a usare metodi anti-convenzionali, ma è anche uno di cui i colleghi si fidano al cento per cento. È uno sbirro incorruttibile che però, nel tempo libero, va nei fight club clandestini a scommettere su se stesso e, nonostante sia un vecchio di merda, è ancora duro come la roccia e vince. Quasi dimenticavo che ha anche una figlia ex tossica e un nipotino. Insomma, avrete capito che è un personaggio un po’ cerchiobottista: duro ma anche buono, action man rassicurante per far passare a chiunque una domenica pomeriggio in relax. Siamo lontani anni luce dai piedipiatti controversi degli anni Settanta a cui Lyon sembrerebbe voler fare riferimento: dimenticate, per dire, Popeye Doyle e Callaghan.
Bullet è anche un personaggio modellato intorno al suo interprete. E qui ci sta un discorso a parte sulla figura che Trejo ricopre nell’action contemporaneo. Al Danny non si può non volere bene: è un vero ex galeotto, con tanto di tatuaggi a dire “Io sono più fico di te, mi son fatto la guardina a San Quintino e lì dentro sono diventato campione di boxe”. Addirittura, nel film si accenna al fatto che Bullet è un ex tossico, redento grazie a un “programma in 12 passi”, che è poi lo stesso che lui ha seguito nella vita reale. Una volta superata la fase “gioventù bruciata”, Trejo ha iniziato a lavorare nel cinema, interpretando una scia infinita di thugs fino all’incontro con Robert Rodriguez. Sul set di Desperado i due scoprono di essere secondi cugini, e a quel punto scatta il meccanismo della FAMIGLIA: Rodriguez casta (mi dicono che oggi si dice così) Trejo in una serie di ruoli con nomi di armi da taglio, il cui culmine è Machete. Piaccia o meno, è il tipo di film per cui Danny è nato e si è fatto la galera, perché riflette la sua vita: lui, come Machete, è uno che, se lo incontri di notte nella tua via, affretti il passo e infili la mano in tasca per trovare le chiavi. Mentre invece, toh, è una brava persona! Materiale da anti-eroe 101. Lui, molto felice di lucrarci – e come dargli torto – ha poi iniziato ad accettare le offerte di tutti quelli che hanno preso a chiamarlo per rifare all’infinito lo stesso personaggio in contesti diversi. Zombie Hunter: Machete contro gli zombi! Dead in Tombstone: Machete versione western/horror! E via così, come un Big Jim in carne e ossa, sempre pronto a cambiare abito senza che la sua pettinatura il suo grugno venga intaccato.
In questo senso, Bullet è “Machete lo sbirro contro i trafficanti diddroga di Breaking Bad”. Il film ha persino la tagline “This time they messed with the wrong guy”, versione tristona della frase di lancio di Machete, “They fucked with the wrong mexican”. Il signor Lyon – che nella sua carriera ha diretto Species IV, oltre a svariati Asylum tra cui Zombie Apocalypse e Rise of the Zombies, sempre con Trejo – deve aver pensato: “Vabbuò, c’ho il Danny front and center, da qui è tutta discesa”. Così, in un gigantesco corto circuito fra intenzioni e risultato, ha prodotto un qualcosa che si sintetizza perfettamente in una inquadratura che vediamo nella prima scena. L’auto di Bullet procede nel deserto, finché Lyon non la inquadra da dietro per mostrarcene la targa – che dice, ovviamente, “BULLET” – con l’immancabile zoomatona alla Rodriguez/Tarantino che fa molto coolness anni Settanta/grindhouse/exploitation, o per lo meno è quello che pensa Lyon.
Perché poi, forse per scelta, forse per incapacità, il resto del film non ha NULLA della coolness anni Settanta/grindhouse/exploitation che vorrebbe avere. Intendiamoci, sono il primo ad oppormi ai cloni malriusciti di Tarantino, quelli che pensano che dialogo bizzarro+fotografia vintage siano sufficienti a fare un buon film. Ci metto in mezzo anche Rodriguez, che quando vuole ci sa fare ma troppo spesso esagera, uscendone come un cialtrone. Però, se giustamente non ti va di imitare gli imitatori, almeno dammi qualcosa di concreto. Almeno, se non hai stile, dammi il mestiere, quello sporco e cazzuto. Dammi la violenza, dammi – lo devo ripetere? – carne sangue tette esplosioni.
E ce le da il signor Lyon? Vi devo fare lo spelling? NO CHE NON CE LE DA. O meglio. Il sangue è spesso digitale. Le esplosioni lo sono sempre: brutte, fiacche, tristi. Roba che veramente ci si chiede se sia costato così tanto meno farle in CGI: non è che nel film saltino in aria i palazzi, eh, si tratta quasi sempre di piccoli botti che coinvolgono porte, bagagliai di auto, robe così. E anche in quei casi, invece del BOOM ci rifilano un esile POOF e fine. Un paio di tette, poi, le vediamo: sarebbero anche quelle di Julia Dietze, che in Iron Sky faceva la sua porca figura. Lyon ce le mostra nella scena in vasca da bagno meno sexy di sempre, per circa mezzo fotogramma poco prima che – SPOILER – Bullet la mandi al creatore per avvelenamento da piombo.
