Ci sono film che se li racconti in giro non ti crede nessuno. In questa rubrica approfittiamo del fatto che vi fidate di noi ciecamente e raccogliamo quelle opere che, nel bene e nel male, per premesse, risultati o entrambi, sono in grado di regalare esperienze cinematografiche più uniche che rare.
Il film: Death Bed – The Bed That Eats (USA 1977) di George Barry
Sintesi: Un letto assassino, il fantasma di un artista, una tipa gobba.
Locandina:
Premessa: questo tizio George Barry gira il suo film (la sua “visione”) fra il 1972 e il 1977 con mezzi di fortuna e amici che fingono di fare gli attori. Prova a distribuirlo senza fortuna e dopo un po’ se ne dimentica. Ma una delle compagnie a cui aveva sottoposto il montaggio provvisorio ne ha fatto una copia non autorizzata che arriva in qualche modo nelle mani della Portland Video, una losca mini casa di distribuzione VHS. Il film viene surrettiziamente distribuito negli anni ’80 e diventa ahimé oggetto di culto. George Barry è contento. Noi boh.
Trailer (non ufficiale):
Svolgimento: A voi piacciono I film “così brutti che diventano belli”? A me di rado. Anche perché Death Bed – The Bed That Eats del Carneade americano George Barry, in realtà, è uno di quei film talmente brutti che, se anche diventano belli, poi fa il giro completo e torna ad essere una schifezza. Se guardate in rete, tuttavia, scoprirete che questo film è ammantato da una sconsiderata aura di culto perché è tanto, tanto “originale”. D’accordo, posso capire, d’altronde ci deve essere un motivo se lo abbiamo inserito nella categoria “Esiste davvero”; però allora è lo stesso concetto di originalità di questo video:
Originale, no? Sì, ma non per questo andrò in giro a dire che è un capolavoro consigliatissimo; né penso che scalzerà dalla memoria collettiva, per dirne uno, il predominio di Maru – un gatto meno originale ma, come dire, migliore. Non divaghiamo e lasciamo stare i gattyny.
Anzi, due parole sulla trama; in un maniero abbandonato c’è un bruttissimo letto a baldacchino che russa, rutta, ridacchia e mangia qualunque cosa o persona vi si appoggi sopra. Appeso alla parete della stanza da letto c’è una sorta di ritratto del letto stesso: dietro il dipinto è nascosto da 60 anni il fantasma dell’artista Aubrey Beardsley e qui già siamo oltre il Maccosa più spinto, scusate, devo riprendere fiato. Dicevo, c’è un amico di Oscar Wilde e importante illustratore Art Nouveau il cui fantasma è costretto impotente ad assistere a un letto assassino che ammazza la gente secernendo una schiumona gialla corrosiva tipo quella della spuma che ti davano alla Festa dell’Unità. Ecco. Finito. Posso andare? No? Posso parlare di un argomento a piacere? Dai.
Ora che sono più calma approfondisco l’argomento Beardsley: bisogna sapere che costui ha sì dipinto varie illustrazioni con un letto al centro, ma non quella che appare nel film. Eppure lo stile è inconfondibile. Cosa c’è sotto questo mistero? Sarebbe stato figo sapere come cazzo Barry ha avuto l’idea di includere Beardsley e l’illustrazione nel film, ma la featurette del DVD che ho guardato speranzosa sono stati in realtà i cinque minuti pià lunghi della mia vita: il vecchio George, anziché far luce sugli aspetti interessanti del film, racconta due cazzate che non interessano a nessuno, tipo il fatto che ha girato il film nel 1977 poi se ne è dimenticato poi qualche scellerato lo ha fatto uscire in DVD pensando di relegarlo ai cestoni £1 e invece guarda un po’, ora è un cult. Ovviamente ciò non autorizza il George a menarsela, e invece lui ci dà dentro tutto contento.
E ora passiamo alla vera e propria croce di questo disgrazieto (trendiest word of 2014) film, cioè il suono! Per qualche ragione inspiegabile, Death Bed è girato quasi interamente in voice over: e non mi si dica che è una questione di soldi! Se Barry già sapeva di dover sovrapporre alle immagini un suono registrato in studio, perché non ha comunque fatto muovere le labbra agli attori? La spiegazione deve evidentemente essere un’altra. A me pare di capire che Barry sia andato a scegliere col lanternino gli attori peggiori che potesse trovare, ma cani malati di cimurro davvero, e che già farli stare davanti alla telecamera fosse uno sforzo encomiabile per questi poveri cristi senza un’espressione che sia una. Prendiamo la “protagonista” Rosa Luxemburg: OK, si è scelta il nome d’arte politico perché erano gli anni ‘70, OK non è brutta (beh oddio, ha un’evidentissima gobba) ma è talmente catatonica che non riesce nemmeno a fare la catatonica quando la trama lo richiede. Una roba da non crederci.
