Badate bene: questo non è uno dei soliti filmacci. Se fosse stato uno dei soliti filmacci, sarebbe toccato a Miike. Invece no: per quanto sulla carta sia un horror, Berberian Sound Studio è un film che il nostro Casanova ha definito “mega con la pipa”, ove “con la pipa” è da intendersi come aggettivo, nel significato di “ponderato, intellettualoide, cervellotico”. E dal momento che io ho gli occhiali*, il capo Nanni l’ha affibbiato a me. (* ohi, non ci avrete mica creduto? Occhiali, io? Mica sono Soderbergh! Figuratevi che qui in redazione, all’ingresso, c’abbiamo un ED-209 di Robocop settato per crivellare qualunque quattrocchi si avvicini. Tsè. No no, io ho solo un paio d’occhiali a raggi X per vedere le donne nude, li ho ordinati su LANDO per sole lire quattromila, e adesso sono l’idolo dei miei amici e metto in imbarazzo le mie amiche dicendo loro “Non sei una bionda naturale”. Ma è comunque un paio d’occhiali, ergo i film con la pipa toccano a me).
Berberian Sound Studio a me è garbato zero, però so di gente che l’ha apprezzato. Discutiamone.
httpv://www.youtube.com/watch?v=LVf5Cr4M-F8
Berberian Sound Studio – d’ora in avanti BSS – è un film inglese ambientato in Italia negli anni Settanta, in uno studio di registrazione/missaggio ove è in corso la registrazione/missaggio di un fantomatico film italiano degli anni Settanta, IL VORTICE EQUESTRE, dell’altrettanto fantomatico regista italiano Giancarlo Santini. Visto come siamo già intellettual-affascinanti? L’Italia! Gli anni Settanta! Un finto film di genere! Acculturati ma cool! Il vortice equestre ha tutta l’aria di essere uno slasher esoterico-psichedelico un po’ primo Argento, un po’ ultimo Bava, un po’ Fulci. Dico “ha tutta l’aria” perché noi di questo film non vediamo mai neanche una sequenza, con l’eccezione dei titoli di testa (che si sostituiscono a quelli dello stesso BSS), filologici e parecchio ganzi, tutti in rosso e nero su musiche gobliniane degli inesistenti “Hymenoptera”. Arriva Toby Jones, esperto tecnico degli effetti sonori, inglesemente timido e understated, chiamato a spaccare cocomeri e accoltellare cavolfiori per dare un suono il più realistico possibile agli efferati omicidi del film. Il buon Toby, con la sua faccia da droopy, si trova costretto non soltanto a guardare, riguardare e sonorizzare sequenze di torture che si suppongono molto realistiche, ma anche a lavorare con una sequela di italiani da cartolina, tra cui l’arrogante produttore Francesco Coraggio (sic), il vanesio regista Santini, un tizio che ogni tanto entra e fa casino gesticolando, alcune attricette troie, un gondoliere, un calciatore, un pizzaiolo, un tricchetracche, Benigni che salta in braccio a tutti, Berlusconi bunga bunga mandolino Baggio Dolce & Gabbana funiculì funiculà. Ahi quanto a dir qual era è cosa dura per il povero Toby Jones, lui così fottutamente introverso e senza palle, lui timidino che riceve le lettere della mamma, lui così a disagio, vaffanculo lui e l’isolaccia da cui proviene. Fin qui mi seguite?
