A voi LE BASI, la rubrica in cui stabiliamo e blocchiamo le fondamenta del Cinema da Combattimento in modo da essere tutti in pari. Ci avete chiesto di completare la filmografia di John Milius includendo anche i film “minori”: vi accontentiamo. Buona lezione.
Ed eccoci arrivati alla fine della nostra rassegna. Concludiamo e ci congediamo -giustamente- con la cosa che ci ha dato l’idea iniziale della rassegna ovvero il documentario monografico sul regista, dal didascalico titolo Milius.
Beccatevi il trailer per iniziare.
httpv://www.youtube.com/watch?v=IrjuO5LLNEQ
Era la primavera dell’anno scorso quando vidi questo trailer per la prima volta e ne rimasi esaltato.
Lo mandai a tutti i miei amici in preda ad una febbre revanscista, sentivo di avere finalmente di avere avuto la mia rivincita dopo una vita: John Milius veniva riscoperto e riabilitato. Non solo: il suo documentario debuttava in anteprima nientemeno che al South by Southwest, il festival statunitense che si tiene da quasi trent’anni ad Austin e che ogni anno aggrega in sé tutto ciò che di rilevante a qualche titolo esce musicalmente e cinematograficamente e che è implicitamente marchio di garanzia per tutto ciò che è cool, nel bene e nel male dell’accezione del termine.
Come abbiamo visto puntata dopo puntata il nostro John ha sofferto a causa del suo temperamento e delle sue idee di un ostracismo miope che lo ha relegato alle retrovie dagli anni novanta in poi, eclissandolo completamente come regista, e questo blacklisting deve avere avuto il suo risultato come ho constatato dalle vostre reazioni sorprese alla scoperta di quanta roba pazzesca lo vedeva come autore totale o parziale, accreditato o meno.
Milius nonostante il suo peso considerevole nel cinema americano era stato fatto svanire in sottofondo per compiacere l’irritazione di una Hollywood buonista ed ipocrita, scomparendo come nome dall’orizzionte cinematografico di un paio di generazioni, soffocato da una insopportabile cantilena di luoghi comuni pregiudiziali propugnati dal più becero politicamente corretto. Ma i tempi stavano cambiando: era ora di basta, era finalmente arrivata l’ora di vaffanculo, la mia preferita.
Il docuentario si apre con una citazione dell’onnipresente Theodore Roosvelt, una frase che porta l’Autore al centro di tutto, dell’arena e del merito, relegando chi critica o chi punta il dito sottolineando come lui avrebbe fatto meglio a figure secondarie e inutili all’atto creativo, da lì parte uno spezzone di un’intervista durante la lavorazione del suo Alba rossa nel 1984 in cui Milius senza grandi giri di parole asserisce:
“Io non sono quel tipo di filmaker, non sto lì a dire: “guarda la composizione, guarda il colore…” non me ne frega niente. A me interessa il potere del raccontare le storie, mi interessa l’antica arte di Omero di raccontare la guerra di Troia ancora ed ancora ed ancora, fin quando qualcuno che non sa neanche chi è Omero la trascrive”.
Al primo minuto è subito chiarito che la narrazione è al centro di tutto il cinema di Milius ma come il documentario prosegue sono anche il duro lavoro e la passione indomita per questo ad essere assolutamente centrali nei racconti di chi conosce bene il regista.
Milius ripercorre linearmente tutta la vita e carriera di Johnny nostro, con una sfilata di grossi nomi a tesserne le lodi. Attraverso i racconti di Steven Spielberg, George Lucas, Francis Ford Coppola, Clint Eastwood, Sylvester Stallone, Martin Scorsese, Paul Schrader, Sam Elliot, Arnold Schwarzenegger, Micheal Mann e un’infinità di altri tra cui i suoi figli, ci addentriamo nella narrativa di una delle figure più vituperate ma allo stesso tempo più rappresentative della New Hollywood.
