Sam Peckinpah? Lo so. Justin Lin ci pensa per mezzo minuto e lo fa fuori dopo la prima -prodigiosa- sequenza di omaggio, l’assalto alla diligenza. Vaffanculo. Nella vita sono passati otto anni, al cinema cinque. Justin Lin non è Rob Cohen e Vin Diesel non è Vin Diesel. Non so se mi spiego. Forse no. Ricomincio.
Justin Lin era il regista deputato a dirigere Tokyo Drift, una sorta di nuovo inizio dell’avventura Fast/Furious dopo la disastrosa avventura artistica del secondo episodio diretto da John “Da quando mi hanno buttato fuori dal ghetto non ne infilo una manco per culo” Singleton e recitato da una serie di cagnacci talmente indifendibili che quasi quasi è un piacere gustarsi gli assoli di Tyrese (scusa Dolores). Ne tirava fuori un film che non diremmo strepitoso, ma quantomeno interessante, specie una volta usciti dal loop mentale che spinge a chiedersi ininterrottamente se possa esistere un naso più piatto di quello del cinese cattivo. Come andare avanti? F&F IV è un film che si fa da sè, specie se si è già deciso di buttare dalla finestra gli altri due episodi. Ingrediente base: Vin Diesel, stanco di fuggire da se stesso, il volto scavato dalla sconfitta ed un guizzo che balena qua e là. Metafora. Grazie. Paul Walker assiste più o meno impotente al massacro del concetto di Paul Walker in Fast&Furious, massacro consumatosi a partire dalla semantica del titolo (e non da oggi: the fast? Vin Diesel. The Furious? Vin Diesel), limitandosi ad agitarsi con capello più castano del solito e a guidare auto un po’ meno giapponesi del solito.
Eccoci qua. Il messaggio che passa: non conta un cazzo un gioiello giapponese da seicento chilometri orari se il tuo nemico ha una Gran Torino. Quindi Clint Eastwood. Quindi cinema classico. il concetto base è che si può essere western anche con uno spoiler su ogni fiancata. Ma devi avere pochi capelli. Ciccia.
Temporeggio un altro paio di minuti, sto pensando a come e quanto spingere sulla mascella di Jordana Brewster in sede di recensione. Mi immagino il regista di Boris a sibilare cagna maledetta mentre una ragionevole proiezione occidentale del maschio medio americano cerca di appigliarsi all’ultimo brandello di eterosessualità cercando di farsi sgamare dalla fidanzata -ma no cara, non sto fissando le tette di Vin Diesel.
Fine del pezzo. Vin Diesel veste canotte di sei taglie in meno. Paul Walker si arrangia con qualche ragionevole approssimazione del concetto di street style alternato a pretestuosissimi giacca/cravatta. Tutto bene, finchè non c’è da mettersi al volante. Dicevo del messaggio: solo i froci usano il nitrometano, parole dell’unico personaggio della tragedia in corso a cui è permesso dire cose. Tra i cattivi spicca John Ortiz che in mancanza di meglio ripete pari pari la parte che s’era imparato per Miami Vice (senza capelli unti, un po’ un controsenso). Quello che non riesce a non esaltarci (usereste anche voi il pluralia maiestatis, se foste me) è il continuo ritorno di tutto e tutti sulla strada, che tira i personaggi a sè quasi più che in The Hitcher, e che giustifica se stessa in un film strapieno di fuori-strada. Ognuno ha il suo mezzo, anche se l’assenza di carisma del cast tende a farlo sparire dietro il parabrezza. Il problema è che se sei un fan brufoloso di quei format di MTV in cui ti presenti con l’Ape del nonno e te la trasformano in un SUV, F&F4 ti farà cagare il cazzo. Anche senza brufoli. Scartate tutte le macchine giapponesi, scartati tutti i modelli men che leggendari, niente stereo, niente di niente. Qualcosa tipo una Civic come mezzo di fortuna, venti litri di Corona (bevete responsabilmente) e poco altro, e si torna sulla strada a mangiar la polvere di qualcun altro. Cui prodest? Il nome di Vin figura tra i produttori, facile trarre conclusioni. Ma quella scintilla di sconfitta negli occhi vale il prezzo delle dieci visioni in sala che vorremo riservare a F&F4. Qui si fa cinema, ragazzi. Nessuno ha fretta di arrivare da nessuna parte. Il cattivo svanisce, la trama perde colpi. O non so come la volete chiamare. Come Twister, ma senza il tornado. Scusami, è che sto DAVVERO continuando a pensare alla mascella di Jordana Brewster. Ce la vedete una donna con quella mandibola ad avere, non so, le sue cose? Boh. Riassunto: Sam Peckinpah, John Ford, Gustav Klimt Eastwood, Mentadent P, John Frankenheimer e chi altro volete voi. Datemi un riferimento alto e vi solleverò l’indice su Rottentomatoes. Vin D è ABBRONZATISSIMO. Non siamo parenti. Nota a margine: nel viaggio di ritorno dal cine sono riuscito a toccare i 143 Km/h. Strada extraurbana, niente di eccezionale.
…che effettivamente uno non puo’ dire “solo i froci usano il nitrometano” e poi bere Corona :’-(
Effettivamente è un po’ il punto debole del film. C’è da dire che almeno non ci mette il limone.
No riesco a capire quanto ti sia piaciuto. Però bella rece.