A voi LE BASI, la rubrica in cui stabiliamo e blocchiamo le fondamenta del Cinema da Combattimento in modo da essere tutti in pari. In questo primo, imprescindibile round fisso settimanale percorriamo la filmografia di una delle colonne portanti del nostro credo, il glorioso John Milius, attraverso le opere più importanti della sua carriera, sia come regista sia come sceneggiatore. Buona lezione.
Un blockbuster americano per tutta la famiglia, con protagonisti una star come Sean Connery e un’ex modella come Candice Bergen, in cui Teddy Roosevelt (tra i 5 presidenti più amati della storia americana e non me lo invento io) è un cretino e un capo tribù berbero (apertamente musulmano, uno che sale a cavallo montando sulla schiena dei suoi uomini e decapita che è un piacere) è una simpatica canaglia dotato dei tipici tratti da protagonista hollywoodiano? C’è stato un periodo in cui era possibile.
Questo non nega che fu un’impresa folle lo stesso (incassò la metà di un flop come La leggenda degli uomini straordinari) e se non ne avete mai sentito parlare questo è uno dei motivi.
Se invece ne avete sentito parlare è solo perchè, al di là di tutto, Il vento è il leone è uno straordinario film d’avventura. Non d’azione, non d’epica, ma d’avventura, genere rarissimo e prezioso di cui non si ha mai abbastanza. La differenza sta nello scenario, non un luogo noto ma una terra da esplorare con lo sguardo, non un elemento come un altro ma uno che cambia il significato di tutte le vicende e condiziona tutti gli eventi. Questa è l’avventura.
Dunque possiamo stare qui a discutere per giorni della raffinata visione politica (in realtà Milius ammirava Roosevelt, lo riteneva un personaggio perfetto, epico e pieno di difetti incredibili ma ammirabile, sebbene nel film esca malissimo), dell’audacia di un simile ritratto in un film di primo piano e della maniera in cui un reazionario come lui se la prenda con il proprio paese e la sua arroganza ma grazie al cielo non siamo quel tipo di gente.
Noi qui si parla di cinema.
Il fatto è che Milius si era fomentato leggendo della vera storia del rapimento di Ion Perdicaris da parte di una tribù berbera nel 1904, evento che spinse Roosevelt a inviare i marine in Marocco scuotendo uno stallo geopolitico (francesi, inglesi e tedeschi stavano lì in agguato). Ma di nuovo, sticazzi della vera storia, come del resto disse anche Milius che si innamorò dei caratteri e dell’opposizione dei personaggi e non dei fatti, tanto da seguire pedissequamente il modo di parlare di Raisuli desunto da mille biografie lette ma da cambiare interamente il personaggio fondamentale del rapito, Perdicaris, che nella realtà era un playboy mentre nel film è una donna ricca con tanto di bambini appresso (perchè vuoi mettere due uomini che lottano per una bella donna?? E c’hai ragione tu John!).
Raisuli rapisce Eden Perdicaris e i due bambini per tenere in scacco gli USA, li vuole fuori dal Marocco assieme a tutti gli europei, perchè quella è la sua terra. La mossa non è molto utile, anzi spinge gli americani ad inviare le truppe e, con l’accordo del sultano, fare prigioniero Raisuli conquistando potere nella nazione. Alla fine però sarà Eden Perdicaris con l’aiuto delle truppe USA a liberare l’uomo che l’aveva rapita per farlo partecipare al grandissimo e futile scontro finale tra Marocco, Germania e America. Non cambierà nulla ma sarà stupendo per Raisuli e per noi.
Dunque a spiegare Il vento e il leone con un minimo di audacia si potrebbe dire che è l’anello di congiunzione tra Lawrence d’Arabia di David Lean (di cui usa alcuni set mai smontati) e Indiana Jones, più una punta di Le quattro piume negli anni dell’eroismo nichilista: l’adesione al mondo arabo unita allo spirito avventuroso di un racconto esotico. Il deserto come un West aumentato, stesso luogo perduto d’avventure in cui tutto è possibile ma con più etica in un momento in cui l’epopea del West era nella fase di decadenza.
