Questo lungo post su 1941 inizia nel 1942.
1942.
Nella notte tra il 24 e il 25 febbraio del 1942, meno di tre mesi dopo Pearl Harbor (il bombardamento, non il film) e l’ingresso in guerra degli USA, a Los Angeles si diffonde la voce che i giappi stiano per sferrare un attacco aereo sulla città. Tutto falso, ovviamente; che sia colpa di un pallone meteorologico disperso, degli UFO o semplicemente di un’intera metropoli ossessionata dallo spettro dell’invasore, l’unica cosa certa è che l’allarme antiaereo risuona in tutta la città e i militari passano la notte a tartassare i cieli deserti a colpi di mitragliatrice e granate da 5.8 kg. Blackout in città, riflettori che setacciano lo spazio aereo, soldati appiedati che sparano per aria a casaccio con le pistole, cinque civili morti d’infarto o per il fuoco amico – e gli americani hanno ancora il coraggio di chiamarla LA BATTAGLIA DI LOS ANGELES.
1943.
Un anno dopo, i più ribelli tra i giovani neri e latinos svicolano l’arruolamento e se ne vanno in giro a ballare il jitterbug indossando zoot suits, ossia quegli abiti ridicoli tipo Cab Calloway o The Mask, simbolo di anticonformismo e fotti-il-sistema. I veri patrioti americani non possono tollerare un simile affronto: sprecare in abiti di lusso i soldi che si potrebbero usare per sgominare Hirohito! Gozzovigliare nelle sale da ballo mentre i soldati muoiono come le mosche! Hitler minaccia il mondo con i suoi dettami razzisti e questi sporchi messicani si permettono di prenderci per i fondelli? A Los Angeles scoppiano le zoot suit riots: bravi soldati e patrioti in uniforme VS. minoranze etniche di “furfanti e vagabondi” in brache di raso. Il consiglio comunale proibisce gli zoot suits in tutta Los Angeles. Le tensioni razziali vanno avanti per qualche mese. Nonostante la lontananza dai teatri di guerra, gli USA sono una nazione sull’orlo della crisi di nervi.
1978 / 1979.
Ci sono due giovani sceneggiatori che forse conoscete: si chiamano Robert Zemeckis e Bob Gale. Sono freschi di scuola di cinema alla University of Southern California e hanno da poco scritto una commedia molto bellina, I wanna hold your hand, che Zemeckis ha anche diretto. In breve tempo Bob & Bob sono entrati nelle grazie di altri due registi che forse conoscete, John Milius e Steven Spielberg. Vi ripeto i nomi di questi ultimi, qualora non avessi reso l’idea: John Milius e Steven Spielberg. Del primo abbiamo ampiamente parlato. Il secondo, per non saper né leggere né scrivere, è reduce da Lo squalo e Incontri ravvicinati del terzo tipo – una combo che mi tremano le gambe solo a pensarci – e a poco più di trent’anni si è meritatamente ritrovato l’intero pianeta Terra come zerbino. Zemeckis e Gale hanno appena scritto il soggetto per una commedia bellica dal titolo The night the Japs attacked, a cui ha contribuito anche Milius, il quale vorrebbe intitolarla semplicemente JAPS – e ditemi voi se c’è un titolo più Milius di questo. Japs era una satira ispirata almeno in parte ai due episodi storici di cui vi ho parlato poco fa, e questo dovrebbe darvi l’idea dell’approccio dissacrante di Bob & Bob al tema WW2: le zoot suit riots (cioè l’opposto del patriottismo a stelle e strisce tutto d’un pezzo) e la battaglia di Los Angeles (cioè una plateale figura di merda) come pretesto per accumulare scene catastrofiche e divertenti come avrebbero potuto scriverle due giovani sceneggiatori entusiasti, cazzari e ancora poco esperti, ossia: buttiamo dentro tutto quello che ci piace senza minimamente pensare alla reale fattibilità di un progetto del genere. Un blockbuster multimilionario per mettere alla berlina i gloriosi USA di Roosevelt? Sembrerebbe proprio il classico script che chiunque rifiuterebbe o quantomeno ridimensionerebbe a colpi d’accetta. A meno che la sceneggiatura non capiti nelle mani di, non so, un giovane e potentissimo Re Mida di Hollywood che, guarda caso, proprio in quel momento sta attraversando la sua fase #berneunpaio. Un bel giorno, Milius e Spielberg stanno sparando ai piattelli nel loro club di tiro, quando i due Bob arrivano con la prima stesura di Japs per farla leggere ai loro mentori. Ecco come Spielberg descrive quel momento della sua vita:
Devo ammettere che c’è una parte di me, pur nel mio stile di vita moderato e tranquillo, che forse è pazza quanto Milius e i due Bob. Mi sarebbe piaciuta una bella opportunità per fare a pezzi un sacco di mobili e spaccare vetri.
Milius offre qualche dettaglio in più:
Steven aveva una vecchia cinepresa in Super-8 e girava un sacco di filmini con noi che mangiavamo hamburger da Tommie’s e ci imbrattavamo tutti di salsa chili e vomitavamo sulla macchina facendo l’imitazione di Bigfoot, delle perle favolose. Passavamo tante di quelle serate spettacolari al poligono di tiro, roba da spaccarsi dal ridere. 1941 è nato così.
Appunto.
1994.
Nel 1994 ci sono io in quella delicata fase di passaggio tra le medie e il liceo, la fase in cui inizio a lasciarmi alle spalle il cinema obbligatorio e generazionale che ha segnato a fuoco la mia gioventù e quella di chiunque (nel mio caso, ossessivamente, Spielberg e Zemeckis) e mi addentro a tentoni verso altri panorami cinematografici che mi distinguano dalla massa, che si addicano di più a questa mia tormentata sensibilità, a questi nascenti turbamenti che ribollono solo dentro di me e che voi non potete capire.
