Cominciamo col dire che i film interessanti per i nostri lettori che ho visto a Venezia sono finiti. Non altrettanto i film interessanti tout court: potrei stare qui ore a contarvela su sul grandissimo Faust visionario che ha vinto il Leone, su Shame con tantissimi genitali in aria, su A Dangerous Method con classe assoluta, su Hail che racconta due personaggi verissimi, su Wuthering Heights con gli inglesotti lerci, e invece niente. Perchè? Perchè non c’è sangue, o non abbastanza per queste pagine. Ma vi assicuro che è tutto grande cinema. A proposito di grande cinema, una sera al ristorante c’erano Rocco Siffredi e Massimo Boldi che cenavano e parlavano, quindi mi sa che ve li beccate insieme nel prossimo cinepanettone. Amen.
Sangue anemico: Tinker Tailor Soldier Spy di Tomas Alfredson
In italiano gli hanno dato lo stesso titolo di un reality show che non voglio nominare, il che la dice lunga sul’interesse che deve avere destato fin dall’inizio. Certo, dal regista di Let The Right One In ci si aspettava un’altra storia torbida, sanguinolenta, angosciante, e invece lui ci ha presi tutti in contropiede con questa spy story presa dal re dei paperback col titolo scritto in oro John Le Carré e dall’omonimo serial trasmesso qui in UK una trentina di anni fa. Che io non ho visto e non accetto rimostranze.
Gary Oldman è grandissimo, trasuda inglesità, è la tipica spia che passa inosservata e riesce a fare il suo lavoro pulito pulito senza intoppi. I suoi colleghi non sono da meno, sia quando ad efferatezza sia quanto a faccette grottesche – sì, anche tu Colin, smettila di frignare e metti giù quell’Oscar altrimenti spoilero cosa ti succede alla fine – e ad understatement. Ma fra loro c’è un doppiogiochista, e Gary Oldman deve capire chi è.
Ora, in un film così la suspence è tutto o quasi. E io non ne ho sentita per niente, my humblest apologies. Ero troppo distratta a notare che Oldman in questo film somiglia ad Andreotti molto più di Toni Servillo ne Il Divo, gli manca solo la gobba!, o a notare che una certa scena l’hanno girata vicino al mio quartiere, o che uno degli attori è uno che conosco e cazzate così. Insomma del film non è riuscito a fregarmi una cippa, mai.
Ad un certo punto esplode una testa; ad un altro punto una gola viene squarciata e le mosche ci fanno un banchetto. Ecco, spalmate quel sangue sulle due ore di film, magari è sufficiente; se poi trovate altri motivi di interesse venite a dirmeli, mi fido.
DVD Quote: “Andreotti in London Town”
Sang… sa… cosa? The Sword Identity di Xu Haofeng
Su questa accozzaglia di minchiate spendo due parole giusto perché è un wuxiapian e lo so che a voi questa roba piace. Oh, di solito piaciucchia anche a me, mi diverto quando c’è gente che si mutila a suon di spadate e arti marziali. Dopotutto un wuxia è questo, giusto? No, dice Xu; “nel mio film non succede un cazzo perché le arti marziali in origine erano solo un trucchetto teatrale, non sono nate per far del male alla gente”, dice davvero Xu in conferenza stampa. E io ripenso ai lividi e alle mazzate che mi sono presa quando facevo Ju Jitsu, metto insieme quelle due cosucce che so sulle arti marziali e mi sorge il sospetto che questo Xu ci stia coglionando tutti.
Per cui assistiamo a questo tizio che vuole creare una nuova scuola di Kung Fu in un paesello sperduto in Cina, ma per farlo deve sconfiggere i campioni delle scuole in carica. Per qualche ragione finisce su una casa galleggiante dove una avvenente ballerina tenta invano di destare la sua virilità, viene scambiato per un pirata giapponese, tutti tentano di ammazzarlo senza peraltro salire sulla piattaforma galleggiante perchè non sarebbe abbastanza figo. Aggiungiamo uno squadrone di soldati ciccioni che dovrebbero far ridere tre ballerine sceme che ridacchiano tutto il tempo, un po’ di capi militari e una tipa altissima innamorata di uno. E basta.
No, dico, basta. Proprio basta. Mai che venga menato un fendente! Mai un goccino di sangue, mai un cadavere ma neppure un ferito! E’ tutto un rimembrare l’antico pensiero del maestro di sticazzi, preposizioni ipotetiche su come ammazzare il tipo sulla casa galleggiante, “io farei così”, “io cosà” e poi nessuno lo ammazza più. Uno spettacolo frustrante con l’aria di chi sta rivoluzionando il genere. Ecco, ora ve l’ho detto così vi risparmiate anche la fatica di cercarlo in giro. Il giro in gondola è finito, siori e siore! All’anno prossimo!
DVD Quote: “Poteva chiamarsi La Fine Della Violenza”
rocco siffredi sarà a tutti gli effetti nel nuovo di Boldi.
lui e quello youtubers per il quale le ragazzine sbrodano saliva a fiotti che si fa chiamare Willwoosh.
che diciamocelo: non è un attore, è un cane.
ma del resto i cinepanettoni non sono film, quindi..
comunque credo che, appreso questo, la mancanza di sangue a Venezia sia la cosa meno peggio.
Quando leggo Faust mi torna sempre in mente quel film di merda di Brian Yuzna con quel demone che aveva le lame tipo wolverine.
Si lo so non c’entra ma almeno in quell’occasione il sangue era parecchio, scrauso ma parecchio.
Ok manca il sangue, ma Figa e Demonio dovrebbero bastare a far entrare il Faust e Sokourov nel Club.
Bravo Kurosawa! Senonché questo Faust è davvero molto autoriale, lunghissimo, un valzer lento e frenetico al tempo stesso, frenetico quando c’è in giro il demonio e lento quando c’è in giro la figa. Io ti direi di andare a vederlo, ma poi capirai perché non ha posto qui… che dire, speriamo nella lungimiranza dei critici “normali”, che non scrivano cazzate.
e Kotoko?
@staybrudal: uffa, sei già il secondo che mi chiede di Kotoko. L’HO PERSO, ecco, e mi sento una merda ogni volta che ci penso. Chiederò a zio Shinya di farmi avere uno screener…
peccato io l’ho visto (veramente bello) e mi sarebbe piaciuto leggerne qualcosa qua sui 400 calci.
comunque complimenti lo stesso per le recensioni soprattutto Killer joe