Ad ogni modo non voglio nascondervelo oltre: la violenza è sempre omessa in Il vento e il leone, a volte anche con una certa goffagine. Non che non ce ne sia nella storia, è proprio la messa in scena che la nega e la nasconde, gira la macchina da presa nel momento della decapitazione, guarda chi infilza la spada e non l’infilzato ecc. ecc. Nondimeno questo non impedisce a Milius di regalarci il primo schizzo di sangue sull’obiettivo della macchina da presa (ci vorranno decenni per arrivare all’iperpresenza odierna di questa soluzione) e di girare una storia in cui i bambini che vengono rapiti, vivendo con il protagonista, imparano ad uccidere all’arma bianca per la propria sopravvivenza e a nessuno dispiace.
L’obiettivo folle era farne un film davvero per tutti, con risate, amore, azione ma tenendo fermo il punto di vista duro e inflessibile di Milius. Così anche le sue consuete opposizioni logiche, quelle con cui si diverte, risultano più didascaliche del solito. In Il vento e il leone infatti ogni affermazione ha nelle immagini il suo contrario.
C’è il sultano che dice “E’ difficile essere un sultano!” mentre viene portato su un trono dorato, Roosevelet che accusa Raisuli di minacciare la proprietà degli Stati Uniti accanto ad un indiano americano (in due scene diverse) e via dicendo, ogni cosa contiene una contraddizione, come l’ammirazione di Milius per il presidente pieno di difetti che dipinge come un cretino.
A differenza di quanto accaduto in Dillinger, stavolta tra i due uomini che si ergono l’uno contro l’altro non c’è dubbio per chi il regista parteggi, sebbene proprio come in Dillinger entrambi siano idealmente uniti dal condividere una medesima battuta pronunciata in momenti diversi del film: “Ma quest’uomo non ha rispetto per la vita umana?!?” riferita all’altro.
L’idea forte di questa contrapposizione qui però è palesemente un’altra, cioè che Raisuli e Roosevelt si scontrino a distanza e con modi completamente diversi in un film che monta in maniera alternata l’uno all’altro. Il primo sulla sabbia a fare a spadate, salvare donzelle con un sorriso sulla bocca e la passione per la pugna e l’altro a prendere decisioni mentre fa propaganda con i giornalisti, impaglia orsi, scrive reclami alla Winchester e presenzia a ricevimenti.
Il bello di questo fantastico film d’avventura è che non è nemmeno privo di alcune lungaggini e momenti di stanca, ma con un protagonista come Raisuli e un finale come quello che si ritrova (la prima grande scena di massa di Milius, un delirio di fomento e piacere della guerra) chi vuoi che ci faccia caso??
Raisuli, con la faccia da schiaffi di Connery e l’atteggiamento di chi si esalta solo nella battaglia, uno che quando viene liberato per andare a combattere contro gente armata di fucile butta il suo e prende la spada, ridendo di gioia come uno scolaretto eccitato, è una forza della natura filmica. Cialtrone ed a tratti quasi comico, come spesso capita nei filmoni che ambiscono a prendere un pubblico ampio, entra in scena come un Dio, di spalle, calmo seduto accanto ad una fontana mentre infuria una scaramuccia, e poi però cade da cavallo. Il capo berbero che si paragona ad un leone lasciando a Roosevelt il ruolo del vento (“Io ruggisco con sprezzo ma tu non senti, tuttavia come il leone io devo rimanere al mio posto mentre tu non conoscerai mai il tuo”) e che si stupisce di non conoscere la marca di fucili usata da colui che, con una certa fierezza, identifica come il suo rivale (nientemeno che un Winchester!), sembra l’erede di Omar Sharif in Lawrence d’Arabia, unito all’arroganza indomita e coraggiosa dell’Auda Abu Tayi di Anthony Quinn nel medesimo film (quello che diceva fiero: “Quanti cannoni ha questa Regina Elisabetta?!?! Ditele che io ne ho ben 10!!”), una figura epica e fuori dal suo tempo, distrutto dal fatto che i princìpi che regolavano la guerra come la intende lui non esistano più nè abbiano più senso ma comunque determinato a seguirli in un’altra grande avventura.
“Grande Raisuli abbiamo perso tutto. Tutto è stato spazzato via!”
“AHAH! Non dirmi che non c’è qualcosa nella tua vita per la quale valga la pena perdere tutto?”
