A raccontarlo sembra un episodio di Ai Confini della Realtà: uno di quei loop temporali degni del miglior Rod Serling. È il 2000, e il giovane Takeshi Shimizu dirige per la televisione giapponese il film Ju – On. Tale è il successo che, sempre lo stesso anno, gli viene affidato il seguito: Ju – On 2. Evidentemente la formula funziona e, visto che ancora una volta il pubblico televisivo gradisce, si decide di trasportare il tutto su grande schermo. Nel 2002 il nostro (ri)dirige Ju – On. E siamo a tre. Non ci crederete mai, ma il film ancora una volta va benissimo… Per cui l’anno successivo, versione cinematografica di Ju – On 2. E siamo a quattro. A questo punto in tutto il mondo si è diffuso il morbo dei J- Horror: bambine sataniche coi capelli lunghi e neri e bagnati e davanti agli occhi, rompono i coglioni in una ridda di pellicole che il più delle volte lasciano il tempo che trovano.
A questo punto nella vita del povero Takeshi Shimizu arriva il Signor Hollywood (sotto forma di Sam Raimi, tra l’altro…). “Salve signor Takeshi Shimizu, io voglio fare un mucchio di soldi sfruttando un filone che ormai mostra ampiamente la corda, ma sa com’è… il mondo è pieno di babbei e noi adesso per anni rifaremo tutta una serie di film uguali uguali con una bambina coi capelli lunghi e neri e bagnati davanti agli occhi. Siccome però vogliamo cominciare a darci un tono, ogni tanto affidiamo dei remake dei vostri filmetti a qualche regista macchina da soldi specializzato in pirati, ogni tanto ve li facciamo rifare a voi. Come garanzia di qualità! Capisce? Però a casa nostra: con un botto di soldi in più e con degli attori famosi, e non della gente tutta uguale, eh, signor Takeshi Shimizu? Ha capito? Come la chiamano gli amici? Takeshi? Shimizu? Gianni? Vabbeh, Gianni, facciamo così: è il 2004, le offro una cariola piena di gettoni d’oro, una macrocefala e uno che è quasi una garanzia di film orribile (se escludiamo questo e questo…) e lei mi rigira, ancora una volta, ma qui a casa nostra, Ju – On. Ok? E lo chiamiamo The Grudge. Ok?”. Affare fatto. E siamo a cinque. E non ci crederete mai, ma mai e poi mai, ma il film con la macrocefala va bene e, due anni dopo… esce The Grudge 2. Sempre con la macrocefala in compagnia di Edison Chen (che spero se la sia tuonata. Grande Edison!) E sono sei… Sei volte lo stesso film… Io ogni tanto ci penso e mi viene da piangere per Takeshi Shimizu. Vi rendete conto? Vabbeh, ma si sa che il Sig. Hollywood non ha cuore e sfrutta sfrutta sfrutta. Ma c’è un limite a tutto. E io voglio sperare che alla richiesta “Gianni, come stai? Sei via questo weekend? No perché ci sarebbe da fare anche il 3!”. il nostro abbia avuto il cuore di dire: “Piuttosto adotto la macrocefala, cazzo!”. E quindi siamo rimasti senza regista per The Grudge 3. .. Come si fa? Arriva il signor Hollywood. “Ce l’ho! Ho la soluzione… Ghe pensi mi! Qui ci vuole… il giovane intraprendente un po’ fuori dagli schemi che fatto un buon film lontano dal business! Ah, se non ci fossi io…” E spunta il nome di Toby Wilkins. Who the hell is Toby Wilkins?
