Se ieri avete letto i giornali sportivi probabilmente vi siete imbattuti nella notizia riguardante Giorgos Katidis, 20 anni, promessa del calcio greco con già un buon numero di presenze nelle selezioni giovanili, che dopo aver segnato un gol ha esultato facendo il saluto romano. La Federazione greca, che non è mollacciona come la nostra (vero Di Canio?), ha deciso sull’istante di squalificarlo a vita dalle rappresentative nazionali. Lui ha tiepidamente provato a giustificarsi dicendo “stavo indicando un amico in tribuna”. Giuro.
Questo per coincidenza fa il paio con l’altro giorno in cui, completamente dal nulla, mi sono rimbombate in testa due parole: “Uwe Boll”.
Uwe Boll! Quanto tempo che non me lo cagavo! Come sta? ‘Ndo sta? Cosa fa?
Sono oltre due anni che aspetto l’annuncio trionfante dell’uscita del capitolo conclusivo della famosa Trilogia Riguardante Olocausto e Luoghi Limitrofi (T.R.O.L.L.), un capolavoro teorico degno di Lars Von Haneke che consiste in tre film girati contemporaneamente con identici set, costumi e parte degli attori, ma di generi praticamente opposti. Dei primi due vi abbiamo già parlato: Bloodrayne 3, fanta-action serioso su una vampiressa a caccia di nazisti, e Blubberella, parodia di Bloodrayne (manco fosse Wonder Woman) incentrata su una supereroina appassionata di carboidrati. Il terzo doveva essere il suo capolavoro definitivo: Auschwitz, straziante dramma sulla vita nei campi di concentramento. Con Uwe Boll stesso nei panni di un ufficiale delle SS che si mangia un panino mentre fa la guardia alle docce (quelle docce).
Immaginate quindi la mia sorpresa nello scoprire che il film era già uscito, così, in silenzio, senza proiezioni trionfanti al Sundance o al SXSW, senza animali o piante d’oro vinte in giro per i Festival europei, senza nemmeno uno straccio di controversia sull’internet che una volta era la sua specialità.
Eppure era uscito. E allora l’ho guardato. E ho capito.
Il primo segnale è la durata: 70 minuti tondi.
Il secondo segnale è l’inizio del film: Uwe Boll in persona, che spiega con parole sue il senso del film e il motivo per cui l’ha girato, prima in tedesco e poi in inglese. Capite? Lasciate perdere la Madre di tutte le Didascalie: qui abbiamo un film che dura 70 minuti e inizia con la stessa introduzione ripetuta due volte, in doppia lingua, come se non avessero inventato doppiaggio e sottotitoli. Grosso modo comunque, le intenzioni di Uwe erano di girare un film che mostrasse la quotidianità dei campi di concentramento senza l’appiglio morale del personaggio eroico alla Schindler/Il pianista/Benigni/Cruise o una qualsiasi falsa luce di speranza che alleggerisca le coscienze, ma per la catena di orrori che realmente era, per non dimenticare.
A questo seguono (terzo segnale) dieci minuti di interviste a quattro studentelli sfigati a caso costretti ad umiliarsi nel cercare di ricordare qualcosa che probabilmente non hanno ancora studiato, sputando strafalcioni di discrete dimensioni (tipo la povera anima in pena che dichiara “il nazismo fece circa mille morti”) ma che per la loro età significano poco e nulla. Il tutto è talmente avvincente e significativo che mi sono seriamente chiesto se non mi fossi sbagliato e avessi cliccato sui contenuti extra.
Infine al minuto 12 (su 70) parte il film.
