Anche gli israeliani sono violenti. Chi l’avrebbe mai detto eh!?
Big Bad Wolves ha un titolo che già ti vien voglia di scaricarlo mentre ti rechi al cinema e stai comprando il Blu-Ray dal cellulare, tutto insieme, quasi non vuoi sapere altro con un titolo così e, cosa rara, è anche un bel filmone grosso, incazzato e con il senso dell’umorismo dei tuoi amici più intelligenti, quelli che vanno in palestra e mettono anche gli occhiali.
Ma prima una canzone che non centra niente
httpv://youtu.be/1TL5nXMlLBw?t=35s
Chi è più attento si ricorderà che questo è (si schiarisce la voce) “IL FILM PIU’ BELLO DELL’ANNO PER QUENTIN TARANTINO”, il nostro l’ha visto al festival di Busan (noi invece a quello di Torino, che là dove c’è violenza in anteprima noi ci rechiamo), ed è già geniale di per sè che un israeliano faccia un film violento e spietato, un film di vendetta a martellate, e lo presenti nel paese della violenza e della vendetta a martellate.
Ad ogni modo, forse il film dell’anno non lo è, però cazzo se ne vale la pena, che visione liberatoria!
[CTRL + C] Aharon Keshales e Navot Papushado [CTRL + V] hanno interesse solo alla vendetta e alla maniera in cui, individuato un lupo cattivo, si scopre che c’è di peggio, sempre peggio, sempre di più. Si parte con il classico poliziotto dai mezzi spicci che indaga su un caso di bambine scomparse e sembra sapere chi sia il colpevole anche se gli mancano le prove, dettagli, l’apparentemente innocuo professorino di liceo (con occhiali) che pare essere il responsabile viene torchiato con un elenco del telefono arrotolato. Una cosa fatta per bene si direbbe, una cosa da lupi cattivi, almeno fino a che non entra in gioco il padre della prima bambina ritrovata (senza la testa), una specie di Mario Brega di Tel Aviv, leggermente più elegante nei modi e più spiccio nelle soluzioni.
I tre personaggi sono questi qui (a cui se ne aggiungerà un formidabile quarto a vendetta iniziata) e i loro ruoli girano molto lungo il film: vittime, carnefici, bastardi, prede e predatori. Come si diceva, il punto stesso di fare un film del genere è mostrare l’abisso della violenza umana, immaginate il Mario Brega di Tel Aviv, con un ovvio passato nelle forze armate, che ha per le mani il probabile omicida della sua bambina di cui ancora non si trova la testa, immaginate quanto gli possa interessare che sia solo “probabile” omicida.
Dentro il bosco (non è che i titoli li mettono a caso), ad un passo da accampamenti arabi (leggi: palestinesi) temutissimi dai lupi della storia (e che inevitabilmente si rivelano molto più tranquilli di quel che non si immaginasse), nello scantinato di una casetta in legno si consuma l’atto pratico del vendicarsi e di tutto ciò a [CTRL + C] Aharon Keshales e Navot Papushado [CTRL + V] interessa soprattutto la sua grottesca inutilità, quanto malmenare un occhialuto che “probabilmente” ha rapito e ucciso una bambina sia un esercizio che mostra molto di più la violenza di chi lo fa che quella di chi lo subisce.
Non sfugge a nessuno che (com’è normale in Israele) i protagonisti hanno tutti un addestramento militare, che vivono in un universo dove la violenza non è così impressionante e dove la sola idea di farsi giustizia da soli non impressiona chi li scopre. Il cinema americano sono decenni che ci fa vedere (per metafora, per iperbole, sgravando come può, con abuso di botti ed effetti speciali) quanto la società che lo produce abbia una confidenza innaturale con la violenza, [CTRL + C] Aharon Keshales e Navot Papushado [CTRL + V], vogliono mostrare alla stessa maniera un’idea efferata di vita che sia tutta loro e hanno la conoscenza filmica necessaria per prenderne le distanze (promuovere questo tipo di atteggiamento è un attimo a quei livelli) attraverso l’umorismo.
