Welcome to the punch! BENVENUTI AL PUGNO! Non sembra un titolo bellissimo? Non sembra il titolo di un film che si apre con un annunciatore dalla faccia emaciata vestito di solo sangue mentre su un palco annuncia la rissa più grande di sempre e tutti iniziano a menarsi fino alla fine senza soluzione di continuità? Una roba tipo Fight Club ma senza metafore, solo vita vera; una roba tipo il nostro film preferito, Welcome to the Punch – Le botte senza fine, il primo film diretto da tutti i più grossi attori del cinema moderno. Sarebbe bellissimo, no? Ci pensate allo sprecare un titolo del genere per un film non di pugni? Che cosa orrenda, che terribile errore, che grandissimo spreco di titolo più onesto della storia del cinema. Inutile dirvi che tal sogno di gloria è annegato nel dispiacere quando s’è deciso di utilizzarlo per un thriller di sparare piuttosto regolare e, sentite questa, senza nemmeno avere un significato particolare. Capito? Non vuol dire un cazzo in alcun contesto e l’hanno usato lo stesso. Sono sconvolto, non so che dire. Tra l’altro, e su una nota più seria, bisognerebbe scrivere una cosa lunga e ponderata sulla questione titoli e capire l’idea dietro certe scelte e nel frattempo iniziare a chiedere ai registi il perché di certi titoli, il significato dietro a parole che ai nostri occhi sembrano buttate lì a caso. Ad esempio, il “punch” a cui ci si riferisce qui e che non è né un pungo né un drink viene menzionato nel film due volte, di cui una per iscritto, e non è nemmeno chissà quale cardine narrativo da meritarsi una menzione così speciale. Non vi dico cos’è perché fa parte di tutta la risoluzione finale di cui non voglio giustamente dirvi niente e, anzi, non leggete nemmeno le varie sinossi ufficiali perché praticamente raccontano tutto il film tranne il finale. Un cazzo di riassunto che mi ha fatto girare parecchio i coglioni perché quello che doveva essere un normale svolgimento della trama ha finito per sembrarmi un brodo allungato di una storia che sapevo già. L’unica cosa che non sapevo era il finale, ed è un finale del cazzo.
Welcome to the Punch è un thrillerone inglese scritto e diretto da tal Eran Creevy che dopo un debutto in piccolo stile è salito di livello guadagnandosi un cast di qualità e una distribuzione decisamente più ampia. Con “cast di qualità” si intendono gli unici due attori che non siano presi dalla tv e dal solito circuito di attori inglese che sembrano popolare qualsiasi produzione locale. Fate un gioco, prendete una coppia di film inglesi a caso, fatelo due o tre volte e scoprirete che nel cast principale avranno tutti almeno un attore o un’attrice in comune, è pazzesco ma, se non altro, significa che là le produzioni funzionano, che gli attori lavori un casino e che anche le produzioni più modeste possono permettersi cast di qualità. Forse questo può anche voler dire che là gli attori vengono pagati una miseria e quello che un americano guadagna con un film loro lo guadagnano con cinque, ma io sono un pessimo ottimista e mi piace pensare che l’Inghilterra sia il paradiso della produzione cinematografica. Comunque, James McAvoy e Mark Strong sono le star della situa, entrambi molto bravi, entrambi solidi e precisi nel tirar fuori il meglio da una sceneggiatura piuttosto derivativa che gli va contro da tutti i lati. Trama in breve e poi ne parlo: McAvoy è il poliziotto azzoppato e tormentato da Mark Strong, cattivo che fa il cattivo e che un giorno gli sparò senza ucciderlo, lasciandolo appunto zoppo e costretto a succhiarsi liquidi dal ginocchio ogni mattina per il resto della sua vita. Non andategli a parlare di sfiga, lui sta peggio di voi. Succede che il figlio del cattivo che fa il cattivo fa un casino facendolo uscire allo scoperto dopo anni di latitanza, le cose iniziano ad andare a male e McAvoy scopre un intreccio molto più ampio di quello che credeva. Fine, stop, non andate a leggere un cazzo di nient’altro e non andate a vedere il trailer. Lasciate che la storia si racconti da sola, perché è una buona storia, anche se con un sacco di problemi.
