Se domandate a me rispondo Rob Zombie. Se invece chiedete a Tony Macello probabilmente vi farà il nome di Marcus Nispel. Cioè, magari non è che vi sa dire proprio il nome esatto, però intende proprio lui: Marcus Nispel. Che nome strano. Se lo pronunci tre volte di seguito, ti sembra di aver imparato i rudimenti del Klingon. Quando sono andato a vedere il suo Non Aprite Quella Porta, nell’ormai lontano 2003, ero rimasto sconvolto dal fatto che il fotogramma atto a dividere il primo dal secondo tempo indicava proprio il suo nome. Marcus Nispel’s Non Aprite Quella Porta. Maccosa. Ma chi sei. Eppure è (andata) così. Questi primi dieci anni di horror fanno capo a Marcus Nispel. Perché? Cos’è successo?
Come già detto da Dolores, la pratica produttiva che più ha influito sul genere in questo primo decennio è sicuramente il remake/reboot. Ormai bisogna fare la conta prima di cominciare a girare. Celo, celo, manca, finisco l’album. Inutile prendersi in giro: l’horror ha riacquistato una dignità agli occhi dell’industria, grazie agli incassi stellari di alcuni titoli. Che sono i remake. Non certo gli exploit spagnoli, francesi o i nomi come Neil Marshall. Le sale si riempiono grazie al marchio di fabbrica, al franchise.
Ricordo lo sdegno – da fan – alla notizia di un ringiovanimento di un film come Non Aprite Quella Porta. E ricordo, all’uscita dalla sala, di aver capito che c’era qualcosa che non andava in quello che avevo appena visto, ma era chiaro che Marcus Nispel aveva colto nel segno. Tutto quello che è venuto dopo (e paradossalmente, quel poco che era arrivato prima) ha poi seguito una precisa direzione, diciamo una linea editoriale ben definita. Ed è stato proprio Marcus Nispel (nome che se pronunciate quattro volte di seguito suona uguale uguale a Mai – col – Bei) l’uomo che ha tracciato quella linea. Il mio amico Tony Macello, più che giustamente, è omo semplice: quando va al Cinema, per citare una sua frase, “non vuole essere rotto il cazzo“. Non aspettatevi però che noi si critichi le sue aspettative o i suoi desideri. That’s il genere, baby. Le cose funzionano così. A noi vecchi tromboni sembrerà triste ma, se propongo a Tony Macello di vedere un film del 1974, mi mette le mani in fazza. Lui vuole vedere altro. Passati i trent’anni, e raggiunto lo status di Mito, un film è pronto per il trattamento. Nel momento in cui risulta indigeribile per qualcuno, ci si sente in dovere di riadattarlo. Ma bisogna seguire delle regole che rendano il prodotto accettabile a tutti. Il teutonico Marcus Nispel sa come si fa. Non è difficile. Se avete la pazienza di seguirmi, vi svelo il trucco.
In primo luogo si fa attenzione al paratesto. Passi per i vestiti e “quell’aria un po’ così” che data il film. Facile. Ovvio che ci sia. Ma non ci si accontenta di piazzare un furgoncino Wolkswagen nelle prime tre inquadrature per tornare indietro nel tempo. I Ragazzi Amici della Compagnia delle Indie che vanno incontro alla morte in Non Aprite Quella Porta 2.0 vanno a vedere i Lynyrd Skynyrd a Dallas. Lo fanno ascoltando Sweet Home Alabama e parlando della possibilità che dal vivo venga eseguita Free Bird. Cazzo, più di così… In un’ottica cialtronesca, questo, insieme a un vestitino da fiera dei freak e poco altro, serve a datare il film. Svolta questa pratica, poi ci si può permettere di fare tutto quello che si vuole. Voglio dire, se da una delle tasche dei jeans di Jessica Biel spuntasse un iPod, sarebbe uguale. A parte che l’importante è vedere il culo di Jessica (e quello infatti è il fulcro vero del film), a Tony sapere che è il 1974 o il 2009 non interessa. Certo, lui è più contento se nel film si vede uno con un aggeggio tipo l’iPod, ma non gli cambia tanto.
