Quando si parla di hard e soft sci-fi si parla di due approcci opposti e complementari al genere. Il primo predilige l’accuratezza scientifica, la plausibilità e l’esplorazione tecnologica, mentre il secondo utilizza premesse anche vaghe e scientificamente poco accurate per discuterne gli effetti sull’uomo, sulla società e così via. Sono termini storicamente vaghi, i cui confini, soprattutto nella letteratura, si sono sempre scontrati, mischiati e confusi, ma che hanno sempre avuto i loro fondamentali esempi. Nel cinema indipendente moderno, soprattutto americano, è nata da qualche anno una certa tendenza all’utilizzare i due generi per raccontare storie dalla fantascienza convincente che non richiedessero eccessivi sforzi tecnici, e quindi economici. Con Another Earth, ad esempio, Mike Cahill e Brit Marling riuscirono ad elaborare un ottimo racconto morale facendo apparire una terra parallela in cielo, esplorando la reazione sociale nel verso giusto e addentrandosi nella scienza quanto bastava per non sembrare un pretesto buttato lì. Il suo finale resta uno dei più azzeccati della fantascienza recente, nonché, a parer mio, esempio da seguire per chiunque si senta in dover di affrontare il genere. Dall’altro lato, quando Shane Carruth tirò fuori Primer a certe gente esplose la testa e ad altri i coglioni. Era il 2004 e fare della fantascienza low-budget non era né una moda né un motivo di studio universitario. Los cronocrímenes sarebbe uscito solo tre anni dopo, e gli esempi precedenti di viaggio nel tempo non raggiungevano di certo quel livello di ossessività. Primer era talmente preciso e intricato che senza un grafico era praticamente impossibile stargli dietro, rendendolo un film tanto affascinante quanto insopportabile, ma portava con sé un’idea che si sarebbe poi evoluta nello sci-fi che oggi sta dando più soddisfazioni: l’accuratezza scientifica e l’esplorazione tecnologica ai limiti dell’ossessione potevano essere utilizzati per raccontare storie al cui centro vi erano delle persone e le loro azioni, e lo si poteva fare con pochissimo budget. La seconda prova di Carruth, Upstream Color, il suo film più riuscito, affinava la tecnica allontandosi dai casini temporali per raccontare una storia più astratta ma pur sempre legata alla spiegazione concreta, un equilibrio quasi perfetto tra soft e hard sci-fi a cui Coherence deve molto, se non quasi tutto.
In bilico tra un episodio di Twilight Zone e un film mumblecore delle fila di You’re Next, Coherence è un film monolocale girato con due soldi nell’appartamento del regista James Ward Byrkit (che ha fatto storyboard per un Pirati dei Caraibi e Rango – di cui ha scritto anche la storia con altri) e forse l’esempio a oggi più concreto dell’influenza del cinema di cui sopra, ma con un’unica differenza: se quei film sono un po’ pomposi, questo è un po’ uno spasso, e raggiunge atmosfere da thriller/horror che tutti i film citati prima si sognano. Si parte da una premessa molto semplice, quattro coppie di amici coi loro cazzi (uno di loro è Xander di Buffy) si vedono per cena la stessa notte che una cometa sta passando particolarmente vicina alla terra, per poi finire in sequenze di angoscia e confusione mentre termini come “decoerenza quantistica” e il gatto di Schrödinger vengono tirati in ballo per spiegare la situa in una maniera quantomeno comprensibile. In poco più di 80 minuti e una stanza succedono abbastanza cose da giustificare il primo, lento quarto d’ora in cui i protagonisti, poco simpatici nella loro medioborghesità (ma di cui almeno Emily Baldoni spacca), vengono presentati attraverso dialoghi che a volte convincono e a volte fanno venire le zecche al culo. Fortunamente la direzione tende sempre alla sorpresa, e anche quando sembra raggiungere territori prevedibili si riprende tirando fuori l’idea giusta al momento giusto, riuscendo anche a finire nell’unico modo che non fosse né banale né paraculo, per la gioia mia e di tutti quelli che non ne possono più di finali scritti a caso. A tratti rischia di incasinarsi provando a spiegare la sua stessa struttura e sembrando un Carruth fatto male, ma alla fine tutto torna, e anche l’idea morale che ne sta alla base ripaga nel finale di cui prima. Bravi tutti e bravo Byrkit che ha azzeccato ritmo, tono e approccio girando un film che in mano a qualsiasi altro stronzo sarebbe diventato un insopportabile found footage tutto buio e incomprensibile. Lo stile, di fatto, ha quel classico registro documentaristico che caratterizza i film mumblecore, quella non-regia di cui Kevin Smith sta cercado di riappropiarsi fallendo ad ogni prova, o comunque quella parte di cinema che punta all’immediatezza e alla naturalità delle interpretazioni. Una roba che funzionerebbe tranquillamente anche a teatro. C’è anche un utilizzo del McGuffin (oggetto utilizzato come espediente narrativo) quasi geniale, che sfocia nel meta nel momento in cui i protagonisti lo usano per mettere al sicuro la loro stessa integrità narrativa e temporale. Così suona senza senso, ma quando lo guarderete ci farete caso e direte “aaaaah”.
