A voi LE BASI, la rubrica in cui stabiliamo e blocchiamo le fondamenta del Cinema da Combattimento in modo da essere tutti in pari. In questo primo, imprescindibile round fisso settimanale percorriamo la filmografia di una delle colonne portanti del nostro credo, il glorioso John Milius, attraverso le opere più importanti della sua carriera, sia come regista sia come sceneggiatore. Buona lezione.
L’ultimo attacco (anche se qui continuerò a chiamarlo con il suo titolo originale Flight of the Intruder) -ma credo che la mia presenza in questo speciale l’abbia già fatto capire di per sé- è un film brutto. Non si fa fatica ad ammetterlo e non sono qui a cercare di difendere l’indifendibile. Né a cercare di giustificare in qualche modo un’opera che giustificabile non lo è a partire dal minuto 16. A dire il perché di questa Caporetto cinematografica ci ha pensato Milius stesso che, a bocce ferme, ne ha preso le distanze affermando che Flight Of The Intruder era un film della Paramount fatto dalla Paramount in cui lui aveva avuto pochissima libertà perché quelli della casa di produzione non si fidavano di lui.
Io mi immagino la trattativa con quelli della produzione. Una sala da interrogatorio dei telefilm americani, neon freddi, una scrivania di alluminio. Sedie scomode. Milius da un lato, occhiali da sole, fronte un po’ sudata. Indossa un gilet milletasche da cacciatore. Dall’altra parte i tipi Paramount. Fighette mollicce con i capelli alla Brandon Walsh e i mocassini ai piedi.
Lo guardano, sorridono, gli buttano sul tavolo un plico di fogli.
“Questa è la sceneggiatura”
“Ok”
“Questi sono i soldi”
“Ok”
“Non ci fidiamo di te, ma sei uno che una cosa così la può portare a casa. Ci sta di mezzo l’aviazione. Bisogna essere uhm… patriottici”
“Ok. Patriottici. Posso però fare come voglio?”
“No”
“No?”
“No”
Fine.
In Flight of The Intruder, al minuto 15 e spicci, succede una cosa: il protagonista scrive un’accorata lettera alla moglie del suo compagno di volo morto in missione. La lettera si conclude così: “Vado avanti, come ha detto Tennyson, e il mondo si fa buio intorno a me. Tra i nuovi soldati ci sono tante facce sconosciute e menti diverse. Ti offro le mie più sentite e sincere condoglianze. Jake.”. Eccola. La resa incondizionata. Il pugile suonato ormai a terra. Ne ha viste troppe. “Ok…” ti dice “Ok. Come vuoi tu ragazzo. Come vuoi tu”. La frase è di Milius e non solo perché suona straordinariamente sua, ma perché, sebbene non accreditato, la sceneggiatura è sua. Quella lettera e il modo in cui il film si mette a disposizione, per riprese e atmosfera, di quelle paroel recitate in voce off, è evidentemente il finale di Flight of the Intruder. Che arriva a 15 minuti dall’inizio. Il resto è tutta roba postuma fatta da qualcuno che assomiglia a Milius ma che non è Milius. Lui se n’è andato dal set salutando alla sua maniera, con un monologo. E capisci che non è il Vietnam. Ma Hollywood.
Nonostante questa premessa, nonostante i 65 minuti abbondanti di film girati “postumi”, ritengo tuttavia abbastanza indispensabile la visione in prima persona di Flight of The intruder. Sebbene le parole possano dare grossomodo una descrizione di quello che la pellicola è (ma soprattutto di quello che non è), l’assoluta vacuità di questo film (data anche la caratura del regista di cui si parla) ne richiede l’esperienza diretta per poter essere colta appieno. Doloroso sì, ma salutare.
La trama è abbastanza semplice:
Guerra del Vietnam. Aviazione militare. A seguito della morte durante una missione inutile del proprio co-pilota e bombardiere, il pilota di A6 (aerei in grado di volare sotto i radar nemici dal nome di Intruder) Jake “Cool Hand” Gafton decide di andare oltre gli ordini dei superiori e organizzare un raid nel nord del Vietnam, dove si diceva esserci SAMs City, una sorta di “capitale” della resistenza vietcong fino a quel momento lasciata perdere per questioni diplomatiche. Nella missione suicida lo segue Virgil Cole, bombardiere infallibile dal passato controverso, con cui Jake riesce a stringere nuovamente un legame di fiducia. Finale col botto e lunghissimo. Vino e faccette di Danny Glover a parte. Abbiamo anche la saletta fumatori.
