Madison County è un altro slasher tra i boschi con redneck tutti cattivi che quando parlano si capiscono solo tra di loro, un assassino psicopatico in libertà ed un gruppo di studenti con funzione carne da macello; ha la solita premessa, il solito sviluppo, la solita consapevolezza di essere un film già visto, già fatto, già criticato. È facile e logico pensare che, con una presentazione del genere e un trailer dalle idee piuttosto chiare, i problemi siano proprio questi e che una volta presa la decisione di affrontarne la visione l’aspettativa non dovrebbe andare oltre lo “spero sia divertente, spero muoia della gente, spero lo faccia male”. Non voglio scrivervi una recensione negativa dicendovi che Madison County è un film del cazzo perché noioso e non originale, sarebbe come dire “quella maglietta è brutta perché è viola” quando è ovvio e imprescindibile che le magliette viola facciano cagare a giravolta sempre e comunque; se poi siete dei lettori e spettatori attenti saprete anche che si possono girare film più che dignitosi omaggiando certe storie e certe atmosfere anche senza avere alcuna idea originale, basta essere in grado di elaborare quelle di altri e di utilizzarle nel migliore dei modi; è un discorso che già vi ho fatto un paio di volte, con un esempio negativo ed uno positivo, e su cui non voglio aggiungere altro. Dicevo: non voglio buttarvi lì riflessioni rasenti il lapalissiano, voglio scrivervi una recensione negativa dicendovi che il problema del film in questione non è il suo approccio al genere, ma il genere stesso.
Sarò sincero: è una sensazione nuova. Vi è mai capito di finire un film e pensare “questo ha sbagliato genere”? A me no, o almeno non in questo modo. La sensazione è che tra tutti i generi possibili Eric England, regista e sceneggiatore esordiente, abbia scelto proprio quello meno in grado di gestire. Il punto è che il suo essere in grado di girare un film è evidente, ha un grande senso dell’inquadratura e del montaggio, ha diretto degli attori con poca esperienza alle spalle senza mai farli andare sopra le righe ricavandone delle interpretazioni assolutamente convincenti e nonostante il limitato budget di 75.000 dollari ha attenuto un risultato dall’aspetto professionale che non ha nulla a che vedere con certe produzioni indipendenti identificabili come tali dalla prima inquadratura. Aggiungeteci una fotografia un po’ desaturata per dare un sensazione leggermente vintage e un’evidente cura dell’audio ed il pacchetto è pronto. Saper girare film però non vuol dire saper girare dei bei film ed aver girato un film esteticamente convincente non vuol dire aver girato un film narrativamente convincente: England non ha infatti alcuna idea di come si scriva uno slasher e di come i suoi tempi vadano gestiti.
Orologio alla mano ci voglio 45 minuti prima che l’assassino si palesi ed uccida qualcuno. 45 minuti. Trovo moralmente inaccettabile che in uno slasher venduto come tale non muoia nessuno per 45 minuti, ma ne si può comprendere il senso: a detta dello stesso regista (che ha un blog dove si lamenta di quelli che gli dicono che ha fatto un film banale e scontato e da dove si evince che oltre al senso narrativo gli manca pur del senso in generale o non si spiegherebbero le foto di cani sotto la didascalia “sono tutto orecchi”) l’intento era quello di raccontare la storia lentamente, dando ai personaggi il tempo di presentarsi e di sviluppare i propri archi narrativi come si faceva una volta, ispirandosi anche al lavoro di Ti West in The House of the Devil (ma Ti West, a differenza sua, non ha mai definito i suoi film come “di genere”). L’intento è apprezzabile e condivisibile, nulla da dire, ma se si vuole raccontare una storia slasher mettendo i personaggi in primo piano bisogna stare attenti a non dimenticarsi del dettaglio “slasher” o tutta l’intenzione è vanificata. Bisogna saper unire le parti e bilanciarle dando sì più spazio ad una ma senza dare l’impressione di toglierne all’altra. England sbaglia esattamente in questo e, non riuscendo a gestire omogeneamente i due lati della storia, ha optato per la soluzione apparentemente più facile dividendo il film in due parti: la noiosa prima parte di 45 minuti dedicata alla presentazione dei personaggi e l’affrettata e mal raccontata seconda parte dedicata al killer con la testa da porco dove tutto finisce senza essere spiegato e senza che a questi personaggi cui il regista ha prestato tanta attenzione nel presentarci sia data una degna conclusione (personaggi scritti abbastanza bene, sì, ma scritti abbastanza bene e basta, in generale, senza essere funzionali al contesto, e pensandoci bene è quasi ovvio: è impossibile costruire una storia intorno a dei personaggi se poi questa, essendo di matrice cinematografica precisa, è incastrata in sviluppi obbligati dal genere e dall’idea di genere che il regista si è fatto. Molto più semplicemente: si possono costruire personaggi intorno ad una storia già decisa ma non viceversa).
