“Cicciolina, secondo te che cosa NON manca al panorama del cinema horror recente?”
“Secondo me non c’è nessun bisogno dell’ennesima antologia. Credo che non abbia molto senso mettere insieme un po’ di registi da vari angoli del pianeta, che hanno fatto dei bei lungometraggi e chiedere loro di tornare alle origini dirigendo dei bei cortometraggi.”
“Però, giusto per sottolineare questa roba del tornare alle origini, si potrebbe fare che ogni episodio sia basato su una leggenda del loro folklore locale. Si potrebbero anche aggiungere dei bei titoloni goticoni e un po’ di capre. Che cosa ne dici? Meglio?”
“Dici caproni alla Black Phillip, col pelo lungo e le corna belle?”
“No, dico proprio caprette carine che fanno il latte. E che muoiono male”
“Ah. Boh. Certo che presentare un film mega-internazionale proprio mentre noi poveri cristi non possiamo viaggiare è abbastanza perverso. Lo dico come un complimento. E come la chiameresti ‘sta roba?”
“The Field Guide To Evil. Figata.”
La premiata ditta Veronika Franz e Severin Fiala finalmente fa qualcosa senza bambini orribili: una bella storia di lesbismo rurale in un passato remoto molto vago, una madre severissima, un demone che punisce i peccati e che viene evocato dalla protagonista masturbandosi fortissimo. La capretta muore male, le due innamorate no. Raccontato con grande economia, ben fotografato e recitato, il loro segmento sta in piedi ed è, come si suol dire, un inizio col botto. Bene, dai, andiamo avanti!
Anche Can Evrenol va in campagna; la sua protagonista è una madre giovanissima che deve prendersi cura del suo bambino e di una vecchia malata. La ragazzina si convince che la vecchia sia in realtà uno Djinn, cioè un demone venuto per portarle via il bambino. Per sicurezza, squarta la capretta; ma non serve a molto. Anche questo episodio non è male, la solitudine e l’angoscia della ragazzina sono palpabili e comprensibilissime. Sarebbe interessante sviluppare la sua storia in un lungometraggio.
L’episodio di Agnieszka Szmoczynka è il primo discreto “meh” dell’antologia: una bella demonessa dalla frangetta hipster convince un pirla a mangiare i cuori dei morti appena sepolti – ma siccome è un pirla, lo beccano. Il materiale è interessante e la disgregazione della salute mentale del protagonista è ben descritta, ma l’attore principale è uno dei peggiori cani in circolazione e la trama risulta confusa. Bonus points per i cadaveri maciullati.
Calvin Lee Reeder, Yannis Veslemes, Ashim Ahluwalia, Katrin Gebbe: questi sono veramente problematici; tante buone intenzioni, un’altra capretta tanto per gradire, ma in ognuno dei casi scrittura e montaggio lasciano a desiderare. Che palle. Lo dicevo io che non c’era bisogno di questa antologia, visto?
Per fortuna alla fine arriva Peter Strickland che, caso unico, mostra almeno di divertirsi col formato del corto e imbastisce una fiaba espressionista ben fotografata, surreale, ironica e cruenta il giusto, che ricorda lo stile dei fratelli Quay: due fratelli si contendono la mano di una principessa; si muore male che è un piacere, tra fiotti di sangue, fiori marci, muschio e corvi. Insomma si chiude in bellezza per dimenticare i fallimenti precedenti.
In tutto ciò, se volete prolungare la quarantena perché dopotutto l’idea di ingollare uno spritz a dieci euro pigiati fra giovani corpi sudaticci e alitanti non è più così attraente, The Field Guide To Evil tutto sommato si fa anche guardare.
DVD-quote:
“Ora però basta antologie”
Cicciolina Wertmüller, i400calci.com
Questo non me lo perdo, Cicciolina, perché in fondo a me piacciono le antologie (anzi: mi piacciono i cortometraggi e la maggior parte delle antologie, in mezzo a tanta melma, ne ha almeno uno ben fatto). Inoltre Strickland aveva diretto un capolavoro poco calciabile come The Duke of Burgundy un paio di anni fa, e quindi una possibilità gliela do volentieri. A dire il vero, mi piace anche molto ingollare uno spritz a dieci euro pigiato fra giovani corpi sudaticci e alitanti, ma forse è proprio per questo che, coff coff, ho questa tosse micidiale da ieri sera, che guarda…
Ti dirò cara Cicciolina, ammetto tranquillamente che il formato antologico non mi dispiace. Qualche perla si trova e se l’idea è buona basta un corto per svilupparla a dovere senza troppi sbattimenti. Vedi “Lights Out” e come il corto bastava e avanzava.