Se analizzato anche solo superficialmente, Flight of The Intruder mette in campo nell’ordine rispettivamente questi temi:
Il Vietnam
L’esigenza di un decisionismo personale per lo sblocco di una situazione impastoiata nelle maglie della burocrazia
Il rapporto di fiducia che si instaura tra commilitoni
Il lutto maschile
All’atto pratico stiamo parlando un bignami di tutta la produzione miliusiana. Ma Milius non c’è. Non c’è proprio. Nulla di quello che viene raccontato, dalla morte dell’amico al sacrificio dell’eroe finale, trasmette la benché minima emozione. Non c’è epica nel rapporto tra Jake e Virgil, non c’è paura nella loro missione, la guerra messa in scena non esiste, è una buffonata con meno tensione emotiva di un lasergame a cui sono stati costretti a partecipare una ventina di bocconiani. Leggerete da più parti che questo film è un’apologia destrorsa e militarista. Non è vero. Non lo è perché non c’è alcun tipo di coinvolgimento emotivo da parte del regista. È uno spot? Sì. Ma lo è in un modo così asettico che alla fine si può dire che sia al contempo “l’apologia degli aerei da guerra”, “l’apologia degli occhiali aviator”, “l’apologia dei soprannomi strani” e “l’apologia della raucedine”. Il regista è così tanto distante da quello che sta girando che, alla fin fine, non si può parlare di un suo endorsement diretto a nulla di ciò che viene portato sullo schermo.
In questo senso è emblematico il fatto che proprio il miglior attore della pellicola, Willem Dafoe, sia quello che mette in luce le macroscopiche lacune registiche di Flight of The Intruder. Per tutto il film non si riesce a capire se il suo personaggio sia un sanguinario psicotico, un compagnone particolarmente dedito alla causa o ancora una vittima predestinata del sistema militare americano. E non è una questione di zone grigie quanto più di registri poco chiari. La sensazione è che Milius, uno che è riuscito a far recitare uno Schwarzenegger al culmine del suo delirio superomistico, abbia semplicemente mollato il colpo dicendo “Fai tu”. Stesso discorso vale per Danny Glover a cui viene chiesto anche di dare un “tocco di commedia” all’intera opera. Il che, su un film senza identità, ne rende ancora più evanescente il registro che davvero, in alcuni punti, non si riesce a cogliere. Tutto quello che rimane è un manicheismo patriottico da operetta. Paradossalmente sono convinto che lo stesso John Wayne che aveva rifiutato con disgusto il realismo moderno di Dirty Harry, se fosse stato vivo all’epoca di Flight Of The intruder, avrebbe di sicuro accettato di buon grado il ruolo di uno dei personaggi.
Siamo quindi alle conclusioni. A mio personalissimo avviso, Flight Of The Intruder è paradossalmente un film indispensabile per la comprensione del corpus miliusiano. Lo è perché dimostra, con chiarezza dolorosa e inequivocabile, che dietro a Milius c’è ben di più che una manciata di tematiche. C’è tutto un corredo di ispirazione, di cuore, di (sì, diciamolo dai) genio la cui assenza rende tutto vuoto e privo di senso. Non è solamente una questione di cosa, ma anche una questione di come e di chi. È nella negazione totale di Milius che ne troviamo l’affermazione più convincente.
DVD-Quote Suggerita.
È nella negazione totale di Milius che ne troviamo l’affermazione più convincente.
Bongiorno Miike, i400calci.com
john Milius + A6 Intruder + fallimento totale di film….sono intrigato
Ignoravo il coinvolgimento di Milius in questo film, che avrò visto una trentina di volte nel corso della mia adolescenza, in quanto stravedevo per l’A-6 quale miglior bombardiere medio mai costruito (raro trovare un film incentrato su un aereo così tozzo e brutto).