Vi devo spiegare veramente tutto… È un ragazzo inglese (Europa! Cultura! Garanzia!) che ha diretto una serie di corti niente male, con cui ha vinto un botto di premi a dei Festival come il Sundance (è possibile partecipare al Sundance e NON vincere un premio?) o l’Austin Film Festival. Addirittura? Addirittura. Pensate che una volta ha lavorato con Brett Ratner. E con James Cameron! Cameron! Soldi! Sì, perché oltre a dirigere e produrre i suoi corti, questo simpatico ragazzo inglese scrive, monta, si interessa di effetti speciali e offre i suoi servigi a gente famosa come Ratner e Cameron. E le cose vanno talmente bene che sulla strada verso il successo, che un po’ di anni fa Toby Wilkins incontra il sig Hollywood (sotto forma di Sam Raimi, tra l’altro…): “Ciao Toby. Senti, c’ho Gianni che sta girando il seguito della versione americana del remake del suo film famoso, quello ispirato ai suoi primi lavori televisivi… Oh, bravo è bravo, eh? Niente da dire. Ma ho paura che il Gianni, che mi è giapponese, mi sia anche criptico. Giapponese + cripitico = male. Ti va di girare una roba per la televisione che funzioni tra ponte tra un Grudge e un altro? Eh? Ti offro dei soldi. Tipo una cariolina di soldi”. E giustamente Toby Wilkins, nel 2006, gira Tales From The Grudge. Questo gli permette di mettere da parte i soldini per girare il suo primo film. E qui arriviamo al film del giorno: Splinter.
Non è un biopic sul topo maestro delle Tartarughe Ninja, lo dico subito. È un film d’assedio. Piccolo, con sei attori in tutto. Una di quelle perle nascoste, di cui vi parlano bene i vostri amici appassionati di genere. “Hai visto Splinter? No, non è uscito in Italia… l’ho comprato in dvd a pochissimo. È bellissimo”. Facciamo i seri. È bellissimo? No.
Vale la pena? Sì, un bel po’.
Insomma, me lo consigli? Sì, sì, basta che non ti fai fregare da quelli che dicono che è bellissimissimo.
Storia: una coppia in vacanza incontra una coppia in fuga. Questi ultimi rapiscono i due vacanzieri e, tutti insieme appassionatamente, si chiudono dentro una gas station sparsa nel nulla. “Come mai?”, mi chiederete voi. Perché fuori c’è un parassita che ti entra nel corpo, ti trasforma in una sorta di mostrone assetato di sangue, che ti escono degli aculei e diventi insensibile al dolore e ti muovi come un rock n’ roll robot. E allora, i quattro, in numero calante, devono risolvere questa annosa situazione. Come fare a non perire? E il bravo Toby Wilkins mette insieme un bel compitino di 82 minuti dove tutto funziona. Unità di tempo e di luogo, pochi personaggi, minaccia concreta. L’assedio non si esaurisce nella sua presentazione, ma c’è un continuo rilancio con situazione sempre differenti. I personaggi sono ben sviluppati e, se me lo permettete, addirittura uno sembra seguire una parabola quasi da Napoleone Wilson… Non solo: gli effetti speciali funzionano. La creatura, il mostro, ha quell’aspetto indeterminato, vago, che in un film del genere aiuta, e non poco. E il finale non è niente male. Insomma la fascetta sul dvd è questa:
DVD-quote suggerita
“Film d’assedio niente niente male con un bel mostro! Bello!”
Casanova Wong Kar-Wai, i400calci.com
Ma la cosa che a noi giovani interessa di più, è salvare Toby dalla maledizione del film che si ripete all’infinito. Perché hai accettato, Toby? Lo so che il sig. Hollywood (sotto forma di Sam Raimi, tra l’altro…) è convincente, lo so che ti avranno dato una cariolata di soldi incredibile, ma non hai mai sentito la storia di quel regista giapponese che gli han fatto fare lo stesso film sei volte? Non hai paura? Fortunatamente però questa volta non c’è la macrocefala, ma
‘na vecchia che fa la scream queen.
Vero, Splinter vale la pena ma diciamocela tutta, chiunque ne serbi il ricordo aspettava da tempo di rivedere il mostro de la COSA Carpenteriana e questo film sembrerebbe proprio uno spin off della COSA in fase “ragno dentro cane”
Takashi Shimizu, non Takeshi