In questi giorni di primavera che profumano dei tuoi capelli, la notizia sulla bocca di tutti è una e una sola: la reunion dei Litfiba. Piero e Ghigo ancora insieme, ancora tante bombeboomeranghe e reginadicuorimimandidifuori. Il mondo del Cinema ovviamente non poteva perdersi una così ghiotta occasione per fare un film sull’argomento. Anzi pensate, Possession è dell’anno scorso, per cui parliamo di un instant movie sulla reunion dei Litfiba addirittura profetico. A portare sullo schermo questa perla, non uno, ma due registi: tali Joel Bergvall & Simon Sandquist, prodigiosi talenti svedesi addirittura candidati all’Oscar nel lontano 1999 per il corto Victor. Tenete a mente questa data: 1999. L’anno che ha visto fermarsi la lunga storia dei Litfiba e iniziare quel declino fatto di Toroloco e La Stanza dell’Oro. Sarà un caso? Ovviamente no. Anzi, io sono in possesso di una registrazione ambientale fatta dal mio amico Ettore della palestra al Kodak Theatre proprio il giorno dell’assegnazione delle magiche statutette. L’ho sentita adesso. Ve ne riporto uno stralcio…
“Ascolta, Joel Bergvall!”
“Dimmi, Simon Sandquist.”
“Joel, noi oggi abbiamo vinto. Ma non possiamo dimenticarci che i nostri amici Litfiba oggi hanno perso.”
“È vero Simon. Mi sento molto triste. Facciamo qualcosa per onorarli!”
“Bravo Joel! Apprezzo la tua proposta. Ti propongo un patto! Appena riusciamo a contattatare un’attrice macrocefala, facciamo un profetico instant movie sulla loro reunion. Che ne dici?”
“Simon, mi sembra un’ottima idea! Ti stimo molto e sono contento di lavorare con te!”
“Perfetto Joel, andiamo a bere fortissimo al bar dell’hotel che tanto è tutto pagato…”
“Ti amo, Simon!”
Poi vabbeh parlano d’altro e non penso vi interessi. Però questo è la prova provata che quello che vi sto dicendo è vero. Possession è un film sull’evoluzione della musica italiana.
Tra l’altro apprendo con sgomento che Possession è il remake di un film coreano del 2002. Il film originale si intitola Jungdok ed è di Park Young-hoon, uno dei pochi registi al mondo che ha esordito come regista e poi è finito a dirigere la seconda unità. Un genio. La cosa è incredibile perché, se ci pensate bene, vuol dire che i produttori hanno pensato che forse era il caso di investire dei soldi in questa mega cacata di film solo grazie a un elemento: Sarah Michelle Gellar, aka la macrocefala. Io sono in possesso di una registrazione ambientale fatta dal mio amico Ettore della palestra negli uffici della YARI Film Group. L’ho sentita adesso. Ve ne riporto uno stralcio…
“Signori, abbiamo per le mani una bomba!”
“Ci dica produttore della YARI Film Group!”
“Vi ricordate che tempo addietro Sam Raimi ha fatto una barca di soldi con un remake di un film giapponese?”
“Certo! Era quella roba brutta di The Grudge!”
“Bravi, mi piacete che siete sul pezzo. Ecco, è arrivato il nostro momento: c’è arrivata una proposta di quelle che non possiamo rifiutare. Ci sono questi due registi simpaticissimi svedesi, Joel & Simon, che vogliono fare un remake di un film asiatico. Mi sembra di aver capito coreano. Ma non sono sicuro… Comunque, asiatico. È una bombetta del 2002. Io direi che possiamo metterci dei soldi!”
“Ma è sicuro signore? Oramai i remake dei film asiatici non se li guarda più veramente nessuno!
“Sì, ma noi c’abbiamo la carta vincente! Ci mettiamo Sarah Michelle Gellar. Garanzia di qualità!”
“Lei è un genio, signore! Facciamolo!”
“Perfetto! Amiamoci qui negli studi della YARI Film Group!”
Poi succede di tutto, ma non penso vi interessi. Ma veniamo al film, che qui stiamo già ciurlando nel manico.
