Volevamo raccontarvi un pugno di film di James Bond in preparazione a quello nuovo, la cui uscita era prevista per il 10 aprile, ma poi è stato spostato a novembre.
Pensavano forse di scoraggiarci?
Col cazzo: adesso ci mettiamo qua e ve li raccontiamo TUTTI.
A voi Le Basi: 007.
“Piuttosto che farne un altro, mi sgarro le vene”. Ricordate? Questa era, più o meno, la frase che Daniel Craig disse a TimeOut Magazine nel 2015, poco prima dell’uscita di Spectre. A novembre esce No Time To Die, e secondo voi chi interpreta 007? EH? CHI LO INTERPRETA??? VEDIAMO SE LO SAPETE!!! Ah, lo sapete gia? Sì, sempre lui, Daniel Craig. Ero convinto di farvi una sorpresa e invece lo sapevate già tutti… Daniel, due secondi dopo aver alzato la cresta, è subito rientrato all’ovile, ha chiesto scusa in ogni lingua possibile a chi di dovere e adesso è ancora lì, saldo al suo posto a fare gli inseguimenti con la Aston Martin, a bere il suo martini agitato e non eccetera, a limonare Léa Seydoux, a spaccare di schiaffi in faccia (speriamo) Rami Malek. Ora, va bene tutto, Daniel. Siamo uomini di mondo, eh? Tranquillo che No Time To Die andremo sicuramente a vederlo. Però, fattelo dire: sei un po’ un uomo di niente.
Siamo nel 1967 e Sean Connery, il primo James Bond, ha appena finito di girare Si Vive Solo Due Volte, il suo quinto film da 007. Subito dopo prende una decisione: basta con ‘sti film. Molla tutto. Una scelta rischiosa, eh? Ora, nel 2020, siamo abituati a vedersi alternare grandi attori in quella parte, ma lui è stato il primo. A interpretarlo e ad abbandonarlo. E dire che era diventato famoso proprio grazie a quel ruolo. Certo, nel frattempo aveva lavorato anche con tale Alfred Hitchcock, ma non era scontato che la sua carriera potesse andare avanti anche senza quei film. Il rischio era quello di finire per essere percepito dal pubblico solo ed unicamente come James Bond e non come… come… aspetta, cos’altro ha fatto poi Sean Connery che possiamo mettere qui per far vedere che comunque lui, cioè, a parte James Bond , ha poi fatto un sacco di parti memorabili? Ok, ok, sto scherzando. Ha interpretato Juan Sánchez Villa-Lobos Ramírez in Highlander e lo sbirro tutto di un pezzo Jimmy Malone ne Gli Intoccabili. Vabbè, comunque siamo nel 1967 e Sean Connery non ne può più. Basta, s’è annoiato. E poi, a quanto pare, non parla manco più col produttore Albert Broccoli. Per la EON Productions è arrivato il momento di trovare il nuovo James Bond.
Siamo a Londra, all’inizio degli anni Sessanta. Qui vive George Lazenby, un venditore d’auto australiano, ex meccanico, arrivato nella perfida Albione per amore, per seguire Beverly, la ragazza con cui vive. Bello e prestante, George finisce quasi per caso a fare il modello per qualche servizio fotografico. Dopo qualche tempo però, il lavoro come modello diventa la sua principale occupazione, oltre a quella di infiocinare tutte le ragazze che incontra. La cosa non trova particolarmente felice Beverly che giustamente lo abbandona, ma sarà proprio la sua carriera a goderne. A metà dei selvaggissimi Sessanta, George diventa il protagonista di uno spot per una famosa marca di cioccolato: la Big Fry.
