Avrete notato che qualcosa, lentamente e con molta calma sta cambiando nel cinema italiano. Abbiamo visto in questa stagione dei film che facevano respirare, che non facevano venire voglia di scappare e addirittura con personaggi memorabili.
Durante il Secondo Convegno Mondiale del Cinema di Menare George Rohmer è andato più a fondo e ha analizzato una componente fondamentale di questo cambiamento: la lingua parlata. Attraverso i filmati di una spettatrice del convegno (grazie!) abbiamo alcuni estratti più una clip finale, in cui tra passato e presente, tra doppiaggio e presa diretta, buon italiano e dialetto, viene scomposto, preso in esame e sviscerato questo mutamento in corso.
Beh del ragazzo invisibile m’è bastato a suo tempo vedere il trailer per evitarlo, brrh.. vigliaccamente certo, come la peste. Ma come si fa. Rohmer ha centrato un punto palese da vent’anni per ogni appassionato ma anche solo semplice estimatore o abituale fruitore del cinema di genere. Meno male che mo pàreno se so’ svejati…
Finalmente qualcuno che lo dice chiaro, cioè voi miei amati Calci.
Tempi Buy :DD .
Davvero belli questi approfondimenti, il prossimo anno devo venirci cazzo.
Ottima analisi… Il birignao de Il Ragazzo Invisibile e’ inascoltabile… Perfino quel “cazzo” risulta falso.
è bellissimo questo spezzone spiega un problema enorme del nostro cinema, complimenti George.
Grazie a tutti.
Il problema del Ragazzo Invisibile, secondo me, non è l’uso della dizione italiana, ma il fatto che gli attori non sono in grado di renderla con naturalezza. Non si stanno nemmeno sulle battute, che quindi sembrano telefonate. Sono sbagliati proprio i tempi, oltre al fatto che vengono pronunciate che sembrano “cantate”, con quei saliscendi di tono… Ed il risultato è che sembrano i ragazzini delle pubblicità delle merendine. Prendiamo Gian Maria Volonté nel ruolo di Bartolomeo Vanzetti: la dizione è perfetta, ma non ti fa mai pensare che ci sia un attore dentro vestiti che indossa il personaggio.
Un regista italiano che si ispira a Johnnie To è il raggiungimento di qualcosa di grande, almeno in teoria, che mi esalta moltissimo.
Concordo con il fatto che il “recitare” come i doppiatori italiani dei film americani, è una roba assurda che non ha senso di esistere.
“Addio tempi Buy” è la mia frase preferita da qua a non so quanto.
“Un regista italiano che si ispira a Johnnie To è il raggiungimento di qualcosa di grande, almeno in teoria, che mi esalta moltissimo.”
Concordo. E il fatto che a farlo sia il figlio di Nino d’Angelo mi manda fuori di testa, giuro. Cioè è una di quelle cose che appena l’ho letto mi ha fatto sorridere ma le intenzioni sono serissime e le ispirazioni altissime. Grande Toni.
e aggiungiamoci che Nino d’Angelo nonostante sia famoso per lo più per robaccia fatta in passato, negli ultimi 20 anni almeno ha fatto delle cose onestissime in quanto cantautorato. Alcune pure molto belle. “Storia e nisciuno” è uno dei pezzi che più mi ha fatto piangere negli ultimi 15 anni.
Resta, ovviamente, da vedere come verrà il film. Ma il punto è che già il fatto che venga dichiarata l’ispirazione a Johnny To oggi, in Italia, è una cosa importantissima.
Non ho nessun pregiudizio su Nino D’Angelo (non avrei mai immaginato di scrivere il suo nome su i400calci) che sarà ovviamente nella colonna sonora del film, ma sfido chiunque a non ridere alla scoperta della parentela con il regista.
Devo decidermi a recuperare Veloce come il vento, mentre non guarderò mai e poi mai il film di Salvatores, dagli spezzoni sembrava una parodia.
Il pezzo che Nino ha fatto per il film si trova già su YT e non è niente male. George tu che hai visto qualcosa in anteprima ti sembrava qualcosa di professionale?
Comunque ne parlavo proprio di recente con un ragazzo che è proprio quello che manca (ma che sta uscendo fuori in qualche esempio) nel cinema italiano, cioè di fare film di genere che possano avere un’identità italica ma che non sia macchiettistica, o ancora un pretesto per fare qualcosa di “profondo” o “impegnato” facendo quindi scomparire l’impronta di genere. Penso a un film di To, nonché uno dei miei film preferito in assoluto nel cui finale ho versato vere lacrime come mia madre mentre guardava Titanic, “A Hero Never Dies”, penso che una cosa del genere se fosse stata fatta in Italia probabilmente sarebbe stata presa a spernacchiate perché irrealistica. Mentre secondo me si dovrebbe puntare a prodotti che abbiano sì un’anima italiana ma che anche possano essere orgogliosamente di genere. Penso a “Senza Nessuna Pietà” di Michele Alaique (ora purtroppo finito a dirigere serie su Mediaset), è sicuramente un prodotto imperfetto, aveva qualche caratterizzazione poco chiara e l’azione era troppo poca e pure posticcia ma era qualcosa comunque di diverso nel mercato italico con chiare ispirazioni a Mann sul piano visivo e nella poetica un poco Melvilliano (dalle parti di Le Samourai, quindi non sull’amicizia virile ma sull’amore) e ai tempi il film ricordo venne letteralmente massacrato e fatto a pezzi come la peggio schifezza e la cosa più triste e frequente che mi capitava di leggere ai tempi era il suo non essere realistico quando il suo contesto non realistico era voluto.
