Il problema principale di Brahmāstra è che nasce da un’idea irrimediabilmente stronza perché democristiana in un modo che il cinema indiano forse non si merita. L’idea è che se l’ha fatto Kevin Feige perché non possiamo farlo anche a Bollywood? Brahmāstra, che sta su Disney+ perché è prodotto anche da Star Studios che è una sussidiaria proprio di Disney, a dimostrazione che ormai tutto è Disney, dicevo che Brahmāstra vorrebbe essere per l’Astraverse quello che Iron Man fu per il Marvel Cinematic Universe, o La Mummia per il Dark Universe della Universal, ve lo ricordate?, insomma il discorso è che questo nuovo kolossal di Bollywood, 21esimo miglior incasso di sempre per un film indiano, è solo l’inizio. C’è tutto un piano pluriennale che prevede un’intera trilogia (è già in lavorazione il secondo capitolo di Brahmāstra, Dev) da inserire nel più ampio contesto dell’Astraverse, appunto, che si svilupperà non solo al cinema ma anche in TV e nei videogiochi et cetera, voglio dire, ormai sapete come funziona, no? Anche Bollywood vuole il suo cineuniverso di supereroi, ma lo vuole all’indiana, non all’americana, con tutte quelle cose che si associano superficialmente al cinema indiano, le romance, i balli, le coreografie che coinvolgono centinaia di persone, un minutaggio superiore alla media e al buonsenso, e da questa considerazione nasce Brahmāstra, che in Hindi significa “un film a metà strada”.
Da un lato è ispirato alla mitologia indiana e quindi pur parlando di supereroi e superpoteri lo fa da dietro un filtro di leggenda e spiritualità – non ci sono ragni radioattivi né orfani nei vicoli ma entità potentissime che conferiscono poteri altrettanto potentissimi ad alcuni selezionati soggetti. Dall’altro è ispirato ai film Marvel per cui ha esattamente la stessa struttura di uno dei millesettecentosette cinecomic usciti negli ultimi quarantacinque secondi, gli stessi beat di trama, lo stesso prevedibile sviluppo e soprattutto, mannaggia alla narrazione orizzontale spalmata su ottantamila ore di narrazione, è una origin story che viene troncata sul più bello quando il nostro supereroe acquisisce finalmente pieno controllo dei suoi poteri.
Per fortuna essendo un film indiano non si trattiene come succede a certe sue controparti hollywoodiane, e pur essendo narrativamente tronco e chiudendosi con il più stronzo dei cliffhanger Brahmāstra è anche un bello spettacolo, con due forse tre sequenze che da sole stracciano qualsiasi rivale occidentale per concezione, complessità, quantità di idee e chiarezza espositiva. Il suo continuo tenere il piede in due scarpe, però, lo tiene ancorato al terreno anche in questo: non raggiunge mai i picchi sconcertanti dell’altro grande caso indiano (anche se non bollywoodiano) dell’anno, RRR. Cioè: è mediamente più spettacolare di un Marvel preso a caso, ma è anche mediamente meno spettacolare di uno spettacolare film indiano. Potrebbe essere di più e un po’ te lo aspetti vista una parte del suo CV; d’altro canto poteva essere molto di meno, o ancora peggio poteva essere Eternals, per cui immagino ci si debba accontentare? Non lo so, mi sembra che sia proprio questo il difetto principale di Brahmāstra: vuole accontentare quanta più gente possibile e finisce così per guadagnarsi una generalizzata scrollata di spalle. Sigla!
La storia, raccontata con un epicissimo voiceover che accompagna immagini la cui sobrietà si può solo descrivere dicendo “no”, è questa: nell’antichità, un gruppo di saggi ebbe un incontro ravvicinato con una fonte di energia potentissima. Da questo incontro nacquero gli (le?) astra, armi soprannaturali in grado di fare cose fighissime tipo sparare frecce verdi senzienti a forma di serpente o erigere mura di ghiaccio. Brahmāstra è il nome della più potente di queste armi, ma anche la più instabile: se finisse nelle mani sbagliate potrebbe venire usata per distruggere l’universo, nientemeno. I saggi così formano la società dei Brahmānsh, il cui compito è quello di vigilare sull’arma e quindi sull’integrità della realtà tutta.
