Intro
ovvero: ero a Roma, ho visto dei film
Mi sarebbe piaciuto che questo fosse il primo di una serie di articoli in cui raccontare tutto il meglio di quel che ho visto al Festival Internazionale del Film, ma così non sarà: la qualità media è stata bassa, e di cinema che valesse la pena quasi niente. Sul nuovo di Johnnie To (che è bello) ci sarà qualcuno più qualificato di me che prima o poi parlerà, sul nuovo di Miike (per metà una noia mortale, per l’altra metà una strage deliziosa girata da un tizio in stato in grazia) idem, di Bullet to the Head è a buon diritto vietato parlare. Quel paio di thriller che potevano magari voler dire qualcosa (Verhoeven, Figgis) gravitano comunque alla larga dal territorio calcistico, anche se per motivi diversi. Sapete cosa rimane, una volta scremata la merda? L’isola dell’angelo caduto di Carlo Lucarelli.
Del cosa ci faccia un film così sui Calci, e come mai non abbia già cominciato a insultarlo nell’introduzione al pezzo, si parla diffusamente dopo la SIGLA!
httpv://www.youtube.com/watch?v=ebeiX7HIsw8
Carlo Lucarelli è uno che, non per colpa sua, s’è giocato tutta la credibilità e il rispetto dopo il trattamento che gli ha riservato Fabio De Luigi. Autore televisivo di discreto talento e con idee interessanti per quanto pacchiane, romanziere di buon livello, criminologo della mutua, gli mancava ancora un’esperienza per trasformarsi in “artista a tutto tondo”. Esperienza che arriva ora, grazie ai suoi sforzi creativi e all’aiuto (al denaro) prestatogli dalla Kaos, quella che è di recente andata a vincere a Berlino con un film palloso e per cinefili duri e puri come Cesare deve morire. L’isola dell’angelo caduto, titolo miltoniano e pretese scorsesiane, da romanzo datato 2001 diventa così primo film da regista di Lucarelli, e se vi aspettate tagli di luce blu a illuminare volti e corpi sullo sfondo di uno studio buio non siete poi così lontani dalla realtà. O da una frazione di essa: raramente s’è visto un lungometraggio d’esordio così poco strapieno di ammiccamenti, citazioni, idee rubacchiate; un miscuglio di riferimenti che è insieme la più grande debolezza del film e il motivo per cui lo trovo irresistibilmente simpatico.
Inizia tutto, come da tradizione di una fetta importante del cinema italiano, durante l’ascesa del fascismo: il Commissario (Giampaolo Morelli) e la moglie Hana (Sara Sartini), invisi al sorgente regime, vengono spediti a calci in culo su un’isola – senza nome, immaginaria nelle intenzioni e di fatto, visto che esiste solo grazie al green screen – che è il genere di posto che fa scrivere agli uffici stampa frasi come «è la vera protagonista del film!». Squassata dai venti, battuta dalle procelle, cagata dai dobermann, l’isola dell’angelo caduto (da qui in avanti, per brevità, IAC) è un luogo della mente dove non esistono regole né Giuliacci, dove la tramontana soffia da sudest e nelle notti di tempesta il guardiano del faro dirige l’orchestra dei fulmini con mani salde e sguardo da Doc. Ci abitano solo squinternati, sulla IAC, e se state pensando a Lost, be’… siete fuori strada. Se però vi è venuto in mente Shutter Island ci siete già andati più vicini: l’ispirazione, visiva e concettuale, è, per ammissione stessa di Lucarelli, nel film di Scorsese.
Se l’approccio è quello tipico da, appunto, luogo della mente, in cui i matti sono normali e i normali diventano matti, lo sviluppo ha però più il sapore del giallone all’italiana, almeno a prima vista. Appena arrivato sull’isola, il nostro amico Commissario si imbatte nel cadavere di un fascista di stanza in loco; i camerati (la tentazione di chiamarli “compagni” per dispetto è tanta) derubricano l’avvenimento a suicidio, il Commissario dubita della spiegazione più semplice e trova un inaspettato complice nel dottor Valenza (Daniele Monterosi), patriota al confino con l’aiuto del quale si sbatte per trovare un senso a questo apparente omicidio, anche se questo omicidio un senso non ce l’ha. Da lì il film – nella teoria – decolla e – nella pratica – deraglia. Il problema fondamentale di L’isola dell’angelo caduto sta nelle intenzioni del suo regista: appassionato di cinema horror, fumetti, letteratura di genere, si è trovato a dover adattare un romanzo che già di per sé aveva una deriva psichedelica pesante, e a poterlo fare citando qualsiasi cosa gli passasse per la testa. Gli horror giapponesi. Mario Bava e Dario Argento. Persino David Lynch, in assoluto il più razzato citato al Festival dei Cinefili, nell’immancabile scena di ballo burlesque con velluti rossi alle pareti.