Come avete potuto vedere in quello che è per ora l’apice della sua carriera, George Lazenby non è un vero e proprio attore. Si tratta di un ragazzone bello e affascinante. Qualcuno direbbe un pinnolone. Niente di più. Però George piace alle donne. A quelle giuste. Una di queste è la produttrice Maggie Abbott che si mette in testa che questo australianone grande e grosso potrebbe diventare il prossimo James Bond. Per cui suggerisce a George di presentarsi al provino. In realtà Lazenby non ha un vero e proprio appuntamento per fare il provino. La Abbott gli ha suggerito semplicemente di andare lì e vedere se riesce a imbucarsi. A questo punto Lazenby si gioca il tutto per tutto. La città, Londra, è piccola (beeeeeh, si fa per dire… ) e la gente mormora: sa dove solitamente va Sean Connery dal barbiere e sa pure dove va a farsi fare gli abiti su misura. Stando a quanto racconta lui stesso nel delizioso film documentario Becoming Bond, si fa fare un taglio di capelli simile e riesce a farsi dare un abito che Sir Sean non ha mai ritirato. Riesce poi a eludere la sicurezza e in men che non si dica è davanti ai produttori. A quel punto, già che c’è, racconta un sacco di palle: dice di aver fatto questo e quello, millanta capacità attoriali che evidentemente non ha. E alla fine succede l’impensabile: George Lazenby diventa il nuovo James Bond.
A questo punto possiamo concentrarci sul film e rispondere a due domande fondamentali: com’è Al Servizio Segreto di Sua Maestà e come se la cava Lazenby? Cominciamo dalla seconda domanda: il film inizia all’alba, in Corsica, con un inseguimento in macchina. Un uomo di cui non vediamo il volto, insegue una donna fino a una spiaggia. Qui sembra che la ragazza, la bellissima Diana Rigg (Emma Peel dei The Avengers e Lady Olenna Tyrell in Game of Thrones), voglia farla finita ma l’uomo decide di metterla in salvo. Dopo averla adagiata sulla spiaggia, la sveglia e si presenta: il suo nome è Bond, James Bond. E la sua faccia è quella di Lazenby. Un secondo dopo arrivano due energumeni, ma il nostro se ne libera senza troppi problemi a suon di cazzotti. Peccato però che nel frattempo la donna sia riuscita a rientrare in macchina e scappare. A quel punto James Bond, penso per la prima e unica volta della sua lunga storia cinematografica, guarda in camera e dice:
“Una roba del genere, a quell’altro, non è mai successa”. E poi via con i soliti e amatissimi titoli di testa, con le immagini psichedeliche e le ragazze nude che ballano. Insomma, la cosa è chiara: siamo a casa, eh? Siamo in un film di James Bond, questo è palese, ma Lazenby ci tiene a presentarsi come il nuovo Bond, uno a cui capitano cose che a quell’altro non sarebbero mai successe, uno diverso, inedito. E in cosa è diverso da Sean Connery? Ora, potrei sbagliarmi, eh? Ma mi sembra che il cambio sia più o meno simile a quello che è stato fatto quando si è deciso di rivolgersi a Daniel Craig: basta buone maniere. Qui c’è bisogno di uno rozzo, grezzo, arrogante e violento. La sequenza d’apertura poi è il perfetto biglietto da visita. Qui volano botte da orbi: pugni in faccia, colpi di roncola sulla schiena, ancore agitate come in un film indonesiano. Bond, nei film precedenti, non è mai stato così brutale. E Lazenby in questo senso è perfetto: è spavaldo, sbruffone, violento e senza scrupoli. Certo, è vestito il più delle volte come un coglione, eh? Ma non è colpa sua.