Partiamo dalla cosa minore, la derivazione: qualsiasi cosa sia presente un thriller da prima serata o un poliziesco di Hong Kong qui lo troverete. Doppi giochi e non fidarti di nessuno, passati oscuri, cattivi con più morale del previsto, piangere la morte del collega ammazzato, telefonate tattiche, caffè nero dal bicchiere di carta, cose di questo tipo, cose che, se messe bene, funzionano. Qui lo fanno fino a un certo punto, lo fanno finché c’è da costruire una situazione adeguata da cui far esplodere la storia, ma falliscono quando devono raccontare i protagonisti che mancano di qualsiasi background e giustificazione nonostante questi vengano sempre dati per scontati. Il personaggio di McAvoy ci viene presentato come “ossessionato” da quello di Mark Strong, ma non ci viene detto perché e si passa subito all’azzoppamento quando è evidente che un passato ci sia e sia anche importante per comprendere il personaggio. Strong invece è cattivo e tutto quello che si sa di lui è che nella vita fa il cattivo. Non si sa di cosa, per cosa, in che cosa, ma fa il cattivo. Lavoro: cattivo. Non ci viene detto nulla dei suoi movimenti criminali ma sono loro ad aver messo lui e suo figlio nella posizione che li porterà a mandare tutto all’aria, quindi perché non perdere due minuti per spiegarli? Il film è girato bene e con un ritmo serratissimo in cui si spara tanto e spesso e sbava solo in una scena con del ralenty messo a casaccio, è fotografato con precisione e con un senso dell’inquadratura che fa la differenza tra il cinema del cazzo e il cinema meritevole ma è evidente come Creevy non sia uno in grado di fare tutto da solo e che abbia sacrificato del talento narrativo per pompare quello registico, finendo per scrivere bene quasi ogni scena incastrando dialoghi e azione nei posti giusti ma dimenticandosi dei concetti di “premessa” e “passato”. Il ragazzo però ha il talento del ritmo che è cosa rara e non bisogna mai buttarla via, quindi io mi siedo qui e aspetto che si faccia scrivere qualcosina di più carino da altri o che almeno si faccia aiutare mettendo da parte l’ego da sceneggiatore per potervi poi dire “ve l’avevo che quello era bravo” quando diventerà ricco e famoso.
Come anticipato il peggio arriva sul finale dove tutto l’intreccio si risolve in un monologo spiegone decisamente sbrigativo e non ispirato e scazza in maniera gigantesca che un film tutto sommato godibile e a tratti bello sia rovinato da un finale buttato lì e una scrittura a tratti distratta. È comunque un thriller nella media che fa quello che deve fare senza scomodarsi più di tanto ed è pure meglio di molte altre cose, piuttosto adatto per passarsi una serata diversa dal guardare il solito filmetto del cazzo in televisione che si conosce a memoria, basta non farsi prendere dalla smania critica o fate la mia fine e non vi godete un cazzo. Affrontandolo senza aspettativa potrebbe pure sorprendervi, però forse dovevo scriverlo all’inzio.
DVD-quote:
“Imperfetto e scritto maluccio ma pur sempre meglio di Dead Man Down”
Jean-Claude Van Gogh, i400calci.com
Visto poco fa. Mi stavo giusto chiedendo: recensiranno prima questo o le botte secche e micidiali e super eleganti a livelli MAI visti di The Grandmasters ? grazie per la risposta.
Certo che fare scene d’azione con McAvoy è quasi più Maccosa della cattiveria associata a Goslyn. Male, siamo messi. Molto male. Con questi attorucoli che andrebbero bene per film in costume a corte, vestiti da principini o cortigiani del re.
Sposo peraltro in pieno la rece.
Cordialmente, Ciobin.
ciao.
ok, sì, preso nota di tutto (con consueta diligenza), ma… “colpo di tuono”, lo vado a vedere o no?
grazie di tutto :)
John
siamo dalle parti di The Sweeney (che mi era piaciuto)?