È una Babele cinematografica, un’ora e quaranta di film durante la quale l’unica parola che continuava a ronzarmi in testa era “saltabeccare”.
L’effetto collage è amplificato dall’intreccio, che mischia flashback, sequenze oniriche, pensieri & parole, sesso & carnazza in un continuum nero come la pece e denso come la, ehm, pece: sull’IAC il tempo scorre di lato, la notte cala cinque volte al giorno e non c’è verso di mettere in piedi un dialogo normale, soprattutto se le persone con cui dialogare sono del calibro di: l’inglese pazzo che scopa con la moglie fighetta nei boschi di notte alla luce della Luna invocando Satanasso in un rito dionisiaco e purificatore officiato dalla servetta muta del Commissario che per l’occasione si riscopre adoratrice del maligno. Non è uno scherzo: uno dei momenti meno MACCOSA del film prevede realmente l’utilizzo dell’espressione “rito dionisiaco”. La sceneggiatura è un pastrocchio di soluzioni narrative che pescano dal folklore italiano come dalle bambine fantasma che si muovono a scatti da j-horror, e perfino il livello della recitazione oscilla tra la fiction Rai e il competente film de paura.
C’è poi l’aspetto ideologico: il film vorrebbe parlare di scelte e senso del dovere, sullo sfondo storico dell’omicidio Matteotti e dell’ascesa al potere del presto Duce. L’immobilismo fifone del Parlamento italiano diventa, per polemica opposizione, la risolutezza incrollabile del Commissario, che anche di fronte a una facile via d’uscita (tu chiudi l’indagine parlando di suicidio, io ti faccio trasferire di nuovo in continente) preferisce continuare le sue ricerche, anche perché di fronte ha alcuni dei fascisti migliori mai visti in Italia dai tempi di Fascisti su Marte: idioti sbavanti e inquadratissimi, che pisciano a passo d’oca e ringhiano come licantropi di fronte al raziocinio del Commissario; sembrano Jackie Earl Haley copincollato x15, in divisa nera. È roba d’impatto, sufficientemente forte da non far annegare il messaggio ma non abbastanza per nobilitare il film – colpa tra l’altro di un twist finale che (una volta che ci pensi su un attimo) non ha alcun senso.
Insomma: L’isola dell’angelo caduto è un film storto, obliquo, sbilenco, disorientante, in cui l’assenza di punti di riferimento è riflesso dell’entusiasmo bambinesco e fuori fuoco di un regista con voglia di fare ma senza senso della misura.
Il paragrafo intitolato “Eppure”
Eppure uscito dalla sala non sono riuscito a incazzarmi né a provare fastidio. Di più: dopo aver seguito la conferenza stampa di Lucarelli ho deciso che L’isola dell’angelo caduto non è un buon film, ma è comunque un film da difendere.
Mi spiego.
Siamo alla fine della conferenza succitata. In coda alle domande di rito, agli imbarazzanti silenzi e alla diplomazia imperante in un regno pavido come quello del giornalismo di spettacolo in Italia, si alza una voce flebile ma coraggiosa (se ci stai leggendo: fatti riconoscere! Ti voglio schiacciare un cinque altissimo) che si rivolge così al Carlo:
«Senti, il tuo film non m’è piaciuto, per me è un pasticcio senza capo né coda e volevo chiederti se il risultato finale ti soddisfa ed è quello che volevi ottenere oppure se t’è sfuggito di mano il film».
Timidamente, modestamente, Lucarelli risponde così:
«L’importante, per me, è che il film sia venuto esattamente come lo volevo. Se ci sono troppe cose e il risultato è pasticciato, la colpa è mia. Tutto sommato, calcolando che il romanzo è mio, la sceneggiatura è mia ed il film è mio, devo dire che non ho fatto grossi danni se non a me stesso! Se però a qualcuno il film non è piaciuto, gli chiedo già scusa».