Dvd-quote suggerita:
“Ahmed Mulai al Raisuli il Magnifico, Signore del Rif, sultano dei berberi: l’uomo che vorrei essere”
Jackie Lang, i400calci.com
è l’unico film di Milius che ho odiato, ma davvero odiato a pelle. Sembra opera della sua caricatura immaginata dai sui critici, e tutti i suoi temi sono trasfigurati nel loro doppelgänger malvagio:
l’epica diventa retorica, la natura diventa cartolina, la maestosità diventa noia, l’avventura diventa WTF, Sean Connery diventa Banderas.
Concordo in pieno
visto in tv molti anni fa e me lo ricordo “controverso”, nel senso che sono sicuro di essermi annoiato e anche tanto, però c’era il carisma di questo personaggio (merito ovviamente anche dell’attore che lo interpreta) che non amavo ma nemmeno odiavo, semplicemente era bello seguire il suo genuino bisogno di battaglia e libertà
apro ( ma il nuovo trailer di godzilla proprio niente? chiudo )
Pellicola MAGNIFICA.
Al di là dell’impostazione hollywoodiana che stavolta Milus predilige, è il suo tocco epico a renderla unica, con i suoi spazi ampi e i momenti di puro romanticismo marziale, su tutti il rapimento della bambina da parte del cavaliere che la ammalia.
Pellicola veramente, veramente BELLA. recensione buona, ma qui , forse, si è fatto meglio, prima e con notevoli punti di contatto (!) (Un commento dell’autore, grazie!)
http://cinematografiapatologica.blogspot.it/2012/11/il-vento-e-il-leone-1975-di-john-milius.html
È vero, è retorico come non mai e gli Stati Uniti sono un popolo giovane e marziale pronto a prendere a pizze il mondo intero pur di difendere i loro interessi (cosa che poi in effetti erano davvero).
Come molti film di questo genere, mi sembra che il ritmo sia compassato, utile a fare vedere i paesaggi magnifici in cui si muove la vicenda che forse erano anche uno dei selling point di questi film.
Lo schizzo di sangue l’ho notato anche io e in generale però devo dire che che comunque questo film ha molta più violenza di roba contemporanea che si spaccia per intrattenimento per famiglie. E occhio perché questa mania di eliminare la violenza da qualsiasi comportamento o atto destinato al grande pubblico per me è una delle evidenze del declino culturale statunitense (e quindi anche nostro). Un’altra prova è il fatto che quel pacco sugli uomini straordinari abbia incassato più di questo film.
Comunque Teddy Roosevelt non ne esce così male. È vero l’ammirazione va tutta al nobile marocchino, predone gentiluomo consapevole che il suo tempo ormai è scaduto eppure deciso a non fermarsi, fedele a se stesso e alle sue regole morali anche a dispetto della realtà che ormai le ha messe all’angolo.
Però Teddy dall’altro lato è colui che incarna adesso gli stessi valori di Raisuli.
Marziale, amante delle armi e dello scontro fisico a lui sono comunque affidate le uniche battute di valore pronunciate dagli statunitensi nel film. Il paragone fra l’orso e la sua nazione e il piccolo monologo sulla solitudine dell’uomo al potere lo riscattano dall’immagine di picchiatello che poteva sembrare all’inizio. Tradiscono una consapevolezza del ruolo degli USA nel mondo e degli statisti in generale che va oltre la semplicistica contrapposizione finale fra soldati tedeschi e statunitensi.
A proposito ma in “Le basi” si parlerà pure di Rough Ridere, la miniserie del 1997?
Le due stagioni di Roma le prenderete in considerazione?
Ma l’inaudita arroganza di questo che non solo spamma il suo inutile blogghetto, ma si bulla pure che la sua rece è più bella della vostra insinuando addirittura il sospetto che l’avete scopiazzato? Pare ci sia chi non si accontenta del cassettino e vuole la cassa da morto.
Oh, calma & gesso che le accuse velate ce le hai viste solo te Darkettone.- Punto uno-
Punto due non era assolutamente mia intenzione spammare,ma offrire una comparazione su di un film di cui si trova scritto molto poco sul web, in fondo.
Tre (a margine) il blogghettino sfigato NON e’ mio.
