Seguite il mio ragionamento:
spesso, soprattutto nei paesi anglofoni, per descrivere un film ricco d’emozioni si usa il paragone dell’ottovolante: «Vedere quel film è come salire su un ottovolante». Emotional rollercoaster: vi è capitato di leggerla questa espressione, no? A me è capitato persino di usarla, almeno una volta.
Bon. Il fatto è che questo paragone è un paragone un po’ buffo, perché vorrebbe chiarire un’azione assai comune (vedere un film) confrontandola con un’azione più insolita (andare sull’ottovolante). In genere è il contrario, no? Cito da Wikipedia: «Il paragone consiste nel chiarire un concetto paragonandolo a qualcuno o a qualcosa di ben noto». Mica succede che io bevo un bicchier d’acqua e poi dico «Visto? È stato facile come rapinare un banco dei pegni».
Il fatto è che a me nella mia vita è capitato molto più spesso di andare al cinema che di salire sulle montagne russe. E la definizione di Wikipedia prosegue così: «purché i termini del confronto siano intercambiabili». Quindi ho pensato (continuate a seguirmi, mi raccomando, è molto interessante); quindi ho pensato: perché non andare sull’ottovolante e scoprire se è tanto elettrizzante quanto vedere un film ricco d’emozioni? E così ho fatto, per Dio: ho preso e sono salito su un ottovolante. E poiché la mia vita è una vita sempre al massimo, ho scelto la splendida cornice delle giostre dell’Idroscalo a Milano, il 16 di agosto.
Riuscite a pensare a qualcosa di più hardcore? Io sì.
Comunque sia, l’occhio mi è caduto sulla giostra che ha nome SUPER FRISBEE e che potete ammirare in questo bel video. Noterete che essa gira e oscilla e ondeggia un bel po’, e sentirete che la gente urla molto. Io titubavo della titubanza dei giusti, ma il mio accompagnatore nonché amico Jeff Aggiotaggio, che è un habitué, mi fa: «Andiamo qui. L’ho provato altre volte e oh, non so come spiegartelo, ma a me rilassa».
E io di Jeff mi fido, perché era in macchina con me quella sera di capodanno che investii una cameriera, ed era in macchina con me anche quella volta che ero ubriaco e partii in retromarcia a un passaggio al livello, e ora che ci penso io non lo so perché continui a fidarmi di lui ma soprattutto non lo so perché continui a fidarmi della mia testa di cazzo, maledetta la mia vita, ma fatto sta che io ho preso le palle e l’ho seguito sul Super Frisbee dell’Idroscalo.
E ho avuto molta paura.
«Amico Jeff,» ho detto al mio accompagnatore una volta scesi, «io non mi sono rilassato manco per il cazzo».
«Sii meno teso,» ha risposto lui con una flemma che non gli conoscevo. «Non ti aggrappare, tieni gli arti molli, al resto ci pensa la giostra. Sei imbragato come un salame: è inutile stare teso e opporre resistenza. Cambiati i pantaloni e riproviamo».
E io ho riprovato. E volete sapere la verità, amici lettori? La verità è che la seconda volta, su quel Super Frisbee su cui sono salito il sedici agosto duemilaquattordici soltanto per il gusto di invertire i termini di un paragone, io ho trovato un pretesto su cui impostare la recensione di Into the Storm.
Sigla!
httpv://www.youtube.com/watch?v=1k6fbLzMBKc
Passano quattro giorni da questo ottovolante di emozioni, e vado a vedere Into the storm.
Into the storm è diretto da un signore che sulla carta d’identità, alla voce “professione”, ha scritto “Regista e supervisore degli effetti speciali”. Ora, se la carriera da regista di questo signore è al massimo simpatica (Final destination 5), come supervisore degli effetti speciali il discorso, come dire, cambia un bel po’. Perché io non so voi, ma se JAMES CAMERON affidasse a me la supervisione degli effetti speciali di uno dei suoi film, e avesse pure co-diretto con me quell’esperimento pionieristico in IMAX 3D che era Aliens of the deep, bè, non importa quanto coglione io sia alla guida di un’autovettura, ma di una cosa sarei certo: che sono un supervisore degli effetti speciali RAGGUARDEVOLE. E il regista di Into the storm lo è. Il suo nome è Steven Quale.
– Papà, papà, che regista è quello?
– Quale.
– Quello!
Ah ah. Però il nocciolo di Into the storm, un film catastrofico che non ha altra ambizione che non quella di essere un FILM CATASTROFICO, è tutto qua: è l’opera di un signore che come regista fa Final destination 5 ma come supervisore degli effetti speciali fa AVATAR, porca puttana, e quindi ora che vi ho presentato Steven Quale sapete anche cosa aspettarvi da lui.
Into the storm, dicevamo. Il bello dei film catastrofici è che non perdo tempo a raccontarvi la trama. C’è questa cittadina della Contea di Salcazzo nello Stato di Fottesega che viene colpita da quella che gli scienziati e gli esperti non esitano a definire la più grande ondata di MALASORTE degli ultimi mille anni, MALASORTE che si concretizza in uno sbudellìo di TORNADO a catena che la devastano a più riprese – ma tipo boh, DIECI nello stesso giorno – e la ciliegina sulle macerie è che l’ultimo TORNADO è un GIGATORNADO grosso quanto MONTECATINI.
