“The new Clockwork Orange… phenomenal”
Cleaver Patterson, Starburst
Intanto Ridge lascia Beautiful e siamo molto tristi, poi no. La dvd quote che fronteggia in lettere capitali ogni poster e copertina di Piggy è questa. Il nuovo Arancia Meccanica. No. Partendo dal presupposto che no, il nuovo Arancia Meccanica non lo è, ché in comune i due non hanno nemmeno l’ultraviolenza e in generale la natura ossimorica dell’affermazione dovrebbe devastare il cervello di chiunque, perché un regista, Kieron Hawkes, o della gente di marketing dovrebbero utilizzare e reputare incentivante una citazione così assurda e inverosimile e presumibilmente scritta da un piccolo recensore di una rivista inglese, Starburst, che piccola non è ma nemmeno così grossa e ricca di seguito da poter essere considerata importante? Perché dovete posarmi sui coglioni con tutta questa presunzione un film che nemmeno ho ancora visto e che vorrei affrontare senza eccessivi pregiudizi? Non so chi abbia deciso che essere il nuovo qualcosa sia un pregio e non so chi abbia deciso che la presunzione nella promozione funzioni, ma sicuramente è stato un manico di stronzi che non sapeva come vendere delle schifezze. Mi viene in mente un certo recentissimo film italiano del cazzo il cui regista millantava di aver vinto premi di qua e di là e quelli che non erano finti venivano da festival organizzati da dei disperati che premiavano chiunque superasse i dieci spettatori. Sembra far bello vendersi come se si fosse un prodotto di estrema qualità quando non si capisce che montare delle aspettative palesemente irragiungibili è quanto di più deleterio si possa fare; provate a dire a un vostro amico che, chessò, Shivers sia un inopinabile capolavoro della storia dell’horror e poi fateglielo vedere: egli vi sputerà in bocca ripetutamente, ricoprendovi di insulti. Provate a fare lo stesso ma reputandolo carino: egli vi dirà che carino una sega, è proprio una figata e forse addirittura un capolavoro. Non che debba arrivare io e spiegarvi che i prodotti vanno promossi a levare e non ad aggiungere, a spompare e non a pompare, a parlarne bene ma non troppo in modo da limitare l’aspettativa e le conseguenti delusioni, ma certe cose meglio ribadirle che lasciarle perdere, ed in fondo è solo quel che penso. Ci sono chiaramente delle eccezioni, tipo James Cameron, l’esempio lampante: l’ha menata talmente tanto con il 3D come futuro del cinema che la gente ci ha creduto, ci sta credendo e quando, la gente, ne parla bene sembra che ne parli bene perché del futuro del cinema non si può parlare male. Ci sarebbe anche il suo amico Peter Jackson e i suoi RIVOLUZIONARI 48fps (aka “l’effetto Un posto al sole”) così rivoluzionari e progressisti che dopo una proiezione di 10 minuti e critiche unanimemente negative s’è offeso e ha deciso di non mostrare ulteriori anteprime per non ricevere altre bocciature e di limitare l’uscita de Lo Hobbit in quello specifico formato e, voglio dire, sarebbe bastata un po’ d’umiltà in partenza per limitare, ma non evitare, tutti i successivi sviluppi negativi. È un discorso lungo e complesso e pieno di opinioni personali che non continuerò. Perché sono arrivato fin qui? Forse dovevo parlare di un film. Ah sì, IL NUOVO ARANCIA MECCANICA. Mosso dalla curiosità sono andata a cercarla quella recensione, eh, volevo giusto capire se contestualizzata quell’assurdità avesse del senso e, beh, non credo che la cosa colga nessuno di sorpresa ma del paragone non c’è alcuna traccia, giusto un riferimento sicuramente azzardato e, secondo me, scorretto ma non così grave: “Piggy, an (quite literally at one point) in-your-face take on Clockwork Orange (1971) like gang culture”. Tutto lì, il film resta citato a sproposito e tra tutti i film con gang che il recensore poteva scegliere ha scelto quello sbagliato poiché è ARANCIA STANLEY KUBRICK CAPOLAVORO MECCANICA e tra l’altro non tratta alcun tema che Piggy effettivamente affronta perché film sulla vendetta e non sulle gang, ma per prendere una frase del genere e tirarci fuori un NUOVO ARANCIA MECCANICA ci devono essere volute delle teste di cazzo grosse come Giove, a meno che il recensore non glielo abbia detto al cesso di qualche locale londinese strafatto di coca ma, come si dice in gergo, se è off the record non ha alcun valore e non puoi metterlo su ogni cazzo di poster del tuo film mediocre e tirartela come il nuovo Kubrick. Se lo fai sei uno stronzo. Fine.