Si ripercorre la biografia e di pari passo tutti i tòpoi dell’autore californiano: la guerra, la letteratura, i miti virili, le armi, il surf, il bushido, l’umorismo, tutto di Milius viene passato in rassegna restituendoci finalmente una figura reale lontano dalla macchietta dell’omone reazionario e armato spesso anche baldanzosamente auto-impostasi.
Ne emerge una persona intelligente, amabile seppur con degli sprazzi di consapevole e divertita follia, un uomo amato e stimato da tutti gli intervenuti, un uomo tutto d’un pezzo come i suoi personaggi che ha saputo fare fronte con due palle granitiche a periodi neri tanto quanto ha saputo spassarsela con la sua bravado nei periodi d’oro. Quella figura, insomma, che viene definita “Un orsacchiotto con un AK-47”.
Una riabilitazione in pompa magna quindi, certamente celebrativa ma non vacua, molto puntuale anzi, rivelandosi una miniera di informazioni ed anneddoti sul regista altrimenti poco conosciuti se non del tutto inediti, informazioni che hanno ovviamente arricchito i nostri articoli per Le basi ed anzi è stato proprio di fronte a tutte quelle storie pazzesche spalmate su questa lunga sequela di film micidiali che con Nanni, flettendo i muscoli, abbiamo detto: “Recensiamo tutti i suoi film. Questa è una carriera che va raccontata per bene”.
Chiaramente nonostante il nostro sforzo titanico alcune cose più marginali sono rimaste fuori dalla trattazione nel dettaglio per privilegiare le sue opere più sostanziose, data la mole gigantesca di materiale a cui ha lavorato. Lavori “marginali” solo per la quantità di apporto e non per meriti di qualità eh, stiamo parlando di roba comunque grossa.
Roba tipo il celebre “Indianapolis Speech” recitato da Robert Shaw, forse uno dei più intensi monologhi del cinema e di sicuro una delle scene clou de Lo squalo.
Ripassiamolo col doppiaggio originale:
httpv://www.youtube.com/watch?v=u9S41Kplsbs
Ecco, io ho i brividi ogni volta: secondo me Lo squalo è il film che è grazie a questa scena.
Sia chiaro, è un gran film di suo, ma ha generalmente un tono molto più thriller/avventuroso, ed è con il monologo sulla corazzata U.S.S. Indianapolis e i suoi marinai naufraghi divorati giorno dopo giorno dagli squali che il film invece frena in derapata e va nella corsia del memoriale di guerra, mutuandolo con un lirismo da Melville di Moby Dick. Perché Milius capì che Quint è un moderno Achab e la sua Orca è l’equivalente del Peaquod melvilliano.
Quella sola scena, in quei pochi minuti, conferisce un’umanità incredibile, un senso di apocalittica urgenza alla missione sterminatrice della Orca e tridimensionalità al suo equipaggio che da uomini insieme per forza diventano protagonisti di un epico esistenziale spalla a spalla.
Spielberg capì che serviva una scena che trasformasse lo squalo in un nemico anche nostro, che ci facesse empatizzare con l’equipaggio e dire dentro di noi “andiamo a fare fuori quel figlio di troia, lui e i suoi occhi senza vita”, serviva una parentesi che facesse calare un’alone di drammaticità e rendesse il film qualcosa di più, serviva qualcosa che rendesse la loro missione anche la nostra missione e spostasse la questione sul personale. Spielberg capì questo e girò tutta la pratica del background sul cacciatore di squali Quint e la scena in questione all’unico che avrebbe potuto farla e portare a casa il risultato: John Milius, uno che i momenti salienti sa come scriverli.
Milius scrive circa dieci pagine di monologo, ma Robert Shaw trovandolo troppo lungo lo riduce personalmente alla metà, e per recitarlo con maggiore convinzione si presenta sul set completamente sbronzo, al punto da dover essere portato sulla barca a spalla.
Il risultato, lo avete visto, è di un’intensità che ti sbatte per terra: il gelo che cala quando Quint racconta la sua storia è vero, tutto è reale al punto che gli stessi sopravvissuti all’originale naufragio della Indianapolis si congratularono per la vividità con cui la loro tragedia venne trasmessa. Quando Spielberg diede lo stop tutta la troupe era basita, tutti erano consapevoli di aver visto una cosa che sarebbe rimasta. Sono quattro minuti e spicci ma c’è tutto quello di buono che c’è nel cinema, davanti e dietro la cinepresa, sbronze comprese.