Il 1994 è forse l’anno in cui inizio a diventare una spocchiosa testa di cazzo, e una sera del 1994 ci siamo io e altri due amici sul divano del salotto. Serata cinema. Gli altri due non sono come me: loro hanno gusti dozzinali e, anziché esplorare nuovi orizzonti, passano il tempo a cercare di scopare, il che fa di me (1) lo sfigato del trio e (2) quello che sceglie il film da vedere. Scelgo 1941 perché con Spielberg si va sempre sul sicuro con tutti. E poi qui ci sono esplosioni, umorismo facile, grandi fracassonate e una donna nuda nella prima scena. Garantito al 100%. «Vedrete», dico.
Dopo dieci minuti è già calato un silenzio di tomba. Gli altri due non ridono, non emettono un suono, pietrificati in un torpore che sta – lo sento – per rivoltarsi contro di me e contro le mie scelte sbagliate. Nessuna reazione. A me il film sta piacendo come è sempre piaciuto – certo, mi rendo conto che è uno Spielberg poco convenzionale, ma è ancora la commedia-blockbuster bislacca e chiassosa e crassa che è sempre stata… E la citazione iniziale da Lo squalo è talmente smaccata che di certo l’hanno colta anche loro… Speriamo che almeno John Belushi… Niente. Dopo 20 minuti di disagio spengono il videoregistratore, mi dicono “Fa cacare”, passiamo ad altro.
Quei due stronzi si saranno dimenticati tutto dopo cinque minuti, ma per me “la grande débâcle di 1941” è stata un momento molto importante, direi formativo. Da un lato è lì che ho capito che la via che mi ero scelto, pur giusta, sarebbe stata lastricata di solitudine, incomprensioni e “fa cacare”; dall’altro, che Iddio mi perdoni, quella è stata forse l’occasione in cui mi sono definitivamente lasciato alle spalle il cinema della gioventù per passare a lidi più arty, più adulti, che mi facessero sentire più fico. Forse avevano ragione i miei due amici? Forse 1941 faceva davvero cacare? Baracconesco, sconclusionato, scemo… Forse ero io che dovevo crescere. Dopotutto, 1941 era stato l’unico vero flop di Spielberg. Il pubblico americano non aveva mai apprezzato quell’umorismo applicato a quei temi, non era riuscito a digerire la farsa e la guerra nello stesso film. Gli stessi Spielberg e Zemeckis, intervistati a proposito, si paravano il culo da anni: in fase di pre-produzione il film era cresciuto a dismisura – spiegavano – e l’entusiasmo del momento aveva trasformato l’originaria satira guerresca in un accumulo incontrollato di attori, sottotrame, spettacolarità sempre più esasperata, effetti speciali sempre più costosi, fino a sfociare nel caos. Insomma tutti, dal grande pubblico ai miei compagni di classe fino a Spielberg stesso, tentavano di convincermi che 1941 facesse cacare.
Oh, insomma, che dovevo fare? Ho dato retta a loro, e per vent’anni son passato ad altro.
E voi, che siete arrivati a leggere fin qua, vi meritate una pausa. Eccovi il teaser di 1941, diretto (si vocifera) da Milius:
httpv://www.youtube.com/watch?v=rQ1gff-aws4
2014.
Quando ho proposto di scrivere questo post, ben DUE redattori dei Calci hanno espresso il dubbio che 1941 non fosse un “film da Calci”. «Ma non è una commedia?», mi chiedevano. Domanda legittima; ma adesso che sono passati vent’anni da quella fallimentare serata con i miei amici (molto più del tempo intercorso tra quella stessa serata e la data di uscita del film) sono pronto a rispondere. E la risposta è: secondo me, da un certo punto di vista, 1941 è uno dei film più calcisti di sempre.
Della genesi di 1941 come film votato all’eccesso si è già detto: uno Spielberg in fase up che per un fortuito allineamento astrale incontra una sceneggiatura che è un delirio maniacale dall’inizio alla fine. E posso capire che il delirio maniacale non sia roba per tutti i gusti: questo è un film dove tutti i personaggi urlano fortissimo e ripetutamente strabuzzando gli occhi in primo piano. È fracassone, è terra terra, è elementare, sembra scritto da un bambino di cinque anni. “Fa cacare”.
OK.
Però sentite una cosa. Anziché pensare che sia scritto da un bambino di cinque anni, fatemi un favore: smettetela VOI, di guardarlo con gli occhi di un bambino di cinque anni. Ci troverete una cosa che non si è mai vista: uno stravolgimento demenziale (pre-Zucker-Abrahams-Zucker) di tutto il cinema che vi piace, però diretto, scritto, musicato e interpretato dal cazzo di PANTHEON di quello stesso cinema che vien messo alla berlina. Un parco giochi per i migliori. Come se Balle Spaziali l’avesse diretto Lucas, e Lucas fosse ancora un regista rispettabile. Cose incredibili, appunto.
1941 è una farsa che ricerca l’effetto comico amplificando, parodiando, esasperando e deformando una caterva irripetibile di elementi del cinema bellico, avventuroso, action. Certo, il risultato ha tutte le caratteristiche della commedia, ma gli ingredienti sono il greatest hits del cinema americano dalla Seconda Guerra Mondiale agli anni Ottanta, sparati a volume undici – spingendosi molto più in là (e molti anni prima) di tutti gli action meta- e post- dell’ultimo decennio. Nell’epoca di Expendables e di stanchi sequel che si ostinano a fare seghe a nerd impotenti piazzando cataste immotivate di vecchie glorie di fronte alla macchina da presa e poi dimenticandosi di girare del cinema d’azione come cristo comanda, fa un effetto incredibile e rinfrancante vedere un film che attinge a piene mani da un immaginario ciclopico ed esaspera ogni cosa per il gusto di farlo, raggiungendo un ridicolo inevitabile ma assolutamente volontario. Il tutto – particolare non secondario – diretto da un regista talmente in formissima che solo due anni dopo avrebbe girato non sto nemmeno a dirvi cosa.