È inutile dire che vi riempirò di spoilers, ma tanto nessuno al mondo avrà il mio coraggio e guarderà questo film, per cui potete stare tranquilli. A meno che voi siate come la mia fidanzatina Prussia Kar-Wai che, da grande fan di Buffy: The Vampire Slayer quale è, s’è interessata alla pellicola in questione (salvo poi farmela vedere da solo, dopo aver dato una distratta occhiata al trailer. Ma come darle torto: Possession è veramente una mega cacata). Comunque. Sarah Michelle Gellar (da ora in avanti, la Macrocefala) è un’avvocatessa in carriera. È sposata con Jovanotti. Jovanotti – interpretato da Michael Landes – è tanto innamorato. Ma veramente tanto. Cose che ci fanno capire che Jovanotti ama la macrocefala: mentre lei è in ufficio a studiare un caso, le arriva un sms dal Jova: “Macrocefala, guarda nella borsa!“. Lei guarda – archi a salire – e trova una rosa rossa con tanto bigliettino. Che tenero che ci nasconde le rose in borsa. Poche ore dopo, lei lo va a prendere alla stazione. Lui si fa trovare sotto la pioggia, con la copppola all’indietro, come uno tosto nel 1992, con dei fiori in mano e ha addirittura pagato uno per suonare col sax la loro canzone. State visualizzando quanto ho scritto? Lei, con ombrello sotto la pioggia, che cerca il suo uomo. Non lo vede. A un certo punto sente le maggiche note della lor canzone d’amore. Si gira e trova un simil Sergio al sax e di fianco Jovanotti con dei fiori in mano. Brrrrrr.
Lei tra l’altro – non ve l’ho detto – siccome è in carriera e concentrata sulla carriera e pensa solo alla carriera, lo considera come una pezza da piedi. Infatti lo ringrazia con un: “Oh, come è stato il viaggio?“. Lui la bacia e, mentre lei già sta parlando della sua carriera, le mette di nascosto in tasca un regalo. Arrivano a casa. Lui, siccome lei ha parlato solo di lavoro (scassando anche un po’ il cazzo) senza mai mettersi le mani in tasca, le dice: “Macrocefala, cos’hai in tasca?“. Lei guarda e trova il regalo. “È una collana d’argento con un cuore di vetro dentro cui ho messo un bigliettino di carta su cui ho scritto la parola segreta del nostro amore. Apparteneva a mia madre e per altro c’era proprio legatissima. Io lo regalo a te, che sei mia mioglie. La cosa è un po’ squallida a pensarci bene, ma ti amo molto!“. Lei ringrazia senza particolari entusiasmi (prima però si lamenta del fatto che lui non stava ascoltando attentamente le sue menate del lavoro). Jovanotti non si scompone e continua: “E ti ho fatto regalo proprio oggi, perché oggi…“, taaaaaaaac… gira l’angolo, e c’è tutto il salotto con candele ovunque e al centro un bel tavolo con una torta. Cioè, lui era via, ma è riuscito a fare tutto questo sbattimento. La torta è una pacchianata orribile con su scritti i loro nomi con della glassa rosa, “… perché oggi è il nostro primo anniversario di matrimonio!“.
Lei, finalmente, si scompone un attimo: “Cazzo, Jova… scusa. Son troppo presa col lavoro! M’ero dimenticata del nostro primo anniversario di matrimonio.“. Non il compleanno del cane, eh. Il loro primo anniversario da marito e moglie. Sta stronza. Lui ovviamente non se la prende, ma aggiunge: “Ma illuminiamo la situazione!“. E, olè, nel loro giardinetto dell’amore si accendono mille piccole lucine. Lei reagisce come se lui le avesse portato una cartolina da Rosolina Mare. “Grazie.” E basta. Ma il dubbio che assale lo spettatore è un altro. Ma come? Non solo lui è riuscito a distanza a piazzare un milione di candele accese nel loro salotto + una torta appena tolta dal frigo, ma ha anche sparpagliato lucine accazzo su tutti gli alberi del vicinato! Che Jovanotti nasconda dei superpoteri?
