A voi LE BASI, la rubrica in cui stabiliamo e blocchiamo le fondamenta del Cinema da Combattimento in modo da essere tutti in pari. In questo primo, imprescindibile round fisso settimanale percorriamo la filmografia di una delle colonne portanti del nostro credo, il glorioso John Milius, attraverso le opere più importanti della sua carriera, sia come regista sia come sceneggiatore. Buona lezione.
BROMANCE EDITION
Intro di Nanni Cobretti
Lo sapevate?
John Milius, Steven Spielberg e George Lucas erano a scuola insieme.
Non alle elementari a tirarsi via la sedia sotto al culo a vicenda (ancora oggi il mio scherzo preferito), ma all’Università del Cinema.
Che non è il DAMS: è proprio l’Università del Cinema. Quella che ti insegna a farlo, non quella che ti insegna ad andare da Blockbuster a vantarti che il film che volevi vedere tu non ce l’hanno.
Insomma, andavano a scuola insieme e John era il più bravo di tutti, tant’è che fu il primo della classe a trovare lavoro. Per la precisione, fu il primo della scuola a trovare lavoro.
Andiamo dritti al punto, ovvero al 1977: Spielberg e Lucas leggono il nuovo copione di John, intitolato Big Wednesday, e sono convinti secchi di trovarsi davanti a un capolavoro, o come minimo a un clamoroso, annunciato successone. Sono talmente convinti che vanno da John e gli propongono un patto: loro gli regalano una percentuale dei profitti del loro ultimo film, e in cambio vogliono una percentuale di Big Wednesday. Così, in amicizia. John ci sta, e si porta a casa pezzi di Incontri ravvicinati del terzo tipo e Guerre stellari.
Storia vera.
Sigla:
httpv://www.youtube.com/watch?v=2bcfDWQ7gM0
L’intervento di Darth Von Trier
Un Mercoledì da leoni è di sicuro una “eccezione meritevole” da queste parti, forse la più grossa eccezione ad oggi qui sopra ma allo stesso tempo anche la più meritevole: non è un film “d’azione”, è un film “di azioni”. Un film di azioni importanti, di gesti sentiti, di sguardi d’intesa, di “non detti” che dicono tutto, mentre stai facendo altro. È un film che ha lo stesso afflato di un film sull’amicizia in guerra, anche se non si spara un colpo e si fa surf. Già solo all’incipit del film: “la grande mareggiata da sud, estate 1962…” con quel crescendo di archi e le foto in bianco e nero che scorrono si è subito col cuore in mano e sull’attenti, un minuto dopo stai tifando per uno che surfa ubriaco, con una tavola estorta ad un bambino, da un amico bullo… Cacchio: lo voglio già rivedere.
John Milius è stato (ed è) un patito di surf, ha surfato costantemente per tutta la sua gioventù, compromettendo la sua carriera scolastica spesso e volentieri per andare in spiaggia. Quando ormai era però troppo vecchio e ormai dedito al cinema per potere diventare un professionista della tavola, decise di entrare nella storia del suo sport preferito quantomeno come suo sommo cantore, riuscendoci. Se ci fate caso il buon John ad ora ha fatto l’impossibile prima ancora dei trent’anni, impresa più impresa meno a ‘sto punto si fa pure questa. È il cimento artistico miliusiano supremo: voler rendere una sua passione profonda al meglio possibile unendo questo allo spirito di un bulletto al bar che deve segnare l’highscore accanto al flipper più in alto di tutti. Durante le riprese del film, quando le onde erano perfette per girare, ad un certo punto faceva ordinare dagli assistenti a tutti gli attori di uscire dall’acqua perché “il regista vuole le onde un po’ per sé”.
Un Mercoledì da leoni ha anche un primato personale per me: è ad oggi l’unico film che mi porta a citare puntualmente il Mereghetti ed un passo della sua recensione della pellicola, ovvero: “…Impossibile per il pubblico maschile non commuoversi.”, ha ragione: sin dalla prima volta che lo vidi mi sono commosso. È un evento piuttosto raro che mi commuova eh, un evento per il quale da queste parti vengono anche sacrificati dei cuccioli di labrador ciechi per celebrarne l’eccezionalità, tanto è speciale. Ma che vi devo dire oh: puntualmente mi sale il groppo in gola quando vedo questo film.
Negli anni ho via-via capito che non sono solo io a prenderla così, no: praticamente tutti. C’è chi fa il paio con Stand By Me magari, qualcuno di nascosto pure con E.T. L’extraterrestre, ma tutti stringono i denti e trattengono l’umido agli occhi con Un Mercoledì da leoni.
