Non so voi ma io da quando sono un devoto di PUBG (e prima di Call Of Duty) ogni volta che in un film vedo un’arma la riconosco. Non intendo che riconosco che quello è un fucile e non, chessò, un cucchiaio, ma che penso: “Ah vedi, un UMP9” oppure “Certo con quell’SKS cosa pensa di fare da così vicino” oppure anche “Tu guarda, chi avrebbe detto che è un tipo da M416. Ma poi con quel mirino 6x!” o infine “Ma a sto punto fatti un SLR. A ridicolo!.” per me i film di guerra sono tutti così ormai. Ecco quando ho visto Time to Hunt non solo sono stato tutto il tempo a pensare che fucili avevano e se questi erano giusti per il tipo di guerriglia, ma per la prima volta ho ritrovato (nel finale) tutte le dinamiche del battle royale in una mappa tipica (la città deserta) con un classico 1 contro 3 o 1 contro 2. Asserragliati vs cecchini. È questo forse un titolo di merito per un film? Non credo.
Ma andiamo con ordine.
Ora che abbiamo perso almeno tre quarti dei lettori con questa intro e siamo rimasti tra di noi, e prima che la polizia mi entri in casa per controllare che armi detengo (e io prontamente gli dirò “Ma vi trovate bene con quelle beretta? Non vi pare che quando siete assaliti da più di un avversario fate fatica a mirare alla testa e vi tocca massacrarlo di colpi in tutto il corpo? Io sto punto preferisco l’Uzi! Almeno mi garantisce un alto numero di vittime” segnando la fine della mia vita da libero cittadino) si può anche parlare del film. E che film.
Time To Hunt è bellissimo, un gioiello coreano passato alla Berlinale e rimasto fermo per un po’ di tempo per una questione di diritti. Ora però è finalmente disponibile.
Siamo in un futuro prossimo, non lontano, uno che non prevede tecnologie diverse da quelle che abbiamo, ma in cui l’economia coreana è al collasso totale e i ragazzi poco più che ventenni sognano di paradisi con economie floride. Il crimine è questione ordinaria e tutto s apre con tre amici che vanno a prendere il quarto di loro che quel giorno esce dal carcere. Non contenti iniziano quasi subito a pianificare un altro colpo. Stavolta però l’ultimo (Ah! Gli ultimi colpi…..). L’obiettivo è chiaro: fare un monte di soldi che gli consenta di partire e andare nel paradiso dall’economia florida, lasciare quella vita infame senza futuro e andare a caccia di un domani migliore carichi di banconote. La vittima del colpo è invece follia: il casino della mafia.
Fino a qui il film è già quasi perfetto, quando poi i tre si armano (più che altro UMP9 se non ricordo male) e mettono in atto il piano, tutto decolla. C’è la precisione di Christopher Nolan in quella rapina, quel senso molto esatto della posizione delle persone nelle inquadrature che serve allo spettatore per avere sempre chiaro chi è dove e come si stia svolgendo l’azione. E poi c’è un grandissimo ritmo. Time To Hunt preme quasi subito sull’acceleratore e sulla cattiveria, i ragazzi sono abbastanza ordinari ma dall’altra parte c’è un mondo terribile. Il loro piano è solido ma poi attuarlo sarà tutto un altro paio di maniche.
L’avrete capito a questo punto: il colpo va bene ma in quel bottino c’è qualcosa di più importante dei soldi. I 4 ragazzi non lo sanno ma hanno rubato alla mafia qualcosa di davvero importante. Fanno l’errore di non partire subito e gli viene messo alle calcagna un sicario pazzesco. Scivoliamo da Nolan a Cameron, perché il sicario li rintraccia, loro scappano e inizia Terminator.
Ve lo voglio dire subito, qui scivoliamo un po’ nell’implausibile da che il film era stato con i piedi ben saldi per terra. Ma anche tutta la messa in scena si fa più arty (e con stile), la fotografia osa un po’ di più e soprattutto inizia una folle corsa contro tutto e tutti nemmeno più per scappare con i soldi ma proprio per rimanere vivi, una corsa fatta di giubbotti antiproiettile (livello 3) e per l’appunto il finale che vi dicevo in una città deserta e disabitata che pare proprio la mappa di uno shooter.
