Sigla!
(spoiler: non ha niente a che vedere con il film)
Essere uomini non è facile. Per questo il cinema cerca disperatamente di insegnarci come esserlo. Spirito di sacrificio, seconde occasioni e una granitica certezza nel prendere le decisioni più difficili andando incontro all’inferno per un’idea o uno scopo più alti. Lo ha fatto per decenni il western (in cui una presa di coscienza o una decisione durissima sono spesso l’oggetto stesso del film) e adesso lo fanno moltissimi film che potrebbero essere considerati dei vademecum per essere “uomini” nel senso più alto del termine.
C’è tutto questo dietro Beast Of Burden, dietro la trama di un pilota congedato con disonore dall’esercito (cosa che ci viene raccontata con un espediente da scuola elementare di sceneggiatura: il protagonista riceve una chiamata dall’assicurazione e per levarseli di torno gli spiega che non ha accesso alle cure perché è stato congedato con disonore) in volo per consegnare un carico criminale. Mentre è in aria tutti i piani cambiano drasticamente, ci sono una serie di decisioni ineluttabili verso un finale d’azione. In buona sostanza ad animare il film è qualcosa, una decisione, che è avvenuta prima degli eventi cui assistiamo e che ci vorrà tutto il film per scoprire. È molto simile a quel che accade in Locke. Anzi scusate: è Locke con gli aerei.
Qualche mese fa vi avevamo raccontato anche di Wheelman, che era Locke con molti più Km/h, questo invece è Locke a centinaia di metri in aria.
Cinema al telefono in cui ci si muove tantissimo ma tutto nella testa degli spettatori, in realtà gli attori stanno praticamente sempre seduti, azione nella testa e nei racconti. Un boss dalla voce profonda che una volta avrebbe potuto interpretare Ving Rhames e un agente bastardo della DEA che vuole usare il protagonista (interpretato da Pablo Schreiber, sempre più un idolo della recitazione con grugno dopo Nella Tana Dei Lupi), tutti chiamano e danno istruzioni diverse, e in mezzo le telefonate di una moglie malata a cui ha nascosto tutto (che storia da uomini!) e che potrebbe rischiare brutto proprio per questo.
Beast Of Burden è abbastanza coerente fin dall’inizio, parte con l’indicazione che ci vorranno 50 minuti per arrivare dove deve e (più o meno) il tempo sarà rispettato, in questo percorso fatto tutto per una donna, ma senza nessuna fierezza e senza nessun compiacimento. L’idea che era alla base di ogni film noir (un uomo dotato di un codice e una dirittura morale finisce in una spirale di perdizione a causa dell’attrazione sessuale per una donna che lo usa) viene qui manipolata e trasformata nell’odissea di un uomo che per sua volontà attraversa l’inferno a causa dell’amore per una donna che lo ricambia. Un po’ meno cool e disperato ma ugualmente foriero di tragedie. La tragedia dell’aver accettato di interpretare il ruolo dell’uomo nella coppia.
Per interpretare il peso sulla coscienza che si manifesta nell’impotenza del telefono servono però una faccia e una voce da diversi carati di virilità, per questo, nonostante la barba, si fa un po’ fatica con Daniel Radcliffe. Tom Hardy o Frank Grillo sono facce diverse ma che alla stessa maniera gridano forte il non aver mai guardato una puntata di Grey’s Anatomy e non saper minimamente distinguere il lilla dall’indaco, possibilmente non sapendo nemmeno dell’esistenza dell’indaco; Radcliffe invece ha una certa dolcezza che ti lascia pensare che magari quando deve pisciare si siede sul water per fare un piacere alla donna. Nulla di male, ma in questi casi è preferibile la prima opzione, perché non si tratta di film con vie di mezzo, ma di favole morali in cui il protagonista diventa un ideale.
Beast Of Burden poi, nel finale, rivelerà tutta la sua natura di exploitation di Locke, alzando la posta in maniera esagerata, contravvenendo al patto non scritto né dichiarato di non uscire dalla carlinga dell’aereo per un po’ di azione non straordinaria ma molto concitata. Si impegna e alla fine, sia chiaro, si fa volere bene perché è pur sempre un povero diavolo che ha sbagliato e che per una donna ha deciso di rischiare tutto, a cui di colpo comincia ad andare tutto male e il rischio diventa altissimo ma non si dà sconfitto e decide di risolvere nella maniera più diretta e priva di compromessi. Onestamente: come gli si può volere male?
Però ecco il format originale, quello dell’uomo che deve essere tale a parole, con le decisioni e con una serie di interazioni che mostrino una virilità che sta nelle intenzioni prima che nelle azioni (come solitamente siamo abituati), non è eseguito proprio alla grande.
Dvd-quote:
“Uomini che finiscono nei casini per aver fatto casini più grandi sperando che le donne non lo scoprano”
Jackie Lang, i400calci.com
ma locke? ne vogliamo parlare di quanto mi ha fatto annoiare?
no.
Comunque mi ha annoiato tantissimo
ho visto locke
ho visto wheelman
boh.. a sto punto vedrò anche questo.
Adoro Tom hardy ma per ora mi sono tenuto alla larga da Locke.. Merita un recupero secondo voi?
Non è calcista, ma è un gran bel film.
Questo qua magari lo recupero anche se dopo swiss army man Daniel Radcliffe è sinonimo di scorreggia a propulsione
Locke è un film pazzesco.uno dei migliori degli ultimi anni.