La Berlinale non è tradizionalmente un festival che fa al caso nostro. Molti autorini e autoroni, molti VIPsss, molta intelligenza vera e/o presunta, poche pizze, poco sangue e poche ‘splosioni. Però quelle volte che capita ci facciamo trovare pronti. A questo turno la dritta era la presenza del maestro Tsui Hark, un uomo che ha lanciato la carriera di Jet Li facendogli interpretare un monaco leggendario in una saga indimenticabile, e ha tentato di affondare quella di Van Damme affiancandolo prima a Dennis Rodman e poi a Rob Schneider in due esilaranti tamarrate. Lo intervista per noi il prode inviato delle grandi occasioni Jackie Lang.
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Alla Berlinale si possono portare le birre in sala, dunque io mi porto la birra in sala.
In un festival in cui si piange molto, ci si strugge molto ma si mena poco, l’arrivo del wuxia di Tsui Hark (The Flying Swords of Dragon Gate) necessitava la celebrazione a mezzo alcolico. E poi un film di spade che volano in 3D se lo allunghi con l’alcol a stomaco vuoto (alle 4 del pomeriggio) non può che giovarne.
Presa la Berliner 0,66cl al baretto fuori dalla sala 7 del multisala Cinemaxx, dove fanno le proiezioni del Festival di Berlino, entro in sala.
Prima dell’inizio del film è andata via metà bottiglia, così quando si parte, dopo i mille loghi delle case di produzione, i titoli di testa, la carrellata a volo d’uccello su tutto il porto (in CG) e la prima sequenza in cui Jet Li le suona di santa ragione (perchè quando compare sullo schermo Jet Li ha sempre ragione) a qualcuno, che ancora non sappiamo chi sia ma ha proprio la faccia di quello che le prende da Jet Li, già non sono più lucido. Tant’è che tutto il pubblico tranne me si è accorto che il film è sottotitolato in tedesco e non in inglese. Panico, ressa, proteste e insulti vari. Dopo 20 minuti rimediano e parte il film in inglese, ma senza ricominciare da capo.
Dunque quello che so è che Jet Li le suona ad un po’ di gente, dopodichè altri in altri posti si dicono delle cose e poi il film è iniziato veramente.
Questa lucida critica del film arriva assieme ad un po’ di battute scambiate il giorno dopo (non si sa bene perchè a colazione) con Tsui Hark stesso (il quale ha scelto patate, funghi, salame e insalatina per cominciare la sua giornata e io, per non far sfigurare I 400 Calci, ho optato per salsicce, bacon e uova strapazzate).
Onorato di parlare a I 400 Calci, il regista ha confermato prima di tutto il sentore che anche un uomo poco lucido e non pratico di tedesco poteva avere dall’inizio del film: come sempre non si capisce una mazza della trama.
“In oriente io e i miei colleghi hongkonghesi che lavorano a film simili ai miei abbiamo il problema della durata, è un problema serio. Facciamo fatica a stare sotto le due/tre ore, tant’è che quando ci incontriamo ci chiediamo sempre: “Hai finito il film? Quanto dura?” e la risposta è sempre “Tre ore”, poi si cerchiamo di ridurlo con il montaggio”.
E si vede. Ma tanto chi si cura della trama quando puoi vedere un po’ di rissa vecchio stile (asiatico)?
La storia riprende Dragon Gate Inn e New Dragon Gate Inn, due vecchi wuxia che Tsui Hark ha fuso insieme, per rinarrare il racconto di un gruppo ampio di persone che si ritrovano in una locanda in mezzo al deserto, alcuni si danno la caccia vicendevolmente, alcuni sono predoni, altri tiranni, altri ancora cercano una città d’oro perduta che verrà scoperta dalla gigantesca tempesta di sabbia che è di lì ad abbattersi (e dentro la quale Jet Li malmenerà la sua nemesi).
Tutto questo condito come sempre da svelamenti, doppi giochi, travestimenti e via dicendo, quelle cose che già non stai capendo nulla e loro passano ad un livello più difficile di incasinamento.
The Flying Swords of Dragon Gate è anche in 3D, la prima produzione tridimensionale seria a venire dalla Cina, dunque il caro Tsui Hark ci ha messo dentro tutte le idee che si era tenuto da parte negli ultimi 10 anni e, contrariamente agli americani, ha girato un film in cui ogni frame gioca con la tridimensionalità e mette gli oggetti in prospettiva, così per dare una dimensione alla terza dimensione.
