Ci sono certi film che ti lasciano senza parole. Film che ti fanno scaldare la birra nella bottiglia perché vedendoli ti passa la voglia di tutto, anche di vivere. Film che, se visti in gruppo, gettano sulla compagnia uno spesso panno infeltrito di silenzio imbarazzato e ovunque serpeggia il disagio. The Dead Want Women non è uno di quelli. È peggio.
SIGLA
httpv://www.youtube.com/watch?v=myJUePEBCKo
PRIMO TEMPO
In cui il Miike vi racconta i presupposti e vi lascia trarre le conclusioni.
Dovendo trovare un pregio a The Dead Want Women, si può dire che lo si scarica in alta qualità ma il file occupa comunque poco spazio nella chiavetta.
No, i 74 minuti di pellicola -straordinariamente pochi se si considera che l’opera è introdotta da 10 minuti abbondanti di titoli di testa montati come l’intro de Il Giovane Indiana Jones ma con spezzoni tratti dai film espressionisti degli anni 30 (forse l’unico barlume di Cinema in tutto il film)- non sono abbastanza pochi da poter rendere questo film sopportabile.
No, la produzione firmata Full Moon Entertainment (che, dopo Puppet Master e alcuni film che hanno segnato la storia del genere è ritornata, fresca di fallimento, a produrre opere del filone “tantormai” horror, “checcivuofare” porn) non giustifica l’assoluta bruttura e inutilità di The Dead Want Women.
No, il fatto che nel cast appaia Eric Roberts -from il Cavaliere Oscuro e The Expendables– non mi fa sciogliere la matassina di nervi e intestino che mi si è collocata all’altezza del diaframma per tutta la durata della pellicola. Non c’è stato quel mezzo sorrisetto nostalgico dei tempi in cui i film si facevano immolando il budget di produzione sull’altare dell’effimera fama di un attore che, tra una pellicola e un serial (dei 263 che lui c’aveva) ha centrato anche un paio di blockbuster e una nomination all’Oscar.
No, il fatto che per la prima volta in vita mia ho visto un’attrice recitare integralmente nuda dall’inizio alla fine del film e sempre in costante erezione capezzolare non mi induce a dire “sì però” di fronte alla sfrontata imbecillità di questo prodotto d’intrattenimento.
E no, il fatto che il regista Charles Band abbia firmato la sua prima opera (Last Foxtrot in Burbank) con lo pseudonimo di Carlo Bokino non me lo rende più simpatico (nell’accezione di “ah! ah! che simpatico! sei tutto matto!”).
NO. Non va.
E perché non va? Ci arriviamo subito. Premessa: il film è diviso in due tronconi (da mezz’ora ciascuno) di cui uno è l’antefatto dell’altro. Analizzeremo ciascuna metà uti singulis.
HOLLYWOOD 1927
In una ricca villa di Hollywood di una diva del muto si tiene una festa per il lancio di un nuovo film. Mentre al piano di sopra socialite e parvenù consumano tiepidi prosecchini, nelle segrete della magione la proprietaria (affetta da vojeurismo) di casa insieme a tre colleghi (quello dei western, quello degli slapstick e quello degli horror) si diverte con un festino a base di sesso e morte. Il festino viene però interrotto dall’agente della diva il quale le comunica che -mannaggia mannaggia- gli studios gli hanno cancellato il contratto: il futuro è il sonoro e la diva del muto ha una brutta voce. La notizia manda ai matti la stella del cinema che fa una carneficina e poi si toglie la vita.
COSA NON FUNZIONA IN TUTTO QUESTO?
a) L’ambientazione. La tipica casa anni 30 non è tipica e non è anni 30. Sembra un villino a schiera in cartone negli anni 90 e ci si aspetta di vedere Brandon Walsh entrare in scena da un momento all’altro.
b) La scenografia: è tutto ricostruito malissimo. Le “segrete” hanno le pareti fatte di cartaroccia che, giuro, al presepe vivente di Caresanablot è meglio.
c) Gli attori. Si salvano Eric Roberts si sforza di fare un accento texano e mastica le parole come fosse del cuoio gommoso. J. Scott (che appare qui con il soprannome di Nihilist Gelo) è il re delle faccette. Fine. La protagonista Jean Louise O’Sullivan è semplicemente un’incapace di dimensioni ciclopiche: ogni volta che appare sullo schermo, un pezzo di retina si distacca dagli occhi. Il rimanente sono figurazioni, poche, incapaci ma che, fortunatamente, permangono in inquadratura giusto il tempo per dire “vedi mamma, c’ero anche io”.
d) Il softcore. Ah. Gemo. Le due giuovin pulzelle coinvolte nell’orgia si lasciano andare in una scena di amore saffico accompagnato da un’immensa *trollface* del regista. Sarò io che ormai sono assuefatto a certi tentativi di stimolazione inguinale ma 4 minuti di lingua-su-coscia mi paiono davvero troppi e la noia impera. Mo’ basta
e) i bloopers: tanti. troppi. esagerati. Sintomo di un incuria imperante. Parliamo di ferite già esistenti prima di essere inferte. Coltelli che non si sporcano. E altre cose simili.
ah, sì,
f) Il richiamo a The Artist (se un film brutto è ispirato anche in parte a un film più brutto, il film brutto deve morire).