In Venerdì 13 2.0 la questione è più complessa. Non si perde neanche più tempo a ricostruire quel tempo andato. Il film è ambientato ai giorni nostri, ma allo stesso modo, per sancire che si tratta di un’operazione seria, si fa riferimento al passato. E lo si fa anche in questo caso affidandosi alla musica. Non a pettinature anni Ottanta (vedi The House Of The Devil). La prima vittima di Jason ascolta e canta Sister Christian dei Night Ranger. Data 1982. E il resto viene da sé. Una volta che abbiamo pensato all’anno 1982, possiamo anche vedere uno con in mano un dvd di Harry Potter. Tony non si formalizza sui dettagli e ha capito di cosa si tratta.
In questa specie di non-data astrale, vivono gli Amici dei Ragazzi della Compagnia delle Indie. Gli A.D.R.D.C.D.I. sono bellissimi. Alcuni di loro – i peggiori – hanno delle imperfezioni talmente adorabili che ti viene voglia di farti immediatamente una plastica facciale. Un naso adorabilmente storto. Un paio di occhiali adorabilmente fuori moda. Alcuni di loro invece sono talmente mostruosamente perfetti e plastificati che ti viene voglia di picchiare qualcuno. Macrocefalia e sguardi vacui – con la variante “bocca aperta senza se e senza ma” – sono all’ordine del giorno. E poi sono mediamente degli stronzi. L’innocenza di facciata dei good ol’boys del 1974 e del 1980 non esiste più. Un tempo, si dice, erano proprio le loro tentazioni (sesso e droga) a ucciderli. Chi scopava, andava prendere una birra, si accendeva un canna – lo sanno tutti – moriva. Quelli di oggi, giustamente, non fanno altro che quello dalla prima inquadratura. Ho tenuto il tempo. Non Aprite Quella Porta. Riferimento al sesso: 3 minuti e 01 secondi. Riferimento alla droga: 3 minuti e 50 seondi. Venerdì 13. Riferimento al sesso: 4 minuti e 15 secondi. Riferimento alla droga: 5 minuti 10 secondi. Inutile parlare di sessuofobia o cose del genere. Gli A.D.R.D.C.D.I. sono bellissimi, si drogano e scopano una cifra. Sono scemi, antipatici e cattivelli. Pensano a cose come abbandonare il cadavere di qualcuno sul ciglio di una strada. Kevin Bacon non l’avrebbe mai fatto. Avrebbe fatto una telefonatina a casa per avvertire che tornava tardi.
Attorno a loro c’è un modo fatto solo di persone orribili. C’è gente che si fuma le canne per poi masturbarsi guardando un manichino. Poliziotti che infilano canne di pistole nelle bocche di adolescenti proto nerd. Ma la loro bruttezza è soprattutto fisica. Di fianco a semi modelli in canottierine sudate, ci sono solitamente delle vecchie grasse con grembiuloni simili a tende e con gli occhiali di mia zia Franca. Il tutto è per comunicare un senso di disagio veicolato da concetti semplici e immediati come “brutto” e “sporco”. Le persone come abbiamo visto, sono brutte. Ma quello che conta è dove vivono, e da cosa sono circondati. Sempre Dolores, all’epoca della visione di Venerdì 13 2.0, sottolineava come la cosa più interessante del film fossero gli interni delle case. “… desiderabilissimi esempi di rustico redneck al terzo passaggio di proprietà, tutte tappezzerie a fiori consumate al millimetro, acchiappa-sogni fatti con i fischietti arrugginiti, comodini delabré con le maniglie diverse, centrini con ricordo della gita di classe 1978/1979 ricamato a punto stella, campane a vento che cigolano”. Tony, se va al cinema a vedere un film horror, e non vede un acchiappa-sogni fatto con un fischietto arrugginito, tira su un casino che mollami.