Ma quando vi dico che Time To Hunt è una bomba è perché tutto questo, che è un grande classico, viene trasformato in una lotta quasi metafisica senza andare in deroga alle pallottole (anzi!), diventa una corsa a capofitto in cui la violenza passa da essere un mezzo molto cool ad una maledizione a cui pare che i protagonisti siano condannati. Vi troverete più volte a pensare cosa dovrebbero fare, quale sarebbe la tecnica più giusta, dove passare, da quale lato girare e cosa dovrebbero fare i 4 per evitare di essere beccati, lungo una caccia ritmata dal rumore dei colpi di fucile che arrivano a sorpresa.
Poi c’è un brutto finale, ve lo dico subito, perché vogliono lanciare direttamente un sequel e quindi dopo che la trama si chiude c’è tutta una coda inutile. Ma anche sticazzi di quello. Time To Hunt fa talmente bene il suo lavoro e conferma talmente tanto tutto quello che di buono possiamo pensare del cinema coreano che val bene un brutto finale.
Addirittura Yoon Sung-hyun ha la rara capacità di non decelerare mai. Il suo secondo film è come una valanga che una volta iniziata non può arrestarsi, e quando vi pare il ritmo sia alto tenete conto che non farà che aumentare.
Dvd-quote suggerita:
“Pieno di informazioni utili in caso di assedio”
Jackie Lang, i400calci.com
Ok. Esco da CoD, lo guardo e ci sentiamo dopo.
Negli anni 80/90 quando acquistavi un’auto nuova il venditore cercava di rifilarti gli optional più assurdi. Uno che è rimasto impresso nella mia memoria di bambino è questo: “Predisposizione all’autoradio”. Pagavi, insomma, non l’autoradio ma la possibilità di metterla senza troppi scleri in un secondo momento. Anche mai. L’oggetto della transazione aggiuntiva era la tranquillità di poter fare qualcosa in un futuro imprecisato senza dover devastare, fisicamente, il cruscotto.
Ecco, “Time to Hunt” confermo essere una discreta bomba (del sicario esigo una origin story completa) ma è un po’ come una bella macchina con la “predisposizione all’autoradio”.
Quel finale (aperto?) mi sa di paraculata per tenersi buona la chance di un sequel just in case.. senza troppi giustificativi. E la “Predisposizione al sequel” è un malcostume sempre più in auge, in cui ogni progetto cinematografico deve essere compatibile con l’inizio di una saga, di un universe, di un franchise.
Comunque godibile anche se non si è aspiranti armaioli come il recensore :)
L’ho trovato sprecato. L’atmosfera era intrigante ma la bromance è risaputa e quei continui accenni ad un futuro migliore fatto di pesca e mare e sole è stucchevolissimo. Anche il villain infallibile era troppo risaputo, che palle, non c’è un nessuna disattesa del canone. I ragazzetti criminali sono improbabili, e le loro motivazioni standard. Non mi ha trasmesso un minimo di tensione, non mi sono immedesimato. Time to abbioccarsi.
Brainiac, come potrai ben immaginare se hai letto altrove il mio commento, sono totalmente in disaccordo – il film è bello tosto, grande empatia nei confronti degli sciocchini (certo, che idea del c… quella rapina, ma se erano più furbi nello scegliersi il bersaglio la storia sarebbe stata tutta diversa), il killer terminator l’ho trovato ansiogeno come pochi ultimamente, nel pre-finale c’è anche una morte in particolare che mi ha commosso. Insomma, per me è Time to love (il cinema sud-coreano).
Ci sta, può essere un problema solo mio, ma sono rimasto deluso dai film che aspettavo maggiormente degli ultimi anni: Goksung e Parasite su tutti. Ho amato The chaser, Madeo, The yellow sea, ma il cinema coreano adesso mi sembra essersi seduto sugli allori. Non sento urgenza nella narrazione, e la forma sembra superare la sostanza. Pendi Parasite, la metafora dei ricchi in basso che si prendono l’acqua dei quartieri alti mi è sembrata disascalica. Alcune scene (il cane sotto al letto, i padroni di casa che tornano perchè c’è il temporale) al limite della pigrizia. Cioè, al terzo dialogo di T.T.H sul “quanto sarebbe bello pescare al mare tutti insieme” volevo morire.
sta cosa delle armi mi ha fatto ricordare (quella fulgida parte della mia vita) quando di tutto ció che vedevo cercavo di calcolarne i dadi vita o la classe armatura… aaah bei tempi perduti!