Sì, ok, forse su questa cosa che Lazenby è uno sciupafemmine si insiste un po’ troppo. C’è un livello di sessismo piuttosto alto e le gag Renzo Montagnani style si sprecano. Una volta che Bond si intrufola sotto le mentite spoglie del genealogista Sir Hilary Bray presso la clinica segreta del nemico Blofeld, incontra gli Angeli della Morte, una serie di mega gnocche provenienti da tutte la parti del mondo. Gli Angeli della Morte sono lì, isolate da mesi a farsi lavare il cervello da Blofeld, per cui quando vedono James Bond in kilt danno dei vaghi segnali di apprezzamento. Tipo così:
O, appoggiandosi a qualche facile stereotipo, così:
Veniamo al film: al netto degli anni che si porta sulle spalle, Al Servizio Segreto di Sua Maestà, non è niente male. Tratto da uno dei libri della trilogia della SPECTRE di Fleming, gli altri sue sono Operazione Tuono e Si Vive solo Due Volte, affronta alcuni nodi fondamentali nello sviluppo del personaggio. Per prima cosa torna, come detto, il villain per eccellenza, Ernst Stavro Blofeld. Ma a dare corpo all’arcinemico di 007, non c’è più l’eleganza statica di Donald Pleasence, ma la grezza fisicità di Telly Savalas. L’operazione è simile a quella fatta nel passaggio tra Connery e Lazenby. Savalas è sempre Blofeld, un genio del crimine con un cervello eccezionale, capace di escogitare piani malvagi e arzigogolatissimi, ma al tempo stesso diventa un uomo d’azione rude e violento che non esita a scendere in campo a sporcarsi le mani.
La prima parte del film, dopo l’eccezionale incipit, soffre oggi forse di qualche lungaggine ma non si può fare a meno di notare come la confezione e il respiro siano quelli giusti. I set sono di primissimo ordine, le sequenze d’azione – pur essendo montate con un gusto decisamente retrò, soprattuto per quanto riguarda le scazzottate – sono di quelle che sarebbe bello godersi oggi all’IMAX. Il regista, l’esordiente Peter Hunt, fino a quel momento montatore di tutti gli altri film della saga, se la cava alla grandissima e riesce ad adeguarsi ai vari registri della storia: c’è la classica sequenza da spy movie, il montage amoroso, l’inseguimento in macchina, la famosissima sequenza sugli sci e anche una piccola sequenza di guerra che sembra anticipare quella dell’assalto al fortino del finale di Inception, con Lazenby che scivola su una pista da curling sparando con una mitraglietta.
Il tutto è ovviamente figlio della cultura Sixties, esagerata, manierista e drogatella. Ah, non manca una certa dose di violenza e, attenzione, sangue. Da incorniciare sicuramente la sequenza di inseguimento in cui Diana Rigg, per scappare dai nemici, finisce nel bel mezzo di un rally automobilistico indemoniato, con macchinette che si sfrociano una contro l’altra mentre un centinaio di comparse si agita ai bordi della pista. Immaginare una scena del genere oggi è da infarto. E poi c’è quel finale lì, che non mi va di dirvi, perché se non l’avete mai visto giuro che ancora oggi fa il suo porco effetto.
Cosa succede poi? Le cose, a più di 50 anni di distanza, si fanno difficile da leggere. Si legge che il film è un successo straordinario al botteghino, ma è vero che segna una flessione rispetto ai film precedenti della saga. Qualcuno lo considera tra i migliori film della serie, altri non ne hanno mai sentito parlare. George Lazenby oggi è ricordato unanimamente come il peggior Bond di sempre, eppure nel 1970 viene candidato ai Golden Globe proprio per questa sua interpretazione. E i produttori, subito dopo l’uscita del film, gli proposero un contratto per altri sette film e un bonus da un milione di dollari. Un milione di dollari nel 1970. Certo, se decidi di essere James Bond ci sono delle regole da seguire: ti devi vestire così, pettinarti cosà, devi comportarti in pubblico in un certo modo e rilasciare interviste dove dici solo ed unicamente cose che ti abbiamo detto di dire. Per tutta risposta, George Lazenby si presenta alla prima del film a Londra come un hippie.