A me infatti non viene in mente molto altro al cinema che racconti quell’impalpabile caratteristica fondante dell’amicizia virile, quella sfumatura che non riesci mai a spiegare alle donne, per le quali siamo degli insensibili cavernicoli. Quell’amicizia, quella maschile, appunto fatta “di azioni”, di gesti dell’ uno verso l’altro o proprio letteralmente di condivisione di attività e di momenti, quel dimostrarsi di volersi bene senza mai dirlo. Perché le parole per noi pragmatici XY hanno un valore relativo e basiamo tutto sul fare. Ecco quando finalmente lo vidi sullo schermo -ero molto piccolo- fu liberatorio: capii che era così l’amicizia anche per altri e che non esistono Magnifici sette e Mucchio Selvaggio senza questa base, a suo modo epica, dell’amicizia.

Sulla Treccani online alla voce “bromance” c’è questa immagine
Le amicizie lunghe e vere sono fatte di storie, di storie raccontate tra di noi che diventano una micro-epica personale e sono fatte di difficoltà, di viaggi, di sbronze, a volte di pugni, di balle, di scemenze, ogni amicizia tra ragazzi alla fine accumulando anno dopo anno storie su storie, se è un’amicizia vera e fortunata abbastanza da essere duratura , diventa un piccolo romanzo di avventura a sé. E se Big Wednesday è un film sul surf, anzi è il film sul surf per eccellenza , lo è in superfice: nel suo profondo ci parla del grande romanzo di un’amicizia virile e della quasi rituale reiterazione di essa attraverso luoghi e gesti in una storia che è quella di ognuno. Siamo tutti con i ragazzi del film anche se non abbiamo mai surfato, basta aver fatto un inter-rail, aver campeggiato, aver perso di vista qualcuno per poi ritrovarcisi, aver aspettato notizie da un ospedale o atteso con ore di anticipo all’aeroporto un ritorno dopo una lunga assenza, basta avere avuto degli amici veri insomma e si capisce esattamente cosa stanno provando quei ragazzi sullo schermo. Milius racconta un mondo mostrando pochissimo, tramite gesti luoghi e tempi mai didascalici o scontati, rendendo il molto spessore e carattere dei personaggi con poco di tangibile.
E poi sì: ci sta la lotta dell’uomo contro la natura, ci sta la colonna sonora che ti butta per terra, ci stanno le scene acquatiche più potenti di sempre… Ci sta insomma tutto il grande Cinema e il bigger than life che Milius sempre ci regala ma del quale si è parlato in dettaglio già per altri film in questa rassegna, qui mi premeva parlare del lavoro sui sentimenti che fa il regista. Un Mercoledì da leoni nonostante la sua atipicità qui sopra e apparentemente nella cinematografia di Milius è per me uno dei film più rappresentativi della sua narrativa e – come dicevo prima – tra i più meritori di essere qui.
Un piccolo consiglio, oltre a quello di vederlo o rivederlo: godetevelo in lingua originale, il doppiaggio italiano – di cui non sono un avversario a priori- qui è particolarmente infelice.
L’intervento di Jackie Lang
httpv://www.youtube.com/watch?v=QkNDhRXpzIU
Per quanto riguarda il sottoscritto questo film su tre amici e la loro epoca, quella del surf e della guerra in Vietnam, sta tutto in una sola scena in cui c’è ogni che si debba capire. Ancora di più, sta tutto in una sola transizione di montaggio.
Tutto quello che Un mercoledì da leoni è per me, e tutto quello che indico come il genio di Milius è contenuto e si snoda attraverso un solo salto temporale tra due inquadrature in un momento ben preciso del film, quando Jack (cioè Ralphsupermaxieroe) torna dal Vietnam. Ed è forse una delle 5 transizioni di montaggio più significative di sempre ma come tutte le cose al cinema non si capisce senza quello che viene prima e quello che viene dopo.
Questi 4 minuti sono un manuale di come dire tutto senza dire nulla, di come mostrare una cosa e in realtà raccontarne un’altra e di come si fa narrazione per immagini e montaggio.

Believe it or not I’m talking of him…
Si parte con la spiaggia, neanche a dirlo, perchè non c’è niente di serio che possa avvenire lontano dalla spiaggia in questo film (si chiama coerenza interna): scarponi militari su sabbia, Jack era andato in guerra, è tornato e non si è nemmeno cambiato, è venuto subito in spiaggia ancora in uniforme. Diretto!
Con il più banale degli espedienti di trucco ora ha i baffi perchè è cambiato, un cambiamento interiore spiegato con un cambiamento esteriore (una cosa di una goffagine quasi commovente). Abbiamo capito che nessuno sa che è tornato perchè viene salutato con sorpresa ma dura pochissimo perchè subito entra in acqua e qui c’è la maestria del ritmo nei tagli.
Jack è in acqua, diamo un ultimo sguardo a donne e bambini a riva (che non hanno accesso al mondo delle persone serie) e quando torniamo su Jack la musica è subito più forte e la luce arriva di traverso come fosse il tramonto con un dettaglio sull’acqua.