Che ancora, piuttosto che scrivere IL NUOVO ARANCIA MECCANICA potevano scrivere IL NUOVO FIGHT CLUB visto che se c’è un film da cui Piggy prende spunto a piene mani è proprio quello, come se il protagonista non fosse un annoiato inglese medio (Martin Compston – che ho già visto tantissimo ma non ho capito dove) ammazzato dalla routine a cui viene insegnato a sfogare la violenza da un tizio che si fa chiamare Piggy (Paul Anderson – ma non è parente di nessuno dei due migliori Paul Anderson), appunto, apparso dal nulla dopo che gli è stato ammazzato il fratello (Neil Maskell – che noi tutti conosciamo come “quello che tirava martellate in Kill List“); come se sparsi per tutto il film non ci fossero dialoghi interiori in cui il protagonista spaccia filosofia su quel che ha fatto e perché lo ha fatto e su come il suo nuovo amico gli stia cambiando la vita. Notate delle somiglianze? Piggy è mica il nuovo Tyler Durden? Potrebbe essere una domanda retorica seguita da una risposta ironica, e più che altro ne è un eccessivamente ispirato personaggio, roba che due righe in più ed era plagio denuncia Palahniuk vince gente in galera pena di morte. L’attore si atteggia allo stesso modo e concettualmente fa la stessa cosa: sfoga il represso che è nel protagonista e attua una vendetta contro quello che entrambi reputano il male. In Fight Club era la società, a grandi linee, qui il gruppo di uomini che ha ucciso il fratello, perché di gruppo di uomini che vanno al pub si tratta, non di una gang o qualsivoglia banda di criminali. Poi magari vogliamo fare i pignoli e considerare che più vicino ancora di Fight Club, come esagerata ispirazione, ci sarebbe Dead Man’s Shoes, un piccolo capolavoro inglese diretto da Shane Meadows (“quello di This Is England “) che guardacaso racconta di un uomo (Paddy Considine – uno dei meglio volti inglesi) che per vendicare degli abusi fatti al fratello ammazza tanta gente, e non aggiungo altro perché finirei per spoilerarvi sviluppi fondamentali e rovinarvene la visione (di Dead Man’s Shoes – che dovete vedere senza se e senza ma – mica di Piggy). IL NUOVO DEAD MAN’S SHOES, quindi, ho deciso.
Non voglio essere troppo duro, non voglio sembrare l’eterno incontentabile che si lamenta anche dei filmetti ben prodotti: se dobbiamo parlare di recitazione e regia posso tranquillamente far notare come sia a tratti sopra la media e di come la scrittura abbia i suoi ottimi momenti, anche e soprattutto considerando il suo essere opera prima, ma se tutto, eccezion fatta per l’orrenda e invadente colonna sonora, è ben trattato tutto è anche mal approfondito. La regia ci prova ma si ferma prima di regalare qualcosa di veramente superiore al mediocre, specialmente quando si tratta di mostrare la violenza, spesso inserita in fuori campo non molto sensati considerando che se costruisci un film sui concetti di vendetta e violenza quest’ultima la devi come minimo mostrare per essere almeno coerente con quello che stai facendo (e non penso di essere l’unico a trovare del fastidio in chi non riesce a soddisfare i propri – semplici – intenti), e allo stesso modo la scrittura, benché ottima e ben ritmata in alcune occasioni, fallisce nel tentativo di approfondire tutti i personaggi, fornendo alcuni dettagli ma fermandosi appena prima di riuscire ad arrivare da qualche parte e lasciandoli quindi privi di una vera sostanza. In breve: tanto potenziale ma poco impegno, e del poco impegno in una pellicola totalmente derivativa vuol dire finire la visione pensando che non c’era proprio bisogno né di vederlo, né di girarlo, né di pensarlo. Di film derivativi che sanno solo di già visto e non riescono a schiodarsi da ciò da cui si ispirano ne abbiamo fin troppi, ma in effetti quello che più segna la differenza qualitativà tra film mediocri e film memorabili è proprio la voglia di andare oltre le solite cose, oltre il superficiale e di affrontare le tematiche e l’immagine come se fossero l’unica ragione per cui l’universo sta in piedi, ed è anche quello che, senza il minimo dubbio, fa del cinema quel che è il cinema: un’arte dedita allo stupore, prima di tutto, e non sapete cosa farei a questi innumerevoli stronzi che di stupire hanno le possibilità e forse le capacità ma non si impegnano affatto. Non lo sapete, ma potete farvi un’idea pensando ad uno scenario tipico della Serbia in crisi economica. MACHETI NEL CULO.
DVD-quote:
“Dell’ottima pubblicità a spompare per Dead Man’s Shoes.”
Jean-Claude Van Gogh, i400calci.com
almeno non è un “remake” nel vero senso della parola ma un tentativo di citazione alla quentin tarantino… quindi tutto sommato sopra la media dai. eppoi vuoi paragonare la nona di beethoven con hurt rifatta dai (o da; non ho mai capito quanti tizi compongono il gruppo se uno solo o tanti) nine inch nails?
Ma come si fa a sparale cosi grosse.
con la tastiera?
@blueberry: “rifatta” dai Nine Inch Nails?…
mi è uscita male… fatta dai nine inch nails. ricordavo un johnny cash in mezzo
@blueberry: per un attimo ho temuto fosse un altro caso stile “l’Hallelujah di Jeff Buckley”
…il che mi fa ricordare di quel “Dead Man’s Shoes” ancora incellofanato nel cassetto della scrivania.
grazie Gianclaudio
e quella è di leonard cohen e su questo non ci piove. intendevo comunque dire al di là dello scherzo tra citazionisti ad oltranza (tarantino) e remakkatori (s)qualificati c’è pure la battaglia tra beethoven e nine inch nails. e chissà chi la spunta
Non mi è minimamente passato per la testa di guardarlo finché non ho visto il frame della bionda. #SCHIENALO
Le scarpe dell’uomo morto e’ super ottimo.
Mi son fermato solo per ribadire il concetto.
E giuro non sono parente di Paddy.
In quanto a vitalità e ispirazione, Beethoven oggi >>> l’ultimo Trent Reznor.
volevo solo dire che per colpa di un link nella recensione mi sono lasciato trascinare e ho letto tutti i commenti a in the market. è solo colpa vostra.
Dead Man’s Shoes è il classico film in cui ci si imbatte per caso, vista la fotografia vivida e l’ambiente in cui la storia si dipana, si alza il sopracciglio pensando a uno dei soliti film ispirati a Ken Loach, per poi finire ad applaudire anche con i piedi durante i titoli di coda.
Cordialità
Attila