Che poi equivale a dire “Finiti i cinesi Chen mena anche gli occidentali” in un film in cui il personaggio si chiama Tang Lung. Ma non siamo qui per sottilizzare.
Il numero di oggi è a quattro mani, per spezzarvi meglio.
Mettetevi comodi.
Il pezzo di Jackie Lang
Il primo film di Kung fu ad essere girato in un paese non asiatico è ambientato a Roma e solo parzialmente girato in loco (gli interni si sprecano, anche per fare alcuni esterni), come tutti sanno culmina con un combattimento dentro il Colosseo (che poi in realtà è tutto fondali dipinti e solo un pugno di scene para-psichedeliche girate davvero dentro il Colosseo) e ha il suo culmine nella barba e nel pelo di Chuck Norris presenti nello stesso fotogramma con il sosia dell’epoca di Darth von Trier.
Diciamolo subito: già nell’idea di Bruce Lee il film non era buono per il mercato occidentale, tanto che è uscito lì solo dopo la sua morte (ed è stato comunque un successo). La trama si fonda sul contrasto di culture e non è priva di screzi agli occidentali o momenti che si comprendono meglio conoscendo abitudini e modo di pensare orientale (all’inizio dello scontro con Chuck Norris, il campione occidentale, Lee gli strappa i peli del petto, una caratteristica che i cinesi non hanno e che identifica l’uomo occidentale). In realtà la storia non è diversa da un melodrammone italiano anni ’40: c’è l’emigrazione, la lontananza da casa, i problemi di integrazione per colpa della mafia italiana, l’attività più tipica (il ristorante) e l’arrivo del retaggio culturale, incarnato da un uomo in abito tradizionale che non parla una parola di inglese, a risolvere tutto a suon di calci e a strappare i peli dal petto degli occidentali.
Che il film non sia all’insegna della pace tra culture diverse lo si capisce immediatamente, da una delle aperture più significative tra quelle dei film di Bruce Lee (vi ricordo che questo è l’unico anche diretto dal maestro dopo aver litigato con Lo Wei, il regista delle opere precedenti). Un primo piano di Bruce, con la classica espressione tra lo spaesato e l’annoiato che poi farà la fortuna di Jackie Chan, si allarga fino a svelare come sia in mezzo ad occidentali, all’aeroporto di Fiumicino, indeciso su cosa fare con una signora che lo guarda fisso da pochi centimetri in cagnesco. Seguirà una gag in cui non riesce ad ordinare quel che vuole in un ristorante perchè il menù è tutto in caratteri latini (e perchè da noi non si ordinano mille cose ma una sola) e finalmente l’inizio del film vero e proprio. Dunque per circa una decina di minuti non si mena nè si manda avanti la storia ma si introduce, praticamente senza dialoghi, l’idea di un ambiente ostile allo straniero.
Quel che succede dopo è ordinaria amministrazione: un ristorante è maltrattato dalla mala che vuole farlo chiudere e Tang Lung è stato mandato ad “aiutare” (ogni volta che leggete “aiutare” pensate “menare”, io ho fatto così). Dopo le classiche dopo 2-3 scene in cui non interviene il drago sbotta quando la sua arte marziale viene screziata da panzuti scagnozzi. Perchè va bene ricattare, menare e distruggere il locale dello zio, ma cazzo gli insulti all’arte marziale no!
Di lì in poi una trama non esattamente cristallina, e non proprio montata alla grande, racconta la lenta presa di coscienza da parte della mala di avere di fronte un cinese incazzato e la successiva decisione da parte di un boss (la cui figura e il cui arredamento ispirerà mezzo cinema di Bud Spencer e Terence Hill) di assumere tre avversari di livello da fargli incontrare secondo quel medesimo schema che sarebbe stato concretizzato meglio in L’ultimo combattimento di Chen. Quella struttura che oggi chiamiamo “videoludica”, fatta di avversari di crescente difficoltà, dalle caratteristiche diverse e da affrontare in schemi differenti.