Chiunque con questo score che monta non avrebbe perso l’occasione di mostrare un volto eccitato, magari illuminato dal sole, Milius invece inquadra le mani nell’acqua, cioè l’elemento chiave assieme al gesto, e subito dopo il punto che Jack sta puntando, il motivo per cui è venuto in spiaggia ovvero Matt di spalle (un suo classico, le persone prese di spalle proprio quando tu vorresti vederle in volto). Non ci sono primi piani, quando Jack e Matt scambiano le prime parole sono presi da lontano, non vediamo nemmeno le loro espressioni ma tra tutti quello è il punto più giusto da cui osservare quella scena perchè si possono vedere loro due in un oceano grandissimo con le onde di sfondo. Solo da lì, da lontano si capisce istintivamente che uno era solo e adesso è arrivato l’altro.
Ovviamente si abbracciano con qualche dialogo che rifiuta la poesia quando la musica è al culmine e poi con calma arrivano i primi piani e un po’ di conversazione. E’ evidente che Jack, tornato dal Vietnam si è riunito al suo mondo.

Trova l’intruso. Indizio: uno non è un attore hollywoodiano
Qui c’è un’altra cosa che mi piace di Un mercoledì da leoni, che è un film di surf (non “sul” surf) e quando si parla in realtà non si dice niente di importante, tutto quel che vale la pena raccontare lo si racconta tramite il surf. Dopo le parole vediamo Jack e Matt surfare insieme e superarsi a vicenda (come all’inizio vedevamo i tre amici su una stessa tavola mostrare meglio di qualsiasi altra cosa il loro legame e alla fine li vedremo saltare a vicenda dalla tavola l’uno per l’altro). Si sono appena abbracciati ma sembra che solo adesso che si superano sul surf lo stiano facendo sul serio, vediamo due persone in acqua ma (come fa il cinema nei suoi momenti migliori) quello che in realtà viene raccontato è un’altra cosa: due amici che pensavano che forse non si sarebbero più visti che si incontrano di nuovo, come una volta.
Dopo questo momento c’è un dialogo che porta avanti la trama spiegando cosa sia successo a Bear negli anni trascorsi e poi ancora del surf. Fateci caso, solo adesso sembra che Jack sia tornato e diventa ovvio perchè con ancora l’uniforme indosso sia andato sulla spiaggia e non a casa. Non lo capiamo con le parole ma con il surfare, non è un surf di sfogo, non uno di competizione, non di frustrazione nè di cazzeggio è surf di felicità.
Ma non è finita, a questo punto c’è il colpo da Milius, da grandissimo narratore di storie e uomini, una di quelle soluzioni a cui non arriva nessuno per precisione, semplicità, inventiva e minimalismo estremo: Jack e Matt al tramonto sono inquadrati da lontanissimo, soli in mezzo al mare con il cielo a fare da sfondo e l’uno dice all’altro con fare serio “Hai visto Sally?” – “No sono venuto subito qui”, dissolvenza incrociata su Jack vestito e con un regalo (dunque è passato del tempo, molto tempo) che va a casa di Sally, la sua ragazza, l’amore che ha lasciato a casa quando è partito per il Vietnam.
L’elemento che in tutta questa scena lo spettatore non poteva notare da solo, che un reduce dal Vietnam appena messo in piede nella sua città vada prima dagli amici e poi dalla ragazza, è prima spiegato a parole ma in realtà poi mostrato realmente con una transizione che dice tutto. Dopo una scena sentimentale che rende significativa per davvero la scelta di andare prima in spiaggia, che fa capire come fosse la cosa giusta da fare perchè abbiamo visto che solo lì è “casa”, è la transizione in dissolvenza che arriva subito dopo a mettere in connessione tutto e a chiarire che esiste un ordine: prima gli amici poi la fidanzata e non con uno stacco netto ma con una dissolvenza lenta e un cambio d’abito, perchè passa del tempo tra le due cose che sono separate e distinte.
Il traguardo più rivoluzionario in un film sentimentale: mettere da parte le donne, dando loro un ruolo secondario nel mondo che tradizionalmente gli appartiene, per l’appunto quello dei sentimenti, è raccontato con la più semplice delle transizioni che mette prima gli amici e poi la ragazza, separati da una dissolvenza.
Le parole pronunciate e i fatti mostrati: “Hai visto Sally?” – “No, sono venuto subito qui”.

John Milius: un sentimentale
Conclusione di Nanni Cobretti
La cosa che puzza dell’aneddoto iniziale su Spielberg e Lucas è che quello di Big Wednesday non è esattamente lo script più raffinato del loro amico John.
Mi spiego: Un mercoledì da leoni è una celebrazione.
È Milius che slaccia i pantaloni e scrive un film epico fatto di idealismo puro, programmatico, senza vergogna. È il tipo film che, anche quando ti racconta cose brutte, in realtà vuole solo evidenziarne i risvolti positivi. È una festa, e non fa nulla per nasconderlo.
Spielberg e Lucas sono opportunisti, e Spielberg lo dichiarò apertamente: a lui Big Wednesday sembrava un incrocio fra American Graffiti e Lo squalo. Il primo è abbastanza plateale, per tutta la questione nostalgico-sentimentale; il secondo è una tirata di capelli da competizione, ma non è del tutto campata in aria se si pensa che – lo sapevate? – Milius aiutò l’amico Steven aggiustandogli una scena, e chi ha pensato “secondo me ha scritto il monologo di Quint” ha vinto una caramella. Perché Milius era fatto così: prendeva capolavori e ci aggiungeva la scena migliore.