Bung: sono lieto di vedere che ci piacciono a tutti i medesimi elementi di questo film immenso
Pillole: in realtà la mania di eliminare la violenza è ciclica. Ce n’era moltissima nel cinema fino almeno agli anni ’30, poi fu cancellata forzatamente e lentamente negli anni ’70 fu reinserita. Dopodichè di nuovo negli ultimi anni tende a diventare o iperbolica e quindi irreale (fumettosa) e innocua, oppure proprio ad essere eliminata. Tuttavia io non ne farei una questione di “oggi” ma di cicli. Anche questo come molto altro credo rispecchi quel che accade nelle società che poi di quel cinema fruiscono.
@bung: “recensione buona, ma qui , forse, si è fatto meglio, prima e con notevoli punti di contatto (!)”
se non è un accusa velata questa…
Tra l’altro un blog con sfondo nero e scritte bianche sarebbe da denunciare alla polizia postale.
Cmq anche questo me lo fece vedere il mi babbo con la forza, bellissino, cm bella la rece d Jackie. Rinnovo i complimenti per la rassegna, davvero una manna dal cielo per chi come me deve ancora studiare Le Basi. Grandi.
Io l’ho visto la settimana scorsa, dopo anni (mi sa che ero tipo deceenne) ed è stata una visione emozionante.
Impossibile non amare Raisuli, un uomo sconfitto sul nascere dal mondo che lo circonda, ma comunque determinato a combattere, a perdere tutto per seguire il suo sogno impossibile. Teddy fa davvero la figura dell’imbecille, ma a lui sono, come dice pillole, regalate le frasi migliori del film, che fanno capire quando lui e Raisuli siano simili, pur abitando ad un mondo di distanza.
I bambini che abbracciano la cultura berbera con gioia, i tedeschi cattivi, gli sbruffoni marines che fanno una fine del cazzo.
E per tutto il film una critica pesantissima, dissacrante e spietata a quegli stati uniti, che vanno in giro per il mondo a fare i bulli, per poi venire umiliati dal primo stronzo berbero armato di spada.
Questo film è splendido, davvero.
Al giorno d’oggi, penso che sarebbe impossibile firmare una roba del genere senza scadere nell’americanesimo più sfrenato. Solo un pazzo poteva parteggiare per gli islamici contro il suo stesso paese.
ad ogni modo anche in quegli anni di contestazione generale non fece un soldo
Bho, vabbe’… Tutti a fare i grossi coi blog altrui, sui blog altrui…
A posto, cosi’.. Se qualcuno col codone di saggina si e’ sentito offeso a posto dell’autore se ne faccia una ragione.
Io torno al lurkeraggio.
@Admn: scusate.
Suerte y Salud
Film enorme, uno dei capolavori totali di Milius.
Si respirano Avventura, Esotismo e Epica dalla prima all’ultima inquadratura.
Quando ero bambino negli anni 80 ricordo che era una presenza fissa nelle programmazioni estive, insieme a “L’oro di MacKenna” e a “Il ponte sul fiume Kwai”. Lo adoravo già allora, pur non capendone diverse parti.
In effetti a ben vedere è un film piuttosto adulto, con buona parte del suo minutaggio speso in ricostruzione del contesto storico e la sua dose non indifferente di discorsi diplomatici e politici.
Di violenza io ce ne vedo comunque tanta, pur racconta attraverso un filtro romantico. C’è una grande fisicità nelle battaglie e si repira un’atmosfera crepuscolare e anarchica tipica di molte pellicole anni 70.
Curiosità su come recensirete un film totalmente incruento come “Un mercoledì da leoni”.
A love story
Per me é il migliore di milius insieme a conan e big wednesday. Lo adoro! Per me roosevelt non ne esce male, é un tipo originale, ribelle e con gran senso dell’onore. El Raisuli é un personaggio EPICO. Sceneggiatura solidissima, io non ho trovato lungaggini. Questa pellicola é un capolavoro
intervengo brevemente per fornire un piccolo contestualizzare sulla figura di Roosvelt in relazione a Milius.
Milius ama alla follia Roosvelt, “Il vento e il leone” doveva essere la prima parte di una trilogia sul presidente americano, di cui poi ha realizzato la seconda parte in un film TV solo molti anni dopo: per l’appunto il già citato Rough Riders.