In questo (lo so che è abusato dirlo, che lo fanno tutti e che è l’arma più banale che si possa sfoderare, ma prima vedete il film poi mi dite se ho torto) non siamo lontani dalla maniera in cui Tarantino usa il suo umorismo. Intendiamoci: non siamo dalle parti dei film di Tarantino, siamo vicini alla maniera in cui nelle sue storie utilizza l’umorismo.
Insomma ci sta questo film che ha tutte le premesse che servono per comprarci facile e che ce la mette tutta per fare da quelle premesse un racconto serio e che ha il pregio di non voler imitare modelli lontani (per loro) come quelli americani o quelli asiatici. Big Bad Wolves non si svolge nei soliti 3 atti hollywoodiani, nè nei 4 dei film asiatici, è un film che procede di peggioramento umano in peggioramento umano, un fiume che scorre senza svolte predeterminate verso il peggio usando la violenza come barchetta e che si tiene solo un colpo di scena nel finale come concessione alla retorica del cinema. Io gli ho dato tutti i miei applausoni.
Soprattutto perchè [CTRL + C] Aharon Keshales e Navot Papushado [CTRL + V] sono persone serissime e di questo film pulitissimo eppure marcio dentro curano tutti gli aspetti, in particolare quello degli occhiali. Facendo riferimento ad alcuni manuali fondamentali contenuti nella Biblioteca Schwarzenegger della Cobretti Mansion posso assicurarvi che esiste una chiarissima corrispondenza tra la tipologia di occhiale portato e il ruolo nella catena alimentare della violenza e Big Bad Wolves lo dimostra. La vittima ha quelli senza montatura, tipici dell’intellettuale (AKA “chi ce le prende”), il poliziotto non ne ha perchè si illude che sia roba da nerd condannandosi così a darle prima e prenderle poi, il vecchio (SPOILER: è il padre del Mario Brega di Tel Aviv) ha quelli con montatura tonda da uomo d’altri tempi (AKA, “il ragioniere della tortura”) e ovviamente il Mario Brega di Tel Aviv ha quelli giusti, quelli della violenza vera (AKA “da macellaio anni ’80” oppure “da maniaco delle armi anni ’90”).
Ora lo sapete.
Dvd-quote suggerite:
“Pregare Geova non servirà a niente!”
“A martellate sui diti!”
Jackie Lang, i400calci.com
Errata corrige:
http://www.youtube.com/watch?v=lNSQTqNx3wk
!!
Me lo sono perso al tff, ma adesso me ne pento amaramente, mi hai messo una gran voglia di vederlo…
Praticamente prendi Prisoners e lo fai in un posto dove la gente pare abituata ad essere più cattiva
Steven: in realtà no, perchè non c’è la caccia ma proprio la fase di vendetta e poi le finalità sono diverse come del resto il tono ironico molto spinto che c’è qui
A me non ha convinto molto, soprattutto la parte nella cantina. L’ironia di cui si parla nella recensione l’ho trovata fuori luogo, non perchè non mi piaccia l’humor nero, anzi, il problema è che non ho riso a nessuna battuta: il 50enne che viene ancora sgridato dalla mamma, il pulotto che fa le faccette, il marito che ha più paura della moglie che di torturare uno sconosciuto, per non parlare della scenetta della torta con la canzone allegra (uao che contrasto!), mi hanno appesantito di molto la visione. Mi è piaciuto molto l’inizio e anche il colpo di scena finale mi è sembrato azzeccato, ma è proprio la scena centrale della tortura che secondo me non funziona. Forse è troppo lunga rispetto al resto del film, avrei dedicato 10 minuti in più alle indagini e ai personaggi, che mi sembrano un po’ buttati là. Tutti quei “ora ti torturo, no aspè mi suona il forno, il telefono, il citofono…” che forse volevano aumentare la tensione per me invece l’hanno smorzata. Peccato perchè ha sicuramente del potenziale e forse se vi fa ridere quell’umorismo lo apprezzerete più di me.
Che è peraltro una gran bella sorpresa, Prisoners intendo, e non capisco bene perchè non abbia posto qui. Invece di quella pagliacciata con la Bullock, per dire. Boh, gusti.