Ma dicevamo: Big Wednesday è una festa.
È chiaro fin dalle primissime battute, in cui i tre protagonisti Jack, Matt e Leroy (senza troppi giri di parole il serio, il maledetto e il pazzo) ci vengono introdotti come i “kings” della scena.
È chiaro dalla scena già citata in cui Leroy strappa una tavola da surf a un ragazzino perché Matt è sbronzo duro e si ribecca solo se va in acqua: mentre il nostro passa da relitto barcollante a dominatore delle onde “con la stessa naturalezza con cui si cammina sul marciapiede”, i ragazzini sulla spiaggia esclamano “WOW, quello è davvero Matt Johnson!” giusto prima che Matt di colpo collassi ruttando.
È chiaro dalla scena della festa, che non fa nulla per contenersi ma quasi sfida le esagerazioni di Animal House (uscito due mesi dopo) con giusto l’occhio più affettuoso che demenziale. Spicca ovviamente la rissa con gli imbucati, accolta da tutti con l’entusiasmo con cui normalmente si accoglie l’arrivo dello spumante o del fornitore di canne: Leroy fa pre-tattica e si fa spalmare d’olio per non farsi afferrare, Matt ovviamente le prende e basta, il migliore è Reb Brown, il grosso iper-palestrato della cumpa, che si presenta spavaldo a petto nudo e inizia a schiantare sistematicamente malcapitati fuori dalla finestra, incluso uno che tentava improbabili mosse di kung fu. L’anno seguente, il Reb sarà protagonista di un tv movie sfigatissimo su Capitan America.
Le donne sono puro contorno, sceme quando va male e inutili quando va bene. Non può ovviamente esistere una scena più simbolica di quella già passata al setaccio da Jackie, ma a me piace citare anche quella di Matt che, ubriaco (come sempre), si mette a fare il torero in tangenziale facendo ribaltare una roulotte e provocando un ingorgo. Jack lo tira fuori dai pasticci e poi la risolve alla maschia: ad acque calme, gli tira un gran cazzotto sul mento e lo caccia dalla spiaggia senza ulteriori spiegazioni. Tutti capiscono al volo che non è un vero conflitto, ma solo il codice per dire “ripigliati e torna quando sei pronto”. Tutti capiscono al volo che Matt si ripiglierà senza fare storie.
Certo, per molti aspetti si può parlare di ingenuità, ma è ingenuità ricercata, giocosa, un’ingenuità che fa parte del respiro epico della storia.
Milius voleva celebrare l’amicizia e non a caso per la colonna sonora si era tirato dietro per la prima volta un altro compagno di scuola, di nome Basil Poledouris.
Ogni mezzo dubbio viene comunque spazzato via quando compare un cartello con scritto “The Great Swell – 1974”.
I nostri tre amici, dopo 12 anni di avventure tra alti e bassi, si trovano di fronte alle più grandi onde della loro vita, e mentre la guardia costiera fa allontanare tutti loro ovviamente hanno l’irremovibile intenzione di buttarcisi in mezzo.
Seguono 20 minuti 20 del miglior surf mai girato.
Intendiamoci di nuovo: non è surf sportivo o spettacolare. È surf epico, romantico, surf che racconta emozioni meglio delle parole, surf che tira le conclusioni alla storia dei tre protagonisti mettendo di nuovo in atto la loro dinamica, surf che regala i riflettori principali a Matt il talento maledetto e il suo ginocchio gigio, mentre gli amici lo osservano a distanza tattica per intervenire in caso di bisogno. Surf dopo il quale non a caso possono partire subito i titoli di coda. Surf che a volte hai la tentazione di riguardare anche da solo, slegato dal contesto. Surf dopo il quale, se hai ancora l’età per farlo, esci, raggiungi la spiaggia più vicina e ti informi sui corsi per imparare e/o ti butti in acqua a occhi chiusi.
Il film uscì nel maggio 1978 e fu un fiasco senza appello.
Spielberg e Lucas la presero nel culo, e Milius si incazzò come un bisonte. Nessuno dei tre fu capace di spiegarsela, e del resto il fatto che il film guadagnò lentamente lo status di cult diede loro una certa ragione. Rimane il fatto che l’unico a guadagnare qualche centesimo dallo scambio di percentuali fu ovviamente Milius, il quale non ha mai divulgato la cifra precisa ma una volta ammise “mi ci sono pagato il divorzio”.
Gary Busey, interprete di Leroy il matto, omaggiò in seguito il suo personaggio interpretando Angelo Pappas in Point Break, e diventando matto per davvero.
No regrets, only good times.