Quel che davvero manca al film è però la componente drammaturgica. Se Dalla Cina con furore è un unico grande manifesto (come il boss ha già spiegato) L’urlo di Chen terrorizza anche l’occidente prende con decisione la strada dell’action comedy. Questo fa si che, benchè l’esigenza di Bruce Lee di mostrare la sua idea di fusione di diverse arti marziali e la maniera innovativa di utilizzare il fisico continui a crescere, il film è contaminato dalla maniera in cui ad Hollywood si utilizzano le location esotiche: quel misto di cartolinaggio e stereotipi tesi ad esaltare la cultura di provenienza del film e a confermare la superiorità, soprattutto morale, dei protagonisti.
L’esigenza di farne un film di maggior intrattenimento e il tono da commedia rendono L’urlo di Chen profondamente differente rispetto ai precedenti, mancando quell’elemento seriamente drammaturgico e l’utilizzo delle arti marziali come metafora di un riscatto umano (o addirittura di un fare anarchico/rivoluzionario come per l’appunto il finale di Dalla Cina con furore). In questo caso l’esigenza di una trama estremamente semplice fa finire il film dalle parti del farsi giustizia da soli e del cavaliere solitario che si batte per un indeterminato quanto generico “bene” (ho cercato sul Dizionario del Cinema Che Conta – Cobretti 2013 alla voce “similitudini con la figura del cavaliere solitario e ho trovato” questo e questo). Per questo poi la parte terminale del film appare come nettamente separata dal resto, una serie di scontri a sè, anche produttivamente girati in maniera differente.
In particolare il lungo scontro con Chuck Norris, fondato su 20 pagine di copione storyboardate e realizzato in 3 giorni di riprese (motivo per il quale non è realmente ambientato nel Colosseo come la scena in cui si incontrano), è il culmine di quel processo di asciugamento le arti marziali da ogni componente finzionale per giungere ad un’idea quasi documentaristica e didattica del cinema di combattimento.
Nel resto del film questa caratteristica emerge solo a sprazzi attraverso qualche massima e spiegazione dello stesso Bruce Lee, perchè per il resto sequenze serie (riprese al ralenti) si alternano ad altre più grossolane in cui l’arte marziale è sostituita da un po’ di botte da cartone, mentre l’incontro finale, sebbene privo della carica drammaturgica degli equivalenti di altri film, ha una concretezza e una fisicità completamente diverse degne d’esser definite “cinema d’arti marziali”.
Insomma asciuga in sentimento, abbonda in tecnica, riprende da lontano dalla testa ai piedi, montando poco e attinge al cinema hollywoodiano per il resto: diventato anche regista Bruce Lee sembra assumere con maggiore decisione il compito di evangelizzatore delle proprie idee in fatto di combattimento.
DVD-quote suggerita:
“…io te carcio a carci ‘n bocca”
“finiti i cinesi Chen mena anche gli occidentali”
Jackie Lang, i400Calci.com
Il pezzo di Nanni Cobretti
Al primo film, record di incassi.
Al secondo film, record di incassi E capolavoro.
Al terzo non rimane che provare a fare tutto da soli.
Bruce Lee si libera delle sovrastrutture e si scrive una storia su misura: la sua idea è interpretare il personaggio di Tang Lung, giovane campagnolo cinese che sotto l’aspetto ultra-ingenuo nasconde un’abilità nelle arti marziali da fottutissimo killer. L’idea è di fargli girare il mondo un film alla volta, per difendere tutti i cinesi sparpagliati per il pianeta ma soprattutto per dimostrare la superiorità pratico-filosofica del Jeet Kune Do su tutte le altre forme di arti marziali.
