NEW YORK CITY COPS AIN’T TOO SMART
Qui Nanni Cobretti! Di solito dello Speciale Disaster Movie se ne occupa il Casanova, per cui mi pareva opportuno segnalare che a questo numero ci penso io e di conseguenza se fa schifo non è colpa sua. Sopportate.
Comunque.
A metà degli anni ’90, galvanizzata dalla nuova generazione di effetti speciali computerizzati, Hollywood riscopre il genere catastrofico che resuscita brutalmente con doppiette tematiche quali quella sulle meteore (di cui vi abbiamo già parlato) e quella sui vulcani (di cui vi parleremo presto). A seguirne la scia si infila un’altra doppietta meno nota e lievemente atipica: si tratta della mini-saga newyorchese composta da Daylight di Rob Cohen e, dieci anni dopo, da World Trade Center di Oliver “Delicatezza” Stone. Il primo unisce i classici stilemi del film catastrofico a quelli di un altro sottogenere ben codificato, il “film di Stallone”, puntando lievemente meno sugli effetti speciali e parecchio di più sugli eroismi del suo protagonista. Il secondo invece lascia la catastrofe largamente fuori quadro e, come era facile prevedere, la butta tutta sulla lezione morale. Entrambi, parlano di TRAPPOLE DI CEMENTO (ento… ento… nto…)
DAYLIGHT, ROB COHEN, 1996
La Catastrofe: succede un macello inverosimile per cui crolla l’Holland Tunnel (quello che unisce New York al New Jersey) e alcune persone ci rimangono incastrate in mezzo.
Gli Indizi che le cose non stanno andando bene: Sylvester Stallone fa il tassista. Sapete quand’è stata l’ultima volta che Sly ha fatto il tassista? Nick lo scatenato. Ho detto tutto. Ma prima di questo c’è anche il classico dei classici: un poliziotto di colore che via telecamera di sicurezza dice alla sua morosa (di mestiere: controllatrice di telecamere di sicurezza) “Ti devo dire una cosa ma te la dico dopo” “No dai dimmela adesso” “No te la dico dopo”.
La Causa: tre punk drogati hanno rubato delle cose e stanno scappando in auto dalla polizia. Essendo drogati, e pure punk, guidano un po’ a casaccio e fortissimo, e infilano il tunnel di gran carriera. Poi non si capisce bene perché ma una punk drogata si china sotto l’altro punk drogato che sta guidando (sono quasi sicuro che non è per fargli un pompino, sarebbe stato un momento davvero strano) e gli fa involontariamente pestare sull’acceleratore a tavoletta: l’auto sbanda, si impenna, vola e va a sbattere contro – indovinereste la sfiga? – una jeep militare che stava trasportando barili su barili di cose esplosive. PIM!
Il Pazzo che predica al Vento: nessuno predica al vento, ma il pazzo è Stallone. Fisso. Per dire: lui non è tra quelli intrappolati nel tunnel. Lui vede tutto da fuori, e invece che dire “Mmm, mi sa che faccio la retro” esce dall’auto e comincia a salvare persone a destra e a manca senza guardare prima ancora di chiedersi cos’è successo. Una cosa incredibile. Poi si prende su ed entra. Così, senza motivo. E inizia a salvare persone a raffica. Salva più persone nei primi cinque minuti qui che in tutto il finale di Rambo 2. E non è nemmeno un pompiere! E ha soltanto iniziato. A dirla tutta prova persino a predicare al vento, ma essendo Stallone non ci vuole molto prima che gli diano tutti retta senza fiatare. Solo a metà film comunque si scopre che in realtà è un ex paramedico specializzato in tunnel che uniscono New York al New Jersey, che una volta ha sbagliato a prevedere le cose e per colpa sua sono morte delle persone per cui ora di mestiere fa il tassista coi sensi di colpa.
Il Cattivo: cattivi non ce n’è, ma c’è un altissimo numero di cagacazzo. C’è il galeotto che dice “COMANDO IO!”, c’è il padre di famiglia che non si fida di nessuno ma da solo non fa nulla, ci sono svariate reazioni isteriche ben distribuite nei momenti di stanca, c’è la sindachessa donna che pensa prima al traffico esattamente come farebbe un sindaco uomo (e qui credo ci sia una velata critica sociale)…. varie ed eventuali.
Il Piano di Salvataggio: si provano svariate cose. Innanzitutto fra gli incastrati c’è Viggo Mortensen che è tipo un fantomatico famosissimo Messner di sticazzi con tanto di spot che vanno al Superbowl, che dice “FACCIO IO” e inizia ad arrampicarsi in posti a caso sperando di trovare un buco, ma gli crolla subito tutto in testa. Poi dovrebbe andare dentro il capo dei paramedici, i quali non sono eroici quanto i pompieri, e nemmeno americani quanto i pompieri, e infatti il suddetto capo è interpretato da Dan Hedaya che è quello che faceva il malvagio Arius in Commando. E insomma, nell’atteggiamento tipico di un non-pompiere non-americano Dan accampa scuse meschine e manda Stallone. Una volta giù, Sly fa esplodere cose a caso finché non trova l’uscita.