Sigla finale:
httpv://www.youtube.com/watch?v=16Qzf3NIqZ4
DVD-quote condivisa:
“Il film che più di ogni altro è capace di far sudare gli occhi ai veri uomini”
i400Calci.com
>> IMDb | Trailer
Lo vidi la prima volta a 14 anni, e pur essendo in un’età in cui non potevi avere troppo giudizio, mi emozionai lo stesso. Bellissima recensione, corro a riguardarmelo
Scelta molto felice per il titolo italiano, anche se il meglio in questo caso rimane sempre “Event horizon/Punto di non ritorno”.
Che dire, ogni commento su questo film è inutile. Solo lagrime e bromance. Lo vidi a 16 anni e ancora adesso faccio fatica a rivedermelo senza avere un groppone in gola per la bellezza….ça va sans dire che appena trovai la maglietta della Bear con la scritta Big Wednesday e dietro l’immagine dei tre la comprai immediatamente.
Eccezzionissima meritevolissima
che dire, oltre al film anche questa recensione in tre parti mi ha commosso.
La prima volta che l’ho visto ero molto piccolo, non potevo capire fino in fondo tutto quello che i protagonisti si dicevano o non dicevano, ma l’atmosfera era tutta li’ da godere.
E’ una gioia rivederlo di tanto in tanto, ancora grazie a voi per questo splendido ciclo che omaggia capolavori di questo calibro.
a me fa strano che tra i tre quello al quale è andata meglio nel cinema è proprio il più smandrappone. non sto ad aprire wiki ma non credo di sbagliare dicendo che gli amici di gary siano ricordati dai più per Ralph e Supercopter piuttosto che per questa o eventuali altre pellicole che al momento mi sfuggono.
il mio preferito di milus. e se da bambino non battei ciglio nemmeno per la morte della mamma di bambi, qui -ancora oggi dopo averlo visto decine di volte- la commozione c’è sempre!
eccezione eccezionale, infatti :)
grazie
altro film iconico di milius, altro pezzone da stampare e incorniciare dei regaz della redaz…coff coff…libro dei 400ca…coff coff…
dico solo che mi avviciani al mondo del surf propio dopo aver visto sto film, ormai un pacco di anni fa…
film enorme, la prima volta che lo vidi era la sera prima dell’esame di maturità e per questo lo associo inevitabilmente agli amici, quelli veri, quelli che sono rimasti e quelli che non ci sono più. ogni volta che lo rivedo mi parte la commozione…
e dopo quanto suggerito da Darth vedrò pure di recuperarlo in lingua originale per dargli degna visione
Ricordo questa recensione su una rivista di fumetti, ma non ricordo l’autore, che era bravissimo, e raccontava di averlo visto la prima volta con una ragazza in una sera d’estate, mentre limonavano sui sedili (non ricordo se parlava di un cinema o un drive-in). Aggiungeva questi dettagli del salato del popcorn sulle labbra di lei, ammetteva che forse non era la migliore scelta per portare una pupa al cinema, poi aggiungeva questa frase che per qualche motivo non scordo più. “Era davvero un gran mercoledì, anche se qualche pirla di traduttore ci aveva picchiato dentro i leoni”.
Non sapevo fosse stato un flop quando è uscito.
Quindi la storia che i grandi film non se li caga nessuno non è di questi anni…
Visto la prima volta a 7 anni grazie a mio padre e rivisto a ritmo annuale/semestrale per altri 17. Con gli occhi sudati ogni volta un po’ di più perché si coglievano più cose.
Lo vedrò in inglese una volta tanto, grazie per il consiglio sul doppiaggio.
La frase “Un amico quando hai ragione non ti serve” è tra le massime sull’amicizia più potenti, realiste e mature che il cinema mi abbia mai insegnato.
Tocca guardarmelo; ogni volta che vedevo il trailer in TV mi veniva da addormentarmi.
@darthvontrier
viva l’eroporto!
bel fine e tutto quanto però vendendolo ho sempre creduto che mi mancasse qualcosa per capirlo appieno, dalla piena comprensione della ‘filosofia’ che c’è dietro al surf per finire ai rapporti con gli amici.
Sottoscrivo ogni riga. Ci ho perso una fidanzata, per essermi fatto scappare una lacrima durante la visione del film. Non capì mai…:-D
Un film che rappresenta l’essenza della vita e del tempo. Grandioso.
Ed è il film che rappresenta al meglio lo zen del surf(forse solo The Endless Summer riesce a superarlo ma è un documentario), cosa per nulla facile dato il tasso di spettacolarità che si porta addietro come “sport”.
Questo é un capolavoro senza tempo. Probabilmente il mio film preferito di sempre. Solo un appunto: il doppiaggio é ottimo, con voci azzeccatissime che mantengono tutto il sentimento degli originali, peccato solo per qualche errore di traduzione e per qualche forzatura voluta, tipo la traduzione edulcorata dell’episodio delle visite di leva
Film meraviglioso e immortale, o meglio meravigliosamente mortale per come racconta il tempo che passa. E per la serie la mamma dei critici cinematografici è sempre incinta, quando uscì ci fu chi diede del fascista a Milius (uno sport rimasto abbastanza in voga per certo cinema americano, almeno fino all’Oscar a Clint Eastwood per Gli spietati).
