Ci hanno provato nel 1994 al grido di “minchia ragazzi, c’è da vendere un bordello di pupazzetti” e di nuovo nel 2009 cantando “ancora una volta, con meno sentimento”, per motivi diversi l’idea di portare Street Fighter al cinema si è tradotta in disastri diversi, ma proprio quando eravamo sul punto di metterci una pietra sopra, accettare il fatto che certi videogiochi appartengono al cabinato in cui sono nati, un pazzo furioso ha convinto l’internet che il segreto della qualità consisteva nel mettere in testa a Ken la parrucca di Lorella Cuccarini: questa è la sua storia, questa è la recensione di Street Fighter: Assassin’s Fist.
Odio fare quello che nelle palestre della critica cinematografica da combattimento chiamiamo con disprezzo “il democristiano”, l’equilibrista delle opinioni che non si espone e cerca di non fare torti a nessuno: quando finisco di vedere un film mi piace allontanarmi in slow motion, mentre il cinema alle mie spalle esplode, con un’espressione cazzuta e un’idea precisa di quello che ho appena visto. Un’opinione possibilmente estrema e indifendibile, che avrò tutto il tempo di rivedere o rimangiarmi, ma netta, tranchant, perché su i400Calci, esattamente come in America, prima si spara e poi si fanno domande. Premetto questo perché voglio sia chiaro che non è con leggerezza che sgancio la bomba che segue: Street Fighter – Assassin’s Fist è una cosa che piacerà a quelli a cui piacciono questo genere di cose e che non piacerà a quelli a cui non piacciono questo genere di cose.
WOOOOH. L’ho detto. Sigla.
In realtà, già questo giudizio solo apparentemente cerchiobottista ci dice che Assassin’s Fist ha fallito nel suo intento principale, rivelandosi ennesimo mattone di un monumento funebre dedicato all’intraducibilità dei picchiaduro in film in carne e ossa (ricordiamo con affetto Tekken e Dead or Alive, che ci guardano da lassù), seppure con dei forti distinguo rispetto ai suoi predecessori. Perché se è vero che con l’infelice film del 94 e l’inspiegabile Legend of Chun-Li completa un’ideale, involontaria trilogia intitolata “Street Figher e LO SBAGLIO”, Assassin’s Fist ha il raro pregio di essere, fra i tre adattamenti, quello che assomiglia di più a Street Fighter, nonché l’unico fatto da qualcuno a cui, di Street Fighter, fregava effettivamente qualcosa.
Le origini tutte 2.0 di questo oggettino le abbiamo già accennate quando ne abbiamo parlato la prima volta, e nei commenti avete dimostrato di essere così tanto sul pezzo da meritarvi un intero Speciale Street Fighter, ma a beneficio di tutti gli altri: nel 2010 due attori/stuntmen/artisti marziali/nerd, tali Joey Ansah e Christian Howard, fanno un corto di tre minuti intitolato Street Fighter: Legacy e visto che gli riesce abbastanza bene due anni dopo alzano la posta e lanciano una campagna Kickstarter per farne un’intera serie; la Capcom, fattasi un po’ più furba rispetto al 1994, prima abbozza, poi dà la sua benedizione e infine subentra in prima persona, trovando ai due regaz uno sponsor e una piattaforma di distribuzione. La serie viene completata sotto i migliori auspici ed esce a fine maggio in 12 episodi da 10 minuti l’uno che vengono pubblicati sul canale YouTube di Machinima. Seguono critiche positive e dichiarazioni folli da parte degli autori tipo “faremo un seguito con Guile interpretato da Scott Adkins”.
Va da sé che a leggere storie di questo tipo ti viene naturale fare il tifo per loro e con loro: quando uno ci mette la passione, la faccia (Ansah e Howard recitano anche: al netto di due parrucconi allucinanti, interpretano rispettivamente Akuma e Ken) e i soldi di tasca propria, finché persino la grande major non può fare a meno che constatare l’onestà del progetto (no-profit, ovviamente) e dare una mano, ti sembra di sentire una variante di Cenerentola con i pugni in da la fazza. Ma per quanto sia allettante, trovo disonesto dare credito a un progetto solo perché c’è la passione fischiando contemporaneamente, quasi per principio, ogni cosa fatta per soldi (perché lo Street Fighter del 94 e The Legend of Chun-Li li fischiate — ah, se li fischiate). Tutte le mie cose preferite sono state fatte per soldi, e sapete perché? Perché coi soldi vengono i professionisti — nel senso, quelli che lo fanno di professione — e il limite di Street Fighter: Assassin’s Fist è, molto prevedibilmente, il totale dilettantismo che lo caratterizza.
