Che magnifica stagione per Dolph Lundgren! Che magnifici gli anni della maturità di questo cinquantatreenne svedese in forma smagliante! Che splendido momento per il cinema action traslocato di budget, ambientazioni e immaginario nell’Europa dell’Est!
Fa strano, per chi del primo Universal Soldier ricorda le distese aride inondate di sole, con quel cielo altissimo che attenua con striature d’azzurro anche le notti più nere, quel paesaggio da road-movie che ancora esprime il mito dell’immaginario americano, il mito della libertà, fa strano dicevo vedere quel cielo trasformato dalla straniante e sempre perfetta fotografia di Peter Hyams in un plumbeo limbo metallico iniettato di una luce piatta, la soffocante, deprimente luce dell’Est, in Universal Soldier: Regeneration.
Dove Dolph raggiunge uno dei vertici espressivi della sua carriera, anzi uno dei vertici espressivi del cinema quando, dopo aver ricevuto da Van Damme una tubata tale che il tubo gli si è infilato per metà in fronte, mentre lembi di cervello rigenerato colano come da una grondaia, Dolph… sorride.
Quel sorrisetto, quella smorfia a metà tra il compiacimento, il fatalismo e la complicità racconta molto di Dolph. Dolph è l’anti-Van Damme: al pari dell’esule belga emigrato nei b-movie “russi” è stato confinato ai margini dalla Hollywood che lo aveva generato, come lui interpreta spesso personaggi sconfitti (loser), buttati ai margini della società, ma se Van Damme è tragico, macerato, totalmente preso dal suo dramma privato e compreso nel suo ruolo d’eroe, Dolph Lundgren è leggero, aereo, fatalista e fatuo, disinteressato al destino, noncurante del tragico. Un perfetto satiro. E mentre il mondo “russo” accentua la brutalità della violenza hollywoodiana bagnandola di una luce bianca d’angoscia, e i gangster (russi, ucraini, polacchi, kazaki, moldavi… La 25° ora di Spike Lee e David Benioff ci azzeccò) sono sempre più grassi e sempre più seduti ai tavoli dei night club con sempre più figa intorno con le tette sempre più grosse, e i terroristi sono sempre più fatti e finisce che lo picchiano, lo buttano fuori dalle auto, lo malmenano, lo massacrano, gli spezzano le ossa e gli uccidono gli amici, Dolph non è proprio che se ne sbatta ma diciamo che accetta. Non vuol dire che si rassegna (la rassegnazione è dei tragici, anzi dei melodrammatici, e quanto mélo c’è in Van Damme…), ma come dire… che ci vuoi fare, le cose vanno così, che tu lo voglia o no. Dolph è eroe dopo il tragico, è eroe senza gloria che, in questo mondo animale – ci insegnano i film “russi” – dove chiunque non vede l’ora di fare una strage, paradossalmente è l’unico in grado di prendere in mano il suo destino.
Parlo brevemente di Command Performance ma potrei parlare di Direct Contact (dove Dolph entra in diretto contatto con un altro leggendario loser di Hollywood: Michael “Strade di fuoco/Philadelphia Experiment” Paré). Qui come lì Dolph ha l’aria assonnata, vagamente assente e un po’ fumata (stoned), tra l’esterrefatto e il sornione. È un’espressione unica, spiazzante, davvero magnifica. Ha forse un dramma alle spalle che l’ha spinto a nascondersi in Russia e a mettersi a suonare come batterista in una metal band? Macché: aspettiamo per tutto il film la tragica rivelazione ma alla fine scopriamo che poi è una cosa piuttosto consueta, dove Dolph peraltro non è affatto innocente.
È difficile identificarsi nei personaggi di Dolph. Quell’aria un po’ menefreghista segna anche una inequivocabile distanza con lo spettatore, cui sembra dire: “Non dimenticarti che in fondo sono tutte cazzate”. È una distanza che insospettisce. Non c’è da fidarsi. Eppure Dolph è uno affidabile come non mai. Non cerca denaro, fama, gloria, figa (certo, se capita…), sembra proprio che non cerchi niente, che si limiti a vivere. È un enigma.