Grande recensione per un film da isola deserta.
Uno dei capolavori assoluti del cinema americano anni 70 e quindi tra i più grandi film di ogni tempo.
Lo vidi per caso da ragazzino e fu veramente un’esperienza di vita.
Per altro devo a questo film la dannazione di voler vedere quasi ogni film prodotto che parla di surf. Che escludendo la caterva di documentari (tra cui capolavori come il già citato The Endless Summer) non sono neanche tanti, una trentina di titoli (di cui 2/3 prodotti curiosamente dopo il 2000)…. peccato che a parte “Big Wednesday”, “Point Break” e il del tutto atipico “Il silenzio sul mare” di Kitano tutti gli altri siano film mediocri o proprio di merda.
Toh va, se qualche masochista vuole approffitare…
1959 Gidget
1964 Ride the Wild Surf
1978 Big Wednesday
1984 Surf II
1987 North Shore
1987 Surf Nazis Must Die
1991 Il silenzio sul mare
1991 Point Break
1993 Big Wave Dave’s [sitcom di 6 ep.]
1995 Blue Juice
1998 In God’s Hands
1999 Loose Change
2000 Blood Surf
2002 Local Boys
2002 Blue Crush
2005 Lords Of Dogtown
2007 Surf’s Up
2008 Newcastle
2008 Surfer, Dude
2010 Cutback
2011 Soul Surfer
2011 First Love
2011 Blue Crush 2
2011 Caught Inside
2012 Puberty Blues
2012 Otelo Burning
2012 Chasing Mavericks
2013 Drift
2014 The Perfect Wave
una volta ho picchiato fortissimo uno che la sera prima aveva visto Point Break e azzardò: quello sì che è un film non come quella cacata di Un mercoled. non è tuttora noto come la frase terminava. grazie, davvero, alla Redazione, per il groppo alla gola.
Nella mia top ten personale. Film da uomini, decisamente.
Lucciconi al primo fotogramma, poi quando Jack torna dal vietnam, va diretto in spiaggia, bacia sulla bocca la moglie di Matt senza alcuna malizia e va in acqua, parte il singhiozzo violento.
Grandissimo Reb Brown che conobbi prima ne Fratelli nella notte (altro filmone da lucciconi) e vedermelo nella rissona in casa mi aveva esaltato parecchio da bambino.
Grazie! Aspettavo questa rece da quando è partita la retrospettiva.
Lo rivedo periodicamente da quando lo beccai una domenica pomeriggio, per caso.
Un filmone, che parla di un sacco di cose importanti, mostrando in apparenza solo surf.
@darth: so che ne parlerete fra poche settimane, ma a me viene in mente un’altra citazione dal mereghetti particolarmente azzeccata. a proposito di conan il barbaro mi pare dicesse più o meno “si respira la vera epica”. (magari vaneggio)
Un film stupendo, non credo che si possa definire in altro modo.
Non c’è mai una parte in cui dici vabbè, qua si sono dilungati troppo. Tutto è essenziale, asciutto e senza nessun fronzolo inutile.
Per me il brivido parte anche quando il Matt insieme con la compagna e la figlia va a vedere il documentario e dopo i suoi numeri sul surf parte l’applauso per il nuovo fenomeno, acerbo ma già adorato.
Ecco lì c’è tutto il tempo che passa e con cui non si può non fare i conti. La vita bastarda che infogna non tanto i sogni, ma proprio l’essere umano nel suo complesso in roba che mai farebbe spontaneamente. Lavoro, guerra e compagnia cantando, roba che solo costringendoti a forza puoi convincerti che serva a qualcosa.
E mi hanno ricordato anche molte discussioni di qui, dove spesso ci si lamenta che gente come Stallone o Schwarzenegger sia ignorata o addirittura sconosciuta ai più giovani.
Non ci si può fare niente, è la vita.
Ma almeno Matt ha due amici veri con cui ricordarsi i bei tempi bevendone un paio.
E incredibilmente ha ancora una donna che lo aspetta a casa.
Come sempre la donna ideale per Milius è decisamente da sposare.
Ho appena pensato a Schwarzenegger e Franco Columbu.
A momenti mi sudano gli occhi solo per la recensione, figurarsi per il film. E a me il surf non piace nemmeno…
Saranno 5 anni che non lo rivedo, mi sa che seguo il consiglio e stasera me lo guardo in lingua originale.
Un’ultima cosa che non c’entra nulla con la vostra bellissima recensione: quell’inutilità di rotten tomatoes gli da solo il 63% di consenso dai critici, di conseguenza giuro che non aprirò mai più quel sito in vita mia.
Quelli di rotten tomatoes non capiscono un cazzo di cinema, certi voti sono ridicoli
Letta la rece… in piedi e applausi scroscianti; segue vigorosa stretta di mano a tutti. Chapeau!