Sul serio, quanti altri esempi simili vi vengono in mente? True Lies? OK, True Lies erano Cameron e Schwarzie al top della forma che partivano da un canovaccio di commedia francese e dettavano legge senza prendersi sul serio; ma, senza nulla togliere a True Lies, «non prendersi sul serio» è un po’ diverso da «Dan Aykroyd che si infila una calza in testa e dice BZZZ SONO UNA MOSCA con due arance al posto degli occhi durante un attacco giapponese su Los Angeles». Se devo dire la verità, il film che mi è venuto in mente più spesso rivedendo 1941 – e non l’avrei mai immaginato – è Project A di Jackie Chan e Sammo Hung. Stesso gusto per la distruzione tramite sequenze elaborate, stesso uso dell’azione per fini comici, stesse coreografie matte. Non mi ricordavo la quantità infinita di disastri/esplosioni/incidenti, spesso buttati sullo sfondo con nonchalance, gratuitissimi. Non c’è carro armato che entri in campo senza sfasciare qualcosa, non c’è camionetta che parcheggi senza rovesciare un’impalcatura piena di gente. Stunt a buttare. Ovvio, manca un campione delle arti marziali come Jackie Chan. Però abbiamo un campione del cinema d’azione e avventura come Spielberg, va bene lo stesso? Quindi, al posto delle arti marziali, a perseguire i fini comici ci sono sequenze come la distruzione di un parco giochi da parte di un sottomarino giapponese COMANDATO DA TOSHIRO MIFUNE, e un incredibile inseguimento finale tra due cacciabombardieri che piroettano e si sparano l’un l’altro sopra Hollywood Boulevard, con John Belushi ai comandi di uno dei velivoli e, sull’altro, una coppia che cerca di scopare. Sul serio, io non so come sia possibile non amare questo film anche solo leggendone una descrizione.
E sempre parlando di Project A, che dire della giustamente famosa, splendidamente interminabile sequenza della rissa nella sala da ballo, in cui Treat Williams e Bobby DiCicco fanno a botte a ritmo di swing in mezzo ai ballerini, tra caprioloni sui tavoli e coreografie acrobatiche studiate al millimetro, fino a innescare una megarissa tra marinai e soldati a cui non ci credo che Jackie Chan non si sia ispirato quattro anni dopo per la sua megarissa tra marinai e poliziotti in Project A.
Un’altra cosa magari più scontata, ma che non mi ricordavo: 1941 ha un ritmo pazzesco. Tutti hanno criticato la sua struttura confusionaria, con le trame che si intrecciano a rotta di collo e i mille personaggi che spesso compaiono di punto in bianco senza uno straccio d’introduzione. Il problema è dovuto ai tagli (imposti dalla produzione dopo le prime, fallimentari proiezioni-test) che hanno ridotto la durata del film da 146 a 118 minuti. Esiste una director’s cut in Blu-Ray, ma a me – sarà che ci sono affezionato – la versione tagliata non dispiace. Non dico che renda migliore il film, ma di certo non stona: è appropriatamente caotica e crea un’accelerazione esponenziale del ritmo fino a un finale in cui tutte le catastrofi vengono al pettine. Inoltre, quasi tutti i personaggi sono interpretati da attori abbastanza famosi e/o carismatici da non rendere indispensabile una presentazione. E qui vi volevo.
Siamo tutti d’accordo, credo, che 1941 assembli uno dei cast più pazzeschi del mondo. Scusate se mi accanisco, ma quando parlavo di “esasperazione farsesca di svariati immaginari cinematografici” e dicevo “Expendables vergognatevi”, pensavo proprio a questo cast.
Boom: sul sottomarino giapponese ci sono TOSHIRO MIFUNE che fa l’ammiraglio giapponese e CHRISTOPHER LEE che fa il nazista, portando con sé un’eredità sterminata di vampiri Hammer, cattivi bondiani e samurai influenti (sappiamo bene che senza La fortezza nascosta non ci sarebbero Star Wars né il cinema avventuroso come lo conosciamo oggi). Sul versante comico: Belushi e Aykroyd, divinità del Saturday Night Live, più John Candy e John Landis (nel ruolo del motoclcistia polverosissimo), tutti futuri artefici dei Blues Brothers, esperti portatori di anarchia e – immagino – di una quantità inverosimile di sbarellamento sul set sotto forma di sostanze al gusto di droga. Il parco caratteristi, poi, è un paradiso di commozione: il prediletto di Peckinpah Warren Oates; Elisha Cook Jr., faccia di mille noir degli anni Quaranta; Slim Pickens, che ululava seduto sulla bomba in un’altra satira bellica che non sto a dirvi, e che qui FA LA CACCA; Robert Stack, attor drammatico-militaresco degli anni Cinquanta, qui nel ruolo del generale che Spielberg aveva pensato per John Wayne o Charlton Heston, i quali rifiutarono sdegnati di fronte a un film che ritenevano antipatriottico. Poi tutto il gusto di Zemeckis e Gale per l’umorismo basato sull’anacronismo “col senno di poi” (la scena con i giapponesi e la radio prefigura già cento gag di Ritorno al futuro) e Spielberg che prende per il culo sé stesso in maniera fin troppo smaccata, dall’ovvia scena iniziale fino alla stazione di servizio di Duel, con tanto di Lucille Benson.