No, cari amici, i meriti di tutto questo vanno al terzo abitante della felice casetta isolata in campagna, ovvero Piero Pelù (che non vale, all’interno della metafora der film, come entità singola, ma rappresentata lo spirito dei Litfiba tutto…). Piero Pelù – interpretato da Lee Pace – è il fratello di Jovanotti. Quanto Jovanotti è buono e bello e bravo e tenerissimo, tanto Piero è un animaleeeeeeeeeee. Insindacabili segni che Piero è un animale: veste solo in canottiera. Ha dei tatuaggi grossi sulle braccia grosse. Fuma anche in casa. Beve birra. Beve a canna del succo di frutta e poi lo rimette finito nel frigo. Rutta.
Ma non solo! Scopriamo che la Macrocefala sta seguendo proprio il caso di Piero Pelù, accusato di aggressione (non c’è bisogno di parole per sapere la verità: montaggio serratissimo di primi piani di Piero con la faccia piena di lividi, alternati a particolari di un martello sporco di sangue. È colpevole. Noi lo sappiamo, la Macrocefala lo sa, Jovanotti lo sa). Comunque, la cosa più interessante di questa inedita contrapposizione di personalità (Buono Vs. Cattivo) è un’altra: è importante notare come i teneri gesti di Jovanotti, percepiti dal suo pubblico (la Macrocefala) come di Jovanotti, siano in realtà stati resi possibili proprio dal suo alter ego, ovvero da Piero Pelù. Uno, senza fare fondamentalmente un cazzo, si prende i meriti del lavoro altrui… Come a dire: Jovanotti, simbolo di una nuova generazione di autori musicali, vive di rendita grazie al lavoro che è stato fatto precedentemente da altri. La cattiveria ostentata di un Pelù ha avuto il merito di farci accettare anche la posticcia tenerezza di Jovanotti. Senza i Litfiba, un modello come quello jovanottiano non sarebbe insomma mai esistito. Questo è già un primo segnale forte di critica al mondo musicale portato avanti da Joel Bergvall & Simon Sandquist. Vabbeh, torniamo alla storia che le cose adesso vanno ancora peggio… Allora, la situazione è questa. Jovanotti vive con la Macrocefala. Si amano fortissimo (lui ama molto lei, lei ringrazia). I due però sono costretti a vivere con Piero Pelù che è un po’ una spina nel fianco (un dirto ar culo). Anche perché, lo si capisce nei primi 2 secondi di film, a Piero non dispiacerebbe dare una bottarella alla Macrocefala. E mi sa che anche lei un paio di volte ci ha pensato.
È sera a casa Jovanotti. Dopo aver guardato il dvd del loro matrimonio (in cui il prete, evidentemente ubriaco, ripete ossessivamente: “Non la vorrei iazzare, eh, ma c’è un mondo dei Vivi e uno dei Morti… collegati da un ponte che è l’Amore!“), lui si ritira nel suo studiolo. E cosa fa? Cosa farà mai nel suo studiolo? Plasma con le sue mani d’artista un busto raffigurante la Macrocefala. Ve lo giuro. La quale dopo poco arriva vestita solo di una vestaglia che manco mia nonna a dicembre in casa in montagna e comunica all’artista poliedrico Jovanotti: “Oh, talmente me ne sbatteva della collana d’argento con un cuore di vetro dentro cui hai messo un bigliettino di carta su cui hai scritto la parola segreta del nostro amore, che già l’ho rotta. Toh, riprenditi sta roba.“. Ovviamente Jovanotti non se la prende neanche per sbaglio e, invece di picchiare la sua donna con un giornale arrotolato, le comunica che la riparerà con le sue manine d’artista. Dopo questo scambio di battute lei si fa prendere, con moderata passione, sul tavolo da lavoro del Jova. Particolare irrilevante ai fini della storia e di tutto, ma che alza notevolmente il già altissimo grado di WTF del film. Mentre Jovanotti sta praticando l’amore alla Macrocefala, il tavolo ovviamente si muove. Sapete com’è, no? Ecco, non ho capito come mai i due innamoratini ridono tantissimo di questa cosa. Addirittura – giuro – lui si alza, prende una moneta e la mette sotto una gamba del tavolo per fermare il basculio… Ma che cazzo vuol dire? Ma il film è talmente ben scritto che c’è anche questo colpo di genio: montaggio parallelo con da una parte Jova e la Macrocefala che fanno all’amore alla missionaria. Dall’altra Piero che prende all’impiedi contro un muro la sua “femmina”, una surfista tutta matta con la moto che ascolta la musica alta. Avete capito? Jovanotti alla missionaria. Piero all’impiedi. Eh? Buono Vs. Cattivo.