Ecco, il film sta tutto qui, tutto nelle due stanze dello studio. Dall’ambiente chiuso della cabina di registrazione, sorta di sepolcro insonorizzato in cui si consuma, logorante, lo scontro tra la mitezza lemme di Toby Jones e la scoppiettante cafoneria di Francesco Coraggio, il regista con la pipa Peter Strickland ricava una sorta di incubo ossessivo, irrealistico e – qui sta l’idea originale del film – esclusivamente SONORO. Noi non vediamo mai, ripeto, alcuna scena di tortura de Il vortice equestre. Vediamo solo i tecnici e gli attori mentre creano suoni e dialoghi per quelle sequenze: verdure scagliate a terra, insalate pugnalate, attrici che urlano in primissimo piano, bobine che si riavvolgono, fruscii sovrapposti e raddoppiati, manopole di mixer che si spostano, lancette di quadranti che oscillano. Tutto grottescamente ripreso da vicino, con una fotografia via via più irrealistica – contrasti forti di luci e ombre, colori che virano sul rosso – e lente zoomate a stringere o allargare. Insomma: gli stilemi dell’horror (e di un horror barocco e spinto, non dissimile -immaginiamo – da Il vortice equestre) applicati ai trucchi cinematografici che dovrebbero ricreare un orrore di finzione e invece arrivano a provocare un orrore “reale”, diventano orrore essi stessi. Un po’ come fare uno slasher dove l’assassino è il ketchup. Fin qui, tutto ganzo e con la pipa. Dopo la foto del cavolfiore vi dico cosa c’è che non va secondo me.
Quello che non mi è piaciuto – oh, per inciso: il film è come si suol dire “fatto molto bene”, girato con intelligenza, Jones è bravo, il regista sa il fatto suo e c’è un ottimo lavoro sugli effetti sonori, sentitissimi ringraziamenti al cazzo. Però oh: che due coglioni. A parte il fatto che… no, “a parte” niente. Parliamone un attimo: questo è un film in cui un inglese diventa preda di deliri ossessivi perché È COSTRETTO A LAVORARE CON GLI ITALIANI. Ora va bene tutto, ed è chiaro che il film lascia trapelare un grande amore per il nostro cinema di genere e OK. Però, come dire, è chiaro che gli illuminati anglofoni non hanno nessun senso di colpa da espiare nei confronti delle nostre genti. Che succederebbe se uscisse un film con uno che va a fare, che so, il costumista in un film di Tyler Perry, e diventa matto perché sul set la gente mangia pollo fritto a secchiellate e ha troppo ritmo nel sangue? No buono, vero? Ecco, appunto. Tolto questo sassolino, vengo al dunque: BSS non ha alcuna intenzione di essere un horror, né una riflessione sull’horror o un omaggio all’horror. È, al massimo, una scheggia che parte dall’horror, imbocca un ramo collaterale che gli corre parallelo per un po’ e poi sfocia in… dove sfocia? Sfocia nel DAMS. Sfocia in una mezz’ora finale di Toby Jones che si sveglia di soprassalto, si rivede proiettato su uno schermo e doppiato in italiano, poi torna al lavoro ed è sempre doppiato in italiano, poi bum, libere giustapposizioni di immagini e suoni, bobine luci distorsioni. Donne che urlano. Ripetizioni ossessive. Fino alla fine, tutto così. È un sogno, è realtà? È allegoria? Chi se ne frega? Apprezzo l’idea, apprezzo diverse invenzioni, apprezzo anche il coraggio, li apprezzo nella misura in cui si può apprezzare un’opera che ricade nell’infame categoria dell’«interessante». Ma dopo un’ora e venticinque di distorsioni ossessive, non è la mia psiche a venir pervasa da distorte ossessioni, bensì le mie palle. BSS è pretenzioso, tronfiotto e mortalmente ripetitivo, e l’unico filo che lo lega a noi Calcisti è quello stesso filo ritorto che lo vincola con originalità a certe ben precise e ben rievocate suggestioni di genere. Peccato che poi se lo trascini affanculo.
