2005: Jennifer Kent gira il corto Monster. Nel 2012 apre un Kickstarter per finanziarne la versione lunga, e nasce The Babadook. Jill Gevargizian pensa “ANCH’IO”, nel 2016 gira il corto The Stylist, poi apre un kickstarter per finanziarne la versione lunga e viene fuori questo The Stylist qui. E gli sciagurati investitori si fanno due domande: cosa poteva andare storto? Se il trucchetto è riuscito a Kent perché non può riuscire a Gevargizian? Beh, cari investitori, vi dò un indizio: Kent si è formata sul set con Lars von Trier, Gevargizian con… ehm… le sorelle Soska. Dai, ammettetelo, si vedeva subito che non si trattava proprio di un investimento saggio; certo, il brivido del rischio, puntare tutto sulla wild card che magari fa saltare il banco (magari no), però a tutto c’è un limite.
Claire è una parrucchiera che, dopo shampoo, frizione, balsamo e mousse volumizzante, fa letteralmente lo scalpo alle clienti che toccano le corde della sua insicurezza. Non ha un passato né una motivazione per quello che fa, e vabbé, facciamone pure a meno. Però è bella, benissimo pettinata (e ci mancherebbe), benissimo vestita; il suo guardaroba è fatto di modelli particolari, colori scelti con attenzione, ha una sua personalità: è il guardaroba di una ragazza che si piace e sa come valorizzarsi, non di una psicopatica morbosamente attratta dalle fortune altrui. E qui risulta lampante che Gevargizian ha un buon occhio per l’estetica ma non ha la minima idea di come si costruisce un personaggio. Le va meglio coi personaggi di contorno: con Olivia, donna in carriera piena di dubbi privati, e Dawn, barista bruttina ma dalla personalità forte e solida. Merito soprattutto delle due attrici Brea Grant e Sarah McGuire che fanno un ottimo lavoro e riescono a infondere freschezza a due ruoli potenzialmente ingrati. Purtroppo però il film segue sempre e soltanto Claire, e nonostante gli sforzi di Najarra Townsend, non riesce mai e poi mai ad essere credibile. Per non parlare del suo modus operandi, che
1. Non è necessariamente fatale (ho cercato on line, provare per credere – ho scoperto un sacco di cose violentissime). Una tipa tramortita e scalpata potrebbe benissimo rinvenire e, come dire, fare le sue rimostranze ad alta voce.
2. Non prevede, giustappunto, la rimozione dei cadaveri. Dove li mette? Cosa ne fa?
3. Avviene in circostanze sgamabilissime. In un mondo non dico reale, ma persino in qualsiasi fantasia drogata Claire avrebbe la pula alle calcagna al minuto zero.
Dicevamo, l’estetica è buona. Sì, la fotografia ipersatura è in effetti un gran bel vedere e le scenografie sono molto ben curate; il problema è che non c’è uno straccio di storia su cui farle poggiare. Le scene in split screen, uh che novità!, pazzesco, che inventiva!, ebbene non servono a niente. Ma niente. Il cattivo rapporto fra la regista e la narrazione colpisce tutto il film rendendolo insopportabilmente lento, prolisso, prolasso; e se fossimo in un mondo migliore, questo concetto decreterebbe che Jill Gevargizian debba tornare a fare la parrucchiera. Questo cattivo rapporto, dicevamo, tocca vette commoventi nella scena finale, il culmine di tutta la vicenda, che Gevargizian riesce a filmare, incredibilmente, nel modo meno coinvolgente possibile (lo so, voi volete che io pronunci la parola “anticlimatico”: no, vaffanculo, non mi piego a questi ricatti linguistici) e senza dare alcuna direzione agli attori, che poveracci non capiscono bene come devono reagire alla vista improvvisa di una serial killer che indossa lo scalpo di un’altra e abbozzano, vabbé dai, sono cose che capitano.
Che palle, signore e signori. E gli investitori? Come reagisce uno che ha sborsato dei soldi a vedere questa roba invereconda? Scrive recensioni positive su questa ciofeca, ovviamente. Io mi incazzerei un pochettino, e soprattutto mi farei consigliare da un esperto la prossima volta che voglio fare un investimento.
Rivista da parrucchiera quote:
“Che palle quando la gente fa il mestiere sbagliato”
Cicciolina Wertmüller, i400calci.com
Ma quindi nel film il modus operandi di Claire è fatale per le clienti?
Il corto funzionava anche perché la vittima si svegliava improvvisamente senza lo scalpo e la parrucchiera era costretta ad ucciderla (il che faceva venire il sospetto che fosse la prima volta che avveniva l’episodio, sospetto poi smentito quando nella camera della protagonista si vedevano altri trofei esposti)
“Volevo un negozio di tagliato ai capelli”