O anche penso a “Perez.” di De Angelis, quello accolto con meno ferocia ma per me merita solo elogi veri perché è un film a mio avviso passato inosservato sul mercato eppure bello solido che ha il pregio di mostrare una Napoli inedita che poteva essere una qualsiasi città d’italia o metropoli europea e di imbastire un racconto noir articolato e di bellissima messa in scena. Ecco magari film del genere sono imperfetti o forse sbagliati come il citato “Senza Nessuna Pietà” (che comunque è un mio guilty pleasure di questi anni) ma vanno difesi perché sono film che cercano di stare al passo coi tempi.
Che poi in “SNP” c’è un Claudio Gioé grandioso e gigionissimo che si porta letteralmente a casa il film.
Da quel poco che ho visto, tipo un paio di clip ma niente di più, Falchi è dignitosamente professionale. Ma non mi posso allargare proprio perché ho visto poco. Comunque sì, l’idea è di evitare la macchieta e il “fare brutto” alla Gomorra. Non che ci sia niente di male ma è già stato fatto da Gomorra, appunto.
Altra cosa che mi sta sul cazzo e che puntualmente salta fuori, in Italia ancora quando si fa un film sui criminali non si può renderli carismatici o con qualità positive senno qualche scemo salta fuori con: “ma così c’è il rischio di emulazione”
Cosa che invece fanno, appunto, Sollima e Jeeg.
non ho ancora letto l’articolo ma ci tenevo a dirvi che il titolo è geniale. vi amo alla follia omicida. vado a leggere.
quindi l’anno prossimo tutti in sala paganti per vedere falchi.
Crediamoci!
Bellissimo intervento, peccato solo che mi abbia costretto a rivedere uno spezzone della merda invisibile…
bastava solo una scena….ma davvero….comunque anch’io mi sono detto “devono avermi somministrato delle droghe” per non aver skippato il video ed essere andato avanti nella visione dello stesso…
Sono interessato anch’io alla visione di questo Falchi!
Ragazzi ne scrivo qui perche presumo non verrà recensito, comunque stasera ho visto Falchi ed è con sommo rammarico che vi invito a starne alla larga: in primis perche non è un film calcista, in seguito perche è un film sbagliato. La componente poliziesca è puramente di facciata in realtà quello che Toni D’Angelo porta sullo schermo è un drammone intimista che si stringe sui suoi protagonisti, questo non sarebbe un problema se Toni fosse Wong Kar Wai o Hou Hsiao-hsien, purtroppo pero per quanto ci provi invece di entrare nell’animo dei due Falchi si finisce per entrare in un vortice di noia. Con qualche sterzata sull’azione ad alleggerire il tutto sarebbe stato assai più godibile.
Noooooooooooo.
Io ci credevo in una maniera illogica, non so neanche io bene il perché, una fiducia che si reggeva solo sull’ispirazione del regista ad un certo tipo di cinema che mi piace.
Uno parla di Johnnie To e John Woo è io mi esalto.
Ovviamente ancora ci si vergogna a fare i film giusti e ancora tutti che si credono geni, che non sono, ‘sti registi han rotto il cazzo. Presumo che la sua idea di gangster movies fosse quella di mettere degli attori cinesi tanto per fare atmosfera mentre riprende i suoi protagonisti con inquadrature storte tra fumo e luci al neon.
Fanculo hai drammoni intimisti.
guarda ci credevo anche io tantissimo sulle stesse illogiche basi tue. Uno che parla di Johnnie To e Michael Mann (ma cita pure Wong Kar Wai in un’intervista) come punti di riferimento ti fa prendere bene anche solo per le intenzioni…o meglio fa prendere bene noi che siamo degli stupidi romantici, purtroppo come tutti sappiamo tra l’obbiettivo e la sua realizzazione ci passa un oceano. Che poi To e Mann sono dei registi che sì hanno un occhio particolarmente puntato sui propri protagonisti ma non si dimenticano mai di fare film di genere e per quanto il melò sia intenso è sempre bilanciato (e unito) a una dose di spettacolarità e/o tensione. Qua purtroppo ci si dimentica della lezione più importante…