È il 2014, è domenica notte e ha iniziato a fare freddo sul serio. Mentre sto scrivendo questo pezzo bevo caffè e ascolto il commento al film del regista, Thom Eberhardt (disponibile nella recente edizione Arrow), e lo faccio solo adesso perché solo adesso mi sono accorto di averlo. Meglio tardi che mai, considerando anche che stiamo parlando di un film che ho conosciuto solo qualche mese fa ma che è entrato immediatamente nella mia top 5 di roba kitsch anni ’80, classifica che vede al primo posto Footloose. Lui, Thom Eberhardt, è uno particolarmente forte e pure particolarmente sconosciuto nella sfumatura mainstream del termine. È noto per aver partecipato alle sceneggiature di roba come Tesoro, mi si è allargato il ragazzino e aver diretto Finché dura siamo a galla, ma essere noti per cose del genere non è qualcosa che definirei indimenticabile. Night of the Comet resta, trent’anni dopo, il suo film ricordato con più affetto dai fan del genere nonché l’unico ad essersi guadagnato la reputazione di cult, con tutti i crismi del caso. In questo momento, mentre mi finisce il caffè, Thom Eberhardt ha appena detto “Sia il singolo di Frank Zappa che il film stavano andando forte, quindi ho pensato che sarebbe stato figo mettere due valley girl alla fine del mondo”, prova sufficiente per confermare come Nicolas Cage iniziò a fare la storia del cinema già al primo ruolo da protagonista, ma anche per sottolineare come da idee semplici, e con l’aiuto delle giuste ispirazioni, si possano tirare fuori cose fighissime.
Partendo dal superficiale, non si può considerare Night of the Comet un manifesto d’originalità, ma lo si può prendere come esempio quasi impeccabile di cleptomania compulsiva ai fini dell’omaggio più sincero. Principalmente, vuole essere un omaggio alla fantascienza low-budget anni ’50, la stessa che più direttamente ha permesso cose come La cosa e La Mosca, ossia quel tipo di film in cui si aprivano un sacco di porte, c’era almeno un laboratorio e il tono era tutto un gioco di scambi d’informazioni in mancanza di vera e propria azione. Partendo da questo, Eberhardt ha costruito un’atmosfera post-apocalittica impeccabile utilizzando una Los Angeles deserta filtrata in rosso contrastata da dei laboratori sotterranei presi direttamente da roba tipo Inseminoid o qualsiasi altro horror low-budget con stanze bianche. Il suo approccio al genere viene dritto dalla scuola Carpenter: un approccio moderno e pieno di stile applicato a un immaginario datato per cui colori al neon, sintetizzatori e dialoghi intelligenti e ironici trasformano situazioni già viste nel delirio anni ’80 che ora tutti amano, il tutto realizzato con tanto ingegno e pochi soldi. Nello specifico, i dialoghi contengono delle battute talmente brillanti da meravigliarsi che nessuno le stia citando come vengono citati il latte e le gomme da masticare di Essi Vivono, e la costante ironia verso certe abitudini americane e il rapporto con le armi aggiungono quel tocco di satira sociale necessaria per divertire con intelligenza. In uno scambio particolarmente riusciuto, ad esempio, vediamo una delle protagoniste dire a sua madre “You were born with an asshole, Doris, you don’t need Chuck” per poi beccarsi un ceffone, darne uno altrettanto e quindi prendersi un pugno in faccia. Impossibile non ridere. Parlando di cleptomania, poco fa Eberhardt ha confessato di aver rubato quella frase a un film porno, rendendo tutto ancora più bello.
Oltre alla fantascienza girata nel modo preferito di Refn, il film utilizza anche idee che vanno dagli zombi di Romero (la minaccia del caso e solo un pretesto per far muovere i protagonisti) e finiscono nei ghetto delinquenti punk di Repo Man, uscito tra l’altro sempre nel 1984 (e non lo cito a caso: buona parte della crew del film lavorò poi in Night of the Comet – compreso uno della banda di delinquenti in questione)(lo so perché lo ha detto il regista mentre bevevo il primo sorso di tè). Quello che conta, in tutto questo delirio di riferimenti, è la sincerità con cui tutto è raccontato: l’intenzione era quella di girare un film low-budget ispirato ad altri film low-budget, e non c’era motivo di nasconderlo.
