Non crederete mica che il Cobretti se ne sia stato lì ad assistere alla resurrezione dell’horror italiano così, con le mani in mano?
Confessatelo, lo credevate. Maledetti.
Beh, alla facciaccia vostra, ho rintracciato Federico Zampaglione – quello vero – e ci ho fatto una bella e doverosa chiaccherata.
Eccola:

Il momento storico dell'incontro tra Federico Zampaglione e Nanni Cobretti
Come va? [la prima intervista in assoluto dei 400 calci, e la prima domanda che mi viene è “come va”…]
Bene, grazie. Dopo il FrightFest è ulteriormente cresciuto l’interesse nel film, ci sono arrivati diversi inviti ad altri festival, e per ora sono sicuri il Sitges in Spagna e il Science+Fiction di Trieste.
Ho chiaccherato in giro con qualche avventore durante il festival. Non tutti sono rimasti appagati dal modo folle che ha Shadow di attraversare svariati sottogeneri, ma più di uno me lo ha citato come uno dei migliori film in programma, ricordando in particolare la scena in cui il cattivo lecca il rospo come una delle più memorabili del festival. Che ne pensi?
Ho notato che in effetti c’è stata un po’ di classica reazione amore/odio. Del resto il messaggio del film divide, non è rassicurante, c’è un accostamento alla realtà che può far male, un pugno nello stomaco che qualcuno non vuole prendere. Ma a me va benissimo così, mi piace il dibattito. Un film ad esempio che ho preso a riferimento, per i suoi continui cambi di livello, è Martyrs, che all’inizio è il classico rape & revenge, poi disorienta, disturba, e ha questo finale religioso molto depressivo e molto discusso. Comunque pensa che al FrightFest, dopo la proiezione di Shadow, ho visto addirittura due ragazze uscire piangendo.
Mi ha colpito molto il personaggio di Mortis, un vero e proprio collage di suggestioni che messe insieme riescono a creare qualcosa che a suo modo è inedito e totalmente folle.
È ovvio che molto di quello che fa si spiega con il twist finale, ma ho voluto crearlo comunque come un’entità aldilà di tutto, con varie sfaccettature aldilà del bene e del male. Volevo che fosse contemporaneamente terrorizzante ma anche calato in una specie di normalità assurda. L’ho immaginato vivere una giornata fatta di gesti quotidiani, con aperture non tutte necessariamente crudeli. Ad esempio, quando tocca la bambola o lecca il rospo non sta facendo del male a nessuno. Volevo ricreare una quotidianità folle che lasciasse agli spettatori l’interpretazione aperta su quali sono le sue vere intenzioni. Spesso per raccontare l’horror ci si aggrappa all’inverosimile, al sovrannaturale, mentre ciò che mi interessava trasmettere con queso film è che a volte la realtà può essere più orribile di certi horror.
Ma Nuot Arquint è inquietante anche nella vita come nel film?
Nuot Arquint si era calato nel personaggio in modo notevole. Si era quasi isolato, quasi muto, ma poi riusciva a recitare nudo a tre gradi sottozero. Era molto solitario, silenzioso, ed è stato molto interessante lavorare con lui.
Come ho scritto nella recensione, una delle prime cose che saltano all’occhio nel film è la cura tecnica, soprattutto dal lato visivo. Quali sono state le tue fonti di ispirazione?
Ho puntato molto sul lato visivo. L’horror italiano è spesso visto come trash, fatto con “due pinze e una tenaglia” come si dice a Roma. Ma se vogliamo, in Italia con le immagini possiamo fare grandi cose. Per quanto riguarda le mie fonti di ispirazioni non ho voluto limitarmi al cinema di genere, ma ho guardato per esempio anche cose come Into the Wild per il modo in cui riprende la natura. Ho guardato ovviamente Mario Bava, di cui mi piace l’uso delle luci e di colori accesi. Ho guardato le cose più disparate, come Leni Riefenstahl o certo delirante cinema psichedelico. E ho guardato anche molti video musicali, come quelli dei Tool. Ultimamente nel campo della musica si fanno degli esperimenti pazzeschi, capaci di toccare corde molto malate.