Ovviamente Bruce non è scemo: il Jeet Kune Do è troppo nuovo e controverso e nessuno se lo inculerebbe: tocca chiamarlo ancora kung fu, spacciarlo per la massima espressione mondiale della cinesità e metterlo in contrasto/competizione con il rigido karate giapponese.
Ma senza Lo Wei a rompere i coglioni con la sua idea di film spettacolare, è finalmente possibile mostrare i veri dettami del Jeet Kune Do, così come papà l’ha fatto.
Innanzitutto, Bruce Lee è forse l’unico al mondo che, dopo aver raggiunto la fama con un film epico e serissimo, al suo esordio da autore vero e proprio traduce “presunzione” ed “evangelizzazione” con “buttiamo tutto in commedia”.
Ma dove il vero scopo di Lee entra in gioco è nei combattimenti, che diventano vere e proprie sceneggiature a parte: non si tratta di semplici coreografie, ma di vere e proprie storie dentro la storia, un mix strategico di scacchi e poker, mosse, contromosse, bluff, colpi di scena.
È in questo film che Bruce come mai diventa “come l’acqua”: devasta di prepotenza i più deboli, subisce, si adatta e contrattacca i più forti.
Dopo aver passato l’intero film a ridicolizzare scagnozzi improponibili, regalando al mondo la prima sequenza in cui vengono usati due nunchaku contemporaneamente, Bruce si trova davanti ai tre avversari finali.
Gli ci vuole poco per sbarazzarsi della rigidità del campione di karate giapponese (interpretato dal coreano Ing-Sik Whang), mentre per Bob Wall serve già “imbrogliare” con potenti e poco tradizionali colpi sotto la cintura.
E qui il colpo da maestro: in un mondo in cui ogni film di arti marziali si chiude con una mossa acrobatica spettacolare, dal calcio volante in su, la vera star di L’urlo di Chen, in quello che a tutt’oggi rimane IL combattimento della storia del cinema, è – fra tutto quello che poteva essere – il, ehm, saltello sul posto. Già nei film precedenti gli era capitato di infilarlo di soppiatto, ma è in questo che per la prima volta l’influenza della boxe guadagna il centro del palcoscenico, il cui picco è la sequenza al rallenty in cui il nostro schiva i ripetuti calci di Chuck Norris in puro stile Cassius Clay fino a quando è lo stesso Norris a sentirsi intimidito e prova ad imitarlo senza successo. È il vero tocco di spavalderia: non solo Bruce unisce tra di loro diversi stili tradizionali, non solo li mescola con mosse apertamente sleali come mordere o strappare peli dal petto, ma – sacrilegio massimo – unisce il kung fu con un’arte/sport al 100% occidentale.
Il film esce a Hong Kong il 30 dicembre 1972, battendo di nuovo ogni record di incassi.
L’adattamento italiano cambia Tang Lung in Chen: la cosa buffa è che in originale a chiamarsi Chen, stavolta, era il personaggio di Nora Miao.
DVD-quote:
“Imprescindibile.”
Nanni Cobretti, i400Calci.com
fantastico, il mio preferito tra quelli dell’Uomo Leggenda
ma non avete parlato dell’altra star del film!
http://4.bp.blogspot.com/_yPnFm595VQE/TMRSVVwQPEI/AAAAAAAAFAg/eQmUx0pQQPY/s320/pere-koniec-way-of-the-dragon-cat+(4).jpg
Allora.
Otto anni fa ho 15 anni. Mia madre e mia sorella vanno alla Scala a vedere dei balletti, roba cosi’.
Mio padre mi guarda e mi fa: “Controserata culturale?”
Il che significava pizza, rutto libero e film di menare.
Andiamo al videonoleggio sotto casa e mi dice: “C’era un film che si guardava sempre al cinema quando si bigiava al liceo… Ed il suo nome era “L’urlo di Cheng terrorizza anche l’occidente”.”