Chiaramente essendo Milius anche una persona dotata di grande senso dell’umorismo (ed autoironia) non lo avrebbe mai rappresentato con toni elegiaci (come non fa mai per nessuno dei suoi personaggi più sentiti, sempre pieni di difetti) quindi ce lo presenta con un po’ di umorismo e soprattutto contraddizioni, come le ha lui e come le ha il suo paese, che secondo lui è appunto rappresentato nella sua essenza migliore da Theodore Roosvelt.
Qui sotto un piccolo contributo del regista intervistato decenni fa a tale proposito in cui conferma innanzitutto le conclusioni di Jackie Lang nel suo bel post e quanto qui sopra.
https://www.youtube.com/watch?v=VQ5XaG1fhYo
Buon proseguimento!
La scena nella quale il raisuli va a salvare la pedecaris dopo il rapimento è davvero epica, così come il duello con il soldato tedesco, nel quale entrambi depongono le armi da fuoco e si battono vecchio stile (e infatti il raisuli vince ma gli risparmia la vita proprio per il senso dell’onore).
Appena visto su vostro suggerimento (grazie di cuore). Dio, quanto vorrei avere 10 anni in questo momento. Perché quando imparavo a memoria le battute tra Connor McLeod e Juan Sanchez Villa Lobos Ramirez nessuno mi ha detto che esisteva un film tutto su quest’ultimo? E CON LE SCIMITARRE! Vvb, fancalcisti.
A me è proprio piaciuto! Un bel film d’ avventura in un periodo in cui non se ne facevano molti di questo genere! L’ azione c’ è, ma è concentrata e ci si sofferma soprattutto nel confronto a distanza tra, citando il Mereghetti, il capo arabo e il presidente cow-boy!
Assieme a “Un mercoledì da leoni” il migliore di Milius secondo me!
IMHO è capolavoro il fatto che non collimi con la realtà storica è irrilevante
lo si potrebbe dire anche di Ford di Eizenstein etcccc mica è un documentario
IMHO superiore nettamente grazie all’ottimo cast (Connery non sbagliava mai un colpo nei 70)ad Alba Rossa anche Brian Keith e la Bergen sono in ottima
forma.Un unico appunto l’Orso se lo è già prenotato la Russia.
Film bellissimo, Roosvelt non fa affatto la figura dell’imbecille. I due protagonisti si integrano e si esaltano a vicenda.
Epico, racconta un Islam (barbaro e berbero ma anche mitico ed etico) diverso da quello che stiamo vivendo.
In fondo… racconta anch’esso dello scontro tra due civiltà, ma in modo leggendario e grandioso, sullo sfondo di un profondo rispetto reciproco.
Ma è del 1975… purtroppo, poi, le cose poi si sono messe in modo diverso.
Mi piacerebbe assai se, anche oggi, fosse ancora così come nel film.
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Bellissime le rappresentazioni psicologiche dei personaggi.
Roosvelt irruento e pericoloso, come l’orso Grizzly.
Il Raysuli tenebroso e violento (come il leone) ma con un proprio rigore morale, un uomo che si ribella contro il colonialismo.
La signora Pedecaris bella, orgogliosa e coraggiosa.
Stupenda la colonna sonora, specialmente quella che scandisce le cavalcate dei berberi che alzano nuvole di polvere nel deserto arido.
Mitica la presa del palazzo del Pascià ad opera di due compagnie di marines che, marciando in modo avventato per le vie della città senza dare a vedere quale fosse il loro obiettivo, sono talmente determinati imprudenti e visibili in quella marcia così cadenzata e formale… da spiazzare tutti i difensori del Pascià che fino all’ultimo non capiscono cosa stia succedendo.
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Tu sei come il vento e io come il leone. Tu crei la tempesta, la sabbia punge i miei occhi e la terra è arsa. Io ruggisco e ti sfido, ma tu non mi senti. Però fra noi c’è una grande differenza: io come il leone devo rimanere nel mio posto; tu come il vento non sai mai quale sia il tuo posto. Mulay Aḥmad al-Raysūnī il magnifico, signore dei berberi.
L’ho appena rivisto, una cosa che mi ha fatto tenerezza è leggere negli occhi del bambino la speranza di essere preso e portato via dal Raisuli, che invece gli porta via il fucile e se ne va via lasciandolo lì con la mamma.
Globalmente un film scemone molto goffo, ma il contrasto tra le parti disneyane e le decapitazioni è assolutamente deliziosa.