E il film è esattamente ciò che Uwe prometteva. Niente trama, ma una serie di sequenze sulla routine dei campi di concentramento girate per lo più con stile duro e fotografia grigissima, e con tutte le facili bastonate emotive che vi possono venire in mente: l’arrivo della carovana di ebrei con la bambina che piange, soldati che si comportano come operai annoiati, vecchi scheletrici nudi, due (2) sequenze di morte nella camera a gas, un bambino sparato senza motivo, due generali che discutono di come liberarsi dei cadaveri come se stessero parlando di smistare gli eccessi di spazzatura, rallenty, replay del bambino sparato, musica drammatica, e ovviamente Uwe che fa la guardia mangiando un panino. Tutta la violenza ricattatoria e inutile di The Passion of the Christ, con l’aggravante della storia vera.
Come per la recensione di Darfur, è difficile capire quali sono i parametri giusti con cui valutare ciò che si ha davanti.
Se si riesce a fingere che non si tratti della ricostruzione di gravi e delicatissimi eventi storici, è un’occasione come un’altra per sottolineare che Uwe Boll NON È il peggior regista dell’Universo: certe atmosfere dure gli vengono benone, e probabilmente se si limitasse a questo tipo di cose estreme e serissime (meglio se inventate) e si facesse aiutare da uno bravo per le sceneggiature gli uscirebbero film decenti con più continuità.
Se non si riesce a fingere che non si tratti di una storia vera ma si ignora chi sia Uwe Boll, ci si trova davanti a un film terribilmente pesante quanto moralmente ingenuo e sempliciotto, ma a suo modo sensato e coerente e non peggio di tanta altra roba tipo i film di Paul Haggis.
Se si conosce il personaggio Uwe Boll, il confine tra sincerità e provocazione diventa imperscrutabile, si sta più male per le comparse costrette a recitare certe cose che per i fatti che stanno rappresentando, e sentirsi offesi è un attimo.
Il tutto si risolve però al minuto 50 (su 70), quando di colpo il film finisce e si ritorna sugli studentelli dell’inizio. E ricominciano le interrogazioni agli stessi quattro poveri pirla, raggiunti da qualche occasionale pittoresco amico. Che proseguono fino alla fine dei 70 minuti, senza un solo frammento di interesse che sia uno, anche involontario.
E allora diventa lampante che Uwe non era riuscito a girare tutto quello che voleva, si era trovato con 40 minuti di nulla spruzzati di violenza gratuita, e pur di avere qualcosa di vagamente distribuibile aveva deciso di pagare un pugno di ragazzini affinché accettassero di farsi umiliare culturalmente davanti a una cinepresa, per poi montare il meglio di un pomeriggio di riprese fino a raggiungere la durata minima da lungometraggio. Un breve filmato di repertorio di Hitler che sorride e gioca con una bambinetta bionda (per contrasto provocatorio!), discorso di chiusura ad opera dello stesso Boll sempre in doppia lingua per guadagnare tempo, stop e tutti a casa.
Insomma: siamo tecnicamente nel campo delle eccezioni non meritevoli, ma avevamo creato attesa e abbiamo pensato valesse la pena per completezza raccontarvi la fine ingloriosa di un progetto come la T.R.O.L.L., che sulla carta era da Storia del Cinema. Ma, visti i risultati, è il raro caso di film potenzialmente controverso che per una volta ha ricevuto tutto il silenzio che si meritava.
La prossima volta, Uwe, dai retta a me: ragiona a lungo termine, racconta di non averlo potuto finire perché ostacolato dal Governo o da sticazzi, tienilo nei cassetti per un 10/15 anni a farne crescere il mito, e infine ripescalo dal nulla spacciandolo come corto leggendario, o addirittura provando a raccogliere i fondi per finirlo, che tanto in quei 40 minuti non c’è un personaggio che sia uno e puoi completarlo praticamente come ti pare.
Però, se mi permetti, è incredibile che debba spiegartelo io.
Un volta eri il mago delle gabole finanziarie e delle trovate sensazionali.
Una volta facevi In the Name of the King con Jason Statham, Ray Liotta, Burt Reynolds e tanti altri attori famosi narcotizzati, e ora stai girando In the Name of the King 3 con Dominic Purcell (!) e i primi bulgari che hai trovato per strada.
Non ti riconosco più.