Insomma, non è un film del tutto azzeccato per queste pagine, ma è pur sempre un esempio di divertimento abbastanza unico in quell’ambiguo genere che è la via di mezzo tra l’hard e il soft sci-fi, dove complicatezze scientifiche da spiegare nel dettaglio vengono utilizzate per slatentizzare e risolvere i problemi dei protagonisti. E poi, o è questo o un saggio sull’estetica di Carruth applicata alla scoperta del sé. Pillola rossa o pillola blu. Jean-Claude Van Gogh o Slavoj Žižek. IL BENE O IL MALE.
DVD-quote:
“Bello e divertente nonostante quegli otto stronzi lì che parlano di continuo”
Jean-Claude Van Gogh, i400calci.com
Sembra interessante: considerando che timecrimes mi ha fatto due palle così e primer mi ha fatto addormentare tre volte, magari questo è meno ostico.
Recensione verità. Quando si capisce il motivo delle scatole con gli oggetti a caso il ‘aaah!’ scatta inevitabile
Sono abbastanza d’accordo, però secondo me un poco di meno poteva durare, oppure far succedere altro perché cmq di momenti in cui ti sorbisci loro mentre aspetti che succeda qualcosa ce ne sono uno o due di troppo.
La cosa che m’è piaciuta tanto è che dimostrano che se ti dai un’occhiata su wikipedia prima di girare un film puoi riuscire a tirare in ballo pillole di nozioni scentifiche senza ammorbare ma senza sparare sfondoni a cazzo.
Primer è davvero fico, ma porca zozza è una lezione unversitaria quel film, in effetti è vero che la sua più grande utilità è dare una raddrizzata a chi viene dopo.
pronto la da guardare per stasera con il terrore che mi si presenti una “indie”-ata senza palle, ma devo dire che la vostra recensione mi ha dato speranza.
Upstream color lo devo ancora vedere è là che aspetta…
Primer visto recentemente e devo dire che non ci ho capito un cazzo. Ho anche aperto il grafico che dovrebbe spiegarlo, ma dopo una prima occhiata, per paura di farmi esplodere il cervello, l’ho subito chiuso fischiettando come niente fosse…
Questo coherence sembra valido il problema è che non trovo i sub..
OT: qualcuno ha visto earth to eco?
Grazie! :-*
Addesso altre due parole su Upstrem Color e siamo tutt’a’Boston!
Pienamente d’accordo su Another earth, un piccolo cult che riesce a dosare ogni elemento senza mai risultare pesante o scontato
ma vaffanculo, con affetto, ma vaffanculo
upstream color proprio no
A me è piaciuto, anche se da un certo punto in poi non c’ho capito più una bega, nel senso che i personaggi (MINISPOILER: appartenenti a realtà parallele diverse che però a causa del passaggio della cometa si intersecano) si incasinano troppo fra loro e non sai più chi è chi, cioè (RI-MINISPOILER) a quale realtà appartengano. Poi magari con un’infografica come quella di Primer si capisce, però mica poi vederti un film con la mappina sottomano come in un rpg.
La cosa è certamente voluta dato che ha l’effetto di non farti capire più neanche chi sei tu e quindi farti apprezzare il tutto perché ti conduce alla follia (avercene di film così) e inoltre l’incasinamento esponenziale è anche funzionale a risolvere i problemi di budget (non succede mai nulla di spettacolare, ma te ne freghi perché sei impazzito troppo per badarci).
Infatti non sono sicuro se una trama meno intricata, per intenderci alla Ritorno al futuro dove anche da bambino riuscivi a orientarti perfettamente fra i paradossi, avrebbe giovato allo stesso impianto teatrale. Magari sì ma con un uno molto bravone. Tra l’altro l’ho visto in tandem con Lucy di Besson e lì è proprio l’opposto, la debolissima premessa pseudoscientifica e lo script bessonata doc riscattati da un ritmo e un turbinio indiavolato di action e effettoni. Comunque alla fine mi sono divertito con entrambi, w la sci-fi e te regista che la fai.
Intrigante. Lo recupererò così come Timecrimes che colpevolmente non ho visto. Io sono tra quelli che, vedendo Primer, ha pensato “interessante ma non si capisce un cazzo”. La comprensione per me è parte integrante della narrazione e non può essere mai sacrificata, neanche di fronte all’idea più figa del mondo.
io per completare la serata e sfondarsi come quando sei lì lì ma vuoi fare lo sborone e ne bevi una di troppo e ti svegli 36 ore dopo con le tempie martellate, aggiungerei Triangle di Cristopher Smith.
@Marfi right, triangle è un altro film che ti fotte il cervello per bene
Ps:che bomba la scena coi corpi accatastati sul ponte
Sì, una piccola perla incompresa, che rispetto agli altri ha il pregio di non volerti nemmeno lontanamente proporti nessuna spiegazione a pippone! è così, punto!