Si informa il Popolo: questo aspetto viene completamente ignorato.
La Tragedia unisce: c’è una scena bellissima in cui George il poliziotto di colore finisce sotto un’auto ribaltata e tutti, ma proprio tutti, si adoperano per sollevarla e salvarlo. È una cosa da veri americani. In Canada mica sarebbe successo. Scommetto che in Canada almeno una persona o due sarebbe rimasta a guardare dicendo “secondo me sono in abbastanza, se andassi anch’io intralcerei”. Nel film poi c’è anche Sage Stallone, figlio di Sly, che fa anch’esso il galeotto, ma suo padre sembra non riconoscerlo. È come se avessero litigato forte perché mentre il padre salvava persone facendo il paramedico non aveva tempo di degnare la famiglia della dovuta attenzione per cui suo figlio è cresciuto ribelle ed è finito in galera. Poi anche Sly ha fatto il suo marone ed è finito fallito, per cui ora hanno questo rapporto in cui il padre è deluso dal figlio, ma anche il figlio è deluso dal padre ed entrambi lo sanno, non hanno la forza per risolvere le loro divergenze ma nemmeno quella di infierire l’uno sull’altro. È effettivamente la cosa più inaspettatamente elegante del film, tutta giocata di raffinati silenzi e implicazioni, ed è un conflitto che rimane atipicamente irrisolto. O può anche essere semplicemente che interpretano due personaggi diversi non imparentati nonostante siano padre e figlio nella vita.
L’Estremo Sacrificio: Sly compie un atto suicida almeno ogni dieci minuti, ma se la cava sempre. L’unico a morire è Viggo Mortensen dopo nemmeno 7 minuti sullo schermo, e il poliziotto George perché alla fine, per quanto l’abbiano tirato tutti fuori da sotto l’auto, la botta non è stata indifferente.
Happy Ending: sapevate dov’era l’uscita? Dietro un enorme crocefisso. Come poteva essere altrimenti? Sly & Jesus: la salvezza è in cassaforte.
Cosa resterà: l’esplosione principale non è mica da ridere. Poi mi piace anche ricordare una comparsata del regista Rob Cohen col toupée. In generale è comunque un ottimo prodottino che dopo tutti questi anni riesce ancora ad intrattenere con un ritmo bello alto, che per il genere non è affatto una cosa da poco.
Joe the Plumber (livello cafonaggine): 8/10. C’è Sylvester Stallone. Non serve altro.
In ogni caso il film si chiude con un’inquadratura sulle torri gemelle del World Trade Center, e questo ci porta dritti al prossimo film:
WORLD TRADE CENTER, OLIVER STONE, 2006
La Catastrofe: ricordate le torri gemelle nell’ultima inquadratura del film precedente? Come no??? Ma se ve ne ho scritto una riga fa, proprio sopra la foto! Va beh: qui il centro della vicenda sono loro. Un po’ come quando alla fine di Batman Begins al nostro eroe veniva mandata una loschissima carta da gioco senza troppe spiegazioni et voilà, nel Cavaliere Oscuro il cattivo era Joker. Qui il cast ahimè cambia in blocco, ma non ci si può lamentare più di tanto di Nicolas Cage poliziotto al posto di Sly paramedico. Peccato solo che non ci venga raccontato che fine ha fatto Sly, se si è fidanzato con la scrittrice isterica che si era salvata con lui, da che parte del fiume sono andati ad abitare, se è stato reintegrato nei paramedici o fa ancora il tassista, e in quest’ultimo caso se ha provato di nuovo a fare il cantante country… Comunque: al posto dell’auto guidata da drogati che si schianta e fa crollare il tunnel, abbiamo due aerei guidati da terroristi che si schiantano e fanno crollare le torri del World Trade Center. Il ché sembra assurdo, ma è basato su una storia vera accaduta l’11 settembre 2001. Probabilmente ne avete sentito parlare.
Gli Indizi che le cose non stanno andando bene: Oliver Stone, per massimizzare l’effetto shock, ci dipinge la mattina dell’11 settembre come la più standard e insospettabile dell’universo. Uno dei poliziotti litiga con la morosa incinta su che nome dare alla figlia, ma non è che dice “ne parliamo stasera” o cose portasfiga simili. Per quanto riguarda i fatti realmente accaduti invece, e giuro che questa non è una gag, ricordo ancora un’intervista che lessi su un giornale (cartaceo purtroppo, niente link) a un istruttore di volo che diceva che alcuni mesi prima si erano iscritti al suo corso alcuni aspiranti piloti mediorientali che si erano mostrati sospettosamente disinteressati alla fase di atterraggio.