Un’altra cosa che Tony ama, e che soprattutto se non c’è si incazza, è la violenza. Avete letto che Tobe Hooper nel suo Non Aprite Quella Porta è stato bravissimo a realizzare uno dei film più violenti della Storia mostrando pochissimo sangue? Bravi. Però è un giochino complesso. È quasi come giocare sporco. Marcus Nispel, per non sbagliare, esordisce,con una carrellata all’interno della testa di una che si è appena sparata un colpo. Now dig this, bitch. L’ostentazione della carne, del sangue, deve far parte del genere. C’è poco da fare. In questo, Venerdì 13 l’originale era – in parte – già più avanti. Marcus Nispel è poi bravissimo nell’ignorare scientemente quelli che erano i sottotesti che si nascondevano nei titoli originali. Non ha fatto come Zack Snyder che ha colto il significato di un film come Zombie, per ribaltarlo e giocarci nel suo Dawn Of The Dead. Marcus ha fatto orecchie da mercante e ha tirato dritto per la sua strada. Se qualcuno vuole leggere qualcosa di diverso nei suoi film, rispetto alla storia che raccontano, che si faccia pure avanti. Vi avvertiamo però che sarà una scelta più che impossibile, inutile. L’epoca del genere horror come territorio di ragionamenti politici o sociali è finita. A Tony non interessa. Se ci fosse qualcosa sotto non sarebbe un dramma, ma non c’è. Ed è meglio così.
Ripeto: si può vedere tutto come lo sfogo di qualcuno che denuncia un appiattimento del genere. Non è così. Non dileggio il mio amico Tony. Io vado al Cinema con lui e mi diverto un sacco. A certi livelli produttivi, oggi il genere funzionana in questo modo. E ancora una volta in questo campo, come in altre epoche, a far girare le cose sono i produttori. E non gli sporadici autori che hanno qualcosa di nuovo da dire. Marcus Nispel dietro la macchina da presa è inscindibile da Michael Bay come produttore. E il risultato è questo. E ci piaccia o meno, quando vorranno fare i nostalgici, adolescenti brufolosi si ritroveranno a casa di qualcuno una sera d’estate a fare la maratona Marcus Nispel. Ciò che rimarrà di questi cazzo di anni Zero.
Che paciosa faccia da formaggiaio ha Nispel…
ti prego, presentami Zia Franca! la adoro! (ho adorato la carrellata attraverso il cranio della suicida! scena da loop)
mi hai depresso.
volevo vedere anche Pathfinder,
ma penso non sia utilissimo ai fini della discussione.
qualcuno l’ha visto?
comunque jessica in Non Aprite
è una roba da sangue dal naso.
Una cosa che mi ha fatto tenerezza del primo Nispel e’ che patina di glassa tutto il film dalla prima scena all’ultima, ma in mezzo gli vengono gli scrupoli e ci sono questi brevi momenti in cui per far vedere che il suo e’ un horror durodurodurosenzacompromessi fa i primi piani dei protagonisti che non stanno solo urlando, ma sbavano. Sbavano proprio tanto. Un buon 5cm di filotto di saliva che penzola mentre urlano, e sputacchi come se stessero affogando. Mi immagino il teenager che guarda e pensa “mioddio, non stanno solo urlando, stanno sbavando, dev’essere davvero una situazione piu’ spaventosa della norma”. Poi Jessica Biel si mette in canotta e tutto torna nei soliti canoni.
@Casanova: se vuoi vedere la versione director’s cut di Pathfinder ci metti 10 minuti: prendi un sacchetto di puntine, le spargi sul tavolo, e ci dai una gran manata sopra. Il risultato è uguale, ma hai risparmiato tempo.
Seriamente, è DAVVERO così brutto.
Inoltre: bellissima analisi, ma mi ha lasciato una certa depressione.. e mi ha messo addosso un ansia di rivedere il culo di Jessica Biel come non mai (che ho rivisto nel discreto Next l’altra sera, ma non era molto in chiappa..)
Ottima analisi, complimenti!
E’ sempre un piacere avere una scusa per rivedere il culo bionico di Jessica Biel :)
Cmq: l’ultima parola sull’horror contemporanea l’ha detta Tarantino in Death Proof, che ormai considero il film hollywoodiano più importante e sottovalutato del decennio
beh deathproof non credo sia un vero e proprio horror.. comunque è vero che molti lo hanno sottovalutato… e non ne capisco il motivo..
rimettetemi nel freezer