Ma va ancora peggio. Il giorno dopo Jovanotti esce di casa. Prima di salire in macchina fa due cose molto importanti: 1) comunica alla Macrocefala che ha già riparato la collana d’argento con un cuore di vetro dentro cui ha messo un bigliettino di carta su cui ha scritto la parola segreta del loro amore. L’ha anche nascosta in un posto che conosce solo lui. 2) Mette una lettera per la Macrocefala nella casella delle lettere di casa sua. Giuro. Lui infatti scrive ogni settimana una lettera d’amore a sua moglie. E non gliela dà a mano. La mette nella casella delle lettere. No so se vi rendete conto del grado di demenza di questa mossa. Tipo che penso ci siano gli estremi per denunziarlo. Comunque. Tutto sorridente mette la lettera d’amore nella casella delle lettere di casa sua, prende il suo furgone e va verso il suo destino. Nel frattempo Piero ha capito che in casa – stranamente – non è apprezzato. L’ha intuito dopo che ha sentito la Macrocefala mentre diceva sottovoce, ma evidentemente udibile benissimo in tutta la magione di tre piani, a Jovanotti: “Oh, certo che tuo fratello ha veramente scassato i coglioni, eh? Abbi pazienza… È qui da tre mesi, non fa un cazzo, ci finisce la roba in frigo, regge il moccolo… Non è che fa come il Baglioni, eh? Eh? Che si leva dai coglioni! L’hai presa, Jovanotti? Baglioni, coglioni… L’hai capita? Mamma mia quanto ti disprezzo…“. Piero sente tutto e ci rimane molto male. Capisce che il pubblico l’ha dimenticato. Quel pubblico a cui lui ha dato tanto, ora lo snobba. Senza di lui manco ci sarebbero i Jovanotti. Ma non importa: è giunto il tempo di andarsene e trovare un’altra strada. Per cui prende tutte le sue cose, le carica nella sua macchina aggressiva e scattante, e corre velocissimo come uno scavezzacollo rischiando la vita. E indovinate contro chi si va a schiantare? Eh? Contro chi? Incredibile: contro Jovanotti. Sconto frontale Jovanotti Vs. Pelù. Buono Vs. Cattivo. I due finiscono in coma. Tornando alla metafora: Pelù, intuito un cambiamento nell’equilibrio discografico, pone fine all’avventura dei Litfiba e se ne va volontariamente alla ricerca di una nuova strada solista. Strada che trova intralciata da un Jovanotti veltroniano buonista e contro il quale non può fare a meno di schiantarsi (prendendosene per altro la colpa). Siamo nel 1999, ricordate? Da una parte lo scioglimento di Piero & Ghigo. Dall’altra l’uscita di Lorenzo 1999 – Capo Horn, ultimo successo di Jovanotti prima di un lungo periodo in cui venderà meno di Amedeo Minghi. Pelù e Jovanotti sono in coma, stanno lottando per rimanere in vita. Dopo pochi giorni, Piero Pelù si sveglia. La Macrocefala si rattrista perché suo marito rischia di diventare un vegetale, mentre quello lì in canottiera s’è svegliato. Ma c’è qualcosa che non va. Pelù si comporta in modo strano. Non sembra più lui: è molto affettuoso con la Macrocefala, sembra più buono, meno stronzo… Vuoi vedere che durante l’incidente è avvenuta una di quelle cose tutte matte che succedono nei film? Vuoi vedere che l’anima di Jovanotti è finita nel corpo di Pelù?