Capite cosa intendo quando dico che questi supereroi sono diversi? Non sono un esperto di mitologia indiana (o meglio non lo ero prima di vedere Brahmāstra), ma Wikipedia mi insegna che è talmente METAL che c’è un’intera pagina dedicata all’elenco di queste armi e alle loro caratteristiche. E siamo ancora all’intro! Il focus si sposta dal passato al nostro eroe contemporaneo, Shiva (Ranbir Kapoor, uno dei più famosi attori Hindi che da queste parti non è mai passato perché di solito si dedica a generi che questa pubblicazione non copre), che è… un DJ. L’entrata in scena di Shiva è clamorosa, perché sembra una di quelle scenette Marvel fatte apposta per farti vedere quanto è figo il nuovo protagonista, ma messa in scena con l’arroganza di chi dopo neanche dieci minuti di film ha già coinvolto duecentoquarasette ballerine e un mese di lavoro 24/7 per il reparto costumi.
Incontriamo Shiva durante una funzione religiosa, che dev’essere di una noia micidiale considerato che appena finisce il nostro eroe esce in piazza e comincia a ballare di gioia coinvolgendo chiunque passi di lì. Tony Stark non ha mai fatto una roba così cool.
È durante questo ballo forsennato che Shiva vede per la prima volta quello che si rivelerà il più grande ostacolo tra Brahmāstra e il potenziale pubblico pescato dal bacino Marvel: la bella Isha (Alia Bhatt, vale il discorso fatto sopra per Ranbir Kapoor), visione celestiale che lui inseguirà fino a reincontrarla per caso in ascensore (!), e invitarla a passare la serata con lui. Il punto è questo: il cinema indiano ha iniziato a farsi notare anche da noi al di fuori della cerchia etnocinefila quando ha cominciato a farci vedere certi stilemi per noi apparentemente indigeribili applicati al Genere. È un po’, mutatis mutandis, il solito discorso su quei film-scorciatoia tipo La tigre e il dragone: seleziono accuratamente e distillo le parti più potabili del mio stile per proporle a te, occidentale ignorante che quando guardi un film francese ti senti turboglobalista.
Uno degli effetti collaterali di questa Operazione Digeribilità è che quando poi esci dal recinto delle robe sanitizzate a uso internazionale scopri che ci sono più differenze di quelle che credessi con quello che guardi di solito. La romance in un film bollywoodiano è fondamentale, non nel senso che ci deve essere ma nel senso che è naturale che sia uno degli elementi centrali di tutta l’opera; persino il già citato RRR inquadrava il rapporto tra i due protagonisti usando la lente della storia d’amore.
E quindi Brahmāstra è un film romantico, romanticissimo, supersentimentale. Alla storia d’amore tra Shiva e Isha (anche in termini di numeri musicali) viene concesso il doppio dello spazio dato alla storia di superpoteri e salvataggi di mondo che sarebbe poi la trama principale. Nessun film Marvel (nessun cinecomic in generale) ha mai usato così esplicitamente il linguaggio e le soluzioni narrative della romcom, e in generale ha mai dedicato così tanto spazio all’amore tra due persone. Non è solo questione di “ci sono un sacco di scene di baci, carezze e sguardi languidi” o di “Shiva e Isha passano metà film a dirsi ti amo con tono drammatico”, è proprio questione di “il fatto che questi due si amino è un plot point fondamentale e influenza direttamente tutto il resto del film superpoteri compresi”.
Mi sto dilungando perché credo sia giusto mettere in guardia chi avesse deciso di guardare Brahmāstra sulla base delle tamarrate. Ce ne sono, eh? Dal tizio che ferma un camion con una mano grazie al potere del toro allo scienziato (uno sprecatissimo Shah Rukh Khan) che fa parkour magico passando per le succitate frecce-serpente, Brahmāstra è strapieno di invenzioni anche visive ben oltre i confini del fantasy – anche in termini di educazione generale: non aspettatevi sangue, budella e decapitazioni, e non aspettatevi neanche troppa violenza a dirla tutta, solo tante piroette e un sacco di gente che si spara palle di fuoco o similari. Però se quello che cercate è lo spettacolo ci sono più piani sequenza alimentati a superpoteri e coreografie pazze in Brahmāstra che… sapete cosa voglio dire.
Eppure è impossibile, arrivandoci dal lato di chi si sta subendo sta godendo di MCU e dintorni da ormai vent’anni, non sentire una certa stanchezza e non notare una certa prevedibilità nelle soluzioni, nonostante la pretesa di appoggiarsi alla mitologia. Spogliato di tutti gli orpelli e delle distrazioni dovute al fatto che non si parla di “Thor” ma di “Shiva”, Brahmāstra è un altro film di supereroi con tutte le sue cosine al posto giusto, e nient’altro. Ci sono dei poteri da risvegliare, dei cattivi da respingere (tra i quali l’immancabile Cattiva Gotica Semisvestita con il rossetto nero, che fa da contraltare all’angelica bellezza di Isha), un misterioso tempio da trovare con l’aiuto di Google Maps, per cui mica tanto misterioso. C’è persino un Professor X che gestisce una scuola per giovani supereroi, solo che è un guru e gestisce un tempio (è Amitabh Bachchan, per il quale vale et cetera) (il tempio invece è quello misterioso di prima).
