Sta prendendo forma l’ipotesi di una possibile trilogia transnazionale del cinema di menare disabile slavo. Dopo l’ucraino Il Terrore Del Silenzio (non udenti che se le danno con una cattiveria molto abile), Kills on Wheels allarga il campo del menabile ai paraplegici ungheresi. Mentre si auspica l’arrivo a breve dalla Serbia di un film sulla mafia non vedente, intanto i400calci dal fronte riportano la situazione.
Kills On Wheels innanzitutto si presenta benissimo già dai credits iniziali, scritto e diretto da Attila Till (attenzione! Non uno pseudonimo) e nonostante un’etichetta da commedia è una storia di sicari e malavitosi che incrocia quella di due nerd, anch’essi disabili.
L’attacco è già di quelli formidabili, in una specie di galera di disabili come si conviene al genere scatta la rissa. Rissa tra paraplegici che viene sedata dalla guardie per poi trascinare via il colpevole e vittima: Rupaszov. Tutto con la mestizia propria dell’animo slavo e quel senso di violenza delle belle faide albanesi misto alla consueta giovialità ungherese.
A questo punto, come se gli animi non fossero sufficientemente infervorati, ci viene mostrato il nostro Rupaszov fare le trazioni ad una sbarra improvvisata legato alla sedia a rotelle per aumentare il peso. Sorvegliato Speciale meets Nato Il Quattro Luglio. È amore.
Kills On Wheels in 5 minuti ha fatto di tutto per rivedere l’immagine del disabile agli occhi dello spettatore e annunciargli che nonostante quel che vedremo saranno persone con molte difficoltà a condurre una vita come gli altri, non ci saranno concessioni al buonismo ma anzi, vedremo un film perfettamente aderente alle regole del suo genere di appartenenza. Rupaszov farà scempio di altri paraplegici, dei suoi nemici, dei nemici di chi lo paga e dei nerd che gli si appiccicano, perché vedono in lui una possibilità di fica e perché lui vede in loro degli alleati. È questo un modo di aiutare l’integrazione dei disabili nella nostra società?
Dunque due nerd disabili incontrano un carcerato disabile, solo che siamo in Ungheria quindi non accadrà che lui imparerà ad apprezzare il mondo dei nerd e dei fumetti (con gli elfi e i giochi di ruolo), semmai lui inizierà i due ad una vita di spaccio e spari alla gente che ti guarda dall’alto verso il basso (cioè tutti), li porterà a prostitute e poi agli omicidi su commissione in piazza alla luce del sole.
Perché alla fine quello che unisce i disabili del film, in poche parole, è che sono incazzati neri.
Rupaszov è incazzato perché è Rupaszov e i nerd fumettari perché vogliono le donne e non le hanno. La prima lezione, quando si incontrano, è: “Non puoi far cadere dalla sedia a rotelle uno più pesante di te” e lo rivolta prendendolo dal cardine delle ruote. Rupaszov gli insegna insomma i trucchi per menarsi dalla sedia a rotelle. A scanso di equivoci, Rupaszov è interpretato da Szabolcs Thuróczy, che non è un vero disabile, mentre gli altri due, abbastanza palesemente, sì.
E qui già abbiamo compreso una regola aurea: i bei film con disabili, in cui qualcuno stringe i denti e con l’amore delle persone vicine vince il proprio handicap, il giudizio della società e le difficoltà della vita, sono sempre peggiori dei bei film di disabili che menano.
Certo non tutto Kills On Wheels regge il ritmo degli inizi. Arrivano un po’ di contaminazioni sentimentali, linee gestite un po’ peggio che inquinano la storia principale, ovvero quella di un boss serbo che gira sempre armato di 4-5 rottweiler che eseguono i suoi ordini a bacchetta (da premio la scena in cui li usa contro i suoi assalitori come fossero robot radiocomandati) e che commissiona a Rupaszov una serie di omicidi per soldi, soldi che lo stesso Rupaszov vorrebbe poi usare per la più iperbolica delle operazioni (non ben chiarita nella sua dinamica) che gli ridarà magicamente l’uso delle gambe.
In mezzo per fortuna c’è una carrellata di gente da uccidere fenomenale, dalla gang di bastardi rigorosamente in tuta al mio preferito, il piccolo boss con la villa male arredata che accoglie Rupaszov con accappatoio e apertura prepotente sul petto depilato, capello unto e ciabattone stile Champion.
Un bouquet che ravviva questa specie di Leon dei disabili, senza ragazzina a carico ma pieno dell’etica slava dell’uomo vero, duro. Infatti dopo botte, spari, omicidi e impiccagioni sventate con la forza della tenacia Rupaszov si misura con il vero simbolo della virilità: una canzone melodica al un matrimonio della donna che avrebbe voluto e che invece ha scelto un altro, ma lui le canta un brano smielato con l’orchestrina e lei piange.
Il resto sarà accademia, roba di vendette finali e chiusura dei conti, per me il film finisce alla canzone melodica. Di più non può dare.
Dvd-quote suggerita:
“Tutta vita per i disabili ungheresi”
Jackie Lang, i400calci.com
Kung Fu Flid lo contiamo ad honorem?
Si scrive “Rupaszov” ma chissà perchè per tutta la rece la mia mente l’ha letto “RuSpa-szov”… potere della suggestione. Me lo immagino asfaltare ogni avversario, come una ruspa caterpillar.
Anche i nomi sono importanti.
Ricordo un commento alla canzone “Il Giudice” di De Andrè: “Questo brano dice una grande verità: gli handicappati possono essere davvero stronzi!”
Giornata svoltata. Corro a cercarlo.
Bello, ottimo inizio di settimana!
Mi ricordo di come “Two Crippled Masters” (per la serie disabili da menare) mi aveva da ragazzino traumatizzato e affascinato insieme.
Ok sono un po’ più lucido di stamattina e ho notato che il film ucraino citato non è corretto, penso ti riferisca a The Tribe, che personalmente mi piacque anche se c’era dentro tanto malessere. O forse mi era piaciuto per questo.