Capello lungo e barba incolta. Se ne sbatte di quello che i publicist e i producer dell’epoca gli dicono e preferisce andare in giro in moto a fare il ganassa. Forse è la paura di vedere finire la propria vita sotto dei riflettori costanti e ingombranti. Forse è un incrollabile desiderio di libertà. Fatto sta che, una sera, Lazenby è ospite da Johnny Carson. E dice più o meno quello che disse Daniel Craig nel 2015: “Piuttosto che farne un altro, mi sgarro le vene”. Solo che a differenza del guappo di cartone, George ha tenuto fede alle sue parole. Ha rifiutato i sette film e pure il milione di dollari. Ha detto di no a una sicura carriera di successo. Ha chiuso la porta in faccia a James Bond e ha continuato a vivere la sua vita. Hollywood non l’ha presa benissimo e la sua carriera ha fatto poi la fine che ha fatto. Forse ha sbagliato, eh? Eppure oggi George ha questo sorriso qui. Riuscite a non voler bene a questo meccanico australiano che ha mandato a fare in culo tutti?
Bond Girl & Bond Villain by Gianluca Maconi:
DVD-quote:
“Uno dei Bond migliori.
George Lazenby 6 un fiko”
Casanova Wong Kar-Wai, i400calci.com
Faccio parte del 50% degli spettatori di Bond che non hanno mai visto questo film, per cui mi rendo conto di essere ingeneroso a dire quello che dico partendo solo dalle foto.
Però…
Grazie, George, per aver mandato in culo tutti, sei un figo, sei un uomo di carattere e, sopratutto, sei colui che ha permesso che la faccia di James Bond continuasse ad avere quell’indefinibile aria “British” da primo della classe (sì, Craig, per quanto fisicato e grezzo, riesce ad averla, la sposta solo un po’ più verso i Docks o le fonderie di Liverpool) e non quella da giandone simpatico che durante l’anno lavora come cameriere (o persino maitre) e d’estate arrotonda come bagnino, infiocinando tipe 365 giorni l’anno.
Con sette film tuoi, Bond si sarebbe semplicemente dissolto.
Sono ingeneroso, George, lo so. Ma tanto tu te ne fotti e mi stai immediatamente simpatico.
quando ho letto “cosa ha fatto a parte Bond” stavo giá sfilando la mia toledo-salamanca, per fortuna vi siete corretti in tempo…
Io stavo salpando con il mio Typhoon con testate balistiche già armate
Solo per citare i titoli “intoccabili” della sua carriera (Highlander per me non lo e’, tipo):
– Marnie
– La collina del disonore
– Una splendida canaglia
– Rapina record a New York
– Riflessi in uno specchio scuro
– Zardoz
– Il vento e il leone
– L’uomo che volle farsi re
– Robin e Marian
– La prima grande rapina al treno
– Atmosfera zero
– I banditi del tempo
– Il nome della rosa
– Gli intoccabili
– Indiana Jones e l’ultima crociata
– Caccia a Ottobre Rosso
una carrierina
Robin Hood (Principe dei ladri) no?? 😁😁😁
Madonna mia che roba L’uomo che volle farsi re
È un film che finisce a mio avviso nei primi 10 della saga, con un finale tragico e spiazzante.
Lazenby, ragazzi, come scritto nella recensione non era un attore professionista e doveva reggere “l’eredità” di Connery: visti questi due aspetti, se la cava più che dignitosamente.
Sicuramente è stato massacrato inizialmente per non essere inglese (o meglio, del Regno Unito, dato che Connery è scozzese, Dalton gallese e Brosnan irlandese ma nessuno si è mai lamentato in merito). Avesse continuato sono sicuro avrebbe riscosso il successo personale che meritava
il mio preferito dopo casino royale con craig.
Totalmente d’accordo
E tanta stima per il nickname, che mi fa sospettare tu sia toscano come il sottoscritto
@Casanova: hai linkato una delle rarissime foto in cui Léa Seydoux sembra bruttina. Però Lazenby vero eroe, grazie di avermelo fatto conoscere, il sorriso finale che hai postato m’ha un po’ rischiarato la giornata :)
Anche l’unico film in cui Bond si sposa è ha un finale tragico.