Oppure: la potenza dei dialoghi in Caccia a Ottobre rosso? Ripassiamone uno spezzone.
httpv://www.youtube.com/watch?v=9ITKoRfmNtg
In Caccia ad Ottobre rosso Milius venne preteso da Sean Connery, che era stato diretto dal regista in Il vento e il leone, per scrivere tutte le sue battute, lesse la sceneggiatura ma trovò poco interessante il suo personaggio, poco carismatico. Chiese quindi che venisse riscritto tutto da Milius, che venne chiamato in fretta e furia e a cui venne data carta bianca pur di tenere Connery a bordo del progetto.
Il risultato è un antagonista tra i più validi di sempre, un avversario degno e con una convinzione nobile, un uomo risoluto e colto che cita Colombo, Cortez e gli strateghi militari dell’antichità nei suoi discorsi.
Il generale Ramius riscritto da Milius è un tale badass che ruba del tutto la scena al protagonista-eroe nominale del film, l’Alec Baldwin che incarna il primo Jack Ryan cinematografico. Capite la portata della cosa? Milius rende protagonisti carismatici gli avversari russi, in un film di spionaggio americano centrato sulla CIA, ad un anno dalla fine della guerra fredda. Bravino no? Immagino Connery sia rimasto soddisfatto della sua scelta. Intervistato una decina di anni fa da IGN gli venne chiesto quanto di Caccia a Ottobre rosso fosse opera sua, oltre il personaggio di Ramius, e lui sardonico rispose “hai presente tutto quello che dicono i russi nel film? Ecco quella è tutta roba mia”.
E fuori dal cinema non è da meno, come quella volta che andò all’Oscar per Apocalypse now, perse contro Kramer contro Kramer, si alzò e portò tutti gli amici a mangiare da Tommy’s Burgers ancora in smoking. Oppure quella volta che la Universal gli chiese di riscrivere alcune cose di Un Mercoledì da leoni e lui fotocopiò la vecchia stesura su una carta di colore diverso, la rimandò e la Universal gli disse che ora andava benissimo. E scoprirete che ha una figlia piuttosto bonetta, pergiunta. E così va avanti senza sosta: di storie, di personaggi e di storie-sulle-storie il film ne è pieno e i 100 minuti che lo compongono volano via anneddoto dopo anneddoto, fino ad un’amara frenata sul finale che pone il documentario, inaspettatamente, sotto una luce un po’ diversa.
Durante le riprese del documentario infatti John Milius ebbe un ictus.
La sua mobilità e le sue capacità neurologiche rimasero intaccate notevolmente e la lavorazione subì uno stop molto lungo, riprendendo solo quando le condizioni del regista furono migliorate. C’è quindi uno stacco temporale drammatico dopo il quale vediamo il Milius post-ictus, che a malapena riesce a parlare ma che stoicamente non si arrende, anzi si allena con tenacia per recuperare le funzionalità psicomotorie al meglio, perché Milius non è tipo da darla vinta se non altro per rimanere a dare fastidio ai suoi detrattori.
“Vedete io sono sempre stato dall’altra parte… Sono sempre stato un esempio, sapete, di quello che non era corretto”
Difatti darà i primi segni di ripresa reagendo alla musica della colonna sonora di Poledouris del suo Conan che il figlio gli farà sentire sul letto dell’ospedale con il suo iPod.
Lo vediamo infatti negli ultimi minuti del film al poligono, a centrare il piattello dopo vari colpi andati a vuoto e, sigaro alla mano, regalarci un sorriso soddisfatto che sa di rivalsa. Una rivalsa che con l’acclamazione pressoché totale del documentario oltre che sul piano fisico -il nostro John ha recuperato tantissimo in un anno- arriva anche al cinema dove finalmente la sua tribolata sceneggiatura per il biopic di Genghis Khan comincia ad arrivare nelle fasi decisive e si cominciano a vagliare i registi. Milius come i surfisti di Un mercoledì da leoni torna vincitore, torna per dimostrare che ha ancora la sua da dire, alla faccia di chi lo ha affossato e gli ha voltato le spalle. Un esempio di regista da combattimento e di uomo con la schiena dritta, cosa ancora più importante.