È un caos, certo. «Caos» è la parola che si leggeva più spesso nelle recensioni dell’epoca, per lo più in senso negativo; le stesse frasi di lancio sulle locandine ripetevano «Paranoia meets pandemonium», ed è un riassunto efficace. Il punto, però, è che al netto dei tagliuzzamenti e della struttura traballante, il caos di 1941 non è un caos sciatto, non è il caos della “situazione sfuggita di mano” che lo stesso Spielberg si rimproverava. 1941 è un caos sistematico e metodico che procede a balzelloni verso l’obiettivo di creare ancora più caos. È un film che è stato creato con il principio della valanga dei cartoni animati, che rotola sempre più veloce inglobando abeti e sciatori e tutto quel che capita, finché non diventa abbastanza grande da travolgere tutta la cittadina a fondovalle. Ma non è una calamità naturale (quella, sì, sarebbe una “situazione sfuggita di mano”); qui è un atto distruttivo deliberato. 1941 dà la spintarella iniziale alla valanga, poi si diverte a buttarci dentro le cose più disparate per farla ingrandire, e nel frattempo costruisce, arreda e popola tutta la cittadina a fondovalle al solo scopo di devastarla con più gusto alla fine. Non è un caso che per realizzare la sequenza (poi mai girata) del siluro impazzito fosse stato chiamato proprio Chuck Jones, il re dei Looney Tunes.
Certo, è scemo, è elementare, è zoppicante – ma è anche una goduria infinita, il frutto di un momento irripetibile nella vita e nella carriera del regista. Anzi, uno dei vantaggi di vedere 1941 nel 2014 è la possibilità di paragonare quello Spielberg impazzito e spensierato all’idea di Spielberg che ci siamo costruiti nel ventennio successivo: bambini in controluce, sentimentalismo, patria, nazisti, Tom Hanks. Chissà che direzione avrebbe preso la sua carriera se il film avesse avuto successo.
Dimenticavo: dite quel che vi pare, ma la marcia di 1941 è il mio tema di John Williams preferito in assoluto, e prevede I CANNONI nella partitura. Cioè, è un pezzo che va suonato anche SPARANDO I CANNONI, tipo l’Ouverture 1812 di Čajkovski. Fate voi, eh. Ma provate ad ascoltarlo mentre vi preparate a uscire il venerdì sera: sarete più ringalluzziti, più aitanti, più belli, e mi ringrazierete.
Sempre che non abbiate sprecato tutto il weekend a leggere questo post.
httpv://www.youtube.com/watch?v=X9egCaKE3eE
DVD-quote suggerita:
«Il caso forse unico di un film che poteva essere un capolavoro, non c’è riuscito, e ha finito per essere un capolavoro lo stesso»
Luotto Preminger, i400calci.com
Questo e’ da sempre uno dei miei Spielberg preferiti, visto decine di volte (sempre rigorosamente in tv), e aiuta molto il fatto che Milius (la cui mano si sente eccome) abbia contribuito alla sceneggiatura.
Mi sempre piaciuto come 1941 possa essere sconclusionato, caotico e allo stesso tempo infilare citazioni e omaggi uno dietro l’altro senza stancare o perdere di ritmo. Veramente peccato che uno Spielberg e (un Milius) cosi’ non si siano mai piu’ visti.
Concordo: il film di Spielberg più sottovalutato e dimenticato; viene frainteso solo perchè sui credits c’è il suo nome: se ci fosse stato quello di Landis o di Ivan Reitman avrebbero gridato tutti al capolavoro.
Sinceramente, non mi spiego nemmeno il grosso flop e l’ostracismo da parte del pubblico americano; basti pensare che in quegli anni spopolava la serie tv di M.A.S.H., divenendo il programma televisivo più visto di sempre.
Gioiello visto almeno 5 volte :D! Il monologo “patriottico” di Dan Akroid è al 100% farina del sacco di Milius.
Filmone! corro a rivedermelo!
PS Luotto, I hear you quando si sceglie un film e gli amici dicono “fa cagare”, capitato N volte…..
Ah scusate, ma oltre alla battaglia di Los Angeles, c’è un fatto più concreto dietro 1941: http://en.wikipedia.org/wiki/Bombardment_of_Ellwood
Cinque altissimi…!! Visto al cinema e mi sono divertito come un cretino.
Il film è bello ma il retrogusto di occasione in parte persa rimane…sarà per uno spielbergo ancora acerbo e non propio avvezzo al genere…
Questo film mi ha sempre dato l idea di qualcosa che non poteva esistere in quanto contraria a qualsiasi logica, qualcosa proveniente da una realtà alternativa dove è normale che Spielberg produca robba simile e che Lee e mifune la interpretano, Hitler è stato fatto saltare in aria in un cinema a Parigi e Marcel marceu parla
“È un film che è stato creato con il principio della valanga dei cartoni animati”
Esatto. Che poi è lo stesso principio del cinema di Landis. La differenza principale sta nel fatto che 1941 è un’opera totalmente collettiva, in cui non c’è una storia o un accadimento o un personaggio che ha una maggiore rilevanza rispetto al resto. Utilizzo di stereotipi, autocitazionismo e autopresa per il culo, Belushi Aykroyd Mifune sottomarini parco giochi marinai che si menano, tutto quanto è sullo stesso piano. Tutto quanto ha lo stesso valore. Se esiste davvero una ragione per il suo flop, è questa. Mettere tutto sullo stesso piano è qualcosa di destabilizzante. Che io personalmente adoro.
Io l’ho sempre associato alle puntate classiche di Urusei Yatsura (Lamù), che partendo da situazioni più o meno normali terminavano con epiche risse di massa tra demoni marziani studenti insegnanti e vecchi giapponesi.
Ok. Quindi devo recuperare non un film ma due. Ok l’allerta meteo prevista per il week end non è più un problema
con questa recensione hai riportato l’equilibrio nella forza…. sono ancora in piedi e batto le mani…e soprattutto “LA RADIO MENTE!”