Traduzione: avevo un’idea forte di come doveva essere fatto L’isola dell’angelo caduto, l’ho seguita fino in fondo e senza compromessi, se poi non vi piace cazzi vostri.
Questa, secondo me, è onestà intellettuale. E non del genere autorial-cinefilo-snob che ti fa venir voglia di scendere in piazza armato di conigli esplosivi, piuttosto del genere nerd fracassone con tanto amore per tante cose e troppo poco tempo per mostrarle tutte. Si potrebbe obiettare che da uno con dei mezzi produttivi così enormi (per la media italiana, almeno: la CGI è superiore a qualsiasi cosa abbia visto uscire da questo Paese negli ultimi anni) ci si può aspettare anche un team alle spalle che lo guidi, lo trattenga, lo orienti. Lucarelli, però, l’ha messo in chiaro da subito: il film è mio e nessun altro ci ha messo becco.
La sua è una scelta autoriale, seppur a conti fatti sbagliata; ma cos’è meglio, uno che ha un’idea e sbaglia a metterla in scena per eccesso di entusiasmo o uno che ha paura di scontentare tutti e quindi sottrae sottrae asciuga asciuga fino a ottenere un minimo comune denominatore accettabile a sufficienza da strappare un sei politico? E poi: quanti personaggi con la visibilità di Carlo Lucarelli avrebbero avuto il coraggio di mettersi in gioco con un horroraccio che cita rispettosamente i Maestri (italiani, poi) e attinge a piene mani da un immaginario che, nel panorama nostrano, è completamente off?
Unico problema: la voracità del mercato farà sì che L’isola dell’angelo caduto rimarrà in sala per pochi giorni in altrettanto poche sale, flopperà e finirà relegato alla domenica pomeriggio su qualche canale minore, con il problema che l’atmosfera da horror démodé lo renderà materia indigesta anche per le domeniche pomeriggio, e così ce lo ritroveremo tra sei mesi in dvd, venduto come allegato della nuova ristampa del romanzo, nascosto nella seconda o terza fila degli scaffali dei gialli in offerta al Mondadori Center in Duomo. Lucarelli tornerà in tv, magari come special guest fisso di Porta a porta (esiste ancora, Porta a porta?), continuerà a scrivere libri letti solo dai fan di Camilleri e/o dirigerà una brutta fiction Rai tipo Libeccio.
Almeno questo, però, non è colpa sua.
Le FAQ conclusive
D: Ci sono le tette?
R: Sì, e anche più del previsto. Anzi, la qualità generale della patata è elevata in quella maniera nostrana e un po’ ruspante che tanto ci piace.
D: Ma è davvero un horror? Cioè, fa le cose del “bù!”?
R: Nì. Le scene del bù ci sono, non sono tante, non sono centrali. È più la strisciante sensazione che qualcosa non vada sull’isola – sceneggiatura psichedelica o meno – che turba. Sì, il film turba, a tratti, una volta sospesa a sufficienza l’incredulità.
D: Non ho capito: è un buon film o no?
R: No. L’ho già detto e lo ripeto: a conti fatti è un po’ un film di merda. Meglio un film di merda così, comunque, che diecimila Larry Clark.
D: Se lo scarnoleggio con gli amici e ce lo guardiamo una sera tutti sbronzi e tudi fadi (cit.), ci divertiamo o annoiamo?
R: Vi divertite come idioti. Non sottovalutate questo particolare.
Dvd-quote suggerita:
“Il ragazzo è scemo, ma si applica”
(La prof)
“Il pasticcio più sympa dell’anno!”
(Stan Lee Yo! Kubrick, i400calci.com)
Credevo che il suo esordio alla regia fosse stato in “Almost blue” ma poi l’internet mi ha corretto.Tuttavia la sua onestà è ammirevole.
Tocca vederlo, assolutamente. Grazie, Stanlio Kubrick.
Non si preoccupi, signora, anche Einstein è stato bocciato in matematica.
@ egr. Stan Lee Oh!