DVD-quote suggerita:
«Un torture porn in cui le vittime sono un mucchio di verdure e le mie palle»
(Luotto Preminger, i400calci.com)
i film sono come i cani del canile: se vuoi puoi andare e prendertene uno e il più delle volte funziona; a volte capita che tra tutti i cagnacci salti fuori un cucciolo che ti fa le feste ed è amore a prima vista: questo m’è capitato con django che manco ci speravo di trovarlo e invece m’è cascato nel media player tutto bell’e pronto in lingua originale coi sub e tutto e me lo sono goduto tantissimo. A volte però capita che ti fissi col cane sbagliato: è quello che se ne sta nell’angolo con la coda tra le zampe e ti ringhia e proprio non ne vuole sapere di venire via con te: le volte che ho insistito e ho voluto per forza il cagnaccio timido, è finita che aveva ragione lui e tutto è diventato un bagno di sangue. Questo cazzo di film è proprio uno di questi cagnacci timidi: l’ho puntato su un sito, già dalla trama e dai commenti sapevo che non faceva per me ma lo volevo vedere, allora l’ho scaricato ma era in un formato del cazzo, l’ho convertito ma non si sentiva più, allora l’ho riscaricato in un altro formato ma era senza sottotitoli. Ora ce li ho messi ed è pronto per la visione di stasera, ma proprio stamattina ecco che mi capita questa recensione.
Il cane sta sbavando e trema di rabbia: che faccio, lo piglio per la collottola e lo imbuco nel portabagagli o me ne vado col labrador (REC 3) lì a fianco che mi scodinzola?
Non c’entra nulla ma mi hai ricordato questo che è un horror sci-fi con Lorenzo Lamas dove l’assassino è un secchio d’acqua.
Probabilmente vuol dire qualcosa, probabilmente no, ma ricordami sempre di non trovarmi mai nella situazione di venire smontato da te a parole perché penso che finirei a truccarmi di nero e tagliarmi le vene dopo la seconda frase.
@Dario: non saprei per BSS anche se di solito quello che dice Lu8 è sempre verissimo, ma con Rec 3 vai sul sicuro: è una boiata che non fa ridere e annoia pure per i primi quaranta minuti circa. Per darti le coordinate, ecco.
“Parliamone un attimo: questo è un film in cui un inglese diventa preda di deliri ossessivi perché È COSTRETTO A LAVORARE CON GLI ITALIANI”
http://www.youtube.com/watch?v=UIgGjophxOo
non lo so, sai quando voglio vedere una boiata mi piace che sul lettore ci sia su una boiata, anche con millemila pecche ci sta. Quello che non ci sta e che evito come la peste non sono le boiate, ma sono 2 categorie di film:
1) i film brutti
2) i film inutili
Occhio che quando un film entra in una sola delle due categorie, magari passa nella camera del “passabile”. Voglio dire, un film magari è brutto ma non è inutile. O magari è anche bello (intendo fatto bene/fatto male, scusa ho poche parole e non sono capace di giocare a ruzzle) ma non serve a un benemerito cazzo (inutile=quando ti sei dimenticato dell’esistenza stessa delle due ore che hai appena passato a guardare … COSA? boh non mi ricordo, ma per quelle 2 ore cmq non ti sei proprio sfrangiato i coglioni, magari ti sei anche divertito, ma è finita lì).
Per dirti: Nekromantik è bruttissimo ma non è inutile;
Mentre una cosa come … cazzo non me ne viene in mente nessuno da mettere nella categoria inutile, hai capito cosa intendo?
Ora, la cosa che proprio non reggo è quando un film ovviamente ha entrambe queste caratteristiche. Tipo Sinister, per dire. Questo proprio “brutto” non sembrerebbe, ma a questo punto ho forti dubbi che possa essere anche parecchio inutile. Bah, con tutto il tempo che ci ho perso ormai mi tocca guardarlo. Vabè.
[edit] mi ero dimenticato un’ultima categoria da evitare come la peste: cloud atlas [/edit]
Grande Luotto, arrivammo alle medesime conclusioni.
Il Capo mi avvertì sibillinamente ma io stregato dal soggetto volli proseguire.
E mi cadde una pipa di sei chili sui coglioni.
La cosa piu’ spettacolare di BSS, visto al Frightfest, e’ quando ci si e’ accorti che le scene in cui Toby Jones cerca di ottenere il rimborso spese venivano viste dagli inglesi come esagerazioni surreali in stile Brazil, mentre a me e a tutti gli italiani in sala filavano via lisce tipo ordinaria amministrazione.