(Nota per i non metereologi: un tornado è come uno sharknado senza squali).
E cosa fanno i TORNADO GIGANTI, cari bambini? I tornado giganti fanno BUM.
E cosa fanno i personaggi di un film catastrofico chiamati a interagire con i tornado giganti?
Fondamentalmente niente. Parlano tra loro, provano amore tra padri e figli, tra liceale timido e liceale fregnetta, sentono la mancanza della mamma morta, hanno sogni e ambizioni, tentano qualche alleggerimento comico o qualche approfondimento drammatico, che cazzo ne so, non lo so e non mi interessa perché questo è un FILM CATASTROFICO.
Però siamo onesti: tutto ciò che non è catastrofe è banalissima, piattissima esposizione di personaggi assolutamente inutili interpretati da attori (tranne uno) assolutamente privi di qualsivoglia carisma o presenza. È questa la sezione di competenza dello Steven Quale regista, ed è esattamente come temete che sia: inesistente. Non fastidiosa, non pedestre o irritante, malfatta, no: inesistente. Lo Steven Quale regista è la più pura incarnazione del concetto di “mestierante”, un mestierante che non mi azzarderei a definire né solido né affidabile – soltanto un essere umano che sa come accendere una telecamera e riprendere personaggi in modo che poi un altro mestierante possa montarle con consequenzialità logica.
Per lunghi minuti Into the storm è talmente MEDIO da sembrare uno di quei filmetti di serie B o C che, quando si tratta di arrivare al conquibus delle scene catastrofiche, glissano per mancanza di budget o tirano fuori al massimo una due/brevi sequenzine in vergognosa CGI.
E invece no, amici cari, manco per sogno: come per miracolo, qui le catastrofi e la CGI sono di assoluta Serie A, sono Premier League, e fa un effetto quasi straniante vederle inserite in un filmetto del genere.
Ma la differenza la fanno, la fanno eccome. Siete venuti per le catastrofi, e catastrofi avrete, in esuberante quantità e ottimamente realizzate. Dai piccoli tornado iniziali alla successiva combo di quattro tornadi simultanei (di cui uno DI FUOCO!) fino ad arrivare al BEHEMOTH finale che ha il suo momento di gloria quando investe un aeroporto e fa volare gli aerei e tutto l’aeroporto (aerei che volano! Se non ci fosse la magia del cinema a mostrarci queste cose!).
Tutto il resto non esiste.
Tutto il resto è un terribile espediente in base al quale quasi ogni immagine che vediamo è ripresa da telecamere diegetiche, che siano cellulari di studenti o cineprese di documentaristi, peraltro tutte con la stessa qualità video, la stessa ottima fotografia e un’invidiabile stabilità. Ma a che serve ‘sta cazzata ogni volta? Perché quella del filmato amatoriale è diventata la scelta di default per ogni film horror o catastrofico? Steven Quale, ti svelo un segreto: il solo fatto che tu abbia deciso di girare un film giustifica la presenza di una macchina da presa. Non c’è bisogno che stiano tutti a pippolare con gli iPhone sempre. Basta.
Tutto il resto è il grandissimo Matt Walsh (comico e improvvisatore geniale che DOVETE vedere in Veep) che porta a nuove altezze la definizione “sprecato in un ruolo del menga”, ma che alla fine, con due-espressioni-due e senza che nessuno glielo avesse chiesto, regala al suo personaggio un po’ di spessore e una degna conclusione.
Poi basta.
Sapete perché la seconda volta che sono salito sul Super Frisbee mi sono davvero rilassato? Primo, perché – come mi aveva consigliato l’amico Jeff – non ho opposto resistenza; secondo, perché non era la prima volta.
Stessa cosa con Into the storm: un film del genere non è e non sarà mai uno di quegli ottovolanti che ti sorprendono e ti elettrizzano e le ragazzine alzano le braccia e urlano forte forte. Non è quel genere di emotional rollercoaster, perché a Steven Quale proprio non gli riesce di sorprenderti ed elettrizzarti – le sue catastrofi mancano di epica, tensione, vera grandezza; sono belle a vedersi e ti sballottano allegramente ma tu resti sempre calmo e tranquillo e imbragato bene. Proprio come il Super Frisbee, Into the storm ti soddisfa solo se non gli opponi resistenza: stai zitto, fregatene dei personaggi e stattene lì, compiaciuto, molle, ad ammirare i tornado che girano e i granai che mulinellano in mille pezzi. Lascia fare ai tornado. Ricorda, non è la prima volta. Ci sei già stato. Non è la prima volta che vedi un disaster movie, non è neppure la prima volta che vedi un disaster movie sui tornado: è tutto come ti immagini che sia, magari un po’ peggio in certi punti e magari un po’ meglio in certi altri. È familiare. È – ora capisco, Jeff! – rilassante.