“Solitamente cerco di scappare da quello che ho già fatto ma poi so che non posso fare a meno di essere me stesso e qualsiasi cosa farò comunque somiglierà alle cose che ho già fatto”.
Però stavolta con il 3D è stato costretto a fare cose diverse
“Solitamente creiamo il ritmo dell’azione con il montaggio, per questo film invece l’abbiamo dovuto evitare perchè con il 3D una cosa simile farebbe male al cervello, ti fa venire le vertigini. Al cinema in 3D serve un momento di transizione per il cambio di fuoco o profondità, non deve essere subitaneo. Abbiamo allora individuato dei key frame che operassero la transizione. Ci vogliono 1 o 2 secondi almeno per farlo senza che dia fastidio al pubblico.
Anche i coreografi dovevano sapere che se arriva un pugno e ci vuole un primo piano, questo deve rimanere inquadrato almeno 3 o 4 secondi, che è tantissimo. Ognuno doveva pensare a come fare per poter mantenere quel primo piano così a lungo”.
Il risultato è che non si avverte un rallentamento e si gode per i pugnali-boomerang, per la spada che lancia i suoi pezzi nello scontro e per tutte quelle soluzioni da Tsui Hark (che solitamente prevedono il massimo del dinamismo nel minimo spazio).
E’ vero che la davano per spacciato alle prese con il 3D?
“E’ stata una missione senza ritorno. Dicevano che non avremmo potuto realizzare un buon 3D perchè non avevamo esperienza ma io ho voluto provarlo almeno una volta, ho voluto fare l’azzardo e quando vuoi fare qualcosa devi trovare un modo per farlo. Se avessimo fallito era finita con il 3D.
Abbiamo dovuto imparare tutto in un periodo molto rapido. Cameron ha fatto Avatar con 8 anni di esperienza, noi abbiamo lavorato in 6 mesi. Il primo giorno tutti avevano le mani nei capelli e si lamentavano ma alla fine della produzione piangevano perchè gli mancava il set”.
Esaurita la pratica 3D tiro fuori il fogliettino di carta ingiallita e sporca di sangue su cui il capo supremo Nanni Cobretti mi ha fatto pervenire le domande da porre e comincio l’intervista seria.
A I 400 calci ricordiamo tutti le sue avventure hollywoodiane con Van Damme, in un periodo (pre-Matrix) in cui l’America non era ancora entrata in fissa con il wuxia e quell’idea di combattimento…
“Fu una cosa strana, vedi nei primi anni ‘80 io e altre persone come me avemmo la possibilità di fare film per l’industria dando vita a quella che fu chiamata Hong Kong New Wave. Cosa volesse dire ce lo chiedemmo a lungo senza mai trovare risposta, perchè quella new wave non aveva una base teorica dietro. Facevamo film di genere e anche wuxia, un genere prima considerato popolare. A me tuttavia piacevano molto lo stesso fin da piccolo, volevo esplorare quel genere per portarlo anche al pubblico delle famiglie, ed era qualcosa a cui tenevo molto, perchè ritengo che la cultura wuxia parli in maniera importante del romanticisimo e della storia del popolo cinese.
Quindi mi sorprese che questo tipo di materiale fosse amato anche fuori dall’Asia, ci sorprese a tutti”.
Cosa ne pensa dei wuxia fatti da Ang Lee o Zhang Yimou?
“Sai ad un certo punto il wuxia diventò richiesto dagli spettatori, per questo ogni regista voleva provare a farne uno, e allo stesso tempo, visto che il pubblico si abituava a questi film e a questo stile, anche i produttori occidentali chiamavano registi attori e coreografi cinesi ad andare in America. Quando successe fummo ancora più sorpresi. Tantissimo davvero.
Ma il wuxia non dipende da chi lo “disegna”. Ad oggi abbiamo 5 buoni coreografi Yuen Woo-Ping, Sammo Hung, Jackie Chan ecc. ecc. Tutti convolti in produzioni hollywoodiane eppure io credo che i contenuti o il design del wuxia non dipendano da queste persone, quanto dalla tradizione antica. Da noi il kung fu non è combattimento ma medicina, psicologia, filosofia e poi combattimento. E’ un modo di conoscere il corpo e fortificarlo che ha tante declinazioni, per esempio la parte medica prevede lo studio del corpo umano per curarlo attraverso la fortificazione. Tutto questo è nella storia del wuxia, per questo non possiamo appoggiarci a chi fa oggi i film wuxia ma dobbiamo tornare indietro e studiare la sostanza dei nostra tradizione”.