Possiamo passare sopra ad attori che non sono esattamente attori (ci sta, sono atleti), come agli effetti speciali un po’ cheap e le coreografie non sempre a prova di bomba; urta molto di più la mancanza di una vera idea di regia, ma il problema principale è di scrittura: Assassin’s Fist ha una struttura frammentatissima che non valorizza (anzi, spreca) il formato episodico della serie, limitandosi semplicemente a dividere in blocchi, allo scopo di alleggerire, un polpettone che nessuno si sognerebbe di sorbirsi in una sola sessione.
La storia, che ha come protagonisti unicamente Ryu e Ken nel “presente” (che è il 1988 — lo si capisce perché in un momento molto SEE WHAT I DID THERE? Ken e Ryu giocano a Mega Man 2) e il maestro Gouken e suo fratello Gouki/Akuma nei flashback (recitati, per eccesso di zelo, completamente in giapponese), è un’introduzione, o meglio, una spiega romanzata alle tecniche di manipolazione dell’hado — l’Hadoken e lo Shoryuken, le mosse marchio di fabbrica del franchise — che soffre tantissimo della mancanza di un vero svolgimento e di un climax. Non si capisce cosa esattamente Ansah e Howard volessero raccontare, se l’omoerotismo malcelato di Ryu e Ken (ci sono momenti NO HOMO, ragazzi, che non avete idea) o i tragici eventi che hanno portato alla nascita di Akuma, e finiscono per raccontare solo a metà entrambi.
Certo, in una serie su Street Fighter la ciccia è altrove. Vi starete tutti chiedendo: come sono resi i combattimenti? Beh, l’inedito, bizzarro connubio rappresentato dai due autori, l’essere degli artisti marziali e al contempo dei nerd di un videogioco, dà origine a una circostanza curiosa, in cui le mosse più famose, fisicamente assolutamente impossibili, sono rese con un’accuratezza che nessun adattamento prima di questo aveva mai osato (in un contesto non-demenziale, almeno: rimandiamo a un’altra volta l’assurda parentesi sulla gag di Street Fighter nel film di City Hunter con Jackie Chan): un esempio su tutti è che sia Ryu che Ken eseguonoil Tatsumakisenpukyaku — o, come lo chiamavamo tutti al baretto, l’elicottero — gridandone, ogni singola volta, il nome come se fosse la cosa più seria e più naturale del mondo.
Anche qui c’è però un rovescio della medaglia, perché la serie, eccetto nel finale, è priva di scene d’azione propriamente dette: i personaggi fanno ginnastica, eseguono kata, fanno qualche duello di allenamento, ma non se le danno mai di santa ragione. Il motivo di questa scelta apparentemente priva di senso credo risieda nel fatto che Ansah e Howard sono dei nerd anche delle arti marziali, dei supertecnici che trovano così interessante la teoria, la fase “di preparazione”, da privilegiarla a discapito di quello che noi profani avremmo preferito di gran lunga vedere: Ryu che fa il culo a strisce ad Akuma (o viceversa, eh). Al prossimo giro potrebbero affiancargli non per forza uno sceneggiatore professionista, ma anche solo un produttore coi piedi un po’ più per terra, e potrebbe venire della roba molto, molto interessante.
Assassin’s Fist è il tipo di progetto a cui puoi perdonare parecchio per via delle sue origini, per tutto il resto c’è la sospensione dell’incredulità e la speranza che facciano veramente il seguito con Guile/Scott Adkins.