Al netto di ciò, perfino nella mia beata innocenza non riuscivo ad inquadrare il personaggio di Dafoe, il quale aveva un atteggiamento nei confronti del protagonista piuttosto ambigui, ma che cambiavano radicalmente nel corso del film (un poco riuscito sviluppo del personaggio presumo), così come alcune scene con Rosanna Arquette totalmente gratuite. Aggiungiamo una CGI invecchiata malissimo (evidentemente la marina non voleva che venissero usati veri prioettili antiaerei e bombe frenate) e abbiamo un documentario della NAVY con scene di raccordo. Aspettavo al varco questa recensione, devo dire che al di là del fatto che smonti uno dei miei film preferiti dell’infanzia, mi trova completamente d’accordo, bravo Miike…
Visto qualche settimana fa su Raimovie o Rai4, uno di quei canali lì.
Non so, a me è piaciuto. Prima di tutto sorprende vedere soldati nella guerra del Vietnam che al contrario del cinema americano del periodo alla Stone non pensano “ah che carnaio inutile perso in partenza” bensì “sta guerra s’ha da vincere a tutti i costi, non esiste sconfitta”. L’aspetto “fascio” del film insomma, che però appunto ha il fascino di andare controcorrente rispetto alla tesi dominante.
Poi anche la sgangheratezza generale, con le ambiguità dei personaggi e del tono che sbarella rapidissimo dalla comedy quasi parodistica (es. la sequenza nel baretto dei buzzurri) al drama più peso, se non altro tiene sempre viva l’attenzione.
Il limite maggiore forse è che produttivamente si voleva replicare la coolness di Top Gun ma – vedi soprattutto le sequenze aeree in sgrausorama – a tratti sembra quasi l’Asylum ante litteram del film di Scott. Il tutto però in netto contrasto, come detto, con un soggetto che a differenza di quello di Top Gun è originale e potente come pochi, roba che un Coppola o un Cimino (o un Milius degli anni d’oro) ci avrebbero tirato fuori un capolavorone avendo più mezzi e libertà di movimento.
Insomma per me non è un film brutto quanto piuttosto malriuscito, di quelli più belli di molti film coerenti e riusciti ma senza spunti particolarmente anticonvenzionali.
film super meh, anche io come Corman l’ho rivisto di recente dopo una giovinezza di ignoranza cinematografica, e devo dire che ero contento solo per le scene di volo, che quelle di combattimento e tutto il resto fanno abbastanza pena. bho per un appassionato di aerei come il sottoscritto, vale la pena di guardarlo (ma a questo punto, trama inesistenza e pochezza per pochezza, guardatevi i cavalieri del cielo, film francese di pochi anni fa con riprese fatte da Mirage 2000 a Mirage 2000…eccezionale). Scena preferita: Willem Dafoe che descrive come funziona lo AGM-45 Shrike.
errata corrige: Le chevaliers du ciel, ritradotto come Sky Fighters ;)
http://www.imdb.com/title/tt0421974/?ref_=fn_al_tt_1
Per me sicuramente è un Milius minore, ma assolutamente non un film brutto.
Alcune considerazioni sparse…
Il film dall’inizio alla fine è all’insegna della più perfetta ambiguità miliusiana.
Lo si nota dal fatto che il punto di vista “giusto” del film è quello rappresentato dal personaggio di Danny Glover. Ora, in QUALSIASI altra pellicola conservatrice e militarista, il personaggio di Glover sarebbe stato caratterizzato come l’ufficiale ligio ai regolamenti e con una scopa nel culo, stile i superiori di Callaghan. Sarebbe stato l’antagonista antipatico che serve a mettere in risalto la simpatica ribalderia dei protagonisti, uno che al massimo si redime alla fine.
Invece Glover è saggio, umano, fin troppo paziente e – soprattutto – tutto quello che dice è perfettamente sensato. Infatti Milus denuncia magari l’ipocrisia e l’asservimento alla politica degli ufficiali, ma non mette mai in discussione il fatto che i suoi protagonisti stiano facendo qualcosa di sbagliato e tremendamente stupido.
Ma a Milus interessa proprio la gratuità e scelleratezza delle scelte dei suoi protagonisti. Sono i surfisti di “Un mercoledì da leoni” con gli aerei al posto dei surf, che insoddisfatti della guerra che stanno combattendo si inventano una guerra loro, come dei piccoli e parecchio infantili Kurtz.