Lo vidi al cinema quando uscì e, diversi anni più tardi, ne acquistai la vhs (il dvd non ancora): dopo quello che ho letto, mi è venuta una grande curiosità per ciò che era stato sacrificato al montaggio e, nonostante il comune affetto per la theatrical version, il mio tergiversare per il passaggio al Blu-Ray ha subìto un altro duro colpo.
Fra le tante gag che non sembrerebbero da Steven Spielberg, icona irreprensibile, quanto da ZAZ del fortunato e di poco successivo «Airplane» (sempre con Robert Stack), c’è proprio quella iniziale con la nuda bagnante notturna, avvinghiata al periscopio; e tutto il personaggio di Nancy Allen, con la sua ninfomanìa d’alta quota, così stigmatizzata (mi pare da Tim Matheson):
– …Allora è una che lo piglia al volo!
Ed ecco un altro tassello alla rivalutazione della mia infanzia e adolescenza, quando “facevo schifo come i film che vedevo”.
La mia autostima adolescenziale avrebbe voluto conoscerti prima Luotto. La mia autostima attuale ringrazia.
Ma dai, non ci credo. Giusto ieri sera leggevo di 1941 nel libro sul making of di Indiana Jones :-D
Ok, mi è venuta una voglia incredibile di rivederlo.
Per la cronaca, l’ho guardato per la prima e ultima volta nello stesso momento di transizione tra “film dell’infanzia” e “voglia di distinguersi dalla massa” e non l’avevo apprezzato tanto quanto avrebbe meritato proprio perché ero ancora una piccola sbarbina inesperta.
Magari ora lo adorerò, chissà!
Tra l’altro nel libro dicono che il nazi cattivello de I Predatori dell’Arca Perduta a livello di schizzi preliminari aveva proprio l’aspetto di Christopher Lee, presente come nazi in 1941. E pure un braccio bionico/mitragliatore…ma questa è un’ altra storia :D
Intanto grazie a tutti per la comunella morale (intorno a questo film bisogna fare capannello, più siamo e meglio è) e per i contributi interessanti: Jax che ha segnalato una mia dimenticanza; Samuel, aisai e Marco che hanno fatto osservazioni pertinenti e molto più centrate di certe cose che ho scritto io. Belli tutti.
Spero che questa mattina abbiate riascoltato quel tema di John Williams, altro che la marcia dell’Impero.
Infine, una segnalazione per il Presidente (e per tutti) a proposito del nazista dei Predatori: in una scena tagliata di 1941 c’è la gag con Christopher Lee che arriva con un aggeggio che sembra uno strumento di tortura e poi si scopre che è un appendiabiti. Spielberg la tagliò, per poi rimetterla appunto nei Predatori :)
Concordo, film troppo sottovalutato…i più se lo ricordano solo per Belushi nel periodo d’oro, ma è solo la ciliegina sulla torta. L’unica cosa che veramente non ho mai digerito è il ventriloquo col pupazzo, ma per fortuna appare poco
Grazie! Ora hai innalzato nell’Olimpo uno dei film che ha segnato la mia infanzia… E mi hai fatto tornare voglia di rivederlo, al più presto. Ignoravo anche che esistesse la versione DC
thanks Luotto! me lo riguarderò uno di questi giorni goduriosamente, gridando: “Potere Dello Streaming A Me!”
Se fosse passato il meraviglioso titolo miliusiano, «JAPS», credo che il mio idolo John Wayne avrebbe potuto firmare il contratto a scatola chiusa, senza nemmeno dare una sbirciata al copione, ove necessario tappando pure la bocca al suo agente senza tanti complimenti.
«The Shootist» di Don Siegel (1976) era ed è perfetto, come ultimo atto di una carriera cazzuta durata mezzo secolo, il miglior testamento possibile e immaginabile.
Ma il Duca, sofferente, vagheggiava di tornare sul set con una commedia – «Beau John», era il titolo che girava – e lo scatenato kolossal di Spielberg poteva essere l’occasione giusta, prima di quel ferale 11 giugno 1979 (la sua ultima apparizione pubblica era stata in aprile, agli Oscar, con applausi in piedi anche da parte di Jane Fonda).
Too bad.
qualche sera prima ricordo che vidi la sfida del samurai…. caddi dalla sedia a vedere toshiro mifune!! che roba! film che adoro.
bella la recensione, grazie!
(spielberg cosa ti è successo?)
@luotto
al di là dei motivi affettivi con la versione cut, il BR integrale merita?
“Fa cacare? Chi l’ha detto!?”
“beh … la radio-”
BOOM !
“MENTE, la radio!!”
gh … sono una rana!
Luotto: che oro! :-D Recupererò BR e contenuti speciali!
Questo insieme a L’impero del sole sono i due film ingiustamente snobbati del mitico Spielberg
Be’, per capire bene la filosofia di john milius il film va visto obbligatoriamente. Purtroppo la pellicola di per sè, pur contenendo delle chicche e qualche bella trovata, non decolla mai e provoca qualche sbadiglio. E’ sicuramente un film non riuscito, ma con una sua importanza storica. Il citazionismo e i grossi nomi da soli non reggono. Le situazioni, pur potenzialmente divertenti, cannano sempre il bersaglio, e soprattutto non fanno ridere. Quello che prevale su tutto, anche sulle molte genialità della sceneggiatura, è la solita verve spielberghiana, che “la butta sempre in caciara”.
Ma Bob Gale non ha più fatto un cavolo dagli anni ottanta?
@ Onan Polanski: bella domanda. Credo che stia lavorando, con Zemeckis, all’adattamento musical di Ritorno al futuro – spero di non averti rovinato il weekend con questa notizia.