Tutto è molto televisivo, e lo dico con estremo rispetto e amore per le moderne serie TV. La fotografia, la regia, la costruzione dei personaggi, tutto fa sembrare Bullet il finale di stagione di una serie minore, quelle che cercano l’effetto cool nel montaggio (usando quelli che Verne di Ain’t It Cool definiva “Avid fart”, raccordi di montaggio finti sghembi col sonoro che fa WHOOSH e che alla seconda volta ti hanno già rotto il cazzo). Lyon, lo abbiamo già detto, si è visto tutto Breaking Bad e ha pensato che bastasse un po’ di deserto, Danny Trejo e Mike Ehrmantraut per ricreare la magia.
In mezzo a questo safari nella nullità, il Trejo ce la mette tutta. Uccide la gente e se ne va con una battuta figa (“We’re in America, speak mexican, bitch!”), non si smuove più di tanto neanche quando Kane gli rapisce il nipote (“Firma questa suicide note e te lo lascio libero”; “Fanculo, io non mi suicido neanche per il cazzo!”), tutti credono che sia un vecchio stanco e invece è ancora capace di far fuori tutta la banda dei cattivi da solo. Ma è un pesce fuor d’acqua, un personaggio tongue-in-cheek in un film che si prende dannatamente sul serio. Una contraddizione che sta tutta lì, tra le one-liner cazzone e lo stile da action “moderno” che il regista adotta. Un’accoppiata che non funziona: quando hai per le mani Trejo nel ruolo di uno sbirro di nome Bullet, devi andare all in e puntare sul divertimento sopra le righe, altrimenti la prossima volta chiami un Liotta a fine carriera qualsiasi e pace.
Bonus finale: la coppia di cattivi più ridicola degli ultimi anni. Da una parte, il tappo Jonathan Banks, che praticamente fa una versione più malvagia del Mike di Breaking Bad. Dall’altra, lo spilungone Torsten Voges, che interpreta il generico gangster tedesco (!) Kruger. Insieme, sembrano C1-P8 e D-3BO, anzi Voges mi ha ricordato anche Al di Police Squad! e Una pallottola spuntata, il poliziotto talmente alto che non ne vedi mai la faccia. Qui, in certe scene, per riprendere tutti e due sono costretti a tagliare la testa di Voges ad altezza fronte. Scelta ironica o svista di casting? Chiedo l’aiuto da casa e vi torno a rispondere.
DVD-quote:
“La mala trema: Machete lo sbirro vuole giustizia”
George Rohmer, i400Calci.com
Concordo sul fatto che il mercato DTV potrebbe essere una miniera d’oro ma tolti rari casi e’ una miniera di mer…
Massima simpatia per trejo ma ormai è diventato sinonimo di noia, brutti film e di gomitini pure trai più babbi di sto mondo, fa piacere vederlo a lavoro nel solo 2014 a una ventina di film, stando a imdb ma di questi chissà se almeno uno sarà decente, si è inflazionato troppo.
Ma sapete cos’è?
E’ che che anche il 90% dei vecchi e veri grindhouse, dei filmetti da drive-in, delle varie exploitation alla fine erano molto più innocui del mito che gli è nato attorno.
Magari non così fottutamente innocui come il merdaio attuale dei DTV, ma comunque con infinitamente meno tette, violenza e sangue di quanto amiamo raccontarci e immaginarci.
Trejo per me rappresenta una soglia dell’impossibile. Avere successo, averne tanto. A 60 anni. Le meglio fiche, soldi a palate. Tutto a 60 anni, ripensando a quando ne aveva 20 ed era un gelletto acrobatico (ma senza soldi e senza tope).
No, davvero, io penso sempre a questa sua condizione quando lo vedo sullo schermo con il Mel Gibson di turno o la mega patata chips di turno e mi chiedo: Danny, dove trovi la forza per non incazzarti ?
Anche perché Rudy l’amichetto tuo ha avuto tutto questo da giovane…
Dr. Ciobin Di Gianantonio
CEO at Cocister Blasting Enterprise Corp. LTD
Però avevano stile, avevano i momentoni. Pensa alla blaxploitation, coi suoi personaggi davvero cool – termine che odio, ma che in quel caso è giusto – pensa ai nostri poliziotteschi, con Maurizio Merli che prendeva a sberle tutti, dai ricchi ai pezzenti.
Trejo, spiace dirlo, ormai è diventato un po’ una macchietta per questi film da poverinos. Grande simpatia e stima per l’uomo ma tant’è.
Luc Merenda made my day.
Capisco la crisi, ma secondo me bisognerebbe semplicemente darci un taglio con questa cazzo di nostalgia; è un cancro che sta divorando buona parte della fiction attuale.
@tommaso
c’ha ragione il George, qualche estate fa mi son rivisto tutti i poliziotteschi che son riuscito a recuperare e in quanto a ritmo e violenza fan quasi tutti puppare la fava ai dtv (ma pure a molti action della major league) di oggi. La mitizzazione è insensata, d’accordo, però a quel tempo c’erano davvero la voglia e i soldi per riempire i film di sparatoie, inseguimenti, schiaffoni e truculenze, mentre oggi ci si perde via in personaggi inutili, sub plot molesti, dialoghetti evitabili, citazionismo a vanvera e la vera ciccia è poca e deludente.
Solo una precisazione sulla questione “alto budget per gli fx dei poliziotteschi”: in 3 film compare lo stesso inseguimento girato con un driver americano esperto in passaggio da Roma. Credo che sul tubo si trovi lo spezzone di Stracult in cui se ne parlava.