Mentre Jovanotti continua a rimanere in vita solo perché attaccato alle macchine (siamo al tanto vituperato Lorenzo 2002 – Il Quinto Mondo, quello con la canzone Salvami, quella dove Jovanotti se la prendeva con la Fallaci…) Piero è ormai in forma smagliante (Sempre 2002, anno di uscita di U.D.S., l’Uomo della Strada, album manifesto del nuovo Piero, quello trainato dal singolo con Anggun, Amore Immaginato). Un’infermiera consiglia alla Macrocefala di portare a casa Pelù perché deve ritrovare una sua dimensione. Vabbeh… Lei esegue. Mentre soffre per Jovanotti, si mette in casa il nuovo Pelù. Il quale continua a comportarsi in modo strano: è gentile, la tratta bene, si mette a curare i fiori del giardino, si rimette all’opera sulla sua scultura e soprattutto le dice cose che solo Jovanotti potrebbe sapere: “Ti ricordi di quella volta che siamo stati in vacanza in Messico?“. Lei è sconvolta. Possibile che sotto quella scorza da duro sia ora alberghi l’animo dolce e puro di quell’altro babbeo che le scriveva una lettera d’amore a settimana? Nel dubbio, decide di dargliela. Il pubblico, insomma, ha abboccato: la nuova incarnazione di Pelù funziona. Quella di Jovanotti – ovvero quella del vegetale – un po’ meno. Contando che nessuno ma proprio nessuno al mondo, ma tipo neanche mio nipote di 4 anni, crede per manco mezzo secondo che VERAMENTE sia avvenuto lo scambio di anime, è chiara la tesi del film: Pelù (qui sì valevole come entità singola) ha imparato la lezione e, fingendosi quello che non è, incontra ancora una volta i favori di un pubblico che sembrava averlo dimenticato… Il rischio però è quello di farsi prendere troppo la mano. Cosa fa infatti il nostro povero Pierone? Azzarda, rilancia, esagera. È il periodo di In Faccia (aka In da la Fazza) un disco talmente di maniera che cominica a fare venire dei dubbi anche allo zoccolo duro dei fan della primissima ora. Nel film Piero fa lo stesso: esagera. Si presenta dalla Macrocefala e le dice: “Guarda, ieri mi sa che ti ho messo incinta, ma soprattutto – ehi – ecco qui la collana d’argento con un cuore di vetro dentro cui ho messo un bigliettino di carta su cui ho scritto la parola segreta del nostro amore che si era rotta e io ti ho riparato e che ho messo in un posto che sapevo solo io e infatti eccola qui!“. Lei si mette la collanina e va a fare un’ecografia. Mentre guarda felice il frutto del suo amore crescere e agitarsi nel suo ventre, arriva un’infermiera che, serissima, le dice: “Ma che brutta irritazione che ha sul collo! Sembra quasi che lei stia portando una replica della collana che portava un tempo. Quella di prima era d’argento vero. Quella nuova è d’argento finto e la irrita tutta!“. La Macrocefala capisce tutto. Torna a casa e in 4 secondi si rende conto del fattaccio. Pelù l’ha coglionata: ha letto tutte le letterine che Jovanotti le scriveva, ha imparato dei dettagli della loro storia d’amore (tipo il viaggio in Messico) e s’è spacciato per quello che non è. Pelù ha ingannato il suo pubblico, presentandosi con una nuova veste rubata ad altri. Confronto finale…
Ed è qui che si manifesta in tutta la sua potenza l’omaggio alla reunion Piero/Ghigo. Nel momento in cui la Macrocefala affronta il Pelù, quest’ultimo tira fuori la vecchia grinta di un tempo. Release The Beast. Cancella la sua nuova identità posticcia e comincia a schiaffeggiare il suo pubblico. Torna fuori la bestia, per troppo tempo imprigionata in una forma ad essa assolutamente non congeniale. Piero non è fatto per stare a casa a guardare dvd sul divano. Non è fatto per letterine d’amore messe di nascosto nella casella delle lettere della sua amata. Non è fatto per passare le notti a scolpire busti femminili. È fatto per l’azione: per i vocalizzi intensi e per gli sfrenati tapping renzulliani. È fatto per Terremoto! e Arriva, arriva El Diablo! Altro che cazzi. Poco importa poi se le leggi dell’entertainment impongono la vittoria del bene e la sua consequenziale morte (cacciavitata nel collo) inflittagli dalla Macrocefala. Il vero spirito ribelle, anche solo per un momento, è tornato quello di un tempo. A questo miravano Joel Bergvall & Simon Sandquist quando si sono messi a girare questo film. Incredibile.
Notevole anche come non si abbandoni la storia del povero Jovanotti comatoso. Egli, prima di rimanere per sempre un vegetale (rappresentazione dell’attuale momento della sua carriera), ha un utlimo sussulto, un piccolo momento in cui torna in vita: rappresentazione di quel dannato singolo (Tanto)³, che nel 2005, l’ha riportato all’attenzione del pubblico italiano che lo stava clamorosamente dimenticando.