Esame di Coerenza 101: bocciato.
Dal punto di vista prettamente slasher è molto deludente: i morti sono quattro ma solo quello con mazza da baseball spezzata e incastrata in gola è degno di nota, ma non così tanto. I dettagli grafici sono minimi, con solo qualche breve flash sulle armi che colpiscono i corpi senza mai mostrare le ferite effettive, ma immagino che in questo caso c’entrino più i problemi di budget che di capacità narrativa del regista. C’è un momento, molto breve, dove l’assassino lancia un’ascia contro una tizia in mezzo al bosco, colpendola alla schiena: è molto veloce ma girata da dio, con precisione e tempi perfetti, ed è la conferma che England con la regia ci sa proprio fare, anche con quella action, e che dovrebbe smetterla di fare l’intellettualoide come piace a West e lasciarsi andare, scrivendo una storia sua senza troppe limitazioni o, meglio, girando la storia di qualcun altro. Le velleità autoriali sono belle ma fottono il cervello (se si è convinti di scrivere bene e si è abbastanza orgogliosi non ci sarà mai verso di capire il contrario e, leggendo il suo blog, il suo mi sembra un perfetto esempio)* e benché scriversi una sceneggiatura e girarsela sia molto soddisfacente non è facile e non tutti se lo possono permettere, ed è bene ricordarsi che per essere dei grandi registi non è necessario essere dei grandi sceneggiatori. David Fincher non si è mai scritto un film e David Fincher è uno dei più grandi registi viventi. Giusto per spararne uno.
DVD-Quote suggerita:
“Clinicamente, un grave caso di sdoppiamento filmico della personalità. Praticamente, un film del cazzo.”
Jean-Calude Van Gogh, i400calci.com
* I registi con i blog sono il male. I registi che parlano di se stessi sui blog sono ancora più male. La difesa a spada tratta delle proprie produzioni può essere condivisibile fino ad un certo punto, dopo quello è solo un gran spompinarsi da soli. Non c’è bisogno che vi venga a dire io che il giudizio dell’artista sulla propria arte non ha alcuna cazzo di rilevanza, figuriamoci l’autodifesa basata sull’assunto che il proprio prodotto sia una figata.
io volevo anche farmi del male e vedermelo, ma i subbi “traduci-bifolco” non si trovano…
In questo momento ho indosso una maglietta viola.
Come, nessun gioco di parole tipo, chessò, “facciamo i CONTI con Madison County” o “tagliate i ponti con M.C.”?
@gigos: non so di cosa stai parlando, non conosco nessun film con Clint Eastwood che piange
Per forza, a Clint al massimo sudano gli occhi.
Ho deciso che sarebbe stato moralmente inaccettabile anche quello.
oh Gian Claudio, questo sfigato di England lo hai proprio distrutto.
Altro che autopompini :p
Ora gli scrivo un mail e gli dico di smetterla di scrivere o continuerà a fare film da sfigato, tanto ho già litigato con Adam Green (storia vera), sono preparato.