A Milius non mi pare interessasse neanche andare contro l’ideologia dei vietnam movie “sporchi” alla Platoon, ma piuttosto voleva creare un contraltare estetico di quei film, riportando il cinema di guerra ai film sugli aerei degli anni 30 e 40. Stessa atmosfera ovattata e pulita, visibile uso di trasparenti, scenari fatti coi modellini, cieli irrealistici.
Il che casualmente lo accomuna al coevo Spielberg di “Always” (sempre con Brad Johnson) e molto meno casualmente al Lucas delle battaglie aeree di “Guerre Stellari”. Tanto che il primo Raid organizzato da Johnson e Dafoe sembra quasi un remake della battaglia finale sulla Morte Nera del ’77.
E’ vero, il film è praticamente privo di un reale sviluppo narrativo, tanto che potrebbe finire in più momenti e non sarebbe cambiato niente. Il che crea una strana mancanza di tensione, ma la cosa non mi sembra incidentale. C’è la stessa atmosfera di cameratismo rilassato di certi film di John Ford e Howard Hawks, che puntavano più sulla creazione di un microcosmo virile che sulla tensione dettata dall’azione. Ok, “L’ultimo attacco” NON è “Un dollaro d’onore” di Hawks o (quasi sicura fonte d’ispirazione di Milus) “I tre della Croce del Sud” di Ford, ma ci prova ad esserlo. E tanto basta per farne un film che andava contro tutte le mode di quegli anni e farne un vietnam movie unico nel suo genere, completamente diverso sia da quelli che raccontavano la Sporca Guerra sia quelli che ribattevano a suon di patriottismo e bandiere a stelle e strisce.
E infine, boh: io lo trovo un film piacevole, accattivante, ben diretto e ben interpretato.
@Bruce io l’ho visto sky fighters, su rai4. Scene di volo FIGHISSIME!! Tipo una specie di need for speed dell’aria. Cinque altissimo.
Invece l ultimo attacco l ho scaricato credendoci fortissimo ma non l ho ancora visto. Peccato scoprire sia bruttariello..
Gentili signori, il film ha un solo merito: riportare finalmente sul grande schermo il messaggio “meglio ucciderne a migliaia a terra che uno alla volta in cielo”. Tutto ciò arriva dopo una sbornia di Top Gun cominciata qualche anno prima. Peccato…un film in grado di raccontare meglio il rapporto cacciatore-difensore -cavaliere del cielo vs. bombardiere brutto cattivo uccisore di bimbi, sarebbe stato auspicabile, quantomeno ci avrebbe evitato qualche anno dopo le strofe dei nostri tre fenomeni cantautori all’indomani della guerra nella ex yugo.
Intendiamoci anche per me la recensione è troppo dura con il film però è innegabile che questo è il Milius meno ispirato che si sia visto fino ad ora.
Troppo dura perché, come sottolineava Darkskywriter, più su è un punto di vista particolarmente raro per la guerra del Vietnam e perché al pari di Tommaso non mi sembra che si possa parlare di un brutto film. Addirittura da Curse of Miike poi è da escluderlo completamente.
Milius probabilmente era in piena prestazione alimentare e con in mano dei personaggi di pura fantasia che non riuscivano e probabilmente non potevano diventare degli archetipi.
Poi c’è il lato negativo, che qui è piuttosto corposo. Certo i suoi temi ci sono, ma esprimono tutta la loro forza soltanto per metà.
SPOILER
SPOILER
Ad esempio qua il protagonista nel finale sorride e guarda fiducioso nel sole come manco negli spot della Gillette. In sovrappiù trova una vedovella con cui chiavare romanticamente e con bella bimba bionda al seguito. Una famigliola pronta per l’uso, per normalizzarsi e dimenticare.
Lo spirito anarchico è qui sopito, addirittura il protagonista si augura di prestare servizio sulla portaerei del suo diretto superiore una volta che sarà promosso nella gerarchia della Marina Militare.
Sicuramente un film su commissione, da vere puttane, ma che comunque rimane vedibile.