Protagonisti inverosimili, gente a quanto pare abituata alle rapine che sono dei totali sprovveduti, bromance inutile, scelte ridicole, chiacchiere a non finire, si poteva tagliare mezz’ora senza colpo ferire. Carine le sparatorie e il killer, però sì, davvero, abbastanza una palla, per me.
Bello ma non così bello bello. Ci sono un sacco di cose già viste e bla bla. Per me il finale non è aperto ad un sequel, non del tutto almeno. Mi è sembrata più una cosa metaforica, come era in Battle Royale (il film) in cui “corri, scappa e sopravvivi perché la vita è questa”. L’ho proprio visto come una caccia continia, che non ha mai fine, perché metaforicamente è così. Lo fanno spesso, gli asiatici, di chiudere in questo modo.
Che dire? Forse non abbiamo visto lo stesso fim: in quello che ho visto io il ritmo era del tutto assente, le sparatorie poche e niente di che, gli attori bravi ma assolutamente privi della presenza scenica (ammesso che esista) per cui valga la pena attendere un’ora e quarantacinque senza che succeda un cazzo.
Il destino di uno dei protagonisti si compie off screen e il regista manco si degna di farci sapere cosa sia successo (è vivo, morto, boh?). Quasi tutte e parti in causa si comportano spesso in barba a ogni logica, e la gente crepa solo di sceneggiatura giacchè di pallottoe pare se ne possa metabolizzare un’infinità. In sintesi un film assurdo che promette tantissimo per concludersi con una pernacchia.
Nota per il recensore: dovessimo incontrarci online non avrò pietà.
E il mio record, su Battlefield: Hardline, è di 57 uccisioni, 2 morti (e solo perchè avevo finito i colpi); su CoD, 35/3.
Un Abbraccio.
non è che poi fa cagare come quell’altra presunta bomba di Captive State, rivorrei indietro due ore della mia vita … comunque gli si darà una chance dai , nonostante i commenti discordanti
Non lo faccio quasi mai, di commentare dicendo la mia, stavolta invece sì. Ci sono rimasto malino, la recensione mi aveva preso molto e quindi mi ci sono fiondato. Però dai, va bene i ritmi dilatati e va bene l’implausibilità, ma dopo una partenza ottima, sto film allunga il brodo assai, continua a far salire la tensione e a smontarla per poi arrivare a un climax che è un coito interrotto, mi fa schiattare un protagonista senza farmelo vedere, ha un villlain senza scopo e senza un perché, con mezzi misteriosi (va bene una telecamera, ma poi come cazzo fa a sapere SEMPRE dove stanno, al centimetro?) con un mc guffin nominato una volta sola e dimenticato, le cui azioni si basano sul boh, che ha dei capi, ma che è lui il capo (?) e poi abbiamo pure un deus ex machina privo di senso (“lasciatelo a me” e poi gli sparano a cazzo in venti)… e di cacate che rovinano l’atmosfera pur promettente ce ne sarebbero altre.
Insomma… tutto sto entusiasmo della recensione mi pare un po’ fuorviante. Bello da guardare lo è, ma da vedere meno.
La vedo assurdo ricevere 3 colpi di 7,62x 39 e rialzarsi freschi, benchè con il luvello 3 e le piastre, ma ciò che mi ha urtato di più sono le cartucce del revolver senza l ‘innesco che cagata
Non sono tanto d’accordo con la recensione.
La partenza è fotonica, ma nella seconda parte tutto viene ammazzato del ritmo (Problema “geografico” del film? In India ti becchi il balletto, in Corea le parti oniriche con la fotografia fica…) e soprattutto, molto soprattutto, dall’assoluta implausibilità del killer.
Mi sta bene bravissimo, mi sta bene sadico, mi sta bene imbattibile, ma non puoi
SPOILER
fargli graziare la gente a random per “il brivido della caccia”, perché in questo modo io dalla seconda volta in poi non ho più la tensione e la paura empatizzando coi protagonisti, perché potrebbe essere che li intrappola una ennesima volta per graziarli ancora. E in un film in cui “tutti possono morire”, questo è un problema.