Certo però che “E poi c’è quel finale lì, che non mi va di dirvi, perché se non l’avete mai visto giuro che ancora oggi fa il suo porco effetto” non l’avevamo mica scritto per incoraggiarvi a spoilerarlo voi…
Ma li mortacci tua.L’ho visto tipo 20 anni fa e non mi ricordavo quasi niente,finale compreso. Grazie eh
Ma nemmeno una parola sull’insegnamento finale sui bob, che ha un montaggio degno di Michael Bay, ma nel 1969?!
Beh, il buon George negli anni 90 si è fatto praticamente tutti i film di Emmanuelle, quindi troppo male non gli è andata, dai!
Io l’ho visto ed è bellino secondo me specie le scene ambientate sulle Alpi svizzere veramente un posto bellissimo
Ho ricordi confusissimi di questo Bond, sono sicuro di averlo visto da piccolo, ma non so se intero o a pezzi. Unica cosa che ricordo mediamente bene è quel finale, forse perché è stato abbastanza un trauma. Bella la chiave della rece comunque, in ‘sto mondo ci vorrebbero più Lazenby (non nel senso di snobilitare gente che fa bene il suo lavoro e continua giustamente ad essere richiestissima, ma nel senso di “liberare” molti di quelli che continuano pur non essendo buoni o non avendo il coraggio di smettere).
Lazenby.
Lo 007 piu’ massacrato di sempre.
Non era inglese. E a molti tanto bastava.
E il bello e’ che molti e’ bastato per non volerlo neanche vedere.
Vi diro’…il film e’ bello, e il buon George a suo modo non se la cava neanche male.
Una riuscita via di mezzo tra “l’uomo che non drve chiedere mai” che era Connery e Moore, che a volte la buttava persino in parodia.
Per il modo in cui mette le mani avanti e per l’onesta’ d’intenti.
“Ragazzi, io non sono quello la’. Faccio quel che posso.”
E lo ha fatto pure bene.
Grande, George. Pure per il coraggio che hai avuto a fare quel che hai fatto dopo.
“
George e’ simpatico. Pero’ nella sequenza iniziale guida con il cappello… daiiii neanche il vecchietto con la ritmo!
Per me non era il peggior James bond come attore , il film in certi punti è lento ma che finale ( spiazzante ).
Ora che inizierete a fare i film di Moore ci saranno dei momenti veramente imbarazzanti ( in realtà anche momenti esaltanti )
Uno dei miei Bond preferiti, che non posso fare a meno di vedere fino alla fine se ci capito per caso. Vorrei che l’Uomo nell’Alto Castello mi facesse vedere la versione con Connery di questo film per capire se sarebbe stata uguale, migliore, peggiore.
#UnOléPerOlenna
Olé
Sei mica un antrista?
On Her Majesty’s Secret Service è sicuramente una delle migliori trasposizioni dell’intera saga, merita senza ombra di dubbio almeno la top 5, soprattutto per il finale.
Il problema è la monoespressività di Lazenby che vanifica, quasi parodiando, la coolness misteriosa ed intrigante di Bond che, da sola, vale il 50% del prezzo del biglietto.
Peccato. Con un interprete di livello assoluto, forse oggi parleremmo del miglior film di 007 di sempre.
Visto diverse volte, questo è l’unico film di 007 pre-Roger Moore che riesco a reggere, e ho gradito la lettura dell’articolo. Ma…
– c’è un typo, Savals per Savalas;
– a quanto ho letto da qualche parte, Lazenby non interpretò più Bond perché fece richieste astronomiche, più che altro.
A livello di trama, azione e gnocca siamo tranquillamente tra i migliori 5 film di Bond. Peccato che Connery avesse mollato proprio prima di sto film perché con quel finale sarebbe stato la chiusura del cerchio perfetta. George si vede che non è il suo mestiere e il paragone con Connery è pesantissimo. Non mi va di bocciarlo perché la sigla 007 è tosta da portare ma non riesco neanche a promuoverlo (un po’ come quel poveraccio che indosserà la 10 di Messi al Barça…).