La Causa: Oliver Stone se ne disinteressa bellamente, per cui questo è il punto in cui vi invito a farvi un giro su Wikipedia.
Il Pazzo che predica al Vento: nessuno predica al vento, ma il pazzo è Michael Shannon. Fisso. Per dire: lui non è tra quelli intrappolati nelle torri. Lui vede tutto da fuori, e invece che dire “Mmm, mi sa che rimango dove sono” esce di casa, passa dal barbiere a tosarsi, si veste da G.I. Joe e poi parte per New York a dare una mano. Ma infondo chi, al mondo, è più pazzo di Michael Shannon? È una bella gara, ammettetelo.
Il Cattivo: Bin Laden. Ma non viene inquadrato e nemmeno nominato. In questo film ci sono solo i buoni. Non c’è nemmeno un cagacazzo, anche se i pignoli metterebbero a verbale un mocciosetto che reagisce in maniera poco delicata alla scomparsa del padre.
Il Piano di Salvataggio: al momento dell’impatto degli aerei contro le torri il piano è l’evacuazione totale. È in quel momento che Nic e alcuni suoi uomini entrano a dare man forte, facendosi però cogliere di sorpresa dal crollo e rimanendo incastrati sotto le macerie. A quel punto, per quelli fuori, il piano è scavare fino ad esaurimento energie.
Si informa il Popolo: un montaggio ci mostra persone di tutto il mondo di fronte alle immagini dei rispettivi telegiornali.
La Tragedia unisce: queste parole racchiudono praticamente il senso di tutto il film. Mancano i cattivi e mancano i cagacazzo perché ciò che interessa a Oliver Stone fondamentalmente è dimostrare il cosiddetto Teorema di Ozymandias. Ecco quindi che si seppelliscono gli screzi e ci si sostiene tutti a vicenda, ma soprattutto che diversi volontari – non solo Michael “Crazy” Shannon – giungono da ogni parte d’America per dare una mano alle forze locali.
L’Estremo Sacrificio: ovviamente nel fatto reale se ne contano a migliaia, ma il film lascia tutto fuori quadro. Sono quattro i poliziotti che vediamo entrare nelle torri, ma dopo il crollo seguiamo solo John McLoughlin (Nic Cage) e Will Jimeno (Michael Peña), ritrovatisi ancora vivi incastrati a poca distanza l’uno dall’altro. Gli altri sono dati per scontati come deceduti.
Happy Ending: Crazy Shannon è il primo a sentire le urla dei nostri protagonisti, i quali vengono tratti in salvo uno alla volta. Appena in tempo, perché Jimeno stava già iniziando ad avere visioni di Gesù che gli porge una bottiglia d’acqua.
Cosa resterà: alla fine della faccenda World Trade Center è un costosissimo instant-movie, e in quanto tale il problema non è tanto il fatto che lascia il tempo che trova – dopotutto delle ripercussioni di quell’11 settembre risentiamo ancora oggi – quanto piuttosto che soffre di eccessiva timidezza, cosa che all’epoca dell’uscita fece tirare grossissimi sospiri di sollievo ma che oggi ridimensiona il tutto a un lussuoso film dossier da mercoledì pomeriggio che non dice nulla di particolarmente rilevante. L’unica cosa che salta all’occhio quindi è Nic Cage, insospettabilmente più che capace di nascondersi anche dietro ai panni di un uomo che, coraggio a parte, più medio non si può.
Joe the Plumber (livello cafonaggine): 8/10. Oliver Stone fa di tutto per trattenersi e dirigere in modo più sobrio del solito, ma rimane pur sempre Oliver Stone, e come tale scrive tutti i suoi messaggi in stampatello maiuscolo con i pennarelli Jumbo e li indica insistentemente col dito fissandoti severo. La relativa poca distanza temporale dai fatti lo costringe inoltre a un buonismo fuori dal normale che di certo non aiuta. Meglio Daylight, fisso.
Tra i due voto Daylight. Perché il tunnel fu ricostruito a Cinecittà, perché adoro le scene in cui bisogna passare attraverso un condotto protetto da un ventilatore gigante e perché non ho mai visto WTC.
Premetto di non aver visto nessuno dei due, e che Nanni non m’ha fatto venire tutta ‘sta voglia. :-)
Però “Daylight”, tra apocalissi causate da teppisti drogati (e penso pure comunisti), Sly che fa’ l’uomo della strada col cipiglio triste e crocifissi buttati lì, sembra cucito dal sarto per starmi sulle balle.
Nel cast di “Daylight” (fonte: IMDB) segnalo la presenza di Claire Bloom, in una vita precedente raffinatissima interprete shakespeariana.
Quanto all’altro film, beh, si sa che Oliver Stone è l’equivalente americano di Claude Sautet, ca vans sa dire.
La definizione di Oliver Stone come regista coi pennarelli Jumbo ve la rubo, è calzantissima :)
daylight tutta la vita…anche se non è granche…
WTC è lammerda