Il mockumentary applicato all’horror. Per chi si fosse fatto una pennichella di una dozzina di anni, parliamo di finti documentari che raccontano storie della paura. Il primo è stato The Blair With Project (anche se giustamente si parlò di una discendenza con il celeberrimo Cannibal Holocaust) e poi ne sono seguiti molti. Qualcuno riuscito, qualcun’altro meno. C’è Paranormal Stocazzo, c’è The Last Exorcism, c’è Cloverfield, c’è [REC] e c’è pure Diary of The Dead. Via libera nei commenti per mettere il vostro preferito. Fatto sta che son più di dieci anni che questo genere ogni tanto spunta e rispunta. Ormai, s’è fatta una certa. Cosa ne pensiamo noi di questo sottogenere? Anche perché la cosa interessante è che ad ogni uscita di un titolo del genere, il mondo si divide in due: da una parte ci sono quelli stupefatti che ogni volta, dopo aver citato The Blair Witch Project, gridano tutti sorpresi per l’idea del finto documentario. Dall’altra ci sono quelli che invece la prendono subito male, citano The Blair Witch Project e poi dicono che non se ne può più e che qui un tempo era tutta campagna. Voi da che parte state? Certo è che sono delle pellicole difficili. Il problema principale, a mio avviso, risiede nel pubblico con cui avete la fortuna di vedere il film. All’epoca mi ricordo che aspettai moltissimo prima di andare a vedere The Blair Witch Project al cinema, perché alcuni amici mi avevano raccontato di visioni abbellite da cori e da risate di zamarroni ingellati, che poi puntavano il loro raggio laser sullo schermo per tutto il tempo. Avete capito quale, no? Quello che fa il pallino rosso che se lo guardi fisso ti brucia la retina. Ecco, io già non ho molto in simpatia la gente che parla al cinema, ma se l’80% del gradimento dipende dal patto di fiducia che sono chiamato a stipulare nel momento in cui mi metto a vedere un film del genere, e tu urli, ridi, parli e fai casino, io ti manderei a dare il bitume sulle autostrade ad agosto con indosso il tuo bel piumino da zarro con sotto la felpa della Walls. Lo so, sono esagerato. Questo è colpa del fatto che non mi sono mai preso a pacche con degli zarri al cinema (solitamente perché loro si spostano in gruppo e perché le avrei sicuramente prese), però è un dato di fatto: Paranormal Activity per funzionare (e quindi per sembrare vero) necessita del massimo silenzio, dell’assenza di disturbi esterni e di zero tamarri nel raggio di almeno due chilometri. Una nota colorata che m’è appena venuta in mente: un mio amico mi ha detto che al cinema dove lui ebbe a vedere The Blair Witch Project, il tizio del cinema durante la proiezioni si nascondeva in sala e lasciava della manate di sangue sui muri. Bello, no? Ah, mi è venuto in mente anche una storia di Zanardi dove lo stesso Andrea Pazienza si lamenta del fatto che Zanna e soci fanno casino in sala e all’uscita del film ne prende di santa ragione. “Di santa ragione”. Ma come parlo? Sembro mia nonna. Che storia era quella lì di Zanardi? Ma dove avrò parcheggiato la macchina?
Va bene, grazie a questa simpatica introduzione abbiamo imparato che i mockumentary vanno visti al cinema possibilmente due mesi dopo la loro uscita per evitare di trovare degli scocciatori. Oppure a casa, da soli, con le luci spente e il telefono staccato. Vedrete che le vostre visioni ne miglioreranno. Il film di cui parliamo questa sera si intitola The Troll Hunter, il cacciatore di Troll. Che cos’è un Troll? Il Troll è un mostrone legato alla mitologia norrena. Diamo due notizie per capire di cosa stiamo parlando. Il Troll vive nella foresta: di notte si aggira tra gli alberi, di giorno si nasconde nelle grotte e dorme. Ha forma umanoide anche se puzza ed è brutto che non si vede. Solitamente è un burlone un po’ fastidioso, anche se spesso può diventare molto violento. E cosa fanno i Troll? Nottetempo, rubano i bambini dai loro letti e se li mangiano. Vanno ghiotti di bambini di religione cristiana. Ucci, ucci, sento odore di cristianucci. Ovviamente, come mostrologia insegna, c’è un modo per sconfiggere un Troll: bisogna esporlo alla luce del sole. In questo modo il mostro diventa di pietra ed il gioco è fatto. Perché si diceva “Ucci, ucci, sento odore di cristianucci?”. Cos’era, Il Fagiolo Magico? Ma dove cazzo avrò parcheggiato la macchina?