Dicevo di Command Performance, di cui Dolph è anche regista. I primi 40 minuti sembrano Guitar Hero diretto da Lars Von Trier, con Dolph che si presenta in sella alla sua Harley o pseudo tale – biker non del tutto convinto – e poi ripreso in stile Dogma si butta a picchiare come un forsennato sulla batteria, vero frontman di una band russa heavy metal con aspirazioni sperimentali. Il resto è più tradizionale: un gruppo terrorista assalta il teatro del concerto (allusione all’attacco ceceno al teatro Teatro Dubrovka del 2002) con l’obiettivo di eliminare il presidente russo e le sue due figlie adolescenti esponenti della nuova generazione adolescenziale disney-channel-globale. Infatti il concerto ha come momento clou l’esibizione di una rock-starlette stile Britney Spears (anche se ormai sembra anziana)/Miley Cyrus/Rihanna/Lady Gaga (che ci tengo a dire, mi fa gagare)/altre figure analoghe. I terroristi non hanno pietà di nessuno soprattutto perché hanno come obiettivo il ripristino del comunismo. La qual cosa, insieme al fatto che il presidente russo non ha lettoni d’asporto ma è un uomo integerrimo, vedovo che non ha mai dimenticato la moglie e padre devoto, mi pare esprima il messaggio politico del film. Dolph per fortuna si è ritirato a fumarsi uno spinello in bagno e quindi è un po’ stonato ma se la cava egregiamente, per esempio piantando la bacchetta della batteria nella giugulare di un terrorista.
Come in Direct Contact e molto più che in Universal Soldier: Regeneration, dove – eccetto il sorriso-capolavoro – domina il senso tragico del perduto Van Damme, in Command Performance Dolph è leggerissimo, aereo, talmente leggero da essere quasi invisibile, tanto da non avere quasi più nome. Di lui dicono infatti che si chiama “Joe, Joe… qualcosa”.
In un mondo dello spettacolo dove tutti vogliono apparire fino allo stremo, dove tutti i sogni devono avverarsi per forza, questa idea che se accade che nessun sogno si avveri, se accade di sparire, non c’è poi niente di tragico, è sufficiente secondo me per celebrare Dolph, questo gigantesco signor Nessuno, Odisseo senza naufragio in un mondo dove non regna né il bene né il male e dove l’eroe non cerca di ripristinare un ordine etico ma si limita, quando capita, a dare una mano.
Nota a margine: a mio parere c’è solo un altro “loser” hollywoodiano felice e contento come Dolph: è Casper Van Dien.
Recensione memorabile! Non fosse che mi ero già gasato con il trailer, l’avrei visto in ogni caso dopo avere letto questo pezzo.. :-D
Ma infatti mi sa che per ogni futuro film di Dolph tanto varra’ linkare direttamente qui… :)
Anche Dolph non ha mai mollato. Lo stimo assai ma l’ho sempre preferito come cattivo.
Sarà un piacere rivederlo sul ring con lo stallone italiano. Da quanto ho capito interpreta il ruolo che doveva essere di Van Damme, parzialmente riadattato, e credo che il suo Gunnar Jensen ci ricorderà non poco quella testa calda del sergente Scott.
Sbaglio Nanni? :P
Parzialmente :)
Mirabile la stoccata finale a Casper di Starship Fuckers.
In questi giorni, come una sorta di omaggio pre-spendibile, su SKY c’è un profluvio di film con Dolph, tutti per me nuovi. Specie all’ora di pranzo.
insomma mi sto rimettendo in pari…
Jean-Luc, vuoi sposarmi? Tanto lirismo dedicato a Dolph deve essere premiato :D (o punito, dipende dai punti di vista)
Ho perso di vista Dolph dopo Johnny Mnemonic e lo riscopro grazie ai 400 calci. Vostra e’ la pazienza e passione di monaci amanuensi :)
Lo zio Dolph in Command Performance è un vero asso dello spettacolo. Ride, sorride a petto nudo, saluta, ammicca, fuma spinelli, è un motociclista, è un rocker, è dell’fbi, è una spia, la fa bagnare alle sbarbine. E tutto questo al servizio segreto dello zio Putin.
Certo avere uno zio così… come Dolph, intendo.
@Poggy: preparo le carte per il divorzio:
Tempo dieci anni e sono pronto :)))
Il ruolo del predicatore in Johnny Mnemonic è indimenticabile. Quasi come la faccia di Kitano.
Tutto giusto, Dolph e’ adorabile, leggero ecc. ma … lo vogliamo dire che Command Performance in quanto film e’ una cagata pazzesca ?? Ci sono buchi di trama assurdi, le azioni dei protagonisti non hanno la benche’ minima logica, ci sono personaggi che appaiono e scompaiono senza alcuna ragione. Fa rabbia che un film con un ottimo protagonista, le facce giuste, un soggetto non originalissimo ma solido ed un budget comunque dignitoso finisca per essere a malapena guardabile a causa di una sceneggiatura ridicola e di un montaggio che lascia basiti per inettitudine (ma qualcuno della produzione lo ha guardato prima di farlo uscire ?).