A chi è piaciuto primer e los cronocrimenes..piacerà molto anche questo.
Se vi hanno fatto addormentare quei titoli..questo vi farà ancora più addormentare perchè quel poco di azione che c’è è condensato solo nel finale.
Mi ricorda anche L’uomo che venne dalla Terra (2007) che non aveva a che fare coi viaggi ma anche quello era una poverata di sci-fi fatta con un gruppo di tizi chiusi in una stanza per tutto il tempo a dialogare sull’immortalità.Più o meno come era avvenuto anche con The exam (2009), The divide (2011), La hora fria (2006) o il seminale The Cube – Il cubo (1997).
La premessa è sempre la stessa:costingi più di 3-4 individui con relative personalità in un ambiente chiuso che per un motivo o per l’altro non possono lasciare e finiscono quasi sempre per scannarsi fra loro.
Sono film che spingono a pensare che a volte per coinvolgere degli appassionati di un genere cinematografico “costoso” come la fantascienza, il fantasy o l’horror basterebbe una sceneggiatura solida con dei dialoghi plausibili.
Hanno difetti assortiti e a molti 400calci ha dedicato la recensione ma meritano una visione anche +1 Plus One (2013), The caller (2011), Eden Log (2007), O Homem do Futuro (2011).
Los cronocrímenes l’avevo visto e mi piacque.
upstream color l’ho visto ieri e lo sto ancora un pò metabolizzando – un pò mi piace, un pò no – quindi mi manca primer. e ovviamente coherence.
quando oggi ho cercato il trailer su imdb, dopo sono usciti tutti quelli dei film che citi in questo post, uno dietro l’altro. a the cube mi sono fermata sospirando.
Primer e` una delle piu` grandi cagate che io abbia mai visto
strano che nessuno abba ancora nominato quell’altra astronomica puttanata col botto di donnie darko, secondo me rientra a bestia nel filone tipo primer
dunque, ho visto primer (e nonostante io sia un fisico nucleare ho avuto serie difficoltà a capire il finale cioè più che il finale l’intermezzo)
ed ho visto anche coherence.
pienamente d’accordo sulla recensione. molto carino, anzi, molto bello, e forse forse inutili dei soldi in più: è un film giusto così. bella anche la formula “mumblecore” che ci sta benissimo e..ahhhh, ecco: la scatola!!! :D troppo bella la roulette.
credo sia addirittura meglio di primer che sottomette un pò troppo la comprensione del film al rigore scientifico. anche se con quella costruzione (temporale) era inevitabile, credo.
ora mi manca another earth, ma me lo vedrò almeno l’altro ieri.
Appena visto. Beeeeeello! Però Triangle, film tanto angosciante quanto intrigante, sta mille spanne sopra a tutti. Alla pari con Timecrimes, che forse è un po’ più rigoroso e consequenziale mentre in questo Coherence è palese la volontà di mischiare allegramente le carte e creare caos funzionale alla svolta finale.
Another Earth lo metterei più nel filone della fantascienza intimista e meno in quello dei film “di meccanismo” (ma è comunque un gioiello).
Primer è una delle più colossali rotture di coglioni della storia del cinema. Un film autistico e chiuso in sè stesso, empatico quanto un trattato di fisica quantistica.
Intervengo solo per dire: PRIMER MERDA.
Amo gli sci-fi che intrippano il cervello, ma in quel film non si capisce un cazzo di niente senza leggersi le spiegazioni dettagliate nell’internet.
Carino invece questo Coherence, escludendo appunto i primi insopportabili 15 minuti e la regia alla cazzo di cane, con le riprese troppo mosse anche per un mumblecore
Finalmente visto.
Si potrebbe riassumere in: “butta un gatto di shroedinger in mezzo ad una pallosa cena tra amici”
Che detto cosi suona malissimo e invece funziona, funziona eccome.
Pollice su.
Grazie a voi nel tempo ho visto Coherence, Los cronocrimenes e Primer, mentre Another Earth lo avevo recuperato da solo. I miei giudizi:
Another Earth molto bello, ma secondo me lo spunto fantascientifico è sottoutilizzato e resta poco più che un pretesto: solo il finale gli ridà (grande) dignità.
Coherence molto interessante, come scritto qua sopra i personaggi sono irritanti ma gli elementi intriganti sono parecchi. Certo un guizzo non low budget (o anche solo un po’ di azione/sottotrama in più) aiuterebbe a tener desto l’interesse.
Primer è anche lui più interessante che bello: schema logico intricatissimo e dialoghi allusivi che non spiegano niente di niente (non fate come me l’errore di vederlo in inglese coi sub in inglese – mal di testa): ok bravo Carruth ma se vuoi divertirti solo tu ti saluto a Donnie Darko.
Los Cronocrimenes mi è piaciuto un sacco: ha una fattura campagnola molto simpatica e per me rappresenta lo spirito del low budget hard sci fi nel modo migliore.
Mi manca solo Upstream Color direi.
upstream color è ancora + pretenzioso di primer
risparmiatelo
visto oggi, Emily Baldoni è una dea.