Fino a qualche anno fa, un film con Vin Diesel mi faceva lo stesso effetto che me ne fa oggi uno con Jason Statham: se esiste, devo vederlo. La colpa ovviamente era di Riddick, il suo personaggio nello straordinario Pitch Black. Che, per la cronaca e per quei pochi che non ce l’hanno a casa in dvd edizione deluxe a 4 dischi, è un bellissimo film di fantascienza con i mostri. E che ha anche il vantaggio di avere un protagonista che ogni volta che entra in scena, si fa notare. Pum! È grosso, ingombrante, inquietante. Anche se sta zitto fermo immobile, recita. Insomma, una rivelazione. Poi con un nome così… Amore a prima vista. Peccato che in brevissimo tempo, una cosa come cinque anni, Vin Diesel sia finito a fare Missione Tata. Non so se l’avete visto, Missione Tata. Una cazzata senza precedenti. Oltre la frutta.
Scelte sbagliate, poca voglia di risultare l’ennesimo forzuto buono a nulla, Vin – dopo un Dominic Torretto e uno Xander Cage – ha scelto la via della rivalutazione attraverso la commedia coi bambini teneri. Ancora prima di poter essere rivalutato. E si è buttato via. Per dire, io Babylon A.D. o quello in cui nella locandina ricordava Celentano, che se non sbaglio era Il Risolutore, manco me li sono visti. Ed è un peccato abbandonare così uno come Riddick.
Poi l’altro giorno ho letto che è stato ripubblicato in div il suo esordio da regista. Come da regista? Giuro! Da regista! Infatti, prima di tentare di essere il nuovo Dolph Lundrgren, Vin tentava di diventare il nuovo Scorsese. Correva l’anno 1977, e Vin faceva il buttafuori nei locali. Uno di quelli che se ti si avvicina e tu sei mezzo sbronzo, sei pronto a chiedere scusa ancora prima che lui inarchi semplicemente un sopracciglio. Un picchiatore, un tamarro… ma con il pallino del Cinema. Un corto alle spalle – Multi Facial – che gli concede l’attenzione e l’incoraggiamento di Steven Spielberg e una sceneggiatura nel cassetto. Questo gli basta per girare Strays. Scritto, prodotto e diretto da lui, da Vin Diesel!. E adesso che l’ho visto, un po’ lo capisco. Cioè, Missione Tata rimane una roba che io non farei mai nemmanco sotto tortura, ma un po’ lo capisco. Perché Vin, ha quel fisico e quella faccia lì, ma sotto sotto sotto sogna di essere un artista.
E ha fatto questo film dove per tutto il tempo si impegna far vedere che lui è un ragazzo del ghetto, uno che spaccia, che scopa a casaccio delle tipe che dicono le parolacce e fanno le spogliarelliste e hanno dei nomi da zoccole, uno che va in giro in canotta, uno che ha gli amici che fanno brutto, uno che se lo urti in un locale e se solo lo guardi storto è facile che ti ritrovi con una Ceres rotta sulla nuca… Ma che sogna l’amore. E il bello con la B maiuscola. Che gli appare sotto forma di vicina di casa. Che ovviamente non è come la mia vicina, la Signora Soffritti, che sta in ciabatte 364 giorni l’anno ed è bella come un incidente stradale. No! la vicina di casa di Vin Diesel è una gnocca bionda. Che si muove al rallenti.
Lui, canottiera e pantaloncini, sta portando fuori la spazzatura, i resti di una serataccia alcolica con gli amici del campetto, quand’ecco che lei passa disivolta, con sorriso a 32 denti e vestitino a fuori. Al rallenti. Lui non capisce più nulla. Glielo leggi negli occhi che è pronto a dire addio a quella vita da balordo per una che cammina al rallenti. Allora Vin decide di darci delle lezioni su come remare una tipa quando sei innamorato e questo amore potrebbe farti diventare una persona migliore. Una sera, in jeans e canottiera e acqua di colonia, va ad una festa di un'”Artista Gay Negro” (che è una macchietta – marchio registrato – che viene utilizzata in molti film al solo scopo di evidenziare le differenze sociali tra due personaggi agli antipodi). Ride tantissimo in un angolo, che lui alle feste degli artisti gay negri non è che proprio si sente a suo agio. Ma ad un certo punto il suo sguardo da tamarro imbronciato incrocia quello della vicina. Che sorpresa! Dopo poco l’accompagna a casa a piedi. A metà strada, la ferma, le chiede di chiudere gli occhi e lì pensi “adesso la limona durissimo in mezzo alla via!”. No. Le canta una canzone. Una canzone dolcissima, eseguita con la voce bassa e roca di Vin. Quella che da lì a qualche anno riuscirà a mettere in crisi i marmorei valori morali di Paul Walker. La vicina, tempo una strofa e un ritornello, e già è cotta. Nella sequenza successiva, si vede lei che si mette lo smalto sulle unghie. È per terra, con la schiena appoggiata al divano. Sul divano c’è un pupazzo tenero. Lei ha il telefono tra spalla e orecchio e si sta facendo le unghie. Parla con sua mamma e le racconta che vede uno zarro di periferia, ma che è buonissimo! “Mi ha cantato una canzone!”. La mamma rimane perplessa.