I GIORNI NOSTRI
Reese e Danni sono due biondissime agenti immobiliari che hanno in carico la casa della diva di Hollywood. Ma non riescono a piazzarla. Decidono quindi di metterla a posto per farla vedere a un acquirente nella speranza che lui la prenda e se la tenga. Dopo un’intensa giornata di pulizie in tacchi alti e giacchetta stretta decidono di passare la notte lì. È allora che fanno la loro apparizione i fantasmi dei tre vecchi attori. Da lì in avanti non ho capito più niente se non che lo scopo dei tre fantasmi è farsi le due agenti immobiliari riproponendo l’orgetta (sesso y morte) di 90 anni prima per il piacere della padrona di casa.
COSA NON FUNZIONA IN TUTTO QUESTO?
Gesù. Sono stremato. Facciamola breve: le schifezze enunciate nella parte precedente sono confermate anche nel secondo troncone. Aggiungeteci solamente effetti speciali della peggior specie e l’esiziale presenza delle due bionde attrici che si sono aggiunte alla pollaiella generale.
Aggiungiamoci anche che gli “spiriti” dei tre attori sono appunto spiriti, fantasmi, ectoplasmi, presenze ma si comportano e hanno il make up da zombie. Zombie che, peraltro, non si nutrono di carne, di cervella, di frattaglie ma sono solamente i peggiori arrapati del quartiere che hanno in testa un’unica cosa. E penso che sia chiaro cosa. Gli effetti speciali come sempre latitano, la recitazione è indecente. La sceneggiatura è solo abbozzato. Il blooper trionfa.
FINE DEL PRIMO TEMPO
INTERVALLO
La rece nella Rece
Prometheus -l’opinione di Miike-
Se vuoi lo psicodramma hard sci-fi in 2 stanze, cercatelo. Ma in silenzio che mi disturbi il dolce scricchiolare del popcorn sotto i denti mentre il bambino che è in me urla e ride e si contorce e si copre gli occhi e alla fine grida “Su le mani!”.
FINE INTERVALLO
SECONDO TEMPO
In cui il Miike, non arrendendosi all’ovvietà, trova un senso a The Dead Want Women scrivendo una delle sue recensioni più lunghe.
The Dead Want Women è evidentemente una grande metafora politica. I riferimenti sono molteplici e del tutto lampanti. Iniziamo con la prima parte del film ambientata, iconicamente, nel 1927, alle porte -cioè- della grande crisi. In un contesto apparentemente gioioso, una diva del cinema vestita di strass guida tre uomini nella circonvenzione di due “giovani ragazze” senza nome di bassa estrazione sociale e culturale. I tre uomini sono un cowboy texano, un grasso uomo in bombetta e un “principe delle tenebre” rispettivamente incarnazione del Petrolio (il texano), della Finanza (l’uomo con la bombetta) e della politica/nobiltà (Il principe delle tenebre). La donna, la diva del cinema, la padrona della casa alla cui ombra avviene tutto ciò, incarna il sistema capitalistico che gode nel vedere il texano e l’uomo in bombetta godersi e poi uccidere le giovani sconosciute (il popolo). Lei, dal canto suo, raggiunge il piacere osservando ciò che accade e facendosi solamente sfiorare dalla Politica. Quello a cui stiamo assistendo è INEQUIVOCABILMENTE la metafora del capitalismo che, supportato (ma in posizione servente) dalla politica, lascia che la finanza e la lobby petrolifera traggano il loro piacere dal popolo portandolo alla morte. L’avvento dell’agente che interrompe al festa annunciando la “fine” della carriera della diva è OVVIAMENTE la crisi del 1929 e il successivo massacro a opera del capitalismo (incapace di cedere il passo al nuovo che avanza) della finanza, delle risorse energetiche e della politica con, alla fine, successivo suicidio scenografico dello stesso in quello che poi è l’avvento del nazionalsocialismo e delle dittature che portano alla seconda guerra mondiale. La seconda parte del film, ambientato nel presente a poca distanza dal crack Lehman, ci ripropone la situazione del ’27 aggiungendo come protagoniste due “agenti immobiliari”. Solo un cieco e sordo non riconoscerebbe in queste l’incarnazione della bolla speculativa e della crisi dei subprime. Le dinamiche però, sono le stesse, il capitalismo porta finanza, petrolio e politica (nella doppia accezione, propria di questi anni 00, di presenza tanto evanescente quanto concreta, fisica e terrorizzante) a trarre piacere dal popolo (questa volta medioborghese e arricchito). Emblematica la scena in cui la precedente giovane ragazza (l’unica a non essere stata vittima della putrefazione a simbolo del fatto che il popolo, per quanto sfruttato, rimane comunque puro) viene cancellata dalla diva/zombie per lasciare spazio esclusivamente alla bionda real-estater incatenata. In quest’ottica il rito orgiastico che si ripete in presenza di soggetti putrescenti coinciderebbe con l’ipotesi del declino del sistema capitalistico e con l’avvento del socialismo.