DVD-quote suggerita:
“Una lucida riflessione sul perché è necessaria oggi una reunion dei Litfiba.”
Casanova Wong Kar Wai, i400calci.com
Il film è uscito in sala in Israele il 20 agosto scorso e il 3 aprile nelle Filippine. Il resto del mondo se lo può godere in dvd. Ma anche in Blu Ray, volendo. Straordinaria Sarah Michelle Gellar – diventata la peggiore attrice di sempre – che quando si mette in casa Pelù e non si capacita del fatto che questo si comporti come Jovanotti, si mette gli occhiali da vista, e cerca su internet il titolo del film… Priceless.
G.E.N.I.O.
Hai donato a questo film un motivo per esistere!
E per aggiungere validità alla tua tesi, ricordo che il 1999 è l’anno di “Il mio nome è mai più”, singolo nato per scopi umanitari ma paradossalmente condannato dal Tribunale dell’ ex-Jugoslavia per crimini contro l’umanità.
Il cerchio si chiude.
E’ stata una lettura decisamente appassionante. Lunga quanto il film, ma se non altro me ne hai risparmiato la visione.
ste cose non devo mai leggerle in ufficio…
però ho disconosciuto i Litfiba da quando è uscito Maroccolo
mi sono dimenticato di dirvi che jovanotti, tutte le sere, mette il dentifricio sullo spazzolino alla macrocefala. tutte le sere. ‘mazza che ansia.
ho imparato più cose sulla musica italiana con questo articolo che in tutti i miei anni di permanenza in patria. ora so perchè non devo tornare.
Mhà,
diciamo anche sticazzi
La cosa bella e’ che i Litfiba stessi sapevano che un giorno la loro storia sarebbe stata raccontata in Giappo-Corea e avrebbe coinvolto esperienze extracorporee
“una parte di meeee per sempre restera’ quiiiiii
mentre la mia animaaaa vola sul frooonte eeeeest” (1984)
posso perdere 10 minuti della mia vita a leggere i tag?
domanda retorica
risposta altrettanto retorica
cazzo, si!
capolavoro
Non smetterò mai di chiedere al Cobra una pagina dove tutti possano visualizzare tutti i tag dei 400 Calci. TUTTI.
Concludo dicendo “bravo” al Casanova e ricordando ai signori condòmini che il film è rimasto bloccato (oltre che dalla propria palese, urticante bruttezza) da questioni di bancarotta del produttore:
http://en.wikipedia.org/wiki/Possession_%282009_film%29
Ah, e ENTRAMBI i protagonisti sono abbonati ai film mortalmente brutti, ma se Lee Pace ha almeno la scusa dell’attrattiva fisica Buffy è riuscita a interpretare QUESTO:
http://en.wikipedia.org/wiki/Veronika_Decides_to_Die_%28film%29
alla lettura del nome paulo cohelo ho fatto arghhhhhhhh.
quasi quasi me lo vedo.
no, smettila!
smettila!
ancora quelle voci!!!!
first thought:”ma non dovevo smettere di perdere il mio tempo con certe cose?”
second thought: “il film dei tanderbòrz (ma c’era Billy).”
Seriamente, la roba tratta da Paulo Coelho dev’essere la classica Sfida Urticante che ci si fa quando si è tutti ubriachi. Tipo che uno appoggia sul piatto “Torque – Circuiti di fuoco”, sicuro di vincere a man basse, e l’altro con un sogghigno gli fa NOT. SO. FAST., che mi dici di QUESTO.
ARGH! Veronika no! Presente quando una ragazza ti consiglia vivamente un libro, e tu fino a quel momento vivevi in un bellissimo mondo tutto tuo in cui non avevi mai sentito nominare il signor Paulo Coelho e quindi ti fidi, e poi di colpo vuoi scrivere un sequel apocrifo intitolato “Nanni Cobretti decide di uccidere”?
Questa è la più bella recensione di un film che io abbia mai letto. E io non so leggere.
Ogni tanto ho voglia di rileggere vecchie recensioni sui Calci e, quando capita, questa la ripasso sempre. Un gioiello.