Ci sono un paio di attimi, quando stai sul Super Frisbee ed è proprio il momento clou e tutto vortica e la giostra arriva all’apice dell’oscillazione – ci sono un paio di attimi di scobussolatissima pace in cui tutto il peso del tuo corpo continua a tendere verso l’alto e le braccia e le gambe ti sfarfallano alla rinfusa e tu fluttui sull’Idroscalo. Ecco: in quel paio di attimi, io, all’apice del mio rilassamento zen, ho emesso un verso. Non un urlo, un verso, giuro, una specie di gemito grave e sommesso, il verso di un grande felino predatore che dopo aver sottomesso la femmina, eseguito una rapida copula nella savana ed eiaculato senza fronzoli, si lascia alfine andare a un soddisfatto borbottio di rilassamento post-orgasmico. Perché mi sia venuto in mente proprio questo esempio non lo so, però sì, stavo in cima a una giostra e ho davvero emesso un verso tipo quello che nella mia immaginazione è il gemito di un leone soddisfatto della chiavata. Una cosa tipo GROAWWWWWN, quasi uno sbadiglio. All’apice del Super Frisbee ho fatto quel verso lì.
Ecco: vi garantisco che se siete bendisposti, se vi lasciate sballottare senza opporre reistenza e vi fate confortare dalla familiarità del tutto, anche Into the storm, in un paio di scene, vi farà emettere lo stesso verso. No urlare, no battere le mani, no esultare, no: GROAWWWWWN.
E in questo senso, e solo in questo senso, sì: Into the storm è un discreto ottovolante.
DVD-quote suggerita:
«Un altro paragone verificato con successo dal verifica-paragoni»
(Luotto Preminger, i400calci.com).
Eppure questo film ha un non so che….me lo vedrò bon!
PS. More on Jeff Aggiotaggio please.
Sono preoccupato… quando leggo le vostre recensioni spero sempre che si parli DI TUTTO tranne che del film…. Luotto voglio uscire con te e con Aggiottaggio ®!!
ps. @Luotto: ma te sei toscano? magari dalle parti di Pistoia? Citi Il Piera e montecatini, paese che NESSUNO ha mai citato su internet :-o
Luotto=Genio. Un abbraccio al mio omonimo Aggiotaggio!
Uhm… I tornado mi piacciono. Magari se mi avanza un’ingresso gratis sulal tessera vado.
Però permettimi Luotti di dissentire sulla DVD-quote. Secondo me se metti:
“(Nota per i non metereologi: un tornado è come uno sharknado senza squali).”
stavolta la passano purea te!
Luotto sempre sempre piacevole da leggere. Però niente, sto film mi spruzza anonimato ad ogni istante… non ce la faccio…
Insomma è Twister senza Robin Hood?
Un’esperienza di vita che mi ha reso un uomo migliore , non una semplice recensione !
Ho riso 10 minuti. Si, leggo lentamente
Quando i tornado fanno BUM..
Che meraviglia
Quando i tornado fanno BUM..
C’è un parapiglia
Ma che scemo vedi però, però…
Che il volo prenderò
Se i tornado fanno BUM
C’è un furgone sopra il lampione
Quando i tornado fanno BUM…
Bellissima recensione, complimenti dott. Preminger :D
Penso che lo guarderò per gli effetti speciali, per il resto non mi aspetto niente di più di un film della Asylum.
@ Al Bacino: pistoiese a chi?
@luotto : mi getto nel tornado
Luotto ti ho immaginato così:
https://www.youtube.com/watch?v=TSh-XBdNj_k
Il mio problema è che non riesco proprio a risalire sull’ ottovolante. Ho lanciato abbastanza insulti la prima volta che ci sono stato :(
Certo che ormai fare un disaster movie con i tornado è quantomeno sconveniente…
Potrebbe essere interessante però una collaborazione del regista con l’Asylum, in qualità di supervisore agli effetti speciali s’intende.
Recensione fantastica, comunque!
complimenti per la recensione.
direi che è migliore del film.
posso chiedere la candidatura di Steven Quale per i jimmy bobo?
voglio sicuramente vederlo, temo solo di patire la mancanza di tommy lee jones che elabora un piano per fermare i tornado prendendoli a mazzate con dei parchimetri
Beh, se il mio fidanza mi ha portato su sentieri appenninici stretti non più di 30/20cm con speroncino di roccia sporgente e scalino roccioso sottostante troppo basso per posarvi piede…(consigliati da un tizio che soffriva di vertigini ma sostanzialmente faceva il rocciatore) forse potrò spendere i soldini per vedere ‘sto Into the Storm, SE me lo chiede!
Beh niente, ieri sera l’ho visto e sottoscrivo, personaggi e trama a livello Asylum ma scatafascio di tornadi mai visto così maestoso, Twister a confronto sembra il Game Boy in B/N paragonato con la PS4.
Poi i due redneck minchioni sono messi lì solo per far ridere i minchioni e appunto ho riso come un minchione.
L’uottovolante?