Da noi i Troll sono famosi grazie alla loro versione tolkeniana e per quelli che ci sono in Harry Potter. Però per il resto sono un po’ dei mostri di serie B. In Norvegia invece sono molto più famosi. Tant’è che da poco è uscito il film The Troll Hunter, seconda regia e sceneggiatura di André Øvredal. La storia è questa: dei giovani studenti armati di videocamera e intenzionati a girare un documentario per conto della loro Università, girano la Norvegia alla ricerca di un cacciatore abusivo di orsi. Dopo qualche ricerca, seguono un attempato omaccione che gira di notte da solo a bordo di una jeep bianca. Si scoprirà che l’uomo non è un cacciatore di orsi abusivo, ma un ufficialissimo cacciatore di Troll. Già, diciamo subito la cosa più interessante del film: l’idea vincente è che il governo norvegese sa da sempre dell’esistenza dei Troll, ma fa di tutto affinché nessuno se ne accorga. Per cui, fin dalla notte dei tempi, esistono i cacciatori di Troll. Dei pover’uomini destinati a una vita solitaria e segreta. Uomini che rischiano la vita combattendo contro esseri mostruosi di cui nessuno sa l’esistenza. Anzi, il governo stesso è fornito di simil Men In Black (decisamente meno fresh di Will Smith) che cancellano le prove e piazzano falsi indizi per mantenere il segreto.
La cosa interessante di The Troll Hunter è l’aspetto antieroico del protagonista, interpretato dal bravo Otto Jespersen. L’uomo, stanco e sporco, vive da solo in una roulotte abbellita da trecce (puzzolenti) dei troll che ha sconfitto. Nella sua vita non c’è nulla se non la caccia ai mostri, cosa che fa per altro con poca voglia e ispirazione. Mentre la troupe di ragazzini che lo ha incontrato rimane ovviamente incredula di fronte all’esistenza dei Troll e del suo lavoro, il nostro mette la stessa passione che riconosciamo solitamente negli impiegati del catasto. Uno sporco lavoro che qualcuno deve pur fare. Il documentario che i giovani ragazzini cominciano a girare, racconta principalmente di questo: di un uomo che potrebbe essere considerato un eroe in tutto il mondo e che invece nessuno si fila.
Il resto del documentario (che non vi dico come finisce, ma tanto se avete visto altri mock, finiscono sempre allo stesso modo) mostra invece la caccia ai Troll. E anche qui colpiamo il bersaglio. I Troll sono fatti decisamente bene: la prima volta che uno di loro compare in mezzo a un bosco, c’ ha tutta una sua potenza. Sono ovviamente fatti in digitale, ma hanno un’ottima interazione con l’ambiente che li circonda e soprattutto hanno un aspetto al tempo stesso minaccioso e pacioso. Diversi da quelli ipermuscolosi di Peter Jackson, questi – come da vera tradizione – sono goffi, coi nasoni grossi e pieni di bozzi. A me hanno ricordato molto quei vecchi giocattoli tristi che si trovavano a case delle nonne o delle zie. Dopo un po’ l’effetto sorpresa scompare e, ovviamente, 100 minuti da riempire sono tanti, ma il film di Øvredal è decisamente interessante. Se vi piace il genere, e non avete dei tamarri urlanti in casa, fatelo vostro.
DVD-quote suggerita:
“No trolls were harmed during the making of this movie.”
Casanova Wong Kar Wai (che copia frasi dai titoli di coda), i400calci.com
Dopo la tragicissima notte degli oscar per fortuna ci sono i 400 calci a tirar su il morale :D
Per la cronaca io sto dalla parte della campagna e di chi i film che fanno bù non li sopporta. Tuttavia darei una possibilità a questi trolloni..anche perchè con loro condivido il pensiero che l’unico david gnomo buono è un david gnomo morto.
