“Esimi colleghi, lettori, fancalcisti. Sarò breve”. Se a queste parole vi siete già cagati addosso dalla gioia di poter leggere una recensione del Miike lunga, articolata e straordinariamente verbosa, avete fatto bene. Perché la recensione di The Human Race sarà esattamente questo. Ma vi avverto: l’attuale peso delle vostre mutande non potrà mai competere con quello che andrete a leggere nelle righe successive. Quindi vi prego di mettervi comodi, recuperare una bevanda calda e prendervi più dei soliti cinque minuti. Il motivo che mi porta a dover iniziare questo eterno calvario recensorio è presto detto: The Human Race è un film che arriva a noi con sulla locandina la frase: “Battle Royale ha finalmente un degno successore”. Firmato: Brussels International Fantastic Film Festival. Iniziamo bene.
No, non mi metterò qui a fare parallelismi con la pellicola di Fukasaku . Di questi seghini pretestuosi a palmo aperto, sinceramente, la critica se ne é già fatti abbastanza in occasione dell’uscita di The Hunger Games. Non mi cimenterò quindi pure io nell’antica arte dell’eviscerazione del cult nipponico di turno con susseguente autorimirazione del buco del cazzo. Anche perché sarebbe davvero troppo semplice e la risolveremmo in fretta con un lapidario “The Human Race c’entra con Battle Royale esattamente quanto potrebbe centrare con Battlestar Galactica. Fatevi di meno”.
Tuttavia il paragone con Battle Royale rimane, ai fini di questa recensione, importante perché a scavare a fondo i due film hanno qualcosa in comune: provano a mettere in scena la condizione dell’uomo nello stato di natura secondo Hobbes. Stiamo ovviamente parlando del famigerato “Homo Homini Lupus”. Uno, insomma, dei temi più grossi e impegnativi che esistano da raccontare per immagini.
La premessa di The Human Race ci viene sparata in faccia dal primo secondo: devi correre. Se non segui le frecce del percorso, muori. Se esci dal percorso, muori. Se tocchi l’erba, muori. Se vieni doppiato per due volte, muori. Un bello scatolone insomma, dove ficcare <numero a caso> persone, costringendole a seguire regole senza senso atte a creare una condizione di stress e riprodurre artificialmente il summenzionato stato di natura (i cui gli uomini ritengono di essere tutti in grado di raggiungere i fini che si sono proposti e quindi finiscono col volere le stesse cose -nel caso specifico le cose da volere sono imposte). Nel caso di The Human Race le persone sono 80. E si trovano in mezzo al gioco senza sapere né il perché, né il per come. Vi ricorda qualcosa?
Cube è stato un film con un innegabile pregio: ha insegnato che è possibile realizzare un horror convincente eliminando completamente la caratterizzazione a monte dei personaggi. I protagonisti di Cube sono infatti definiti per specializzazioni (il poliziotto, il matematico, il ladro) esattamente come i membri di un party di un Gioco di Ruolo o, mutatis mutandis *risate sulla parola “mutandis”*, come nei film del Rat Pack.
Vincenzo Natali e le sue stanze bianche ci hanno insegnato che è possibile creare “empatia” anche senza prodursi in uno sbrodolamento indecente di informazioni. Se il film è ben diretto, se ha i giusti tempi, se -insomma- il regista è capace e la scrittura è intensa, si riesce a creare quel legame tra spettacolo e spettatore tale per cui ti dispiace vederlo crepare anche se non conosci il cognome di sua madre da nubile. Niente di innovativo, per carità: tutte regole che erano considerate lo standard del cinema horror anni 70 e 80 ma che, con la sindrome da pipa in radica che ha contagiato anche il cinema di genere (il genere giusto si intende), erano state dimenticate cedendo il passo alla caratterizzazione didascalica dei personaggi.
Volete un esempio? Pensate a La Casa e al suo remake: se nel primo i personaggi sono assolutamente privi di qualunque background “storico”, nel secondo questo è così esteso da magnarsi via una buona fetta del film. L’esempio peraltro mi torna due volte calzante perché dimostra che, nonostante l’ottimalezione data da Natali, il trend non solo non si è invertito ma si è anche amplificato. The Human Race, in questo senso, raggiunge addirittura livelli parossistici, rifilandoci non il solito inizio diviso tra “Un anno fa” e “I giorni nostri” ma ben DUE soliti inizi di cui uno del tutto inutile poiché finto (praticamente lo stesso escamotage, ma a inizio film, del primo finale a cui segue il vero finale. Il che, se ci pensate bene, non ha alcun senso).