@Darth @Jackie @Nanni
Mi chiedevo: per chi patteggia questa volta milius? Nei film visti finora rappresentava uomini solidi, duri e puri. In questo film con più protagonisti espone comunque delle preferenze o la sua preferenza è quel tipo di amicizia?
@tutti
Consigli su dove recuperare questi titoli abbastanza Vecchiotti? Ah, non sono più un pescatore.
Film della vita. La rissa alla festa una delle cose più belle e divertenti che possa ricordare e poi niente avete già detto tutto voi in questo pezzo epocale, lacrimoni.
@ace se non peschi nei torrenti, puoi tentare lo streaming o senno apri ilportafogli e vai su amazon che ha praticamente tutto ciò che vuoi.
@benve
Amazon…proverò.
Grazie.
@ace
In Inghilterra lo trovi a circa 6 euro spedito. Ricomprato ieri su Zavvi (lo avevo perduto in un trasloco).
Ace: è nettamente con loro 3, li considera un corpo unico contrapposto a tutti gli altri. Fin dall’inizio loro sono le star guardate dagli altri. Quando rubano la tavola, quando fanno a cazzotti, quando tornano, quando Matt è nel documentario e non se lo fila nessuno fino al gran finale. Milius si pone direttamente con quella generazione lì (la sua) contro le altre, quelli che non hanno mai smesso di fare surf e che con quello hanno sempre comunicato tra di loro
La mia personale trilogia degli “occhi sudati” :
Un Mercoledì da Leoni
Stand by Me
Il Mio Cane Skip (chi ha avuto un cane lo sa…)
@DarkKnight: non sei il primo che cita Stand by Me, ma li’ onestamente non vi seguo.
L’ho visto piu’ di una volta, ma per me e’ sempre stato solo il film dove appena scattava la scena del ciccione che vomitava io dicevo “ecco, QUESTO e’ Stephen King!”.
In compenso mi sudano gli occhi su Karate Kid.
@tommaso: non sono film, ma se ti piace il surf questi due documentari li ritengo il “nonplusultra”: Step into Liquid (2003) e Riding Giants (2004)
@Nanni Cobretti
In effetti il ciccione che vomita è la scena madre che evita di far precipitare il film nella troppa melassa.
Bello anche il dialogo su Braccio di Ferro e Superman, per cui una caricatura non può battere un disegno realistico.
In base allo stesso principio possiamo ricavarne che un personaggio di fantasia non può battere uno reale. Teorema confermato dal fatto che Antonio Inoki è stato l’unico a battere l’Uomo Tigre, salvo poi diventare suo amico ed alleato (se non ricordo male…)
A me sono sudati gli occhi con Warrior.
Non scherziamo nemmeno con Warrior. L’ho visto due volte di cui una davanti a degli energumeni senza senso probabili mixed martial artist, inizialmente tutti fomentati e alla fine con gli occhi rossi. Un film pazzesco ma gioca in un’altra categoria, quella del cinema sportivo, del trionfo della mente sul corpo per il raggiungimento di un obiettivo. Lì si piange matematicamente
@bizy nella scena con nolte che piange recitando moby dick facevo finta di soffiarmi il naso al cine
ho una reminescenza
correva l’anno 1986-87, credo, a quei tempi sui canali micidiali tipo Euro TV [http://it.wikipedia.org/wiki/Euro_TV] trasmettevano a nastro trailer cinematografici fra un cartone e l’altro, tra cui ricordo abbastanza vividamente quello di “Un mercoledi` da leoni” (in particolare lo speaker che ad ogni inquadratura in cui spuntava il titolo sul mare in campo lungo, annunciava pomposo “UN MERCOLEDI` DA LEONI”). Possibile che dal 78 lo stessero (ri)trasmettendo al cinema quasi 10 anni dopo?
E’ possibile, i film ogni tanto ricicciavano, io vidi al cinema Arancia Meccanica al Barberini a Roma, centrale, oltrr 10 anni dopo la sua uscita, e Shining diversi anni dopo il suo primo giro. Comunque, ai tempi, così come oggi, i film li proiettavano..
@marcopac
hai ragione bro
Madò, l’ho rivisto ieri sera, ho sbollato il DVD che avevo lì incellofanato da anni, ormai così me ne sono rimasti pochi, “i soliti sospetti” “fuga per la vittoria” e poco altro. Ma questo pezzo mi ha fatto venire voglia di rivederlo, e così.. un po’ era come lo ricordavo(epico e di gran respiro), un po’ no. Grandiose scene, come la visita di leva e il “crusher”, sono rimaste intatte, i pezzi sul surf sono sempre emozionanti, certo ormai ho visto “The last wave” in 3D che ti fa letteralmente fare il tubo sulla tavola, ma qui giustamente vince l’epicità delle cavalcate. Un punto debole secondo me è l’attore che fa Matt, splendido sul surf col suo sixpack e bravo nei momenti di bromance con gli amici, ma per niente convincente quando deve esprimersi come anima tormentata, e totalmente inaccettabile come ubriacone.