Questo comunque me lo recupero di sicuro.
Lo vedrò … mi piacciono gli horror , non tutti ,divisi per corti.
Magari guardatevi i due Mexico Barbaro con Lex Ortega che la fa padrone (acclamato(?) regista di Atroz)
A me gli antologici non dispiacciono, e poi di questo ho letto molto bene in giro.
Anche solo per l’ultimo corto merita comunque una visione. Certo che la frangetta hipster è un deterrente…
Oddio, mi sa che ho visto un’antologia diversa. L’ho trovato affazzonato. Brutte copie di Errementari.
Le antologie sono quella cosa per cui compri un invitantissimo cofanetto della Midnight Factory, lo guardi, e scopri di aver speso 25 euro per 20 minuti belli su 4 ore di film (Sì ABCs of Death).
Oddio ABCs of death che tempi! Un paio erano davvero inquietanti. Poi arrivava la scorreggia di dio e morivi
Cosa mi hai fatto ricordare! L’avevo totalmente rimossa.
I giapponesi sono dei pervertiti pazzeschi. La loro comicità strizza l’occhio al porno più trucido (nota bene, non è una critica), così come il loro porno strizza sempre l’occhio alla comicità e all’assurdo. Una società dove vai a scuola 364 giorni l’anno e tocca ai ragazzi pulire le scuole stesse in cui vanno, dove c’è il più alto tasso di suicidi fratto popolazione nazionale, che ha fatto del bondage un’arte, ne ha di roba repressa. E quando decidono di farti morire dal ridere CI RIESCONO. Perché sanno essere ASSURDI. Nel complesso mi piacque. Questa antologia invece no. Come ho detto più su, brutta copia di Errementari.
Ho speso anche io 25 euro di biglietto per salire su quella barca, condivido in pieno!
In effetti nemmeno io di un’antologia così mica sentivo il bisogno…
Opinione personale, uno dei film piu’ brutti che abbia mai visto.
Per me si salvano davvero solo 3 corti, Il primo, quello in Binachennèero, e il finalone di Strickland che porca vacca (o era meglio capretta?) si mangia tutti gli altri e ti fa dire solo lui “è stata dura ma valeva la pena”.
Però non è vero, vale la visione anche per le risate che mi ha fatto fare uno dei corti per quanto è sbagliato.
Trattasi di quello della famigliola col bambino che, non sapendo di essere in un film Horror, vanno nella casetta nel bosco.
Non ho ancora capito se ci hanno tirato a farlo così apposta o se ci credevano.
Io credo che abbiano tentato di creare un clima oscuro-fiabesco stile Il Racconto dei Racconti di qualche anno fa, robustissimo per le atmosfere sinistre e peculiari. Qui ho annusato quello stile, semplicemente però fare quello stile non è facile e questa antologia racchiude dei, ehm… tentativi. Registi che si divertono o semplicemente ci provano.
Non ho ben capito dalla tua recensione se in definitiva valga la pena guardarla o no questa antologia, anche visto che dura due ore. Anche se dopo “Swiss army man” o qualcosa del genere posso vedere tutto senza dare più troppa importanza alle recensioni, che lo hanno trattato come un capolavoro. Via su non esageriamo in modo ridicolo.
Riguardo “swiss army man” mi riferivo ad altri siti.
Se non hai voglia di scrivere la recensione di un film non lo fare. Che senso ha mettere giù un pezzo che non trasmette nulla, non dà nessun tipo d’indicazione seria se non un vago senso di disprezzo e sbeffeggio verso la fatica di artisti che comunque hanno più coraggio e volontà di comunicare e rappresentare incubi ancestrali, emozioni disturbate/disturbanti e tradizioni ben più deviate che antiche rispetto a tanti altri creativi.