Ed eccoci così arrivati alla fine di questa rassegna che grazie al vostro entusiasmo è durata anche più del previsto e ci ha permesso, con l’aggiunta di una manciata di articoli, di fare una cosa che a mia memoria non aveva fatto prima d’ora nessun sito di cinema, da combattimento o meno: analizzare tutta la filmografia significativa di John Milius.
Quindi un grazie a voi per averci seguito e un grazie a tutti gli altri redattori che assieme a me hanno curato questa lunghissima rassegna.
Alla prossima.
DVD-Quote suggerita
“Imperdibile per chi ama il buon il cinema, da combattimento e non.”
Darth Von Trier – i400calci.com
Siete i miei eroi.
Grazie per tutti gli articoli ! Farete altre monografie ?
Raccontare storie, dovrebbe essere tutto.
Grazie John e grazie ragazzi che ci avete raccontato la sua.
Grandissimo lui e grandissimi voi. Punto.
Appena ho dieci minuti leggo.
Avevo fantasticato che avreste potuto dedicare un capitolo di questa monografia a… Il grande Lebowski. Ahr ahr.
Per curiosità, qualcuno sa come il Nostro ha preso l’omaggio(?) dei Coen?.
avanti un altro: è il tuo turno di john mctiernan.
La giusta conclusione di un grandissimo ciclo. Bravi tutti.
Applausi a scena aperta. Grazie ragazzi!
La Narrazione. Quella con la “N” maiuscola. Il grande optional del cinema moderno, troppo occupato ad ingaggiare superstar e spippettarsi con i sfx.
Grazie, rubrica della madonna. Recupero subito il Docu. Quando in film di botte e spari rimangono più impresse parole e sguardi vuol dire che sei un grande. Uno dei migliori di sempre, John “Pelle d’oca” Milius!
Uno dei momenti più alti della storia dei 400 sto ciclo, ma il documentario si trova subita?
Ps
L’aneddoto sul figlio che fa ascoltare a milius le musiche di conan per farlo reagire dall’ictus e tanta, troppa roba…
Ottimo e abbondante.
Bravi tutti.
Applausometro a mille, grazie di cuore.
Grazie, grandissimi! Questo non me l’aspettavo? Ma il DVD di questo documentario si trova? È un po’ che lo cerco per videoteche e nisba
Grazie mille, ragazzi. A momenti mi commuovo, e solo leggendo.
Domandona: che qualcuno sappia, è possibile recuperare questo documentario in italiano, almeno subbato..? Grazie a tutti anticipatamente.
Grazie mille, a differenza delle altre retrospettive io di Julius avevo visto un sacco di film eppure non sapevo che c’era. Conan, Un mercoledì da leoni, Apocalypse Now, Caccia a Ottobre Rosso, Ricercati: ufficialmente morti, Lo squalo, L’ispettore Callaghan. Niente, non ricollegavo e prima dell’inizio di questa rassegna non avevo mai sfiorato la sua pagina Wiki o scheda IMDb.
Questa rubrica mi ha tenuto compagnia per moltissimo tempo è quasi quasi sono dispiaciuto che sia finita, penso a che roba poteva uscire se avessero dato Troy a John Milius o se avesse messo le mani su un film sulla guerra afgana.
Speriamo per Gengis Khan. Speriamo anche di vederlo al cinema.
Ho cercato un po’ ovunque questo documentario ma non sono riuscito a trovare uno straccio di sub ita. Ma c’è una distribuzione prevista in Italia (risate) o un file .srt ben nascosto fra le pieghe dell’Internet?
Lagrime. Lagrime virili. Vi amo.
Beh applausi. A voi e a lui.