@ Samuel: secondo me sì (se riesci a trovarla)… ci sono lunghe scene come la cattura di Slim Pickens, e una presentazione dei tizi sulla ruota panoramica e del personaggio di Lionel Stander… Ne vien fuori un film più armonico e canonico nei ritmi, anche se a me piaceva appunto il suo essere anti-armonico e anti-canonico
Sapevate che John Wayne ho preso il cancro interpretando Genghis Khan in un film girato nel desero del Nevada dove facevano test atomici infatti è uno dei film maledetti invece John Candy e Jim Belushi rimasero vittime della maledizione della sceneggiatura di Ataturk chi la leggeva moriva,pensate un doppiatore di Simpson che era in lizza per la parte mori ucciso dalla moglie.
1941 ha scene geniali ma manca qualcosa per renderlo riuscito forse se ha dirigelo era Landis o Dante veniva meglio,o addiritura Rush guardate il suo Una coppia di sbirri.
Comunque il canale in chiaro Vero ultimamente fa film calcistici.
Ahh quanto lovvo questo sito. Recesione perfetta,non vedo l’ora di rivederlo.
io non amo questo film, lo adoro, uno dei miei film preferiti di sempre.
cast eccezionale, trovate geniali, come quella del generale Stilwell (mi pare si chiamasse così il personaggio interpretato da Robert Stack) che si commuove come un bambino guardando Dumbo, Warren Oates completamente fuori di testa con il suo “fammi sentire la mitraglia, si, fammi sentire il ta ta ta, e John Belushi al suo massimo, con il mitico, “Sayonara, figlio di puttana” dopo aver colpito l’aereo con i due che volevano scopare, mitico.
P.S. John Williams uber alles, possiedo anche la colonna sonora originale su CD.
Tra l’altro, ripensando a quello che diceva
@aisai
più ancora della sua natura “collettiva”, il grande atto anarchico di 1941 è la mancanza di una progressione narrativa. Se I Blues Brothers avevano l’orfanotrofio da salvare, premessa-sviluppo-conclusione, qui tutto succede senza senso oppure per errore, e in ogni caso non porta a niente. Sembra la versione catastrofica (e meno cinica) di certe commedie dei fratelli Coen tipo Burn after reading
Recensione capolavoro di un capolavoro.
Fortunatamente l’ho sempre visto da solo sbellicandomi dall’inizia alla fine.
Anch’io però ho vissuto un’analoga, terribile esperienza di gelo e imbarazzo con due amici: con il Grande Lebowski (ehi c’è un po’ di Mlius anche lì a pensarci). Io che mi divertivo e loro man mano sempre più gelidi. L’ultima mezz’ora è stata un incubo, non vedevo l’ora che finisse. Giuro che per anni non ho più avuto la forza di riguardarlo tanto lo ricollegavo a quella serata.
Mi tiro fuori dal coro anch’io: dopo questo pezzone, ieri sera l’ho rivisto tutto convinto di rivalutarlo ma purtroppo non è successo.
Forse il problema è proprio che nessun personaggio ha abbastanza spazio per emergere, sembra un collage (con scenografie deluxe) di sketch televisivi tagliati con l’accetta per stare nei tempi. Poi sembra tutto forzato, che so Belushi fa quasi la parodia di se stesso, ma appunto senza sorprenderti mai (spacca tutto come al solito, ma non c’è mai l’effetto di totale ribellione e anarchia di quando, che so, spacca la chitarra del neomelodico in Animal House o beve l’intera bottiglia di whisky).
In sintesi a me è sembrata la brutta copia di un film dei fratelli Marx ma senza i fratelli Marx e coi tempi comici tutti un po’ sfasati, non sono mai riuscito a ridere. Alla fine c’è da rallegrarsi che non abbia avuto successo, perché – essendo anche il suo unico esperimento di questo tipo – è chiaro che questo non è il territorio di Spielberg ma di John Landis (e pure dei fratelli Zucker, almeno all’inizio, han fatto molto meglio).
Fa cacare ! Regista, sceneggiatori e attori della madonna (niente da dire ) ma assolutamente nulla da salvare . Per togliermi il saporaccio di questo film dalla bocca quasi quasi ora mi vedo ( reggetevi forte ) sucker punch .
questo e` proprio il classico film dei disadattati disposti a martellarsi lo scroto per due ore e passare per “i cinefili originaloni” piuttosto che ammettere che e` una delle piu` mastodontiche cacate fumanti di rinoceronte mai passate al cinema
quando ho letto “capolavoro” mi si sono messe a ridere le palle, senza offesa per nessuno, ma non diciamo minchiate dai
https://www.youtube.com/watch?v=_aQhCTC3zfA
@Luotto
Secondo me diciamo la stessa cosa. La mancanza di una progressione narrativa è conseguenza diretta della mancanza di un protagonista singolo e di un punto di vista.
I Blues Brothers hanno la missione di salvare l’orfanotrofio. Seguono una serie di sub-missioni, riformare la band, trovare ingaggi, organizzare e fare il concertone, portare i soldi in tempo a Steven Spielberg. In tutto questo, i Blues Brothers ci sono sempre (vado a memoria, ma sono assenti solo in due scene: Cab Calloway coi bambini e Cab Calloway in scena). La struttura richiama quella del vecchio romanzo di ventura o dei film picareschi: queste missioni, assieme alle ospitate musicali, servono a rendere più digeribile il ritmo complessivo del film che è del tutto folle, giocato ampiamente sui tempi morti (una caratteristica comune a molti i romanzi picareschi e a moltissime commedie slapstick. L’esempio italiano migliore che mi viene in mente è Altrimenti ci arrabbiamo, che è PIENO di tempi morti che rendono i momenti esplosivi del tutto inattesi).
In 1941 lo spunto narrativo c’è ed è fortissimo: arrivano i Giappi. Solo che non c’è un protagonista come osservato speciale e di conseguenza si perde la progressione narrativa. Ed è una scelta voluta. In pratica è come prendere la scena dell’inseguimento di Blues Brothers e farci un intero film.