DVD-quote:
”90% allenamento,
10% botte,
100% amore per Street Fighter”
Quantum Tarantino, i400calci.com
>> IMDb | Trailer | Serie completa
Notarella sul reparto costumi: come avrete notato siamo a livello “cosplay medio-bello” che, se non avete problemi col cosplay per sé, va benissimo e batte comunque senza sforzo i costumini plasticosi del 1994 e l’assenza di costumi del 2009. Certo, come dice il capo non è questa la garanzia di qualità, ma avercene di gente che nel 2014 non sta a preoccuparsi di non essere presa abbastanza sul serio, rimane fedele all’opera originale e ha il coraggio di andare a testa alta verso il macello — se non lo fai almeno per un prodotto no-profit e che più targettizzato non si può, quando cazzo lo fai?
Bonus: restando in tema di webseries… QUESTA.
https://www.youtube.com/watch?v=xbHLQAthI7M&list=PLBIeL6Ot52KNc6o32LoddullcK_vpV1hT
Le percentuali non mi piacciono…sento puzza di MK legacy II dove stavano solo a ciarlare…ho visto solo il primo episodio che era una sorta di anticipazione, se le botte stanno tutte li…comunque massimo rispetto per che fa ste robe per pura passione.
Vi siete dimenticati l’unico adattamento meritevole di SF uscito qualche anno fa in 10 episodi, il primo: http://www.youtube.com/watch?v=kLrWgVPeCzI&feature=kp
Forse non particolarmente calciabile, ma è meglio degli spruzzi di culo di cui avete parlato in questa rubrica.
Salut!
Spero di fare cosa gradita riportando un link di un video flash molto interessante
http://tabmok99.mortalkombatonline.com/mk_vs_sf_2.html
E’ di qualche anno fa ma è la cosa migliore uscita fra SF e MK direi ;)
Queste cose mi mettono più tristezza di the expendables… Che ti frega di imparare qualcosa se tanto c’è la passione e la nostalgia? Tanto l’Internet si bagna per i costumini e le citazioni, mica per una regia e una fotografia decente.
Gareth Edwards con 4 spicci ci ha girato monsters; adesso su Kickstarter puoi alzare qualche millante anche con un video girato nel cesso di casa (a patto che sturi lo scarico vestito da super Mario)
Sono carinissimi! Alla fine si tratta di cosplayer, una cosa fatta da appassionati per altri appassionati; non ambiscono di certo all’Oscar, se non è quello di Lucca Comics. Li lo prenderebbero, perché è fatto davvero bene ^_^
A questo sf daro’ un’altra chance sperando di non ripiombare in un sonno catatonico come alla prima visione. Pero’ la foto di gruppo per la seconda stagione promette un casino, specialmente la Chun Li tarchiatella…
“Il giusto compromesso tra la passione e lo sbaglio: Street Fighter – Assassin’s Fist”…n’zomma mi pare un pò troppo sbilanciato verso la “passione” comunque tanto di cappello, da amante sfegatato di SF l’ho visto tutto e al netto delle mimmate: Ken con l’evidentissimo parruccone, Ken (sempre lui) che recita davvero da cani, la trasformazione di Akuma (un giapponese che preso dal lato oscuro delle arti marziali diventa un africano con il parruccone rosso…) ecc.ecc. è piacevole…ma la cosa migliore su Sf rimarranno comunque sempre i film animati (soprattutto il primo)
Bassano TV. Ora Reteveneta. Sul finire degli anni ’90, cercava di rinverdire il mito delle Telepadova o Oden di quando eravamo piccini.
Per ora ho visto solo il primo episodio e sembra noiosetto. La cosa migliore per ora è scoprire che tutta la famiglia di Ken indossa parrucche bionde… Comunque è difficile dare giudizi oggettivi quando i mezzi e i canali sono diversi. Nel senso, devo salvare questa semi bambinata fatta col cuore perché è una serie web? Forse si. Sicuramente mi incazzerò sempre di più con film come Sf di Van Damme dove si buttano nel cesso molte più opportunità. A sto punto però se dovessero fare il seguito con Scott voglio lo spazzolone biondo in testa. Almeno un po’ di coerenza!
PS
Ma Ryu del Bonus è Gosselaar di Bayside school!
Sono biased, ma da fanatico di SF e del Giappone l’ho trovato adorabile :D