Sarà che ho dei buoni amici, ma tutti sbronzi e tudi fadi noi ci divertiremmo a guardare QUALSIASI cosa. Cioè, non mi pare un’indicazione molto utile. I film che per me abbiano un senso son quelli che se sto tutto annoiato e/o depresso (sicuramente SOBRIO) poi mi fan rientrare in qualche modo nella giostra della vita…
Visto che evidentemente non pensi che sia quel tipo di film, il punto è: quanti MACCOSA ci stanno? Perchè più ce ne sono, più tutti sbronzi e tudi fadi ci divertiamo!
Sergio, fatico, ahimè, a quantificare i MACCOSA in freddi termini numerici, ma sono sicuro che ce ne siano ALMENO cinque o sei. Cioè mi azzardo a sparare un “fattore divertimento: 7,5/10, 8 se è proprio buona”.
Quel ponte! Quel ponte!! QUEL PONTE!!!
Ho già iniziato a farmi tudo per vedere IL PONTE!!!
allora ho sempre preferito eraldo baldini allo scrittore lucarelli. primo.
secondo: cosa cacchio hai contro i fan di montalbano? scritto eh per dinci bacco non recitato, chè recitato fa rizzare i capelli sulla testa, attorcigliare le budella e scatarrare a piè sospinto.
domanda sul film: ma non è che co’ tutti sti fascisti mi cita pure pasolini?
domanda sul film: e la patata, da chi è composta?
@blueberry: non ho nulla contro! Ne ho letti molti anch’io, di suoi romanzi. Sono altresì convinto che solo se sei fan di Camilleri puoi arrivare a leggere i romanzi di Lucarelli, nel senso che tanto ormai i gialli non li legge quasi nessuno e Montalbano è tipo una gateway drug.
Su Pasolini, non so risponderti, ma comunque sono protofascisti, periodo omicidio Matteotti, non pieno regime.
Sulla patata risponderò con più calma, ma merita.
ALMENO 5 o 6 non è affatto male, contando che quella che chiami “onestà intellettuale”, in freddi termini numerici, raddoppia la loro potenza. Grazie della dritta… Dài, tra 5 o 6 mesi ce lo spariamo anche noi ;)
io ogni tanto li leggo i gialli. anche se dopo pennac è difficile trovare qualcosa all’altezza. anche se a dirla tutta il giallo un po’ mi gonfia: c’è un tizio che uccide altri tizi e alla fine lo arrestano. cioè… già so un po’ come va a finire ecco…
e camilleri è perfetto. ma nonostante segua le gesta del suo montalbano da ben prima della ficsciòn non mi piace lucarelli scrittore. non mi piace nemmeno blu notte. boooh
Io a Lucarelli ci voglio bene, se come dice il sempre ottimo Stanlio, “pecca per troppo amore alla materia” allora una possibilità gliela do volentieri.
lo guarderò. se non si guardano questi film italiani, quando ne fanno uno per grazia di dio…
bella rece comunque, onesta come il regista, bene, bravi.
però stiamo calmi su larry clark, che teenage caveman era una bomba. kitsch, violento, mutazioni, patata a volontà.
http://1.bp.blogspot.com/-AaPV7l_TfgA/TZJ0_HwQXiI/AAAAAAAAE6M/E6Lr90iNE4k/s1600/teenage%2Bcaveman%2B4.jpg
dai, su.
Il riferimento a Larry Clark era solo ed esclusivamente legato al suo ultimo film, quello che ha vinto Roma, che è una merda senza precedenti.
Intanto onore al merito per esserti sorbito una rassegna di così brutta qualità, anche se due o tre film potevano valere la pena non mi sembra il caso di costruirci un intero festival attorno. Sull’italico giornalismo ormai ho perso ogni speranza, fa acqua da tutte le parti, non solo quello che riguarda lo spettacolo. La cosa che mi fa più incazzare è il falso stupore degli addetti ai lavori nel constatare che la carta stampata perda lettori ogni giorno che Dio manda in terra.
Sul film ero speranzoso (a me Lucarelli piace), anche se l’ambientazione mi faceva un po’ paura: il fascismo qui in italia è troppo spesso trattato come se fosse stato una mera operetta, i fascisti praticamente sono riletti in chiave esclusivamente grottesca e questo mi fa un po’ cagare, come se non potessimo guardare con serietà e distanza ad un passato che comunque c’è stato e che invece è obbligatorio guardare con il filtro di una ironia che sa tantissimo di vergogna. Come quando un marito pescato dalla moglie mentre era a letto con la sua migliore amica abbozza una spiegazione sorridendo per l’imbarazzo ed il nervosismo.