In Cube veniva resa inoltre palese la possibilità di poter far impazzire letteralmente delle persone, ognuna alla propria maniera, senza doverci spiegare esattamente come mai a un certo punto ci si arrivi a parcheggiare le mani in faccia. Le cose succedevano perché lentamente si assisteva a una lenta ma inesorabile corrosione psicologica dei personaggi. Il principio è praticamente lo stesso dei film legati alle maledizioni, con l’unica, ma sostanziale, differenza che gli eventi che scandiscono l’avanzamento della narrazione non sono esterni (vedi le apparizioni in Drag Me to Hell o i segni premonitori di The Ring) ma interni (reazioni emotive estreme a stimoli sostanzialmente neutri).
E qui arriviamo a farci del male serio perché, al contrario di quanto si pensi, film come The Human Race, Cube e persino Saw non sono film che si occupano di “psicologia” ma opere che sfruttano la psicologia (unita all’antropologia e alla sociologia) per arrivare a trarre conclusioni filosofiche intorno al macro tema “Uomo/Umanità” (e qui so che molti di voi si cagheranno addosso per una seconda volta). Se piazzi gente a caso in condizioni estreme è ovvio che hai intenzione di raccontarne la tua visione dell’essere umano tout court nel suo essere animale prima che uomo (Race inteso come corsa ma anche Race inteso come razza).
Non vuoi fare questo tipo d’indagine? Non c’è problema, gira un film sugli scarafaggi assassini, sui fantasmi che fanno babau, sulla possessione della colf filippina. Ma per favore lascia perdere sociologia, filosofia e robe simili. I film sulla gente che si scanna perché impazzisce sono roba complicatissima che, se affrontati con cognizione di causa ma senza una scrittura più che in stato di grazia, rischiano di trasformarsi in un pamphlet cinematografico opprimente come un cockring (vd. alla voce The Experiment).
The Human Race, e il suo regista/sceneggiatore (il giovane Paul Houg), è al contrario un film che, di tutto questo, pensa “fottesega”. Privo di qualsivoglia lucidità d’intenti, prosegue nella sua ora e mezza costellato di metaforoni che oscillano tra il becero e l’incomprensibile, sviluppandosi a compartimenti emotivi stagni riassumibili così:
Paura
Evento X
Solidarietà
Evento Y
Follia e/o violenza gratuita
Evento Z
Spiegone finale, rivelazione del deus ex machina, svelamento del mistero (a cui aggiungiamo CGI pietosa e svaccamento senza ritegno).
Stiamo parlando di momenti che “accadono”. Ma non come centrare per caso lo stipite con il mignolino del piede mentre vai in giro in ciabatte che scatena un terremoto in paradiso (“il cosiddetto “Infradito effect”), ma proprio momenti randomi in cui, dal niente, la gente inizia a fare la matta mattissima. Insomma è normale che i topolini inizino a sbranarsi tra di loro se lo spazio in cui sono chiusi si rimpicciolisce e al contempo si alza la temperatura. Non è normale che questo accada se le condizioni ambientali, intorno ai topolini, rimangono sostanzialmente invariate. E in The Human Race non c’è nulla che giustifichi quello che si vede succedere perché nulla lo scatena. Il fatto poi di aver scelto come personaggi principali un amputato di guerra (interpretato da un bravo Eddie McGee che vorremmo vedere candidato come miglior Atleta ai Sylvester 2015) e due sordomuti è praticamente inifluente se non in termini del messaggione “insistisci che ci riusci”.
In termini di gore c’è davvero pochino da dire: i cadaveri sono molti ma muoiono tutti allo stesso modo che, diciamocelo, è anche un po’ noiosetto. C’è del sangue, e ce n’è parecchio, ma in questa totale mancanza di sospensione dell’incredulità ci si mostra per quello che è: innocuo succo di pomodoro.
