Bisognerebbe stilare una lista di film che fanno dell’unità di luogo, della scelta del set, il loro punto di forza. Il primo che mi viene in mente è ovviamente Open Water. I due subbacquei pasticcioni che vengono abbandonati in mazzo all’Oceano. Ve lo ricordate? Un’ansia, cazzo. C’è anche il recente compitino per scuola di Cinema Buried, con Ryan Reynolds dentro a una bara per 90 minuti. Poi? Ah, m’è venuto in mente che nel 2005 qualcuno ha visto Piano 17 dei Manetti Bros, che racconta di tre bloccati in un ascensore (ma curiosamente non è preso da Blackout, un libro di Gianluca Morozzi uscito l’anno prima). E direi che questi tre titoli sono tutto quello che mi viene in mente sull’argomento “film sfida che obbliga il protagonista a stare per almeno 88 minuti in un solo dannato luogo”. Questi tre e Frozen di Adam Green.
Ne abbiamo paralto giusto mercoledì di Adam Green per il suo Hatchet 2. Ora, io il seguito non l’ho ancora visto, ma il primo Hatchet me lo ricordo bene. Tette, sangue e simpatia cazzara. Che sia chiaro: mica ci si sta lamentando, eh? Io non condivido l’entusiasmo del capo, ma si tratta di un oggettino divertente. Va detto quindi subito: Frozen è tutt’altro. Cioè, se avete quell’idea lì di Adam Green, non lo riconoscerete neanche. Sembra un film girato appositamente per far vedere di essere un regista capace di alternare diversi stili e passare con disinvoltura da “la fiera della spogliarellista morta ammazzata da un’asciata nella fazza” al “film cupo e glaciale, senza speranza”. Già dai titoli di testa questa impressione è confermata. Frozen si apre su un ingranaggio della seggiovia che gira producendo un rumore sinistro. Di colpo il rumore cessa, quadro nero, scritta bianca: Frozen. E via che si parte.
Tre giovini, una coppia e il best buddy di lui, sono sulle piste da sci. Chiacchierano, si presentano, fanno capire di che pasta sono fatti per i primi 15 minuti di film. Che sono esattamente come ve li potete immaginare: loro che chiacchierano, dicono quelle frasi che da sole riescono a inquadrare una persona, poi stacco con un pezzo pop punk e loro che sciano. Perfetto. Dopo un quarto d’ora però bisogna cominciare a fare sul serio. I tre prendono l’ultima seggiovia e, per un errore molto simile a quello che scatenava l’incubo in Open Water, vengono dimenticati sospesi nel vuoto. La seggiovia si ferma, si spengono le luci e loro tre sono lì, sospesi nel vuoto. Mancano 75 minuti circa alla conclusione del film è la situazione è questa. Per altro, va detto, Adam Green non lascerà mai la seggiovia. Non c’è uno stacco per farci vedere, come in Open Water, che cosa stanno facendo per esempio quelli che li hanno abbandonati. Si rimane sempre lì: a dieci metri d’altezza, tra il vento e la neve. Frozen funziona. Io parlo da uomo ferito, come Marco Ferradini, visto che sono sciatore (integralista sci, fuck snowboard) e il brivido che ti attraversa la schiena quando una seggiovia si ferma lo conosco bene. Ma anche se avete passato tutte le vostre vacanze a Marina Romea a rigirarvi su un lettino ai bagni Sirenella, troverete il film spaventoso. Questo perché Adam Green è molto bravo a diluire e gestire i tempi: vengono proposte via via piccole svolte narrative, si pensano piani per salvarsi, si chiacchiera, si sviluppano i rapporti tra i tre ragazzi. Certo, ogni tanto si attende e non succede nulla, ma d’altra parte siete bloccati su una seggiovia. C’è poco da fare.
Frozen insomma non delude le aspettattive. Semplice, immediato e giocato intelligentemente su un meccanisimo d’identificazione che non lascia indifferenti. Certo, volendo proprio essere dotati di penna rossa è strano pensare che Ryan Reynolds abbia il cellulare in una bara e invece questi in tre sulle piste da sci, nulla. Ma se si accetta l’azzardo, il film funziona e regala un bel pugno nello stomaco. L’ansia è palpabile, c’è almeno una sequenza di quelle che 90% chiudi gli occhi e si finisce spossati. Bravo Adam Green.
DVD-quote suggerita:
“La maturità di Adam Green: 90 minuti d’ansia fottuta (senza manco una tetta)”
Casanova Wong Kar Wai, i400calci.com
BONUS: il cantante Adam Green dedica una canzone a Jessica Simpson.