Spero che sia chiaro che non stiamo parlando di un film della Curse eh… ma neanche lontanamente. Tuttavia io non sono minimamente riuscito a trovare pathos (cosa di cui Milius è maestro) in nessuno dei 100 minuti di visione. Come ho avuto modo di sottolineare manca completamente il pathos. E questo perché quella non è guerra. Avete mai provato tensione durante la visione di Flight of The Intruder? Io no. Zero. Sapevo chi sarebbe morto e in che momento sarebbe morto e al contempo non me ne fregava assolutamente niente perché era come se avesse scritto in fronte “Ehy guys, non state male per me, è solo cinema”.
Per quanto riguarda la guerra: non so voi, ma per me se trasformi la Storia in fantascienza (perché quella rappresentata in questo film è una guerra umanità contro alieni, dove gli alieni non hanno volto, non hanno storia, non hanno sentimenti, sono cattivi e basta) c’è un problema serio di fondo. “E allora Hitler?” qualcuno di voi esclamerà. E avrebbe anche ragione in questa circostanza. Però ecco, da Milius mi aspettavo qualcosa di più, come dire, “umano”
E poi, sempre a mio avviso, c’è una difficile gestione dei tempi narrativi: il “processo militare” occupa, nel film, 10 minuti scarsi, la metà dello spezzone pretestuoso e antinarrativo della “serata brava.” Insomma… non riesco proprio a vederci del “buono”. In Top Gun, l’uno contro uno trasformava il tutto in una giostra cavalleresca (con tutti gli stereotipi del caso, ma anche l’epicità di rimando). Qui parliamo di gente che schiaccia delle formiche a manciate…
Necroposting? si dai la quarantena tira fuori il cinefilo che è in me.
A buona parte dei cultori di questo film ed anche ai suoi detrattori mancano due riferimenti culturali fondamentali.
Per prima cosa è uno dei rarissimi casi dove per EVIDENTI lacune produttive abbiamo un doppiaggio italiano tra i peggiori che si ricordino con un adattamento audio disastroso. La scena dove DeFoe sbadiglia dopo il bombardamento è doppiata insensatamente, mentre in audio originale fa uno sbadiglio silenzioso e sussurra la frase (mi sono divertito abbastanza) dando il senso di un simpatico coglione arrogante che ti fa simpatia. Questo un esempio ma ce ne sono diversi.
Secondo ma fondamentale, agli italiani manca la premessa storica. L’ambientazione è nei mesi precedenti all’Operazione Linebracer II che è il canto del cigno dell’aviazione Americana.
Questa operazione di estesi bombardamenti culminata con il grande bombardamento del 26 Dicembre 1972 fu l’atto che spinse Hanoi ad intavolare le trattative di pace. Premessa storica di questa strategia fu il bombardamento di Rotterdam nel 1940 mentre Olandesi e Nazisti stavano trattando la pace.
Ad ottobre del 72 era già stata presentata una bozza a Parigi tra HAnoi e Washinton. Tuttavia a causa dell’atteggiamento del governo di Saigon la diplomazia si arenò ed il governo di Hanoi rimandò le trattative alla fine del Gennaio del 73.
Linebracker II distrusse l’80% delle centrali elettriche del paese e si videro ridotti i transiti di merci da 160mila a 30mila tonnellate mensili.
Seppur non fosse l’evento che vinse la guerra fu l’operazione che forzò la mano alla diplomazia, terrorizzando i nord vietnamiti e forzando la firma degli accordi entro tempi brevi e politicamente accettabili.
La storia del film è di “sugggerire” allo spettatori che è grazie a queste azioni individuali che l’amministrazione trovò il coraggio di autorizzare una così prodigioso ed ambizioso piano militare.
I vari Morg & co sono coloro che fecero capire ai politici che potevano contare sul sostegno dei loro “ragazzi”.
Se si considera che si da per scontato che il pubblico conosca questi eventi come noi sappiamo di Garibaldi e dei Mille si capisce che l’anima del film è una geniale commistione di tributo / parodia della propaganda passata e presente.
Mi manca!
Comunque per la rubrica io proporrei degli articoli sul cinema action della Cannon!
Quello che in assoluto non convince è l’interpretazione del protagonista, assolutamente inespressivo. Sono convinto che con un altro attore con un interpretazione più intensa e caratterizzante, sarebbe stato un film diverso.
Un ulteriore aspetto negativo è il doppiaggio, tra i peggiori mai sentiti.