Secondo me la differenza fondamentale con un film come Burn after reading (o ancora di più con L’Uomo che non c’era, in cui la progressione narrativa è davvero assente: in BAF c’è ma è una presa in giro) è che l’obiettivo principale dei Coen è proprio quello di aggredire le convenzioni della narrazione (tempo e rapporti di causa effetto), mentre in 1941 questo è solo una conseguenza dell’obiettivo principale: che è produrre il caos e filmarne gli effetti.
@lars, vai tranquillo, nessuna offesa. Prossima volta che ti vedo ti sfascio il naso a crapate e ti dico “senza violenza”, ho capito bene come si gioca?
io sono d’accordo con l’ultimo commento di aisai ma non avrei saputo dirlo così bbene.
@Nanni
Puoi anche darmi fuoco, sempre meglio che farmi vedere questa nerchia di film…
Questo film non e` un capolavoro, e` una puntata di “Drive In” (quello di Antonio Ricci) ante litteram. Che poi nel mondo esistano estimatori di Drive In, evviva, sono contento per loro, ma non e` che questo renda Asfidanken e il Tenerone qualitativamente pari a uno show di Louis CK.
Ha un signor cast, ed evidentemente un sacco di soldi sono stati spesi per farlo, (comunque ci riusciva anche mia nonna eh), cio` non toglie che ha quel difetto che da solo ha il potere di distruggere qualsiasi commedia, ovvero: non fa ridere. Ma non e` che non fa ridere cosi` nella norma, 1941 non fa ridere a livelli da odio profondo. Ci sono scene che ti costringono con la forza a premere il tasto col quadratino. E` inutile fare il girotondo intorno al dito, una commedia che non fa ridere e` un film oggettivamente di merda, insalvabile, anni luce lontano dalla parola “capolavoro” e giustamente dimenticato nella filmografia spielberghiana. Poi oh, possiamo farci le seghe a 2 mani su quanto fica fosse l’idea di partenza, su John Milius, su John Candy, su John belushi, su tutta quella carne al fuoco che Spielberg (e probabilmente non soltanto lui) e` riuscito incredibilmente a smerdare. Non ho niente contro tutto questo, ma rende il film un capolavoro? Ma nemmeno per il cazzo. Punto.
A me queste rivalutazioni ricordano quel trend che andava tanto negli anni ’90 post pulp fiction (e che per fortuna adesso si e` molto ridimensionato), quando si rivalutavano a tutti i costi filmacci orribili di 30 anni prima come se fossero chissa` quali perle (poi scava scava, qualcuna c’era davvero eh, solo che erano molte meno di quanto tutti andassero urlando).
Poi oh, tu non l’hai mai detto a un tuo amico che stava dicendo una minchiata facendogli pat pat sulla collottola?
Cazzo Lars che figuraccia che ho fatto…
non sapevo che il film fosse oggettivamente una merda, non mi era arrivata la circolare, e allora ho scritto solo la mia opinione – che però a questo punto val meno di zero.
Mi sento stupido come Galileo quando il cardinal Bellarmino gli disse che il Sole girava oggettivamente intorno alla Terra e gli diede del disadattato.
@lars, il succo e’ questo: il film puo’ non piacerti, puoi non essere d’accordo con la recensione, puoi sicuramente conoscere qualche sfigato che va in giro a fare il fighetto millantando gusti che in realta’ non ha per scopi non meglio definiti e destinati al fallimento, ma qui c’e’ un pezzo lungo e dettagliato in cui non viene soltanto esposta un’opinione ma viene anche spiegata per filo e per segno. O la capisci ed esprimi il tuo accordo/disaccordo o non la capisci e chiedi spiegazioni, ma le accuse di “rivalutazioni per trend” le accetto solo dal primo imbecille semi-analfabeta che passa e dimostra 1) di non conoscerci e 2) non avere nemmeno voglia di farlo.
@Luotto
Non temere, sei ancora in tempo per salvarti: e` sufficiente tu faccia click col tasto destro del mouse sul file “1941.avi” nel tuo harddisk, e selezioni l’opzione “BRUCIA ALL’INFERNO”
no dai, seriamente. Non penso tu sia un disadattato, ma che hai detto una minchiata quando hai dato del capolavoro a 1941, si` lo penso. Far ridere non va (quasi mai) a opinioni, e` una cosa codificata, esistono regole, battute, situazioni, tempi comici, tutta roba che o la fai come va fatta, o smerdi. 1941 in questo fallisce miseramente, e questo penso sia oggettivo. Mi ami ancora o devo mandarti dei fiori?
@Nanni
Aspe`, io non sto accusando nessuno di un bel nulla. Ho semplicemente evidenziato il rischio che si corre quando si fanno questo genere di rivalutazioni da parte della critica, ovvero che a rivalutare una ciofeca come 1941 allora va bene ripresentare qualsiasi polpettone degli anni 70 con la scusa che “siccome la sceneggiatura una volta e` caduta sul piede della cugina di Sam Peckimpah… “.
@lars
ma tu pensi che chi l’ha visto e gli ha fatto cacare adesso dopo la rece lo rivede e griderà al capolavoro? no
invece chi non l’ha visto e adesso griderà al capolavoro vuol dire che è papabile per la sottoscrizione via paypal che nanni ha in mente da un paio di anni.
e cmq questo è un film che esercita, almeno su di me, un fascino soprattutto per l’intenzione ancora prima che per l’effettiva riuscita.
e se bisogna fare crociate ideologiche e moti di indignazione, un film caciarone e fracassone che non si prende mai sul serio è l’ultimo dei miei nemici.
@lars, molto semplicemente: quel rischio lo si corre soltanto quando non si danno spiegazioni alle proprie affermazioni o quando si racconta un solo lato della storia (e ci casca solo chi non e’ sicuro dei propri gusti). Non e’ il nostro caso e questo pezzo lo dimostra: non scappa davanti ai difetti evidenti del film, ma semplicemente li ribatte con pregi ritenuti talmente meritevoli da rendere il tutto comunque altamente consigliato a chi sa apprezzare quanto descritto. La dvd-quote e’ uno specchio abbastanza chiaro di questo atteggiamento. Si puo’ non aver capito a sufficienza e si puo’ ovviamente non essere d’accordo: qualsiasi altra reazione, per quel che mi riguarda, non ha senso.
