All’inizio doveva chiamarsi Last of the Best, poi Kung Fu Killer, ma alla fine ha prevalso la tradizione tutta cinese, che trova le sue radici nel lontano “Project A” di Jackie Chan, di intitolare un film nel modo più vago e generico possibile, e così l’hanno chiamato Kung Fu Jungle: è l’ultima fatica del 2014 di Donnie Yen e non a torto molti l’hanno salutato come il canto del cigno di uno dei principali artisti marziali della scena hongkongese nonché personale amico della fazione asiatica dei 400 Calci.
Candidato ai recenti Sylvester come miglior atleta, Donnie ha portato a casa un misero quarto posto con neanche un centinaio di voti, ma c’era da aspettarselo: era l’unico 50enne in gara e si presentava all’interrogazione con un film che era tutto fuorché “potente”. La recensione di Special ID è mia e di appena due mesi fa, eppure ricordo solo due cose: la forma smagliante di Donnie e il suo ego ingombrantissimo, caratteristiche polarizzanti che ne facevano uno spettacolo divertente, ma artisticamente insalvabile.
Kung Fu Jungle è per certi versi l’anti-Special ID, una pellicola che vuole redimerne i peccati e mandare in pensione Donnie Yen con la coscienza pulita.

Pronti!
Questo mese Donnie è un ex istruttore di arti marziali, non più giovanissimo, in carcere da alcuni anni per aver involontariamente ucciso un avversario in combattimento; detenuto modello che aiuta gli anziani, seda le risse e aspetta pacificamente lo scadere della propria pena, si trova costretto a cambiare i propri piani quando un singolare serial killer inizia a prendere di mira i campioni di arti marziali del paese: attirata a suon di botte l’attenzione della polizia, che stipulerà con lui il patto standard “ti facciamo uscire perché sei l’unica persona al mondo in grado di aiutarci a risolvere questo caso” (l’espressione legale credo sia proprio questa), Donnie potrà condurre la sua personale caccia all’uomo, proteggere i suoi cari e raddrizzare i torti commessi.
La vera sorpresa è che il figo del film non è lui, ma il cattivo.

Guardete com’eri… Guardete come sei… Me pari tu’ zio
Più volte vedremo Donnie scherzare sulla propria età, fare qualche passettino indietro, atterrare 3 avversari quando un tempo ne avrebbe atterrati 9, ammettere di essere un po’ fuori allenamento. A conti fatti, i combattimenti che lo vedono protagonista sono tre in tutto: un uno-contro-tutti all’inizio, un inseguimento al centro e un grandioso uno-contro-uno nel finale. Nulla di cui lamentarsi, anzi. Le coreografie sono fantastiche, la sua tecnica perfetta come sempre e, per la prima volta nella sua carriera, less is more.
E mentre Donnie indaga, gioca a bocce e tuba con la morosa che ha 30 anni meno di lui (c’è sempre una morosa, nei film di menare cinesi, non me ne capaciterò mai), l’aspetto più prettamente action del film ricade sulle solide spalle di Wang Baoqiang: il suo serial killer di artisti marziali — zoppo, guercio, sfregiato e vedovo — è La Sfiga che cammina, ma è anche una forza della natura con cui fare i conti. Il suo folle piano, che prevede l’eliminazione dei maestri di ogni disciplina sul loro stesso terreno da gioco, offre l’occasione di mettere in scena una varietà di scontri mozzafiato in una varietà di scenari pazzeschi (squisitamente meta quello sul set cinematografico, dove l’avversario di turno di Wang lavora come stuntman) come in un perverso picchiaduro in cui assisti ai progressi del cattivo.

Tenete d’occhio questo tipo, diventerà lo stunt double di qualcuno.
Gli equilibri vengono ristabiliti, almeno formalmente, nella resa dei conti finale, una vera e propria maratona, quasi 15 minuti in cui Yen e Baoqiang si suonano ininterrottamente come tamburi nel suggestivo e ansiogeno scenario notturno di in una superstrada mediamente trafficata, ma nonostante il finale rassicurante, che vede il buono trionfare (fisicamente e moralmente) sul cattivo, il messaggio è chiaro: Donnie Yen ha ceduto il testimone, non necessariamente a Wang Baoqiang, ma alle generazioni future. È pronto a ruoli da maestro, vecchio saggio, personaggio di supporto: qualora ci fossero dubbi, nel finale più didascalico della Storia del Cinema, il personaggio di Donnie annuncia serafico di aver imparato che nella vita ci sono cose ben più importanti di essere il Numero Uno, mentre scorrono foto di lui che invecchia serenamente mentre la sua famiglia cresce e la sua scuola si allarga.