Ti saluto.
DVD-quote:
“
Neverforget”
Nanni Cobretti, i400Calci.com
Una rece cobritica. Con un sottotesto da oscar alla sceneggiatura. Mi inchino.
D’altronde fare troppa colazione con il Ciobar porta a degli eccessi di nappizzazione. Ovvero ti accorgi che la punta del naso tinta di marrone è una scelta, non un evento imperscrutabile. Traduzione: se sei ossessionato da film di (…), enormi o piccoli che siano, poi quando ti lamenti di averli visti e descritti, rischi di passare per quello che gli comprano casa/nappa a sua insaputa.
Il nazismo, poi. Piuttosto: Nappe roditrici 2. L’attacco delle nappe scistose. Questi sono film. Cioè, dai. Tra l’altro: l’esaltazione per Killer Joe conferma al 100% la bontà della mia tesi di sempre: ossia che qualcuno, qua, vi stia trollando su Michale Bay da anni. E l’ho capito solo io. Su suggerimento di Rabbi Harry, devo ammetterlo.
Penso che la sparizione dalla circolazione di boll sia da collegare direttamente all’estinzione del circuito noleggio dove i suoi primi film andavano fortissimo…oltre al fatto che ormai anche il più bimbominkia di sto mondo tramite l’internet meme’ sa per sentito dire che i suoi film so da evitare…
Proprio l’altro giorno di Boll ho visto il suo vietnam movie con vent’anni di ritardo “Tunnel Rats”. E, ohibò, a me è sembrato un bel film. Ingenuo, rozzo, ma sincero. Non fosse altro che è l’unico film sul Vietnam che abbia mai visto (e credo di averli visti quasi tutti) che mette sullo stesso piano – umano – soldati americani e vietcong. Neanche lo Stone di Heaven & Earth aveva avuto il coraggio di farlo.
E quindi, nonostante un film come “Auschwitz” non lo guarderei manco morto, per Boll ho del rispetto. Almeno tra tutti i cialtroni che affollano il cinema odierno è uno di pochi che cialtroneggia senza guinzagli.
A me di sto film non interessa nulla, però ho apprezzato Stoic, davvero un pugno allo stomaco. Questo sembra solo una masturbazione mentale, col pretesto di raccontare una realtà orribile senza davvero comunicare niente di niente (così The passion, uguale uguale)
E dopo aver detto la mia, vi segnalo una chicca trovata ieri fatta un gran bene: http://www.dailymotion.com/it?ff=1&urlback=%2Fvideo%2Fxyahuh_biting-elbows-bad-motherfucker-insane-office-escape-2_music#.UUeImzfheSo
Io il “CIAOOOOOOOOO!!!” sotto la prima foto l’ho letto pensando alla voce di PierPiero e sto ancora ridendo…
La gif dei Power Rangers è un capolavoro.
Comunque lo aveva detto anche prima di girarlo che voleva fare una specie di documentario, condito dal suo pallino di dimostrare che i tedeschi sono imbecilli. Ognuno ha le sue fisime!
Quello che lo ha ammazzato veramente è stato il brutto dittico House of The Dead/Alone In The Dark venuto fuori proprio durante l’esplosione dell’Internet “trollone” e così tutti lo hanno bollato(-__-) come quello che fa i film dimmerda.
Ma i film precedenti non sono così male(si hanno un voto di merda su imdb ma sono dei normali b-movie, meglio di quelli che ora tutti ci si fanno le seghe sopra), e pure Bloodrayne e In The Name Of King sono due cazzatelle innocue, forse di brutto brutto c’è rimasto solo FarCry.
L’altra roba va dal mediocre in su, film ampiamente rivalutabili pieni di maestria artigiana, eppure è sempre Uwe Boll quello dei film di merda.
E spezzo una lancia a favore In The Name 3, sicuramente c’era qualche clausola residua da Bailout(che se aspetta ancora un po’ esce a crisi finanziaria finita)… bisogna credere Nanni!