Morale: mamma e sorella tornano quando noi stiamo ancora guardando il film, esaltati come due ragazzini (io per forza di cose, mio padre nel vedere me ragazzino esaltarmi per una roba che ha esaltato lui da ragazzino). Le loro espressioni perplesse mi fanno ridere ancora adesso nel ricordarle.
Il combattimento tra Bruce e Chuck è il primo vero combattimento al cinema… Storico!!!!
PS Voglio una race del miglior film di Chuck Norris TERRORE IN CITTA!!!!
@federicosly: per ora possiamo offrirti questo:
http://www.i400calci.com/2010/04/arca-rissa-terrore-in-citta/
Due righe in più su Chuck Norris.
Alla sua primissima apparizione su grande schermo, è talmente legnoso e impedito che il suo amico e maestro Bruce Lee esordiente alla regia gli affida una sola riga di dialogo.
E sapete quale?
Bob Wall gli si avvicina e gli si inchina chiamandolo “maestro” e lui gli risponde qualcosa tipo “grazie Bob”. Bob. Il vero nome dell’attore, suo vero studente.
Capito?
Una sola riga di dialogo, e fa se stesso, costringendo anche Bob Wall a fare se stesso affinché gli uscisse più spontanea.
Ogni volta rido un quarto d’ora.
Devo correggere il boss.
La riga è: “Grazie bob……. è un mio allievo”
Che non cambia il succo della questione.
Nessun riferimento al cappottino di peli sulle spalle di Norris. Eppure sono rigogliosi e cotonati. Non resta che rivederlo:
http://www.youtube.com/watch?v=FUfuZJI9LK4
Quello che mi chiedo è: come mai era così peloso ? E perché dopo si è depilato ? Deve esserci stato uno spartiacque tra pelo e non pelo.
Altra nota: quando Bruce schiva i calci di Norris si sente ugualmente il sonoro del colpo andato a segno. ANCHE al rallentatore. Fateci caso. In pratica i calci di Norris hanno il sonoro dell’impatto incorporato anche quando vanno a vuoto.
Non è meraviglioso ?
Grazie a voi amici che mi avete fatto riscuoprire Bruce Lee.
Grazie Jackie.
La mia teoria è che per girare quella scena, pur di farlo parlare, in realtà l’abbiano invitato a cena senza dirgli nulla e filmato il suo arrivo.
Sicuramente è andata così e lui non si è accorto di nulla nemmeno quando hanno cominciato a menarlo e ha risposto. L’hanno dovuto fermare solo prima che ammazzasse i presenti.
E poi gli hanno dovuto portare un piatto di bistecche.
@NanniCobretti Grazie Nanni!
Oltre al combattimento con Norris e il doppio nunchaku rotante mi permetto di sottolineare il sidekick PERFETTO che tira nell’addestramento sul retro del ristorante (altra location di menare omaggiata dal film Dragon).
http://www.youtube.com/watch?v=uCPc8nHUv7s
Anche a me tutta la prima parte ha ricordato i film di Bud Spencer e Terrence Hill (ma quanto erano più fighi quando si chiamavano così?), specie per il modo in cui ci si sbarazza delle armi da fuoco con delle specie di dardi che escono fuori sempre al momento giusto e quello spiegone già telefonato che viene letteralmente urlato per ben 3 volte in faccia allo spettatore.
Dal punto di vista del JKD qua le uniche lezioni a voce vengono la prima volta che Chen va ad assistere agli allenamenti dei camerieri nel retro del ristorante, quando alle rimostranze di uno di loro (cinese) che non voleva imparare il karate perché arte marziale giapponese gli dice chiaro e tondo che se può servire in una “zuffa” allora non si deve andare tanto per il sottile. L’altra è più tecnica riguardando il modo di caricare i colpi per renderli più potenti e se non si è un minimo preparati non credo che si capisca.
Mi ha fatto piacere rivedere il viscido interprete del film precedente impegnato qui a fare il finocchissimo capo dei bravacci vestito in maniera improponibile e Nora Miao che ha una doppiatrice con una voce stupenda.