Indovinate chi ha appena imparato a fare le gif animate?
Ma come va in pensione (senza andare veramente in pensione — date un’occhiata a IMDb, Donnie ha almeno sette film in uscita nel 2015, tra cui spicca un Yip Man 3) (ma non aveva detto “basta con gli Yip Man“?) (forse intendeva “basta con gli Yip Man che non sono interpretati da me”) scusate, mi sono perso, dicevo: come va in pensione con la coscienza pulita una star che si è fatta la fama di egocentrico narcisista megalomane? Non solo ridimensionando il proprio ruolo, sia davanti che dietro la macchina da presa (rispetto a Special ID abbiamo anche un regista che fa il regista: è il veterano Teddy Chen Tak Sum che aveva diretto Donnie anche in Bodyguards and Assassins), ma pagando il proprio tributo al cinema hongkongese, non solo quello di arti marziali e non solo ai suoi protagonisti.
Kung Fu Jungle è pieno zeppo di cammei e strizzate d’occhio così palesemente indirizzate agli addetti ai lavori che neanche mi cruccio del fatto di averne mancate un buon 90%: da Andy Lau che fa la guardia carceraria a Jackie Chan che compare in una scena di Drunken Master in televisione, si passa per vecchie glorie ormai dimenticate, caratteristi, comparse di professione, coreografi, stuntmen, truccatori, addetti agli effetti speciali (tutti diligentemente catalogati nei titoli di coda)… Il Cinema è una cosa bellissima fatta da tante persone ognuna con un ruolo ugualmente importante e Donnie Yen vi ama tutti come fratelli. È una dichiarazione d’affetto genuina? È una bieca captatio benevolentiae? Ci interessa davvero? No, perché non siamo addetti ai lavori dell’industria cinematografica hongkongese — per una volta, siamo clienti soddisfatti.
DVD-quote:
“Il canto del cigno del gemello umile di Donnie Yen.”
Quantum Tarantino, I400Calci.com
Il problema di Donnie Yen agli scorsi Sylvester è che il film faceva pena. Sì ok gran bello scontro nel ristorante, ma poi? La roba di lui e della mamma la abbiamo già dimenticata? Era più incisivo The Protector 2. E davvero non avrei mai pensato di vedere dei buoni combattimenti buttati in modo peggiore di come fa The Protector 2.
Che Donnie vada in pensione mi dispiace, ma se questo è il prezzo da pagare per avere roba un filo più solida da parte sua allora meglio così.
per me il suo top resta ip man, però si è un attore che poteva vendersi assai meglio, ma probabilmente a certa gente manco interessa.
Ma porco cazzo ne ero rimasto lontano proprio per il titolo che più cretino non si può, e salta fuori che è fantastico. Sicuramente meglio che sapere che è una boiata… Recupero subito. Anche per quella bella gif.
Fotta a millemila, finalmente un film serio col caro Donnie dopo quella tragicomica ciofeca di Special ID!
Quoto pilloledicinema, grandi scontri (quello al ristorante in primis), ma film davvero da dimenticare, in particolare le terribili scene con la mamma (?!?)…
@Quantum, come lo vedi lo scontro finale di questo film, paragonato al leggendario combattimento tra Donnie vs Collin Chou (per me IL benchmark negli scontri 1 vs 1) al termine di Flashpoint? Siamo su quei livelli?
Segnalo che l’uscita di Kung Fu Jungle in Blu-Ray è prevista per il 23 febbraio nel Regno Unito…spero che scenda rapidamente di prezzo perché non vedo l’ora di comprarmelo!
P.S. in UK il film è chiamato “Kung Fu Killer” (salvo ripensamenti prima dell’uscita in home video).
Ma a me che ho visto giusto flashpoint e hip man, che consigliate di recuperare col Donnie?Oltre a questo, che sembra fighissimo, ovviamente.
John, almeno Sha Po Lang.
@John Matri, tra quelli del nuovo millennio senz’altro Kill Zone (SPL), fosse solo per i due scontri alla fine del film, e Legend of the Fist: The Return of Chen Zhen, tutt’altro che privo di difetti, ma con alcune scene davvero epiche.
Per quanto riguarda la sua filmografia più vecchia, direi Dragon Tiger Gate e Iron Monkey.
Per me dopo Sha Po Lang (SPL) Donnie può fare qualsiasi cosa. Questo non me lo perderò per nulla al mondo!
A me fa sorridere pensare che, oggi come oggi che il cinema cinese acquista sempre piu’ importanza commerciale, e’ piu’ facile che Stallone o qualcuno del suo calibro inizi ad accarezzare l’idea di accettare un ruolo semi-ingrato in un film di Donnie Yen piuttosto che il contrario (e Donnie che ha rifiutato gli ultimi due Expendables e’ il primo indizio).
Aggiunto nella lista. Almeno smetto di guardare quella gif
Film da recuperare,via alla pesca….
mà.. niente da fare, spl e flashpoint non sono stati sfiorati neanche a questo giro. il film é vedibile ma nulla di che. lo scontro finale di quel filmetto di special id è molto meglio di quasi tutto kung fu jungle, che però ha dalla sua una storia almeno accettabile. come film completi e ottimi dopo i sopracitati fortunatamente il nostro donnie può contare Wuxia e bodyguard e assassins.. attendiamo donnie al prossimo varco; può fare di meglio
combattimenti tosti e pure presenti in dosi massicce, il film si lascia guardare tranquillamente e ci si diverte di gusto, certo la sceneggiatura è un groviera con forzature continue ma il plot è stuzzicante. La regia supporta bene gli scontri e in generale è di discreta fattura. Uno spettacolino dimenticabile ma ugualmente molto divertente.