Poi però la scena con Google Maps prelude a un inseguimento in auto e successive mazzate tra supereroi e supercattivi che mi riguarderei ora se potessi (ehi, un attimo, posso!). Il tempio dei Not X-Men è anche la location di una spettacolare (per quanto un po’ annegata nella CGI) battaglia finale che dura mezz’ora buona durante la quale esplode tutto, in continuazione. C’è più in generale un’evidente voglia di sfidare Hollywood su un campo (quello dello spettacolo visivo) nel quale Bollywood domina da decenni ma che non aveva ancora esplorato in certi angoli; e di conseguenza c’è lo stesso difetto hollywoodiano cineuniversitario di dimenticarsi di scrivere una buona storia a supporto di tutta questa pirotecnia. È fin troppo educato, Brahmāstra, fin troppo preoccupato di fare le cose giuste e di porre le basi per un cineuniverso nel modo più corretto possibile ma anche di rimanere abbastanza digeribile in patria. Non può lasciarsi andare, che è poi il grosso problema di chiunque sia costretto a lavorare nella gabbia creativa di un franchise che ehi no chi siete cosa volete da me andate via chi vi ha fatto entrare perché avete le orecchie da topo nooo lasciatemiii non potete aaaaaa
Topo quote
«Troppo poco troppo»
(Stanlio Kubrick, i400calci.com)
NB1 mi rendo conto rileggendo il pezzo che ho fatto un disservizio ad Ayan Mukerji, che il film l’ha scritto (non benissimo) e diretto (bene). Mukerji è al terzo film in 13 anni di carriera: i primi due stanno tra la romcom e il coming of age, per cui non sentitevi per forza in obbligo di mettervi in pari.
NB2 avrete notato che nel titolo Brahmāstra è presente un carattere speciale che crea problemi grafici per tutta la durata del pezzo. Avremmo potuto correggerlo e semplificarlo sostituendolo con una “a”, ma “abbiamo preferito il rispetto della grafia alla resa del font” dice Nanni Cobretti, Capo Supremo.
Sì ma caro Stanlio non puoi farmi ‘ste bastardate: la sigla di quei metallari dei FGTH mentre leggo la rece. Ho pianto per tutta la lettura e ho il letto pieno di fazzoletti di carta, ed è entrata mia morosa e io pur di non farle capire che sono una mammoletta le ho detto “Sì, mi sono accoppato di pippe guardando cose sporcaccionissime!”. Mi ha strappato il telefono di mano e c’ era l’ immagine di Topolino.
Metti qualcosa dei Tavares.
In realtà la storia d’amore potrebbe essere più che un semplice fatto culturale. Secondo tutti i miei amici indiani lei potrebbe tirare fuori superpoteri nel secondo film.
Spiego. Isha è uno dei nomi della moglie di Shiva nella religione induista, come gli fa notare lei stessa, quando gli dice che non possono separarsi. Nella religione Shiva è così attaccato a sua moglie da essere spesso raffigurato mezzo uomo e mezza donna. Isha è il suo potere attivo. Infatti il nostro eroe del film funziona solo quando ha la fidanzata intorno, quando è solo è come bloccato. A un certo punto anche il suo Maestro gli fa notare che l’amore che prova per Isha è diverso da un normale sentimento. La cerimonia che citi, alla fine della quale lui esce a cantare e incontra Isha la prima volta, era proprio dedicata a una divinità femminile (c’è la scultura gigante).
Sono riferimenti che gli indiani colgono al volo, mentre un occidentale deve essere addentro alla religione /cultura per capirli.
Giustissimo (io per dire ho scoperto queste robe dopo la visione perché sono andato su Wikipedia), mi rimane però il dubbio che anche senza questo strato di senso che dici tu la storia d’amore tra loro sarebbe comunque stata trattata allo stesso modo – o comunque in modo decisamente non-Marvel.
Probabile. Io, che ho la stessa allergia del Capo alle storie d’amore, mi sono grattato le braccia fortissimo.
Però, da persona che ha visto un paio di Marvel /DC in vita sua e ancora ricorda il disagio, questo film invece mi ha intrattenuto e convinto a guardare i seguiti. Probabilmente perché mi piacciono i film indiani. Le storie delle loro divinità sono sufficienti da sole a creare mitologie che gli americani se le sognano.