Non sapevo di come Lazenby avesse sfanculato tutti. Come fai a volergli male a uno così?!?!
Il miglior bond di sempre.
Il film è il più bello in assoluto.
Che io sappia lazenby rifiutò di firmare un contratto per tre film ancora prima di girare questo. D’altronde era quello che hanno fatto con tutti gli altri attori. Anche Dalton aveva firmato per 3 film ma dopo la lunga pausa di 6 anni riuscì a trovare il modo di svincolarsi. Dopo il film chiese cifre molto alte e, come è ben descritto nella recensione, non accettò di diventare un uomo immagine (scelta curiosa per uno che faceva il modello). In diverse interviste ha ammesso di essersi montato la testa e immagino si sia mangiato le mani per tutta la vita
Il film è uno dei capisaldi di bond non solo per il finale ma per tanti motivi: è il film in cui 007 seduce più bond girl in assoluto (quasi ci tenta anche con l’assistente di blofeld), c’è la canzone di Armstrong che entrerà nella leggenda, le scene con gli sci e con il bob sono ancora oggi superlative.
Certo c’è un maschilismo indecente (il padre della rigg dice a bond che serve un uomo che la domini), c’è un insubordinazione nei confronti di M impensabile con Connery. Poi c’è lazenby che indubbiamente aveva il ruolo pesantissimo dell’eredità di Connery ma a mio parere invece che provare a staccarsi da quel modello (come farà Moore) lo esacerba. La mega suite, il caviale, il casinò. Bond si è sempre trattato bene ma era un missione mentre qua all’inizio del film è in vacanza privata. Se sei al primo film o sei un attore pazzesco e rivaleggi con Connery oppure vola più basso e inventati un tuo stile per il personaggio
Comunque alcune critiche che fai a Lazeby o al film in realtà andrebbero fatte a Fleming: questa è in assoluto la trasposizione più fedele al romanzo di origine, compresi eccessi e “maschilismo”
Risulta più evidente per il cambio di attore, mentre è solo la conseguenza di quanto visto prima
Hai ragione ma io credo che il successo dei film di Bond sia dovuto anche a un certo distacco rispetto ai libri dell’autore che, come sappiamo, aveva delle idee piuttosto consolidate e in alcuni casi controtendenza. Per citarne una, non ricordo in quale libro, Bond difende Castro dall’imperialismo americano.
Alla fine i libri sono stati tutti pubblicati tra gli anni 50 e i primi anni 60 e i film, venuti dopo, sono figli di una cultura nettamente in movimento. Basti pensare alla rivoluzione dei costumi tra il 1967 e il 1969. Un film, per quanto ovviamente ispirato al libro, dovrebbe saper leggere i cambiamenti della società. Una cosa è girare il signore degli anelli che è ambientato in un mondo fantastico lontanissimo dal nostro, un altro ambientarlo nella contemporaneità.
la scena nella clinica sulle alpi mi ha ricordato Casino Royale (per rispetto in quarantena sto seguendo la cronologia pari passo con Le Basi) nel castello in Scozia.
James Bond in mezzo alla patata. Spero che ci sia un director’s cut con scene tagliate in cui Sir Hillary se le fotte tutte invece che solo due.
Il film a parte quella deriva camp è nella top 10 forse top 5 degli 007. Il problema è proprio quel giandone di Lazenby. Quando si muove molleggia che manco Celentano…gli manca proprio classe vera e stoffa attoriale, c’è poco da fare. Ha una espressione con la bocca storta.
Peccato veramente che non ci sia stato Sean Connery…
È impossibile, anche per me, non voler bene a codesto meccanico australiano, ora splendido ottantenne (direbbe forse l’altro Nanni).