Norris ha una camicia che trasuda “anni ’70” ma chi vince il premio meglio vestito è uno dei camerieri durante il brindisi per il capodanno cinese con il suo completo giacca e cravatta a righe blu e azzurrine.
Comunque a me il convento mi ha passato la versione senza tette, anche se avevo capito che con una che ti abborda in maniera così esplicita mentre sei in compagnia femminile per giunta non era cosa di andare a prendere un gelato da Giolitti. Ma alla fine trombano oppure lui rimane con quella faccia stupita e va via?
Comunque che magone oh, praticamente con la prossima settimana abbiamo già finito.
Cavoli ragazzi, questo speciale Bruce Lee è bellissimo, ora recupero gli altri vostri post. Mi avete fatto tornare bambino! Dei film di Bruce Lee ricordo davvero poco, solo le scene storiche… e mio cugino che cercava di imitarle…
Direi che è arrivato il momento di rinfrescare un poco la memoria!
Lui fa la faccia spaventata e si nasconde in un armadio. Non si sa come esca di lì. Ma nella scena dopo cammina fischiettando con la giacca sulla spalla.
Io so cosa mi piace pensare.
Ma ricordiamo anche le immortali perle fra i dialoghi:
Scagnozzo (seduto al tavolo come un normale cliente): “Vorrei uno spezzatino cinese.”
Cameriere: “Scusi?”
Scagnozzo: “Come? Vorresti dire che non sai cos’e’ uno spezzatino cinese?”
Cameriere: “Ehm, no…”
(lo scagnozzo gli alza il braccio e gli tira un colpo di karate nel costato)
(in originale ordina “chinese spare ribs” = costolette cinesi)
Ma anche Wei Ping-Ao che alza il telefono per ingaggiare Chuck Norris:
“Centralino? Mi dia l’America. Quella del nord. Ma si’, gli Stati Uniti d’America!”
di tutti i film di lee è forse il piu brutto, sarà che a roma non gli vengono bene i film degli stranieri
@Ryan Gossip: vero! Mitico il gattino a fare da contrappunto al duello.
E’ il film di Lee che ho visto più volte e lo considero un gioiello proprio perché ha delle cadenze da commedia, che almeno da ragazzino me lo facevano preferire agli altri, ai miei occhi in difetto non in quanto drammatici, ma melo-drammatici. Oggi comunque gli altri li dovrei rivedere tutti.
A proposito, pur avendolo visto più volte giuro che ogni volta dimentico il twist finale in cui si svela l’identità del capo dei cattivi. Forse perché sono smemorato. Forse perché è decisamente assurdo.
A 10 anni ho incontrato il piccolo drago, a 18 il filosofo Krishnamurti, da cui Bruce prende ispirazione per la sua filosofia di combattimento. Non pensiero, non cultura, non metodo, il nulla per arrivare alla perfezione, anche “calcista”.
La differenza tra Lee e gli altri artisti marziali, e quindi il motivo per cui ancora oggi è un punto di riferimento, è il modo con cui affronta la scena. E’ evidente che ci crede, che lo fa con purezza e sincerità. E’ Bruce Lee, e ti sta dicendo “io sono questo qua, non imitarmi, sii tu Pincopallocomecazzotichiami e non me”.
IL combattimento poi, come dice Nanni, mette in evidenza un innocuo saltello al posto del solito colpo spettacolare; filosofia di vita, l’adattamento alle circostanze (e quindi non metodo, non obbligo, non catene restrittive) mostrato in modo sublime. IL saltello come metafora per affrontare la vita di tutti i giorni. Scusate il pippone, ora mi strappo tutti i peli solo per voi.
