Sono commosso.
Sono sinceramente commosso.
Ci sono stati momenti in cui avevo temuto che non avrei mai visto questo film, l’ambizioso e tormentatissimo esordio alla regia del nostro eroe Tony Jaa.
Avevo paura che diventasse il suo Game of Death – il film che Bruce Lee voleva eleggere a manifesto della sua filosofia ma che morì prima di concludere.
Tony Jaa non è morto, ma ha fatto capricci da star, ha gonfiato il budget, si è fatto prendere da gravi crolli nervosi, ha minacciato ricatti, è addirittura scappato scomparendo (nella giungla!), poi è tornato, ha pianto in TV, e infine è riuscito a concludere il tutto con l’aiuto di Panna Rittikrai, suo mentore, già sceneggiatore e coreografo del primo Ong Bak e regista dello spettacolare Born to Fight.
Ogni marzialista serio sogna di realizzare grossomodo lo stesso film.
Un film epico, di grande impatto spirituale, in cui il protagonista (se stesso) intraprende un viaggio più o meno metaforico che lo porterà a imparare, o a sfidare, o comunque a fare sfoggio di diversi stili di lotta.
È il film con cui il marzialista celebra la sua definitiva e incontrovertibile superiorità, del proprio stile o di se stesso singolarmente in quanto fine conoscitore di stili diversi.
Alla fine di questo film, composto da scene di combattimenti in percentuali che variano dall’80 al 98%, l’eroe impara – o insegna – qualcosa di non molto lontano dal senso ultimo della vita.
E Tony Jaa, dopo aver fatto essenzialmente la marionetta da circo in due film con Prachya Pinkaew, vuole decisamente la consacrazione a marzialista serio.
A questo punto vi dovrei parlare dell’epica storia che ha partorito la sua mente iperstimolata, ma ammetto che, pur avendo visto una versione in tailandese con opportuni sottotitoli, l’ultima cosa che mi interessava fare era distrarmi a leggerli. Quindi non lo so. Non ne ho la più pallida idea.
Apparentemente non ha nulla a che fare con il primo Ong Bak: è ambientato nella Tailandia del Tantissimiannifa d.C., e c’è Tony Jaa bambino che prima lo malmenano e lo fanno lottare con un coccodrillo (scena da giù di testa), poi cresce e impara le arti marziali. A quel punto comincia a picchiare cattivi a raffica indiscriminatamente, ma non saprei dirvi se per vendicarsi o, che so, per “punire se stesso”. E non me ne frega niente.
La cosa importante è che, forse con piccola delusione dei meno avvezzi al genere, Tony abbandona in parte gli stunt gratuiti dei suoi primi due film in favore di uno show maggiormente incentrato sulla maestria tecnica. Il solito Muay Thai, una manciata di animali, lo stile dell’ubriaco, la spada, la scimitarra, il nunchaku a tre bastoni… c’è un po’ di tutto, e viene sfoggiato contro i più svariati avversari, che comprendono tocchi fantasy come una donna-tigre e una spettacolare donna-corvo. C’è spettacolarità e c’è concretezza, e niente pacchianate tipo i replay delle scene più pericolose. Ong Bak 2 finalmente assomiglia a un film, e non a uno speciale stuntmen del sabato notte di Italia1.
E che film! Per chi fosse combattuto se desiderare o meno lo sbarco di Tony Jaa in terre cinematograficamente più avanzate alla ricerca di maggior professionalità tecnica di contorno, non c’è più motivo di disperarsi: provvisto per la prima volta di budget adeguato, il Tony si presenta con una pellicola confezionata di lusso, fotografia, montaggio, tutto. E in più riesce a non farsi travolgere dalla sindrome di onnipotenza, e a limitarsi soltanto a ciò che sa fare bene – nello specifico, il suo personaggio necessita di una sola espressione e ha sì e no due frasi di dialogo.
In definitiva, Ong Bak 2 non giustificherà appieno la crisi di nervi del suo sensibilissimo autore, ma compie il miracolo di fare effettivamente quasi tutti i passi avanti a cui si sperava di assistere, concretizzando in larga parte le ambizioni che si era proposto.
Che poi diciamocelo: parafrasando il nostro Jean-Luc Merenda, uno come Tony Jaa non lo si crea in una notte.
Poi ovviamente non posso concludere un post su Tony Jaa senza parlare di elefanti.
Del resto i suoi film ci hanno aperto una suggestiva finestra su un mondo in cui la gente possiede elefanti come noi possediamo cani e gatti.
In questo film nessuno gliene ruba uno – Tony pare già nervoso per i cazzi suoi – ma i simpatici pachidermi sono i protagonisti delle scene più incredibili.
Scene che in un paese civile probabilmente non gli permetterebbero di girare, ma per fortuna in Tailandia sì.
Tony non ci tradire, rimani dove sei.
“..unisci il tuo corpo e la tua anima ,assimila le regole del combattimento,poni la tua mente sulla via del potere,questo è ciò che devi compiere.”
Vosto solo oggi e penso che lo rivedrò anche domani, poi dopo domani, poi il giorno dopo e così via per sempre.