Tant’è vero che lo seguo su Facebook: nel giugno dell’anno scorso George Lazenby fu la star dei festeggiamenti, tenutisi al Piz Gloria, per il 50° anniversario di OHMSS (ed io, naturalmente, avrei voluto poter essere là); più di recente, il 5 gennaio, per rintuzzare certe dichiarazioni fuori contesto attribuitegli da qualche tabloid, ci ha regalato una perla di calembour come l’auspicata definizione di lui medesimo: “I hope I can be known as The Spy Who Loved #MeToo”.
Quanto a trovare in OO7 un’altra “fourth wall breaking”, pure connessa – alla lontana – con quella del Nostro ma certamente meno clamorosa (perché giocata “solo” di mimica, senza one-liners esplicite, e perché collocata proprio a suggello di tutto il film), ho l’impressione che si debba uscire dalla serie ufficiale per andare sul rifacimento «Never Say Never Again».
James Bond, amoreggiando a bordo-piscina con Domino, ammicca verso la mdp dopo un ironico scambio di battute che riprendeva il wink-wink del titolo stesso:
(Sean Connery) – “Never again”.
(Kim Basinger) – “Never…?”.
Abbraccio, dissolvenza, end credits e, a ribadire il concetto, reprise della title-track di Lani Hall.
(E, in un certo senso… Che cos’è il miglior agente operativo MI6 – nonché capitano del SAS – John Patrick Mason, se non un James Bond che si è fatto più galera di Alcibiade e Nelson Mandela, da lui proprio citati in «The Rock», nonché di OO7-Brosnan nel successivo «Die Another Day»?).
Scusate, avevo omesso l’«identificativo».
Scusate, avevo omesso l’«identificativo».
Gli si vuole benissimo: è il mio Bond preferito con Dalton e Craig.
Smitizziamo solo un pochino il buon vecchio George.
Perché lui la carriera cinematografica voleva intraprenderla eccome, ma a modo suo.
Quindi non ha rifiutato i soldini in un impeto di idealismo votato a chissà cosa, bensì non ha semplicemente voluto continuare la saga di Bond.
Il risultato è stato vederlo recitare qua e là per i successivi 30 anni senza che abbia fatto qualcosa di minimamente memorabile.
Successivamente ha anche ammesso che rifiutare il contratto per tot film di 007 fu un errore (ma va?).
E se vi dicessi che è il mio preferito?
I problemi grossi di questo film sono stati:
1. Truccatori, parrucchieri e costumisti che hanno addobbato Lazenby in modo ridicolo.
2. La produzione lo obbligò a ricalcare il più possibile Lazenby (anche nel taglio di capelli) mentre in seguito, memori dell’errore, concessero carta bianca a Moore.
3. Probabilmente un certo passaggio dai modi di fare alla Connery a quelli più fedeli ai romanzi e più realistici di Lazenby si scontrava coi gusti dell’epoca.
4. Non lo accettarono perché australiano.
5. Negli anni 60 guidare col cappello era più normale di oggi e di sicuro non lo fece di sua iniziativa.
6. Se avesse fatto sette film avremmo avuto un personaggio migliore di Moore (i cui risultati al botteghino furono assai peggiori me nessuno lo dice) e comunque non mi risulta che sia considerato il peggior 007 di sempre (ma avete visto Brosnan e Dalton).
Avevo già commentato questa splendida recensione 18 mesi fa ma, dopo aver visto al cinema No Time To Die fallendo nel tentativo di trattenere le lacrime nel finale anche a causa di We Have All The Time In The World di Louis Armstrong, ho sentito l’esigenza di tornare qui e rileggerla.
A me è sempre sembrato Gianni Morandi.
E per giunta brutto come il peccato.
Ma a parte questo, il film è un po’ una gagata. Cioè un boss della mala supplica un agente segreto di Sua Maestà di sposare la figlia depressa così la guarisce..?
Dopodichè va a dire fregnacce in mezzo a fotomodelle teleguidate che ridacchiano a letto, hanno rovinato pure le scene sexy.
Dall’inizio alla fine una noia, una serie di scenette che a confronto guardare le rane nello stagno è più avvincente dall’inizio alla fine un eterno:
M
A
C
C
O
S
A