“90 minuti d’ansia fottuta (senza manco una tetta)”
il che è negativo, dal mio punto di vista.
certo, vedere tette = benessere = relax, quindi l’ansia fottuta ti passa.
però tutto migliora se ci metti una tetta in mezzo.
quindi per me Frozen parte male.
chiaro che questo non mi impedirà di tirare giù il torrentonegratissonounpiratamuahahahah.
(quasi quasi faccio una combo in split screen con Rocco Animal Trainer, così posso riempire i tempi morti di Frozen guardando l’addestramento e viceversa – anche se a occhio in RAT tempi morti mi sa che non ce ne sono…)
“90 minuti d’ansia fottuta (senza manco una tetta)”
Del resto ragazzi ci vuole più coraggio a spogliarsi nudi, con quel freddo polare, che a buttarsi di sotto.
Minchiazza…
Io quest’estate sono salito in cabinovia sul M.te Capanne, Isola d’Elba, niente de che, 1100m., 18′ de salita, figuriamoci…
Solo che in piedi in quel cestino da picnic, pure piccolo, quando s’è fermato a 20m d’altezza e sotto tutta ‘na macedonia de rocce, ho pensato che se il cestino cadeva de sotto mica morivo, noooo, magara, me facevo tutto il crinale rotolando e scarnificando tutta la mia carnazza e rimbalzello rimbalzello piantarmi laggiù, in fondo alla valle, dove tra un rantolo e un’agonia avrei dovuto attendere almeno 6 ore i soccorsi. E quindi m’è venuto in mente di dotare i cestini di una pistola con cui spararsi in casi del genere, tanto per alleviare le sofferenze…
Poi, per fortuna, il tutto è ripartito dondolando…
Me sa che sto Frozen lo… salto.
Ma infatti Adam Green, dopo averci mostrato un film pieno di tette, squartamenti e battutacce (Hatchet 2), ha detto che il suo idolo e’ Hitchcock. Allora non e’ cosi’ dissociato come temevo.
interesting discorso film=unità di luogo.
ce sono una marea.dai migliori(la parola ai giurati(sidney),i dannati dell’oceano(hitch), l’aquila solitaria (billy)) giù fino a Thomas in love.
poi l’horror di scuola poe/lover/king e i vari cloni di 10 piccoli indiani.
se poi considerassimo navi e isole, celle e prigoni…
Hitch racconta a Truff. che ragionava da anni di ambientare un film intero
in una cabina telefonica e ne tratteggia anche qualche immagine…
Confermo la recensione, mi ha messo un’ansia fottuta, e io mastico circa 3 horror al giorno…Forse qualche caduta di tono con dei dialoghi proprio vicino al climax che o annoiano, o smorzano la tensione, fossi stato nel regista invece avrei continuato a tenere per le palle lo spettatore, ma tant’è….
Alla lista dei film avrei aggiunto anche IN LINEA CON L’ASSASSINO, non so se è già stato citato…
Mah, a dir la verità visto l’hype mi aspettavo un po’ di più (qualche secchiata di sangue nelle scene giuste non avrebbe guastato secondo me) ma con una bella dose da 50cc di suspension of disbelief fa il suo sporco lavoro. Emma Bell poi, che bella è?
“Il cubo” vale? Cioe’, nel film erano piu’ stanze, ma nella realta’ delle riprese era sempre la stessa (il garage di uno) ogni volta illuminata diversa…
Mi pare fosse proprio IN LINEA CON L’ASSASSINO il film che Hitchcock volesse fare e che non gli e’ riuscito. Lo sceneggiatore del film di Schumacher e’ lo stesso Larry Cohen contattato all’epoca da Hitch e allora forse tutto torna.
A me i film ambientati in un solo luogo (se questo fosse un sito fighetto direi kammerspiel, ma siccome no evito ;)) piacciono da matti: il mio preferito di tutti i tempi e’ Jaws.
Mi sorprendo, neanche una menzione a “la mamma e la bambina” dell’horror giuovine: la ragazza e il cagnolino.
Servirà pure per creare empatia, ma non verso il cane, cazzo.
mezza tetta s’intravede all’inizio
Mette ansia si, e forse perchè è molto più quotidiana come situazione, ma molto meno drammatica di open water ad esempio.. e poi diciamolo, i 3 sono emeriti coglioni (fare quello che fa il secondo ragazzo non era da fare subito? e soprattutto non in quel modo..)
Boh, a me non ha creato nessuna ansia, piuttosto noia (sarà che non mi piace sciare? boh…)
attenzione spoiler:
quando al secondo viene in mente la brillantissima idea di andare a forza di braccia verso il traliccio il deficiente di sotto gli grida “bravo! ci sono le scalette per scendere là!” …pensarci prima di buttarsi nel vuoto, o rimambito?