Poche idee e confuse? Sì, decisamente, il che dispiace perché Hough è uno che la macchina da presa la sa tenere in mano in maniera decente. E che sa come dosare il ritmo (ad esempio durante l’intero spezzone dedicato ai sordomuti che, pure se totalmente privo di dialogo, riesce comunque a non annoiare). Siamo sicuri che, con una storia più piccola e meno esosa in termini di idee e senza i “filtrini” alla Alex Infascelli meets Gondry che ficca qua e là, potrebbe anche fare bene. Per il momento gli diamo un 5 con la riserva di interrogarlo la prossima settimana.
DVD-Quote Suggerita
Alla voce: una scatola piena di niente
Bongiorno Miike, i400calci.com
Mi chiedo cosa succederà quel giorno in cui a Miike verrà assegnato un probabile film merdoso che si rivelerà un capolavoro: cani e gatti vivranno insieme, terremoti, inondazioni, hugh grant negli expendables, signorini recensore dei 400 calci…ma forse sto sottovalutando l’onniscenza del Nanni.
Comuque bella bella rece Miike, se non altro mi hai invogliato a recuperare The cube di Natali.
@Miike piu’ e un film di merda piu’ la rece vale, grazie.
Si fa cagare proprio.I primi 10 minuti completamente inutili, le regole spiegate 1000 volte, poi il vfx della testa che esplode, minchia avevano solo quello? Cos’e’ un preset di nuke?
Vorrei specificare, non che dopo i primi 10 minuti ci sia qualcosa da salvare, ma tutta la parte dell’ospedale iniziale e’ veramente un maccosa accaso
“The Human Race c’entra con Battle Royale esattamente quanto potrebbe c’entrare* con Battlestar Galactica. Fatevi di meno”
*entrarci
#teamgrammarnazi
Ma dopo aver visto un film del genere sei perdonato a prescindere.
@GZ: Que vergogna. Corretto… grazie
Ecco, diobono, leggere roba interessante e sensata che non parta da riferimenti culturali stronzeggianti o elitari, è per questo che ogni tanto mollo le gif coi bocchini per leggere i 400calci.
Complimenti, torno alle gif.
il film dubito che lo vedrò, ma la premessa mi ha ricordato due bombette:
– La lunga marcia di Stephen King, uno dei primi romanzi che ha scritto e capolavorone tanto cazzuto quanto purtroppo poco cagato rispetto ai suoi titoli più blasonati (di cui molti a confronto sembrano delle bambocciate, leggetelo e ditemi se non è vero)
– questo video dei Prodigy:
http://www.youtube.com/watch?v=XQEBzauVIlA
@Darkskywriter: forse, poi ognuno di King ha i suoi preferiti.
@Miike: un’altra rece scritta con le palle!
@Benve: the Cube da vedere assolutamente, uno di quei film fatti benissimo che non hanno bisogno di aggettivi come “cult” o “capolavoro” per esistere felici.
Mio “fratello” dice che pure i cubesequel sono gagliardi, ma non li ho mai visti..
comunquel’utilizzo del verbo c’entrare/centrare e` un chiaro segno dell’imminente venuta di Cthulhu
la prossima volta che lo leggo sui 400 chiedero` al Syrian Electronic Army di appiccicare due palle con l’orchite sull’header
e` una minaccia
Sta recensione è total nerd e gay, davvero scrittura del cazzo. A parte poi appunto l’inserimento dei falli di plastica, che trovo davvero stupido.
Ok. Cercavo pareri su The Human Race in rete dopo averlo visto e sono finito qui.
Sinceramente a parte la scena in cui la ragazza e il tipo sordomuti si baciano, poi si prendono a martellate, lei finisce a terra, lui le leva le mutande, lei si sveglia, lo odia e lui si scusa fino a che non muore, che è fastidiosa, una cacata colossale.. dicevo a parte questa scena, secondo me il film è carino proprio per il suo essere incongruente nella narrazione, un modo irregolare ma cinico per raccontare visivamente un trip da rapimento alieno. VFX nella media. Fanta-splatter d’azione con alcuni spunti interessanti. CIao e grazie
Il film è guardabilissimo, certo non è un capolavoro ma è scorrevole nella sua semplicità, a tratti banale ma di certo guardando questi film non ci si aspetta un film da premio oscar.
Se dovessi dare un voto alla tua infantile recensione, do uno…. uno, come il fallo di plastica, quello più grosso che hai trovato e che ti puoi infilare su per dove sai.
Mai considerato questo sito e adesso lo metto anche nella lista nera, hai provato a fare recensioni sul porno gay? Mi sa che sei più portato…