MA LA SORPRESONA E’ STATA ROBERT ENGLUND NEL CAST!
@marcopac
che Jean Michael Vincent fosse inaccettabile come ubriacone ho qualche dubbio
Boh, non so, magari sarà stato uno svuota damigiane nella realtà, ma nel film non mi ha convinto. Che poi nei momenti giusti tira fuori una certa intensità, come nel peep show quando stronca con un “no” il tipo che fa una battuta sulla sua ragazza. Ma , ripeto, come tormentato dedito al whisky non mi dice niente.
Grande film che ho apprezzato ancora di più alla seconda visione! Con “L’ ultimo spettacolo” e “American graffiti” forma un’ ideale trilogia della nuova hollywood, però in UMDL si parla anche del tempo che passa, delle nuove generazioni a confronto.
Bellissimo come viene indicata se non erro la grande mareggiata: “Il soffio di Dio” mi pare!
Proprio belle le sequenze in acqua, ma in effetti bisognerebbe vederle al cinema per apprezzarle al massimo!
Riguardo le donne, beh, c’ è la compagna di Matt che è tutt’ altro che una figura inutile o negativa! Poi boh!
“Andiamo dritti al punto, ovvero al 1977: Spielberg e Lucas leggono il nuovo copione di John, intitolato Big Wednesday, e sono convinti secchi di trovarsi davanti a un capolavoro, o come minimo a un clamoroso, annunciato successone. Sono talmente convinti che vanno da John e gli propongono un patto: loro gli regalano una percentuale dei profitti del loro ultimo film, e in cambio vogliono una percentuale di Big Wednesday. Così, in amicizia. John ci sta, e si porta a casa pezzi di Incontri ravvicinati del terzo tipo e Guerre stellari.”
Ah, però!
Bellissima recensione.
Per un film che ha lasciato tanto nel cuore e nell’anima di tutti noi Maschi anni ’70.
Un film che, ogni qualvolta lo passano nel nulla televisivo, a tarda ora, di notte (l’ora che più gli si addice del resto: moglie e figli dormono e noi Maschi possiamo rituffarci fra quelle onde, come un tempo) non puoi non guardarlo.
Pur avendolo in vhs, dvd, wmp, ecc. ….(devo avere anche la locandina da qualche parte giù in cantina…).
Bellissimo. Ci fa davvero venire un groppo in gola, a noi Maschi.
Bellissima recensione.
Grazie
La prima volta che vidi questo film avevo all incirca 16 anni ed ero a casa del mio migliore amico di quei tempi, con il quale ho condiviso glia anni fino ai 18 i più belli in assoluto, lui mi mostro la videocassetta ed appena vidi che parlava di mare e spiaggia e sole mi piacque subito, ma poi guardandolo.capii che c.era.molto.di più appunto l amicizia di.3 amico che si.trovavano in un epoca come la.nostra quella della della gioventù la più spensierata e si.divertivano tra mare, ragazze È feste e poi c era Bear che rappresentava un po lo zio.di.tutti…che.dire oggi a 40 anni lo.guardo e mi.commuovo vedendo come.è volato il tempo e quante cose sono.cambiare proprio come nel film che alcuni amici si perdono di vista altri.Si ritrovano….bellissimo film non mi stanco mai.di.vederlo,bellissima anche la colonna sonora.
Big Wednesday appare come il ritratto, ora malinconico, ora epico, di un altro ’68, altrettanto libertario, festaiolo e rivoluzionario di quello vissuto nei campus universitari eppure non dimentico di una certa dimensione virile, spirituale, stilistica, esistenziale, meno impegnato ma più profondo. Le parole sprezzanti di Matt verso il sudicio cameriere hippy in pieno 1968 sono a questo riguardo eloquenti. In tutto ciò, il surf diventa la disciplina semi-esoterica grazie alla quale fare «ciò che deve essere fatto», in attesa del «grande giorno». Una sfida da affrontare con serietà estrema, quasi con raccoglimento mistico. Perché non è “solo uno sport”. È un modo di affrontare la vita. Le analisi dell’età contemporanea come era “liquida”, del resto, hanno una lunga tradizione che va da Schmitt a Bauman. Anzi, come insegna Nietzsche, dopo la morte di Dio noi siamo a bordo di una navicella sbattuta tra le maree. Ma non c’è più terra ferma alcuna. Non c’è rifugio, non c’è riparo, le onde sono il nostro destino. Inforcare la tavola da surf è allora l’unico modo per far fronte alla sfida senza lamenti nostalgici e rinunciatari. Ai tempi del nichilismo inoltrato, insomma, surfare necesse est.
…qui non si parla di un film, si parla del FILM!
Visto a 17 anni al cinema con la mia fidanzatina di allora… alla fine del film gli faccio, ti scoccia se restiamo seduti e lo vediamo di nuovo? Risposta:… per niente, restiamo. L’abbiamo rivisto tutto, è ancora mia moglie, da 30 anni.
Comunque recensione top, c’è tutto quello che si deve dire, complimenti!