So che sei amico di Lamberto Bava, che ha girato il video di Amore impossibile, e sul palco del FrightFest hai raccontato delle parole incoraggianti di Dario Argento. Ti hanno dato dei consigli durante le riprese?
Lamberto e Dario sono amici che ho coinvolto fin dal principio, facendo leggere loro la sceneggiatura prima ancora di entrare in produzione. Mi hanno dato consigli importanti e la loro energia mi ha sicuramente aiutato.
Qual è stato il tuo coinvolgimento nelle musiche?
La musica è stata curata da The Alvarius, un progetto nato appositamente per il film e legato a mio fratello Francesco e ad Andrea Moscianese, che hanno voluto cimentarsi con suoni sperimentali e profondi. Io mi sono limitato più che altro a un lavoro di supervisione. Al Sitges, in accompagnamento al film, ci sarà come evento speciale la prima esibizione live dei The Alvarius.
Un’ottima mossa da parte tua è infatti cercare di capitalizzare su questo interesse nato all’estero per il film, e arrivare in Italia più tardi, battendo i pregiudizi dovuti al tuo nome sulla scorta di una reputazione che nel frattempo pare avviata a consolidarsi sempre di più.
In Italia questo tipo di operazione è una cosa nuova. Ho visto che in giro ci sono altri tentativi di proporre film d’orrore, ma sono cose che si rivolgono solo al mercato italiano quando invece l’horror è un genere apprezzato in tutto il mondo. È che da noi a volte, per troppo pregiudizio e cinismo, si finisce per farci degli autogol.
Il problema maggiore è che si pensa e si produce tutto quanto in funzione del passaggio televisivo, e l’horror viene considerato qualcosa di serie B da mandare solo in seconda serata, e a quel punto comprare film già pronti costa dieci volte meno che produrne di nuovi. Ma so che comunque, nonostante il genere sia stato messo in disparte dall’industria, in Italia gli appassionati sono ancora tanti.
Con Shadow ho voluto girare un film cupo, spaventoso e con pochi compromessi, e sono stato fortunato a trovare un produttore pazzo come Massimo Ferrero che mi incoraggiava di continuo. L’horror dev’essere cattivo, pauroso, ma in Italia diventa difficile se la prima preoccupazione è quella di poter andare in onda in prima serata su Canale 5. Io con l’horror ci sono cresciuto e mi piacerebbe che ritornasse ai fasti di un tempo, quando in tutto il mondo ci consideravano dei maestri, e da parte mia cercherò di dare il mio contributo.
Altri progetti per il futuro?
L’horror è quasi una mia seconda faccia, e vorrei continuare. In questo momento sono già al lavoro su un nuovo progetto ambientato nel 1400. Non posso ancora svelare nulla, ma sarà molto cupo e pieno di riferimenti storici.
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Detto questo, Nanni Cobretti ringrazia, passa e chiude.
Allora? Vi ha convinto?
Certo che lei, signor Cobretti, fa molte cose e vede molta gente. Bella intervista, ottima la prima domanda.
E’ convincente sul serio, spero di vederlo presto a questo punto.
(e complimenti per la prima intervista)
Sembra valido, aspetto di vederlo
Ottimo Nanni….la ricordavo meno “peloso”, lei è molto creativo
Zampaglione che fa un film horror e ascolta i Tool!! E tutti ne parlano un gran bene!!! WOW che storia!! Non vedo l’ora!!
Ma li mortà!
Ora mi tocca pure rispettare Zampaglione!
Si vede che la fine è vicina!
Se Zampaglione riesce a fare un film horror così bene dopo 20, 30 anni di film inutili evidentemente in italia c’è poca voglia di fare le cose fatte bene, e questo dimostra anche che quando c’è la passione unita alla bravura alla fine le cose belle arrivano. Comunque aspetto di vedere il film per commentarlo.