Vi considero responsabili per i gravi danni cerebrali che ho riportato in seguito alla visione del video postato da Aresio. Aresio che evidentemente è del focomelic club.
Anche a me e’ sembrato di leggere la rece di una versione piu cattiva di prisoners. Cmq mi hai comprato, si provera’ a recuperarlo
io non ho visto neanche prisoners, quindi nel caso me li vedo entrambi u.u
@Jackie: hai ragione, ovvio che non ha quel tono ironico. Proprio non ne ha bisogno. Però ci sono molte cose simili: stesso spunto, differenti tipi di violenza, presunto colpevole, girandola di vittime e carnefici che si scambiano i ruoli, gli uomini peggiorano, i ceffoni più violenti da veder dare che da veder ricevere, lupi cattivi che non sono tali. Da quello che leggo, pare che anche l’obiettivo sia molto simile. Certo, in uno si deve cercare e nell’altro vendicare, però non ti sembra che sempre di abisso in cui si spinge qualcuno, si tratti?
Forse qui si calca di più sul voler portare in scena un certo tipo di società rispetto a quanto faccia prisoners (che comunque lo fa)
Steven: Si certo, di quello si tratta è comunque un vengeance movie e comunque uno che ha a che vedere con figli rapiti (il che implica quasi sempre padri che diventano delle bestie, è così anche Un borghese piccolo piccolo del resto, con la capannetta nel bosco e le torture).
Tuttavia la cosa che secondo me dà grande forza a Prisoners è il tono generale, quel misto di disperazione, pioggia e recitazione di Gyllenhall molto sottratta e di Jackman molto pronunciata, il fatto che i due si contrappongano e che non si capisca chi agisca meglio dei due.
Qui invece sono uno peggio dell’altro, nel senso che ognuno rilancia le qualità peggiori dell’altro, quando credi che il poliziotto sia un bello stronzo, arriva Mario Brega, poi suo padre e via dicendo… E poi il tono, ovviamente, ha una presa di distanza molto forte, mentre Denis Villeneuve non è così distante da Jackman, in un certo senso quasi lo capisce, lo mostra come uno debole, disperato, distrutto, serio e vulnerabile nella sua ricerca, fino poi al finalone in cui apertamente parteggi per lui.
@Jackie: beh, le differenze ci sono eccome
ah e ovviamente lo recupero e me lo vedo
Si è chiaro che ci sono, ma per rispondere al tuo commento precedente in maniera più sintetica: credo che il vengeance movie con parenti e/o figli uccisi sia un genere di per sè, dunque per questo si somigliano un po’ (anche Blue Ruin, che è bellissimo, è così)
Bella rece jacky, la fotta addosso me l’hai messa, se riesco a reperire i sub in italiano me lo guardo.
Ecco, Blue Ruin mi ha convinto molto di più di Big bad wolves.
Oboewithashotgun: si anche a me, ma la differenza tra i due non è “abissale”. Stanno là, tra i migliori
Grande Jackie,
mi allineo e consiglio Policeman aka Ha-Shoter, poliziesco israeliano passato nel 2011 al Courmayeur Noir festival, per approfondire il lato oscuro di Israele, Tel Aviv, Tel Amort .
Be’, i due registi si erano già messi in mostra con Rabies, che male non era.
@venerabilejorge: siamo molto sul pezzo:
http://www.i400calci.com/2011/09/frightfest-2011-rabies-intervista/
Interessante la scelta di Gad Lerner nel ruolo del vecchio
Vabbé, mi aveva già “comprata” la dichiarazione di Quentin e adesso voi mi avete fatto venire ancora più voglia di vederlo :)
Ma il Mario Brega israeliano pronuncia anche la battuta “Gli ho dato un destro mbocca, m’e’ cascato pe’ tera come il profeta Elia?”
Ma di Navot ‘Papushado’ come candidato ai Jimmy Bobo di Dicembre nessuno ne parla?
film della madonna, per una volta tarantino in veste di “presentatore/fomenta hype/cazzi/e/mazzi” c’ha preso. In pieno.
Recuperato il BD grazie ai mega sconti di amazon, e appena visto.
Bello è, anche se sul finale perde un po’ di ritmo.