DVD-Quote:
“Una grande metafora politica di impronta socialista.”
Bongiorno Miike, i400calci.com
la seconda parte della rece mi ha fatto riderissimo.
quando sei cosi inspirato sei uberrimo
@galbaccio: grazione
Mike salve,
mi chiedevo ma le zezze sono degne di nota?
@joe: le che?
Non concordo con la seconda parte della recensione che si inserisce nella vetusta ancorchè molto in voga prassi di ricondurre forzosamente ad un’interpretazione politica significati e significanti che, è evidente, sono invece espressione dell’immaginario inconscio dell’autore e del quadro culturale, psico-sociale (tutta quella roba lì del volersi fare la mamma, insomma) e spirituale in cui si inserisce.
In che modo è evidente, mi chiedete? E’ evidente, che è evidente! Che domande!
[sto ancora ridendo. Grazie della recensione, prima e seconda parte.]
alla filmografia del roberts, accanto ai già citati, aggiungerei un doa ma soprattutto una fresca partecipazione a nientepopodimenoche (rulloditamburi) trtrtrtrtrtrtrtr: l’onore e il rispetto parte 3! graaaaaaaaaaaaaaaande eric grande.
@miike I seni
@Joe: gli Inuit la neve, noi le tette.
@James: IMDB – taaaaac
@Woody: prima vedere il film, poi analizzare. Non vale fare il contrario.
MI spiace per gli Inuit che non hanno le zezze :)
continuo a restare dell’idea che, nonostante la notevole presenza scenica delle suddette Poppe ( tanto di cappello alla versione anoressica di Christina Aguilera ), mi sarei aspettata un pò più di espressività.. insomma qualche Sfumatura in più non avrebbe guastato!
@Bongiorno Miike: magari miike magari, tv con mammina – taaaaac
@James: tanta tristezza – taaaac
@Nikita: Ah. Sfumatura.
Miike visionario. Altro che Zack Snyder.
Bellissima rensione.
Stima per l’ultima parte della recensione (ma anche per la prima).
Tutti gli “ovviamente” e i “solo un cieco non vedrebbe” mi hanno prima fatto pensare “però! Stima!” e poi, non capendo se c’era ironia o meno in questa decantata ovvietà mi hanno fatto sentire un ignorante
Mmmh… secondo me le ferite già esistenti prima di essere inflitte, non sono un blooper, ma la dimostrazione palese che il popolo è sempre stato massacrato da capitalismo e politica in ogni epoca ed in ogni contesto, quindi forse possono mutare gli anonimi volti o i vestiti dozzinali, ma le ferite sul corpo esisteranno sempre.
Piaciuto?
Comunque, una delle tue migliori recensioni.
1) Discorso generale: Però siete un po’ incontentabili, almeno per il genere di film che vi sciroppate. E quando c’è troppa trama, e quando c’è troppa CGI ma dov’è l’amore?, e quando gli effetti sono tutti gommapiuma e pomodoro sì ma fatti male, e quando le attrici non si spogliano, e quando sono sempre nude e stancano…
2) E ribadisco che The Artist non è affatto un brutto film, nonostante le vittorie agli oscar e l’hype tardiva degli hipster radical chic, cose brutte che possono trarre in inganno ma in fin dei conti non inficiano un prodotto.
3) La seconda parte della rece effettivamente spacca e prende nomi (anche il resto, ma il finale è meglio, è una rece in climax).
Ma allora prometheus l’hai visto, non ti era negato?
quanta Kultura!
quanta e tanta e troppa!
“imparo imparo imparo”…..Gboy!
Vuoi dire che non hai mai visto Space Vampires?
…ma si capiva che era un testo eccelso dal solo titolo
@Cerex: il paragone con Snyder era un insulto, vero?
@Darrick: non c’è alcuna ironia, ero serissimo. Serissimo. Davvero. Serissimo. ASSOLUTAMENTE. Serissimo.
@pillole: “Piaciuto?” “No”.
@Gigos: i Troll vanno nell’umido o nell’indifferenziato?
@Michael: Nanni me l’ha concesso. Nanni è buono. Nanni è bravo. Nanni non mi fa vedere Prometheus seduto sui ceci secchi.
@Carlo: No. È grave?
@babaz: dovrei fare il copy dei Calci. Ne verrebbe fuori dei Calci(1) [questa è sottile, chi la capisce è bravo]
Nell’umido no, che poi trovano da mangiare.
Mathilda May
@Miike: quella dei Calci(1) è nerdzissima. Ora vado a farmi due Paste.
Rece da stato di grazia.
La seconda parte mi ha svelato nuovi orizzonti della cinematografia, ma stavo ridendo troppo per accorgermene.
Grazie Miike