Comunque, riflettendoci, per me lo Sbaglio principale nella scrittura è che in qualsiasi satira militaresca c’è un’opposizione tra la Struttura/Autorità e i protagonisti casinari che la mettono in discussione, e ogni singola gag oltre che la storia principale vivono tutte di questo conflitto (vedi MASH che ha citato qualcuno). Anche fuori dall’ambito militare, ad esempio Animal House è stato il primo a mettere alla berlina con successo l’istituzione del college.
Qua in 1941 invece manca DEL TUTTO la Struttura/Autorità verso cui ribellarsi e da prendere per il culo, e quindi la comicità è tutta incerta, senza direzione. Sono tutti scemi e spostati, non c’è niente e nessuno che rappresenti la Coerenza da ribaltare. Quindi ne risulta un cartone animato come dice Luotto nella rece, ma un cartone scemo per bambini di 5 anni. Se ridi, ridi solo per le battute grossolane su quella che lo piglia al volo o quello seduto al cesso, ma qua scendiamo a livello Vanzina.
In definitiva, per me la tentazione di rivalutarlo (come ammette anche un po’ Luotto nella rece) si poggia quasi tutta sull’effetto “Expendables”, cioè la presenza di quel cast stellare lì e poco o nulla d’altro. Però magari nell’action lo giustifico di più, ma nel comico no: visto che li avevo tirati in ballo, non ho difficoltà a dire che gli ultimi film dei fratelli Marx – non interamente per colpa loro anzi – fanno abbastanza pena, a confronto dei loro capolavori. E che, rispetto a 1941, tutti quelli coinvolti nel film hanno fatto cose di gran lunga migliori.
@DarkSW: io credo (e non sto cercando in questo modo di convincerti, le tue argomentazioni sono valide – cerco di spiegare ulteriormente il mio punto di vista e capire al contempo come mai a tanta gente 1941 faccia schifo); io credo, dicevo, che una parte del fascino di questo film stia al di fuori del film. Stia cioè nel rapporto tra 1941 e il Cinema e la Storia dentro cui si inserisce. Nel film manca l’autorità, è vero, ma a me il film piace anche perché lo riconosco come un sovvertimento di un’autorità che non sta DENTRO il film perché non ce n’è bisogno: sta FUORI, in un immaginario collettivo, in innumerevoli film di guerra, nella Storia stessa degli USA e nel modo in cui è stata raccontata, tramandata, assorbita. Poi a mio modo di vedere il film ha anche enormi pregi intrinseci, ma è vero che molto del suo fascino (e capisco che possa essere considerato un limite) è in questo rapporto con l’esterno, con il “classico” – una sorta di dialogo in cui 1941 risponde sempre urlando o facendo cose sceme, il che capisco benissimo che possa esasperare o far incazzare, ma a me affascina perché è fatto con sommo mestiere e intelligenza (e quest’ultimo punto lo difenderò fino alla morte).
Che poi tutti gli attori abbiano fatto di meglio non ho dubbi – nel 90% dei casi non sarebbero lì se non avessero preso parte a capolavori, e 1941 con quei capolavori non prova nemmeno a competere perché sta su un piano a sé (che secondo alcuni è il sottoscala, secondo me no).
Ricordo benissimo questo film perché piaceva molto a mio padre e lo riguardavamo ogni volta che “passava”. Penso che sia un po’ difficile dire che una cosa faccia ridere e cosa no, perché io per esempio lo ricordo molto divertente. John Belushi per me era un mito anche e soprattutto per questo film.
p.s.
Risentendo la marcetta di Williams mi è venuto in mente un programma RAI anni’80 che la riciclava bellamente, era Colosseum, qui un promo pubblicitario in cui si vede un pezzo della sigla:
https://www.youtube.com/watch?v=U52pcY_gHJY
Quanto spacca questo film! ^^ Anarchico, assurdo, divertente… Toshiro Mifune e Christopher Lee che si prestano a tutto ciò! :lol: C’ è una comparsata anche per Samuel Fuller! ^^
Ma come mai da noi Wild Bill Kelso è diventato Toro Bill!?! °_O Boh!
“concordo: il film di Spielberg più sottovalutato e dimenticato; viene frainteso solo perchè sui credits c’è il suo nome: se ci fosse stato quello di Landis o di Ivan Reitman avrebbero gridato tutti al capolavoro.”
Quoto! Può essere anche per questo! Fino a IPD’P è uno Spielberg piuttosto diverso.
Bello e poco conosciuto anche “1964:…” di Zemeckis! Proprio divertente! ^^
Pensa che dopo il flop de “La fantastica sfida” quest’ ultimo rischiava di diventare una meteora! Meno male che c’ ha pensato Michael Douglas!
“Questo film mi ha sempre dato l idea di qualcosa che non poteva esistere in quanto contraria a qualsiasi logica, qualcosa proveniente da una realtà alternativa dove è normale che Spielberg produca robba simile e che Lee e mifune la interpretano, Hitler è stato fatto saltare in aria in un cinema a Parigi e Marcel marceu parla”
:lol:
Dopo aver letto questa recensione, ho provato a guardare il film. Fin verso metà la storyline principale riguarda uno stupratore seriale violento che intimidisce e picchia ripetutamente un ragazzo che cerca di evitare che la sua ragazza venga violentata. Il resto sono gag di valore persino inferiore. Ora, il film è del 79, ma dubito che fosse divertente anche allora, ed il pubblico mi da ragione.
Questo film è meritatamente spazzatura.