Ma non sarà certo una vecchia matusa a fermare il fludo erotico! Urlando Ifix Tchen Tchen, lui la invita a cena. Siccome le cose si stanno già facendo serie, lui si veste come se fosse Tony Manero, ma nato in Brianza. Lei insiste col vestitino a fiori. E il rallenti. Il ristorante ha tutta l’aria di essere il lurido di Porta San Felice a Bololgna, ma poco importa quando l’amore illumina come un faro abbagliante le vite fino ad allora buie dei nostri due. Lui è di una galanteria sopraffina: le scosta la sedia per farla sedere, sorride, è gentilissimo. Appena si siedono, con una mossa degna del miglior seduttore, la informa che deve andare in bagno. Ma dopo tipo quattro secondo che sono seduti.
E invece… Non va in bagno!
Ferma un cameriere con fare da spacciatore. Si tocca il naso, si guarda circospetto in giro e poi chiede “oh, eh, oh… ma un vino buono che costi poco?”. E lì rimani sconvolto. Tempo tre anni neanche e questo ragazzone dal fisico già grosso, scolpito, esagerato, ma ancora quasi adolescenziale, ucciderà a mani nude un alieno grosso come un Fiorino della Fiat. E oggi è qui a chiedere un vini passabile a un cameriere con il codino. Il cameriere per altro gli risponde così “Abbiamo l’Amarone. È buono. E in italiano Amarone vuol dire Amore” Giuro. Non sto scherzando. La pronuncia poi di Amarone è da antologia. AmmaRony. Comunque Vin ci crede che lui è un boccaolne vestito come Tony Manero della Brianza, e ordina l’AmmaRony. E quando lei lo assaggia e chiede di che vino si tratta, lui dispensa una lezione sul vino, sull’essere ebbri e gioiosi e ripete pedissequo: ” E in italiano Amarone vuol dire Amore”. A questo punto lei è totalmente andata. Non vede l’ora di andare a casa con lui per fare all’amore. Solo che… il destino beffardo si mette in mezzo, sotto forma di due cialtroni che, sulla strada di casa, fanno un apprezzamento sul di lei vestitino a fiori. Cosa dovrebbe fare uno come Vin in una situazione del genere? Stare zitto e abbozzare? Eh no… Insulta i due e gli fa brutto. Lei a questo punto capisce che non c’è niente da fare: Vin è un caso perso. Anche se ne sa di vini, è solo un buzzurro pronto a menare le mani per strada. Per una causa nobile, certo… ma lei è una che cammina al rallenti, non una che si mescola con gente de borgata. E se ne va in taxi, dopo avergli detto “Vin, è finita! Non mi chiamare mai più!”. Lui la prende malissimo. E per sfogarsi, insegue i due buzzurri e je mena forte. Ma non temete! Entro la fine della pellicola, Vin riuscirà a riconquistare l’amor perduto e secondo me, in una sequenza che curiosamente non si trova nemmeno negli extra, la porterà, una domenica mattina, a pulire la macchina a Paullo, in quell’autolavaggio per niente caro che gli ha consigliato un amico suo, tale Tony Macello.
Comunque il vestito di lei è orribile.
Anche secondo me sta meglio senza.
(zing!)
Questo e` il primo pezzo che ho letto e da allora non ho più smesso. E` da non crederci che siano passati ben dieci anni… Tanti meritatissimi auguri e dieci altri anni di mazzate, inseguimenti, rapine in banca e morti violente.