Introduzione di Nanni Cobretti
Noi dei 400 Calci sembriamo scemi, ma non è così. Anzi, ci offendiamo se ce lo dicono. Non è vero! Uffa. E per dimostrarvelo, abbiamo accolto in squadra una nuova redattrice che ama sia il sangue che le parole difficili. Una redattrice che ama sia la trasgressione che la cultura. Una redattrice che porta gli occhiali, e nient’altro.
Signore e signori, date un caloroso benvenuto a Cicciolina Wertmüller!
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Lo diceva già Laurie Anderson nel 1984, che Language Is A Virus. E già con questo link iperintellettuale la vostra Cicciolina si attira l’antipatia di buona parte dei lettori. Proseguiamo.
Il nuovo film di Bruce McDonald si basa proprio sulla perturbante idea che parlare, (tentare di) comunicare, anzichè farci avvicinare ci renda pazzi e aggressivi. L’azione si svolge quasi totalmente in una stazione radio ricavata nel sotterraneo di una chiesa sperduta nella cittadina di Pontypool, Ontario. Qui, in un ridente stanzone di pietra, macchinari e luci al neon, passano le loro giornata il cinico e polemico DJ Grant Mazzy (Stephen McHattie, il gelido killer del prologo di A History Of Violence dalla voce che trita il granito), la produttrice Sydney Briar (Lisa Houle) e la giovane aiutante Laurel. Tutti e tre coi loro problemi perchè questo è un film psicologico quindi i personaggi devono reggere.
Una mattina di San Valentino l’inviato esterno della stazione radio informa lo studio che la popolazione sembra in preda ad un’euforia collettiva che prende una piega inquietante. Mazzy lo prende per il culo, lui cioè conosce il mondo cioè e a certe storie cioè mica ci crede. La pianta quando l’inviato muore in diretta radiofonica e quando la BBC lo chiama per sapere cosa cazzo sta succedendo: è forse un attacco terroristico dei separatisti francesi? La verità è più semplice: sono tutti pazzi.
Quando i tre protagonisti si rendono conto di essere prigionieri nel sotterraneo, un tale dottor Mendez irrompe e spiega la situazione: il virus che sta facendo strage di canadesi si propaga atraverso la lingua inglese. L’unico modo per salvarsi è di tacere. Mazzy ha il dovere di spiegarlo ai suoi ascoltatori. Sì, e come? Col linguaggio Morse? Con gli ultrasuoni? Non scherziamo. Non c’è speranza di aiutare il mondo esterno, basta.
Ecco, questo è come dire il prologo al vero e proprio horror che segue, e di cui non vi dico nulla. C’è del sangue? Pochino ma efficace. Ci sono ammazzamenti? A volontà. C’è tensione? Anche troppa, come si conviene ad ogni tragedia aristotelica.
Il parolone non era buttato lì a caso, era per avvertirvi che ora arriva lo spiegone. In breve, le parole portano il virus perchè hanno perso di significato. Sentire è diverso da ascoltare, e ascoltare è diverso da capire. Fingiamo di capire parole vuote ergo ci ammaliamo. Ma se smettiamo di capire, se riempiamo di nuovo le parole con un significato inventato, allora ci salviamo. E’ un invito al primitivismo della lingua adamitica, alla leggerezza e al gioco in senso Nietzscheano foriere di senso più che il senso stesso forzato.
Per i lettori pervertiti: il virus rende sanguinari al punto che le vittime vogliono distruggere la bocca propria e quella degli altri – un bacio pià mortifero che mai, cristallizzato nella corrispondenza “kiss = kill” che i due protagonisti attuano per salvarsi. Roba che Bataille avrebbe lasciato perdere la sua “Storia Dell’Occhio” e avrebbe scritto quella della bocca.
Per i lettori ancora svegli: esiste anche la versione radiodramma di Pontypool interpretata dagli stessi attori! In questo caso è un Pontypool 2.0 in puro stile War Of The Worlds.
DVD-quote suggerita:
“Bruce McDonald usa la lingua meglio di me”
Cicciolina Wertmuller, i400calci.com
Uhm… avevo sentito parlare di questa vicenda. Il punto cruciale, per quanto mi riguarda, è questo: il rapporto qui descritto tra l’aspetto prettamente narrativo ed il suo contenuto, così a parole, mi pare un tantino forzato, ma non escludo che, traducendo il tutto in un linguaggio cinematografico, possa invece funzionare alla grande. Però, affinché la cosa possa acquistare una sua dimensione ben definita, mi aspetto una regia coi controcazzi. O, in alternativa, molte donne nude.
Io appoggio la regia coi controcazzi. Di solito in film del genere mi accorgo da lontano della struttura posticcia e mi da’ fastidio, ma qui – pur non essendoci particolari virtuosismi – non ho avuto nulla da ridire.
BenveNUDA Cicciolina!
Caro Nanni… solo per comunicarti che la Cicciolina original ha appena denunciato e chiesto corposo rimborso il film su Moana perchè utilizza il suo nome.
Insomma… difficile da credere ma “Cicciolina” è un marchio registrato. Onde evitare cause perdenti preparatevi a cambiare redattrice (o ad assumere quella che solitamente non porta nemmeno gli occhiali)
Onestamente non mi pare che il nostro caso sia paragonabile… eventualmente, vedremo se i genitori della nostra redattrice avranno voglia o meno di tornare all’ufficio anagrafe :P
Pontypool mi è piaciuto proprio tanto, forse denuncia la mia età e forse scrivo una boiata ma a me ha fatto venire in mente Carpenter. Buone idee, buoni attori, un bell’assedio e qualche parentesi “comica”, c’è tutto, come si conviene dalle mie parti.
E’ vero, è bellissimo.
Mini-spoiler alert:
Stanno girando “Pontypool 2”. MA COME CAZZO.
Vai tra, io e Cicciolina parlammo col produttore e ci spiego’ che il film e’ tratto da un libro e che hanno fatto una cosa tipo La storia infinita, ovvero che il primo film copre solo la prima parte del libro e c’e’ spazio per tutta una trilogia. Cioe’, non si stanno scervellando per inventare una cazzata improvvisata dal nulla, era tutto gia’ pronto in partenza :)
Grazie, capo. Mi sento molto meglio.
(Noticina di cui non gliene frega niente a nessuno: la scrivente aveva candidato “Pontypool” praticamente a tutte le categorie dei premi Sylvester 2010. Tra quello e “Triangle” si poteva fare il gioco dei 9.)
Con questo intervento, Dolores fa outing su una storia d’amore fra noi due iniziata su un treno da Cannes a Milano un bel po’ di anni fa. Il controllore ha ancora sogni bagnati con scadenza settimanale.