Ma perchè non recensite le serie valide, invece di queste troiate indiane?
io invece vi ringrazio perchè avete aperto un mondo..RRR una roba che pensavo di mollare dopo 10 minuti invece le 18939439 ore son volate
Per favore, quando ne avrete la possibilità e la voglia, coprite KGF Chapter 1 e KGF Chapter 2, in lingua Kannada e (il secondo) vero caso cinematografico dell’anno in India, oltretutto venendo dalla perifericissima cinematografia del stato di Karnata. Da una parte è una versione estremizzata e facilmente ironizzabile del tamarrismo dallo slum alla vetta del potere, dall’altra parte è una sorta di Dune ambientato in un contesto simil-Watchman (un’India parallela fra il 1978 e il 1981, con cornice narrativa contemporanea e – troppi – flashback dagli anni 50). Credo sia uni dei film più discontinui che abbia visto (anche nello specifico del subcontinente) ma rimane alla fine curiosamente anche il film (considero entrambi due parti di un film unico) più semplicemente sorprendente e grosso di quest’anno – basta avere la pazienza anche solo di aspettare l’ultima mezz’ora. Ah, nessuno traccia di Disney e soci, ma proprio per niente.
Grazie, me l’hai venduto.
Confermo, meritano un pezzo. È difficile vincere una gara di tamarrismo in India, ma i due KGF stanno lassù, spinti da un’ambizione narrativa fuori scala. Ci organizziamo.
Vi ringrazio di cuore.
” Ah, nessuno traccia di Disney e soRci, ma proprio per niente.”
FTFY
Ti voglio bene Diegetico. Kgf è bellissimo.
Io ho scoperto gli action movie indiani moderni da poco grazie a Prime, e confermo: a livello action ( sebbene in molti abbiano una discreta tendenza all’esagerazione dell’esagerazione esagerata ) fanno le scarpe a qualsiasi roba Ammerigana e a parecchia altra asiatica. Se proprio dovessi trovargli un difetto sarebbe appunto una certa voglia di vincere facile evitando scenografie action più “normali”, tipo quelle di The Raid. Insomma, son bravissimi a fare film di super eroi senza i super eroi ma con gente che, a tutti gli effetti, ha qualità fisiche da super eroe. Me ne guarderei di più, ma purtroppo mi frega il fatto che: primo, son tutti in lingua originale, secondo i sottotitoli potabili sono solo in inglese che non è esattamente la mia seconda lingua, terzo questi cavolo di indiani parlano tutti dannatamente veloce, e il tempo medio per la lettura di un sottotitolo va dai due ai tre secondi massimo, ben oltre la mia capacità di traduzione standard. Ma vabbè, non si può avere tutto dalla vita…
Sì il discorso che quella è una a lunga ed è giusto che stia esattamente dov’è.
Qui solo per dire che quest’anno è uscito anche un altro film calciabile e godibilissimo (nonostante il responso, per me incomprensibile, del botteghino) con protagonista Ranbir Kapoor (e un terrificante – in senso positivo – Sanjay Dutt): Shamshera.
Ciao Regaz, comunicazione di servizio. Sia il font che usate sui titoli (Steelfish – https://www.dafont.com/steelfish.font?text=%26%23257%3B) sia il font che avete sul testo (Roboto – https://www.dafont.com/it/roboto.font?text=%26%23257%3B) volendo possono supportare i caratteri strambi indiani.
Probabilmente quando i file dei font sono stati caricati sul sito sono stati privati dei caratteri ritenuti superflui per alleggerirli, la soluzione sarebbe triviale: vi basta sostituire la versione del file che avete sul server con quella che comprende tutti i caratteri. Se avete bisogno di info la mia mail è allegata del commento.
Uh! L’informazione dovrebbe essere sufficiente, ti ringrazio di cuore, faccio risolvere al più presto.
Mi ritrovo in quel che dici, Stanlio, ma ora che hai parlato dell’approccio democristiano non riesco a non immaginarmi che al Mukerji abbiano detto qualcosa tipo “ispirati alla Marvel O ALLA DC” e lui abbia frainteso…
Scenograficamente apprezzabili, coreografie fatte come si deve con esperienza più che decennale, tamarrate a secchiate…detto questo, questi film che alla fine tentano di scopiazzare l’hype occidentale non avranno mai veramentre successo da noi, accontentandosi di fomentare l’immaginario di un paio di miliardi di indo-asiatici.