@anakin: tutofado! pierpiero… muahuahuahua
io invece sto in crisi per l’ultima gif. ma veravemnte i pauèrrengè si muovevano così, alle volte?
Vabbè che + razzisti dei power rangers non ce n’era: la tizia era rosa con la gonna, la cinese era gialla e il nero casualmente aveva il costume nero.
Il link di Munky è qualcosa di estremamente pregevole
Secondo me Boll quando vuol fare film seri e seriosi (tipo Stoic, Darfur o Tunnel Rats) dovrebbe proprio cambiare nome e tenersi Uwe Boll quando fa le cazzate tratte dai Vg.
Uscisse ORA un Rampage ma avesse un altro regista, penso che molti griderebbero al miracolo
@ blueberry: non si muovevano così alle volte, si muovevano così TUTTE le volte
(ciao sono Anakin e da bambino guardavo i power rangers, ora sono pulito da 20 anni ma il ricordo di quei giorni bui ancora mi perseguita…)
Non ho capito se il tutofado si riferisce a me, a te o a PierPiero, comunque felice d’averti fatto ridere
Bomba il link di Munky.
E dire che è “solo” il video musicale del gruppo di sottofondo!
Frallaltro mi sono accorto stamane che c’è pure una parte 1: http://www.dailymotion.com/video/xyaih4_biting-elbows-the-stampede-insane-office-escape_music#.UUheAzfheSp
“con l’aggravante della storia vera.” vale tutta la recensione.
Chissà se il nostro Uwe Boll conosce Men behind the Sun.
Ci starebbe una vostra recensione, su tale “film-verità” con tanto di vera autopsia sul campo di concentramento (e di sperimentazione) giapponese U731.
Sapevatelo!
E se lo sapevate, recensitecelo! ^___^
No beh, come ho sempre raccontato esistono due tipi di Uwe Boll: il mediocre e noioso professionista che si sforza di fare film vendibili normali (In the Name of the King, Bloodrayne) e il pazzo furioso con una sfida da vincere (Postal, Rampage). Ed e’ quest’ultimo quello che va tenuto d’occhio. E piu’ e’ incazzato, meglio e’. Ma qua si e’ lasciato fregare dalla fretta.
@zartagnan: abbiamo fatto da pochissimo Orozco the Embalmer, che bene o male raccoglie tutte le nostre riflessioni sul genere:
http://www.i400calci.com/2013/02/how-i-met-your-maker-gli-shockumentary-di-tsurisaki-kiyotaka/
@anakin: FORZA INTEEEEEEER
nanni non toccare tasti dolenti pere favore
L’immagine finale mi ha ucciso.
@ Nanni: ma era quella l’intenzione o ho lavorato troppo di fantasia (io in ogni caso continuo a riderci sopra, con quella faccia, quei tatuaggi e la voce di PierPiero)
mi sono dimenticato il punto di domanda
Ecco, perché è giusto ricordare che identificare Boll solo con BloodRayne e Alone in the Dark è ingeneroso e che Postal caca in culo ai tre quarti delle commedie horror/splatter/scorrette degli ultimi anni anche solo dal pdv della scorrettezza.
È anche giusto ricordare che come fa film di merda Boll non c’è nessuno, eh, e lo dico in senso buono.
Rampage è un ottimo film!
@anakin: no, l’intenzione non era quella ma ormai gliel’associo pure io…
@enea: lo e’, e finora e’ il suo migliore
Bella rece!
Appunto su The Passion: al limite la violenza è ricattatoria solo se credi che la storia sia vera.
Besos
@rusti il clown: grazie! E certo, ma temo che per Mel Gibson (come qui per Uwe Boll) il senso del film stesse proprio li’
<> (Joe Bastianich)
Sono tre anni che me lo tengo dentro: SCRIVIDADIO, riusciresti a recensire la mia lista della spesa e tenere desta l’attenzione fino a “rotelle haribo alla cassa”. Stima, tanta.