Cordialità
trent reznor ha vinto un oscar…
http://musicametal.blogosfere.it/2011/02/oscar-2011-ecco-tutti-i-vincitori-trent-reznor-vince-la-statuetta-per-la-miglior-colonna-sonora.html
E non dimentichiamo la bellissima scena delle scuregge di troll.
Casanova cazzo guardi oh? Ti alzo le mani oh!
@morgenstern
il termine tecnico per “film che fanno bù” è “spaghetto-horror”
qui l’illuminante definizione del cobretti:
https://www.i400calci.com/2010/12/arca-rissa-the-silent-house/
@ abraxas
Verissimo..tra l’altro, visto il genere del film recensito, dovremmo chiedere un parere proprio all’esimio Zitto Petardi, identità segreta del Cobretti..
“Paranormal Activity per funzionare (e quindi per sembrare vero) necessita del massimo silenzio”
Veramente avrebbe bisogno di essere un film guardabile senza aver voglia di strozzare regista, attori e chi ti ha convinto ad andare a vederlo anche se preferivi morire d’inedia…
Nah, non e’ il mio genere. Piu’ che spaghetti e’ un film di mostri grossi alla Cloverfield, tranne che i mostri si vedono, i protagonisti sono sopportabili e la telecamera a volte sta ferma.
bhè ci stanno anche le mazzate in da fazza.
TROLL LEGACY
E “Road to L”? Me lo ricordo come un film piacevole, anche se forse il fatto di averlo visto con tanta birra e due amici non tamarri e privi di laser ha senz’altro contribuito alla visione.
È piacevole riscontrare per l’ennesima volta come ormai sia possibile fare dei film con mostri giganti fatti al computer di buona qualità anche venendo da posti che non siano dei poli cinematografici.
Visto l’altra sera in coppia con Rare Exports, mi son piaciuti tutti e due parecchio ma la cosa più importante è che nella location della foto dei tamarri ci ho visto i Weedeater con i Black Cobra e i Saviours… Loro però non c’erano, sicuramente erano a far caciara al cinema che iddio li maledica.
Deve uscire anche un mockumentary horror italiano che sicuramente farà il botto http://www.facebook.com/video/video.php?v=1813699272069
troll hunter e’ veramente carino e abbastanza originale e funziona ancora meglio, tutte le menate sugli orsi e sulle carcasse, e’ decisamente ben fatto… molto curato nella sceneggiatura e negli effetti speciali veramente notevoli, e con una fantastica scena finale che dire epica e’ dir poco…
unica pecca e’ il solito finale da mokumentary di genere, a mio avviso si poteva risplvere in 1000 modi piu fighi…ma resta veramente un bel giochino da gustare nelle serate invernali…
road to L resta il migliore pero’ a mmio avviso, i riferimenti lovecraftiani sono veramente fatti bene, per non parlare dell’ambientazione sul po…tempo fa ci ho girato un video e vi giuro sembrava di essere dentro quel film il po’ e’ un mostro inquietante!!
mi avete stupito con questa chicca!
“Zanardi, La prima delle tre” si chiama così l’episodio.
Alla fine il film è ben fatto, da amante dei paesaggi nordici poi, ho sbavato sulla fotografia..
Vorrei proporre al Casanova, luminare di mostroni, di produrre un
articoletto di mostrologia sulle suddette creaturine..che ne dici?
Visto per la prima volta con colpevolissimo ritardo ieri sera.
Devo dire che mi ha colpito molto, anche perché per la prima volta mi sono trovato davanti ad un falso documentario che fa… il falso documentario, e non i soliti film di stocazzo dove la soggettiva è un pretesto per fare non so che. Mi riferisco a film che adottano QUESTO metodo per fare cazzate, dal “registriamo tutto per ricordarci di questo generico evento” (coff coff Cloverfield coff coff) al “registriamo tanto per” (sì JeruZalem, sto parlando di te, lurido schifoso). Ho quindi apprezzato la costruzione pseudoscientifica dei troll (habitat, specie, abitudini eccetera).
Un applauso anche ai freddi paesaggi norvegesi, alla realizzazione dei troll ed al cacciatore che affronta i troll fregandosene di tutto e di tutti. L’inseguimento finale è stato figo, ed è riuscito a trasmettere un certo senso di impotenza.
Non mi resta quindi che attendere il nuovo film del regista (The autopsy of Jane Doe), in cui tra l’altro uno dei protagonisti sarà Brian Cox.