Non so come fosse il parlato originale, ma che SPOILER lo zio proprietario del ristorante cinese potesse comandare il traffico di droga MONDIALE mi e’ sempre sembrato un po’ eccessivo /SPOILER
@david: non ci credo che gli preferisci anche Il furore della Cina colpisce ancora, in cui a) entra in azione almeno mezzora dopo e b) i combattimenti sono la meta’ sia in numero che in qualita’
@tommaso/calvin: c’e’ da dire comunque che il twist (SPOILER!) finale e’ assolutamente gratuito e ininfluente. Che cambiava se lo zio Wang veniva ammazzato da Bob Wall insieme agli altri due poverini piuttosto che letteralmente tre minuti dopo? Giusto uno “sticazzi” in meno.
@Nanni: ma infatti. Per altro a suo modo è comunque efficace perché contribuisce a quello strano tono amaro che ha tutto il finale, di un film che fino a lì era stato praticamente un film comico.
Comunque tutta la parte nel campo fangoso mi ha sempre dato l’aria di una roba improvvisata lì per lì e in tutta fretta.
Altra spettacolare differenza: in italiano, Bruce Lee visita Villa d’Este e davanti alle fontane critica “Ci si potrebbero irrigare cento risaie… anche di più”; in originale e’ “Al suo posto io costruirei un grattacielo e mi farei pagare l’affitto”.
Wow, praticamente il boom economico cinese previsto con 30 anni di anticipo.
L’influenza di Bruce è viva ancora oggi nel mondo della arti marziali e cinematografiche. Ancora adesso si contano all’attivo 3 film su un suo maestro, Yip man, 3 film commerciali che parassitano pesantemente sulla figura di Bruce. In Cina di maestri superiori a Yip Man se ne contano a migliaia ma solo su questo maestro di Bruce si idealizza tanto (per motivi commerciali visto che il Wing Chun, in alcune organizzazioni, sembra roba da testimoni di Geova con annesso il lavaggio del cervello).
Anche la persona meno attenta noterà in questo film un gioco di gambe(footwork) che non è presente in nessuno stile asiatico (dalla Corea, passando per Cina sino alle Fillippine), Bruce aveva praticato anche Boxe da ragazzo diventando campione (nel 1958) oltre che scherma.
Nessuno dei lottatori cinematografici moderni possiede quell’efficacia e quella mobilità di piedi (che in uno scontro reale vuol dire vincere come insegna Cassius Clay).
PS: consiglio il libro:Il tao del dragone. Verso la liberazione del corpo e dell’anima. In questo libro Bruce parla dei filosofi (da Socrate in poi) e li commenta dimostrandosi un interminabile cercatore di verità.
@Ciobin C
“Fateci caso. In pratica i calci di Norris hanno il sonoro dell’impatto incorporato anche quando vanno a vuoto.”
A scegliere, preferisco le automobili che fischiano i copertoni anche sulla sabbia.
Non è meravigliosissimo, l’effetto sonoro dinamico?
se non ricordo male il twist finale in cui (SPOILER!!!) si scopre che lo zio di Chen/Tang è il boss della mafia mondiale, è un’invenzione del doppiaggio italiano; nell’originale tradiva per questioni di soldi. L’ho sempre trovata un’aggiunta eccessiva.
Si esatto nell’originale lo tradisce per soldi. Era daccordo fin dall’inizio
Sì ma alla fine del film arrivano i poliziotti in Mercedes fa molto italiano…
Aggiungo che a Hong Kong fu il suo record assoluto con 5,5 milioni di dollari di incassi, superato 5 anni dopo da Jackie Chan (ma col biglietto d’ingresso quasi doppio). Bruce nn voleva che Chow lo vendesse in Occidente sapendolo un film inferiore ai nostri standard, ma dopo la morte del re il ciambellano fece come gli pare.ragione per cui il film uscì per ultimo dopo Enter the dragon, di cui fu spacciato come sequel in America. In italia uscì a gennaio 74, incassò circa 344 milioni di lire in prima visione, non un record ma buono. Infatti tornò in sala già a.maggio. Ciao