(Sì, dalle due o tre foto che si trovano è bona sì, la figlia.)
mi autocito: monumentali tutti i redattori che l’hanno realizzata. Lo stato di grazia, la forza, il rispetto per i propri lettori, tutto che si traduce in questa rassegna qui
un ultima domanda al volo: il suo ruolo in “1941” quello strano ma interessante pastrocchio di Spielberg e Belushi?
(gogol mi dice che Gengis Khan è affidato a RZA!?)
Veramente tutti bravissimi per questa rassegna.
Qualcuno la passi a Milius per tirarlo un po’ su, anche perchè io non ci credo che vedremo un film di Gengis Khan con la sua visione intatta e senza cazzatone.
Bellissima rassegna complimenti, spero che la rubrica LE BASI continui presto con altre figure storiche.
Il documentario l’ho visto un mesetto fa su Studio Universal, all’interno di un mini-ciclo dedicato proprio a Milius. Era doppiato in italiano, e l’hanno passato due volte in una settimana, ma penso che passerà ancora.
Un documentario veramente bellissimo, con un sacco di interviste notevoli, e un sacco di materiale d’archivio (suppongo appartenente a Milius stesso). Inoltre il finale è proprio una mazzata, io non sapevo nulla della malattia di Milius. Speriamo si riprenda abbastanza da poter lavorare almeno come sceneggiatore, e che ci regali ancora qualche chicca.
Ce ne sarebbe bisogno di sceneggiatori validi in questa Hollywood moderna tutta CGI.
giusto per aggiungere epica all’epica.
questa http://www.boxinginsider.com/mma/the-octagon-a-man-named-milius-and-his-imprint-on-the-ufc/ la sapevate?
una rassegna fantastica, complimenti.
riprendo la domanda che qualcuno ha già fatto, sapete come milius la prese su goodman nel grande lebowski?
Pur avendo visto nove decimi dei film proposti, non sapevo nemmeno chi fosse Milius. Grazie per avermi fatto uscire dal sonno dogmatico su di lui e sul cinema da combattimento. E dire che avevo cominciato a seguire i Calci per capire perché quel mio amico lontano non più tra noi mi raccontasse tutte le trame che lui poteva andare a vedere al cinema (e io no: aspettavo che passassero Italia Uno l’anno dopo) per capire quali sogni lo nutrissero, e alla fine mi ritrovo a pensare che la mia infanzia forse non è stata così malaccio nutrita da film e figure così archetipici e vibranti. Il tutto condito dalle musiche del chip sonoro del Commodore 64.
ps. perché non fate un ebook con gli articoli su Milius?
ps2. ma uno speciale sui videogames anni ottanta così pieni di riferimenti “calcistici”? (renegade, double dragons, Rambo II e mi fermo qui)
http://youtu.be/YedqV4Gl_us
Mitico John! Pure “Caccia a ottobre rosso”!?! Oh, mamma!
Ho visto tutti i suoi film da “Dillinger” a “Addio al re” è mi sono piaciuti tutti a parte in parte (pardon il gioco di parole) “Alba rossa”.
Una capacità di passare dal gangsteristico all’ avventuroso al nostalgico-esistenziale all’ heroic fantasy…
forse l’ unica sceneggiatura cannata è quella di “Una 44 magnum per l’ ispettore Callaghan”. Da lui e Cimino mi aspettavo mooolto di più di questo filmaccio!
Comunque grazie John e grazie a voi per questa bella retrospettiva! ^^
“La Narrazione. Quella con la “N” maiuscola. Il grande optional del cinema moderno, troppo occupato ad ingaggiare superstar e spippettarsi con i sfx.”
Quoto!
E speriamo si riprenda presto!
fighissimo, grazie, bellissimo. (hai un refuso su “un’alone” che non vuole l’apostrofo).
http://creativescreenwriting.com/i-was-never-conscious-of-my-screenplays-having-any-acts-its-all-bullshit-john-milius/
Sempre un piacere leggere le parole di John Milius… Sarebbe interessante sapere, pero’, se l’intervista e’ pre- o post- infarto.
Se ho capito bene, l’intervista risale a Marzo/Aprile 2000