Finocchio, in questi casi devi fare una cosa a tre.
Il film credo che lo vedrò, ma non credo al cinema. Anche perché difficilmente arriverà in sala a Palermo. Però patata, più onestà intellettuale, più umiltà almeno meritano la mia fiducia.
Ciao
Ma ‘sto festival ha avuto senso d’esistere? Io ho letto solo cose allucinanti! Boh…qui si manda in vacca tutto, in ‘sto cavolo di paese.
Solo per il fatto di avere una colonna sonora di Gianni Maroccolo, sto film ha la mia stima
Che bello questo pezzo.
Pronounced Tüdiffàadi.
Ci tengo comunque a precisare ancora una volta che L’isola dell’angelo caduto NON è un buon film. Non sia mai che poi mi accusiate di avervi fatto buttare il vostro tempo.
Per consolarvi, però, vi segnalo il gioco da tavolo di Burzum.
@ Pillole, scusa ma non ho capito il discorso della moglie e della migliore amica…cioe’ finocchio lui o magari arcigna la moglie che non ci sta a condividere?
A proposito: ma Bullet to the Head? Mi piacerebbe leggere la vostra recensione sul nuovo film di Sly. A quanto ho capito è una bomba ma finché non leggo la vostra qualificata recensione rimango cauto!
Ovviamente si diceva per giocare.
Però se lui convince moglie e amica di sicuro salva matrimonio e libido.
Se poi la moglie è arcigna e rifiuta comunque, beh allora cazzi suoi.
P.S. Declino ogni responsabilità per eventuali incomprensioni, scenate, sfuriate, separazioni, divorzi, con la vostra moglie/compagna.
La proposta di trombare a tre con la migliore amica di vostra moglie/compagna potrebbe anche non portarvi nella categoria threesome, ma farvi tornare da amateurs a handjob.
Valutate attentamente personalità e sense of humor vostre e di chi vi sta accanto prima di qualsiasi proposta.
Ronaldo di Leo ha sintetizzato anche il mio pensiero.
@Giovi88: magari invece guardalo e fatti un’opinione dai :)
@Stanlio, Darth
Che tuffo al cuore il tudifadi, anche da noi in piazza si usava ‘sta locuzione pronunciata esattamente come ha scritto Darth.
Ma da dove deriva?
Un mio amico lo diceva sempre quando stava ai pazzi, con gli occhi tipo furetto.
T(i)udiffàadi!
@solero
Ovviamente, alla fine la mia parola è sempre l’ultima sul film. Ma le recensioni esistono anche per farsi un’idea sul film e poi ringraziando i soliti distributori italiani ci toccherà aspettare per un bel po’ di mesi per vedere Bullet to the Head… Comunque in ogni caso ho pochi dubbi: Sly è una garanzia!
Ma quel ponte non sarà mica stato progettato dall ingenier Cane?
@Giovi88: ma si era solo per rompere i gollioni, cmq inutile aspettare la distribuzione qui, abbiamo l’internet!
@ Dembo
Guarda non lo so!
Nella nostra combriccola e senza influenze esterne venne fuori spontaneamente parafrasando il “Tutti Frutti” di Little Richard, una sera di molti anni fa.
Giorni fa lo tirai fuori chiacchierando con Stanlio ed è ritornato con prepotenza.
Sai che forse anche noi?!
Boh però non ricordo bene, è tutto come avvolto in una fumosa nebbia mangiamemoria.
Cmq stasera vedo un mio amico del clan e chiedo lumi.
Dopo ciò che ha combinato Alex Infascielli con Almost Blue (riuscire a fare un film veramente di merda) ad oggi ancora il suo miglior libro, ovvio che il buon Lucarelli abbia pensato di far tutto da solo questa volta..
Ah da libraio posso smentire questa teoria secondo cui i gialli non vendano..Camilleri va primo in classifica ogni volta per un paio di mesi anche se scrive barzellette, poi da Millennium in poi i giallisti svedesi vendon sempre a bomba..Baldini Macchiavelli e Lucarelli il loro lo vendono sempre..e poi c’è quel marasma straniero mezzo thriller mezzo giallo..
@Cecco: grazie della precisazione, comunque non intendevo dire che i gialli non vendono in toto, solo indicare un potenziale triste destino per il Nostro.
Il libro comunque è bellissimo