Come detto prima, la premessa è una: la civiltà viene spazzata via dal passaggio di una cometa e le uniche sopravvissute del quartiere sono due bionde valley girl, capelli voluminosi e accento compresi. Loro, quella Catherine Mary Stewart vista lo stesso anno in Giochi Stellari (motivo per cui recuperai Night of the Comet – lo ammetto) e Kelli Maroney, sono il motivo principale per cui il film ancora adesso funziona così bene: in una produzione che per forza di cose deve limitare l’azione e la cui sceneggiatura tende all’approssimativo, le sequenze fatte di soli dialoghi non possono permettersi di essere noiose o inutili, ed è per la maggior parte compito degli attori far sì che questo non accada. Entrambe sono perfette nei loro ruoli, scritti senza mai cadere nei cliché in cui le donne, specialmente nei film horror e d’azione, vengono solitamente ridotte. La loro intesa è impeccabile e, di consenguenza, le loro scene sono quelle che più divertono e convincono, sorprendendo poi nei momenti più seri senza rovinare tutto con chissà quale capacità recitativa da soap opera. Anche l’azione è completamente sulle loro spalle: sparano, picchiano (soprattutto la Stewart – le cui doti non smetterò mai di elogiare), corrono in moto e non si fanno alcun problema se c’è da fare il culo a qualcuno. Tutto questo eseguito nel più naturale dei modi (posta comunque l’assurda premessa), senza che “l’essere donne” abbia un peso retorico effettivo, come spesso accade, oggi più che allora. Non esiste qui il concetto di final girl, perché entrambe sono così sin dall’inizio: due sorelle diverse, con tutti i loro problemi, che affrontano la fine del mondo come farebbero due diciotteni armate di mitragliette e con una città tutta per loro. C’è anche da dire che, con una premessa simile, chiunque superi il quarto d’ora è considerabile final girl. Anche gli uomini. A completare il cast femminile, una Mary Woronov che appena entra in scena spazza via lo schermo con le sue occhiate al cianuro. Ovviamente perfetta, e sicuramente a suo agio nei panni della scienziata dalla dubbia moralità, sarebbe forse stata più efficace se il suo ruolo, come quello degli altri scienziati, fosse stato contestualizzato un po’ meglio, ma arrivati a un certo punto certe cose non importano più, e se l’intenzione era quella di intrattenere il risultato è un successo.
Certo, non tutto è perfetto e bisogna ammettere che l’ultima mezz’ora è un po’ paciugata, ma è facile capire come un film così sia amato ancora oggi: è divertente, dinamico, intelligente, girato con stile e ricco di piccole ma efficaci idee. Sarebbe solo un peccato se un film del genere venisse dimenticato o semplicemente trascurato per la sua natura povera e datata, quindi fate una cosa: guardatelo se non lo conoscete, condividetelo, regalatelo ai vostri figli, fate del futuro un posto in cui Night of the Comet è ancora una figata.
DVD-quote:
“La sfacciataggine anni ’80 non è mai stata così importante”
Jean-Claude Van Gogh, i400calci.com
E ora, un pezzo indimenticabile.
httpvh://www.youtube.com/watch?v=E8X7liJB6go
Cazzo fino a quando non ho letto l’articolo credevo di essermelo sognato, sono anni che cercavo sporadicamente di ricordare il nome di sto film!!! Grazie JCVG, una doverosa perla aggiunta allo speciale ’84
Grazie ai vostri ganci, ho recuperato sia questo che Repo-Man. Questo l’ho trovato divertente (certo, datatissimo e con maccosa grandi come un palazzo) soprattutto nei suoi accostamenti tra fantascienza, horror e commedia rosa.
Repo-Man mi ha deluso tantissimo: dialoghi gustosi, alcuni personaggi memorabili, ma praticamente privo di ritmo (o, meglio, ritmo assurdamente spezzettato) e trama.