Ne avevo letto qualcosa giorni addietro e insieme all’idea che mi ero fatto, ritrovo tutto nella rece. Ho pensato anche “ci sarà dentro un sacco di Londra e tutto quel blu fa veramente male agli occhietti”.
Qualcuno rimandava anche a The Sweeney che non ho ancora visto, come questo, ma non ricordo a che titolo.
@ciobin: per tua curiosità, il motivo del ritardo su The Grandmaster è che l’ho visto
@ryan: se anche lo fosse, nel cambio McAvoy/Winstone ci si perde di default…
@john maccosovich: intendi “Rombo di tuono”? Si’, tutti e tre alla grandissima
The Sweeney non l’ho visto e secondo me ci sono più morti ammazzati qui che in The Grandmaster. A naso eh.
grazie Nanni: allora settimana revival.
io però stavo pensando proprio a “colpo di tuono”: dovrebbe essere un giallino nuovo con Ryan Gosling e Bradley Cooper e stunt motociclettistici.
A me il noir piace, ma… sarà il caso?
Se non ne parlate qui allora devo essere prudente… parlatemene
John
@john maccosovich: si chiama “Come un tuono” e a quanto mi raccontano e’ un dramma che non ha nulla a che fare con noi.
mi piace tantissimo che il vero nome di Mark Strong sia Marco Giuseppe Salussolia, intanto perchè è italiano e fa sempre piacere, e poi perchè decidere di scegliersi come cognome d’arte ”STRONG” e poi interpretare sempre, o quasi, personaggi cazzutissimi, cinici e cattivi, è qualcosa di una tamarria e allo stesso tempo di una classe allucinanti. quest’uomo ha tutto il mio rispetto, ancora di più.
che poi già ce lo aveva prima il mio rispetto, mi è sempre sembrato la versione cattiva di stanley tucci!
ah no, no. leggo che non è un nome d’arte, ma il modo in cui la madre gli ha cambiato il nome all’anagrafe per aiutarlo ad integrarsi. vabè. figo comunque, anche se un po’ meno.
Mark Strong perpetua la saga degli attori e registi italiani che si cambiano il nome per fare i fichissimi merigani, con la differenza che loro lo facevano restando in Italia. Almeno Peppino O’meccanico è negli Usa, a Hollywood, e cioè proprio dove volevano stare i vari Larry Ludman e compagnia bella. Invece vai di cambio nome americano da attore di film porno e di tanta, tanta, stagnola.
@Nanni Uh. Non vorrai mica fargli fare la fine di The Raid ai Sylvester ? Capisco d’altronde che l’assenza delle smancerie amorose presenti in Drive (che se non erro aveva vinto) abbia un suo peso specifico :)
Autogol classico,prometti pizze nella faccia e poi non succede un cazzo.Neanche una sberla data per affetto.Le sparatorie che sostituiscono le pizze poi non suonano nella testa.
Perché non la smettono di copiare Michael Mann e Heat?Basta con la fotografia “guarda come ti copio i momenti introspettivi di De Niro e Petersen davanti alle vetrate coi colori freddi”.
“l’assenza delle smancerie amorose”
O parliamo di due film omonimi diversi, o il tuo sarcasmo fa progressi.
Comunque per farti piacere ho assegnato quello di Wong Kar-Wai al tuo amico Lu8.
Mark strong è italiano come io sono inglese. Ed è un fottutissimo grande attore.
Il padre è italiano ma ha abbandonato la famiglia poco dopo la nascita di Strong, quindi ha senso anche il cambio di nome. Resta il fa fatto che la faccia da italiano ce l’ha tutta. Gli voglio molto bene e l’ho amato in maniera eccessiva in Tinker Tailor Soldier Spy.
sì ha la faccia da italiano un pochino (prima volta che l’ho visto, in Rocknrolla, mi pareva Andy Garcia/De Niro inglese) ma quell’accento lì e quella voce che ha sono inglesi al 200 per 100…
Dopo Rocknrolla e Tinker Taylor Soldier Spy può fare quello che vuole Mark Strong, uno dei pochi a salvarsi anche in robin hood
Ecco appunto vado a rivedermi Rocknrolla che è meglio…