Sono passati 20 anni dal vostro primo incontro e lui ormai ha 50 anni. La verità: Jet Li le dà come prima?
“Abbiamo bisogno di volti nuovi. Jet Li è un mito dell’industria e io voglio che lui sia sempre al suo livello, per fare questo però bisogna caricarlo sempre meno di pressione o scene complesse, perchè deve essere alla propria altezza. Non è quello che era una volta ma è comunque un personaggio potente.
E poi non va dimenticato che nel wuxia non si combatte con la rabbia selvaggia del cinema occidentale ma con la grazia dei ballerini. Non ci sono movimenti crudi e violenti ma armonici”.
Lei però ha fatto film anche con il molto poco aggraziato Van Damme…
“Van Damme e Jet Li fanno arti marziali diverse. Il primo fa Jeet Kune Do [sic*] credo, più che altro dà calci e pugni, mentre Jet Li è il campione di arti marziali della Cina da quando aveva 11 anni, è una persona davvero agile e veloce e si presenta sempre in maniera elegante, mentre Van Damme è più muscoloso. L’unica similarità tra i due è dovuta al fatto che Van Damme è stato influenzato da tanto cinema orientale. Una volta mi raccontò che voleva diventare parte del cinema asiatico, andò da Jackie Chan per fare un provino ma gli andò male, Jackie non vide possibilità in lui. Così ripiegò su Hollywood”.
…e anche film con l’ancor meno aggraziato Denis Rodman
“Devi considerare che Rodman veniva dal basket per cui usava il suo corpo in una maniera diversa, i suoi movimenti per saltare ad esempio non erano quelli che mi aspettavo.
Si dannò l’anima per poter fare quel che era necessario senza tutto l’allenamento che avrebbe richiesto. Alla fine abbiamo fatto il massimo che si poteva fare viste le condizioni”.
E’ vero che a proposito di quel film disse che era più facile dirigere Dennis Rodman che le tigri perchè alla fine dopo 2-3 spiegazioni Rodman le cose le capisce…
(ride ma non risponde)
* è abbastanza chiaro che Van Damme ha fatto al massimo Tae Kwon Do, ma Tsui pronuncia distintamente una G, per cui o si è confuso o pronuncia T e G in modo acrobaticamente simile…
Nanni Cobretti gioca a ‘splosion man?
C’ha i suoi anni ma sicuro, coi wuxia Jet Li prende a calci ancora chiunque come fosse un pupo! E ora torno a studiare il corpo umano, con i pugni uattà!
“Ad oggi abbiamo 5 buoni coreografi Yuen Woo-Ping, Sammo Hung, Jackie Chan ecc. ecc.”
chi sono gli altri due? chi sono? CHI?
@gigos: se e’ una cosa che esiste davvero non so cos’e’…
@jean pieri: io butto li’ almeno un Corey Yuen
Ah, mi aveva tratto in inganno la parola ‘splosioni scritta con l’apostrofo… Ma è una cosa che in inglese si dice? Io credevo che fosse un neologismo inventato da questo videogioco
http://upload.wikimedia.org/wikipedia/en/2/22/Splosion_Man.jpg
Ma non glielo diciamo grazie a JACKIE LANG? Grazie, LANG. Figata.
Tsui Hark è Dio! Gli capita che debbano ricordarglielo ma lui lo è. The Blade è il più grande wuxia di sempre, insieme a A Touch of Zen
Se lo intervistava Pulsatilla qui eravamo già a 7000 commenti
E’ un piacere servire I 400 Calci.
Vuoi sottilmente insinuare che tira più un post di Pulsatilla che un carro con sopra Jet Li e Tsui Hark?
Intervista della madonna. Complimenti davvero Jackie Lang. Uno dei migliori pezzi dei 400k ever.
Ma jet Li non aveva dato l’addio al cinema action?
Grazie a Dio ci ha ripensato.
Forse il magico duo riuscirà a farmi tornare a vedere un 3d.
Sempre che esca in Italia…
Complimenti per il pezzo
Ringraziamo il sommo Jackie! ho un vago sospetto sulla sua identità terrena, ma, dopo aver incrociato lo sguardo con Tsui Hark è definitivamente una semidivinità
Prodotto e diretto da Tsui Ark ho visto purtroppo pochissimo! I primi due “A better tomorrow” e “Storia di fantasmi cinesi” che mi sono piaciuti. Soprattutto SDFC! ^^
Devo vedere di più tipo “The blade”.