Ma il mistero più inspiegabile riguarda proprio il sonoro registrato in studio. Sembra che sia andata così: “Mamma, devo fare le voci per il film!” “Va bene, George, ma fai piano che il nonno sta facendo il pisolino”. Nonno Barry buonanima deve avere pisolato per tutta la durata del film (chissà come mai), perché le voci sono tutte tragicamente a volume da ninna nanna. Non solo quando i personaggi parlano normalmente, grazie al cazzo, ma anche quando dovrebbero urlare in preda al dolore o al terrore!, e invece mugugnano, sospirano, gemono come in pornazzo di serie Z. C’è il fratello della gobba a cui il letto assassino corrode la carne delle mani info a lasciarne solo le ossa, e lui reagisce come se si fosse punto con uno spillo. C’è un altro coi baffoni che urla terrorizz esclama sorpres mormora con calma “poffarbacco, il letto mi ha quasi sbranato fino alla vita. Non riuscirò a finire la mia partita a poker”. Cazzate come queste mettono in secondo piano gli spunti davvero potenzialmente divertenti come la vecchietta malata che legge la rivista “Oral Lesbians” prima di venire divorata, o come il letto che trangugia una bottiglia di Pepto-Bismol (l’Alka Seltzer inglese) di una delle sue vittime. E’ un film del tutto sbilanciato, non sa se far prevalere farsa, horror, surrealismo – mischia tutto insieme e non gliene viene bene manco uno.
C’è anche una colonna sonora vera e propria ed è la musica originale dei Cyclobe, ovvero Ossian Brown e Stephen Thrower, collaboratori dell’ondata industrial-esoterica che va dai Current 93 ai Coil – infatti potrei giurare di aver sentito lo stesso effetto sonoro (una biglia che rotola su un vassoio di metallo) che si sente in Music To Play in The Dark. D’altronde, Ossian Brown è uno che nel suo volume Haunted Air ha raccolto foto di Halloween dei tempi andati tipo questa…
…che da sola è molto più creepy di tutto il film, mentre Stephen Thrower ha scritto libri di cinema come Nightmare USA, in cui parla anche di Death Bed, e Beyond Terror: the Films of Lucio Fulci. Per cui sicuramente a loro può aver fatto piacere collaborare al film di Barry, però forse sono più orgogliosi di altri picchi nelle loro carriere.
Dopo avere allegramente zompacchiato sul materasso del Maccosa, la trama arriva alla conclusione, la tipa gobba muore, un’altra tipa resuscita e poi rimuore, un demone esce da un albero bla bla e George Barry, in barba a tutte le regole di Health and Safety che evidentemente ai tempi non erano così stringenti, incendia il letto dopo averlo portato in un bosco. Sì. Incendia un letto in un bosco. Ideona. Comunque, la cosa che mi ha colpita di più sono le scene in cui il letto digerisce le proprie vittime immerse in un liquido giallastro (i succhi gastrici del letto, insomma): queste scene sono bizzarramente simili a quelle, seppur molto più raffinate, metaforiche ed efficaci, del meraviglioso Under The Skin di Jonathan Glazer. Ecco, il paragone non potrebbe essere più impietoso; forse il mio cervello, spossato dalla visione, aveva bisogno di ricordare per un attimo che cos’è il cinema. Vabbé, guardatelo a vostro rischio e pericolo. Potete anche guardarlo a letto, tanto non avrete nessuna paura.
Splendida recensione! Di film “così brutti che diventano belli” ce ne sono un bel mucchio se ci si mette a cercarli… Il difficile è trovare quelli VERAMENTE assurdi, che sono i più rari, e lì partono le soddisfazioni. Una rubrica del genere sui 400 calci fa già prevedere le sghignazzate.
Dopo aver visto la faccetta del prete che muore scazzato lo voglio recuperare subito!!! E pensare che millenni fa, all’ipercoppe, avevo anche visto la videocassetta… ma all’epoca ero troppo spocchiosa, maledetta me!
Che belle le tag del post :)
Il meraviglioso Under The Skin è anche, purtroppo, impossibile da reperire per ora…
Vi consiglio Monster Dog – il signore dei cani, anche se credo che rientri più nella categoria che si autodoppia e torna al punto di partenza. Però il protagonista è Alice Cooper…
anche basket case non è male nonostante sia sta girato con 50.000lire
Ma Basket Case non è assolutamente un film “tanto brutto da diventare bello”, ma un bel B-movie.
magari conoscete già, ma ci tenevo in quanto secchione.
https://www.youtube.com/watch?v=01l1WIC9mBo&feature=kp
@pasqualelaforgia: sí, lo show di Oswalt ha contribuito alla riscoperta del film in America ma siccome si tratta appunto di un fenomeno solo americano non ne ho parlato.
@cicciolinawertmuller: immaginavo. ma la mia secchionaggine mi obbliga a copionicollare link tanto per.