A parte questo, a me stranamente intrigò un sacco, almeno fino a quando mi resi conto di dove NON stava andando a parare.
più stracciacoglioni di Images?
mi pare anche di capire che non ci sia la possibilità di una tetta a tre quarti o giù di lì.
amarezza.
Concordo in toto, a fine visione si stramazza al suolo..!
forse la chiave giusta sta nel discorso della pipa. Io proverò con questa:
http://www.unsaccodicanapa.com/roor_photo_gallery/Kunden-Bong_72DPI-.gif
Rece perfetta, vedere questo film è come rimorchiare una tipa spettacolare che mentre te la porti a casa ti sussurra nell’orecchio che ti farà una cifra di giochini erotici incredibili con la panna e lo sciroppo d’acero, e te mentre sei lì alla guida dalla tua punto di seconda mano non credi alla fortuna che ti è capitata, però quando finalmente siete in camera con tutti i poster dei Motley Crue e degli Slayer che fanno il tifo per te, invece di fare roba la tipa continua semplicemente a raccontarti tutte le zozzerie che ti vuole combinare senza però nemmeno sbottonarsi il primo bottone della camicetta e anzi dandoti dei pestoni se ci provi tu, così tu dopo un po’ giustamente ti disinteressi e mentre quella continua a blaterare di tantra spinto non la ascolti più e ti metti a leggere uno Zagor.
Insomma questo film mette delle premesse così allettanti che avrebbe potuto virare sia sul giallo classico che sul thriller che sullo slasher che sull’horror psicologico che su mille altre variazioni fighissime, bastava sceglierne una e svilupparla in modo solido onesto e rispettoso, invece decide di imboccare l’unica sbagliata cioè la Noia d’Autore e ti provoca uno scoramento indicibile nel basso ventre, confermo.
Per quanto mi riguarda DarkSkyWriter chiude la questione e si mette in lizza per il commento del trimestre.
Oh, comunque che bello vedervi concordi, temevo di essere preso a pipe in faccia per non aver CAPITO
scusate il parziale ot e la mia completa ignoranza ma perchè sulla locandina di deep evil nel link di Stanlio Lorenzo Lamas è chiamato Lorenzo Lomas?
Io ringrazio Luotto per la recension che prima mi ha creato un po’ di scimmia e poi me l’ha distrutta. E sopratutto per questo passaggio:
“Parliamone un attimo: questo è un film in cui un inglese diventa preda di deliri ossessivi perché È COSTRETTO A LAVORARE CON GLI ITALIANI. Ora va bene tutto, ed è chiaro che il film lascia trapelare un grande amore per il nostro cinema di genere e OK. Però, come dire, è chiaro che gli illuminati anglofoni non hanno nessun senso di colpa da espiare nei confronti delle nostre genti. Che succederebbe se uscisse un film con uno che va a fare, che so, il costumista in un film di Tyler Perry, e diventa matto perché sul set la gente mangia pollo fritto a secchiellate e ha troppo ritmo nel sangue? No buono, vero? Ecco, appunto”
@ Biscott: secondo me la spiegazione è: refuso e disinteresse generale.
Tra l’altro, chiedo a Stanlio: in che senso l’assassino è un secchio d’acqua? In senso LETTERALE, oppure l’acqua è tipo boh, avvelenata?
Credo che gli inglesi ce l’abbiano ancora con noi per Io no spik inglish e South Kensington però. Posso capirli.
Io l’ho visto e mi è piaciuto.
Ciao a tutti.
Mi sono guardato a scatola chiusa il film a causa di questa intervista: https://lineamasondixon.it/2021/04/09/belbury-poly/ (ultima risposta), e non potevo essere più d’accordo con la rece, specie dove dici
Ahi quanto a dir qual era è cosa dura per il povero Toby Jones, lui così fottutamente introverso e senza palle, lui timidino che riceve le lettere della mamma, lui così a disagio, vaffanculo lui e l’isolaccia da cui proviene.
(sarà che scrivo queste righe tre giorni prima della finale di Euro2020)