Grande Jean-Claude, incredibilmente rivisto proprio l’altra sera e cosa che di cui non mi ero mai accorto anni fa e ne tantomeno l’altra sera
SPOILER??
è la targa alla fine del campioncino della sala giochi
Peccato che ‘The quiet earth’ sia uscito meno di un anno dopo perchè merita tanta stima recensionistica quanto questo (personalmente anche di più)
Se ben ricordo, «La notte della Cometa» arrivò da noi nel 1986, con più ritardo del solito (forse per aspettare l’anno di Halley, con cui immaginai che il film avesse voluto giocare d’anticipo); e fu penalizzato da una distribuzione – appunto – degna di una meteora.
Sulla mera base dei titoli “astronomici”, prima della visione, tendevo a confonderlo con «Il giorno della Luna Nera», scritto proprio da John Carpenter ed uscito qui nello stesso periodo (anche se «Black Moon Rising» si riferiva ad una super-auto, guidata da quel fegataccio di Tommy Lee Jones).
Da recuperare entrambi, per parte mia, ora che mi ci avete – meritoriamente – fatto ripensare («Footloose» ce l’ho già, in dvd, perché Lori Singer non mi è più uscita dalla testa).
Tra l’altro, venerando Sherlock Holmes “con tutto il disincanto postmoderno”, sono affezionato alla sapida inventiva di Thom Eberhardt anche per via del successivo «Without a Clue / Senza indizio», in cui scavalcava l’iconoclastia dei due Wilder – Billy e Gene – rovesciando come un guanto la leggenda del consulting-detective di Baker Street (la mente del duo era il dottor Watson, e dietro lo Holmes dei suoi racconti si celava in realtà un attore di modesta levatura).
Comunque è vero che il film urla “CARPENTER!!!!!!!” per tutta la sua durata. Solo che lo fa con personalità: il maestro non aveva quei tocchi rosa, e non avrebbe mai immaginato un finale così pop.
Visto più volte su Odeon o Italia 7, la sua atmosfera è affascinante
Concordo con Rocco Alano, anche per me Repo Man è stata una delusione cocente.
Questo invece non lo avevo mai visto ne sentito, se mi ci diverto la metà di quanto mi ha fatto divertire il dottor Banzai ne sarà valsa comunque la pena.
rivisto qualche settimana fa: [SPOILER] è inguardabile. la sua fama di cult è assolutamente immeritata
niente, Jean-Claude, noi due non andremo mai insieme a femmine
la Stewart insieme alla giovine Alexandra Paul (cioè Leigh in “Christine la macchina infernale) e alla Jennifer di “War games” sono stati i miei sogni di ragazzino
Bella rece , urge il recuperone. Mi fate venire dubbi su repo men però, l’avevo visto da pischello e mi era sembrato parecchio figo, ma visto che lo state smontando dovrei rivederlo.
mò me lo vedo.
Per me Repo Man (con la “a”, che con la “e” è quella roba orribile con Jude Law) è un po’ tra i meglio film punk di sempre.
Il problema di Repo-Man (nonostante i suoi meriti li abbia come detto sopra: la sceneggiatura, la colonna sonora…) è che la struttura a scenette non funziona al cinema. Il film di Cox sta alla fantascienza urbana come “Ecce Bombo” sta alla commedia: due palle cubiche!
Bel film con una piacevolissima atmosfera malinconica
Questo non l’ho visto e lo recupererò senz’altro, ma leggendo l’articolo mi frullava in testa dove avessi già sentito il nome di Thom Eberhardt, finché non ho letto il commento di Marco: “Without a Clue / Senza indizio” è un cultissimo, con il Michael Caine più scompisciante di sempre, la miglior rilettura ottantina di Holmes, sopra anche a “Piramide di paura”.
Passo solo per dire che il film si merita la fama di cult che ha. Alcune inquadrature sono molto evocative e il sex appeal delle due protagoniste aiuta parecchio. Per me è promosso.
Esiste un sito creato da fan del film con interviste, poster dei vari paesi, foto di gente che ne fa il cosplay e altra roba.
Lascio il link, casomai fosse gradito a qualcuno.
http://www.nightofthecomet.info/index.html