John McNaughton, in vita sua, ha fatto diverse cose più o meno interessanti, ma la più importante è stata prendere Michael Rooker e dirgli va’, sei un attore adesso. Con Henry: Portrait of a Serial Killer, McNaughton fece un favore grosso così all’umanità presentando Rooker, uno dei più grandi attori di tutti i tempi, come standard definitivo per le facce da pazzo. Dopo quel film lì, un thriller/horror cinico e brutale, si dedicò a tutt’altro, navigando tra commedie un po’ trash (Wild Things) e della televisione. Ha senso quindi che McNaughton sia tornato al genere scegliendo la faccia da pazzo che negli ultimi anni ha abitato i nostri sogni migliori: Michael Shannon. Come si può notare nel poster qui accanto, la sua figura predomina: con un 3/4 da manuale, la tua vita sarà breve e dolorosa. Lì di fianco, Samantha Morton, una di quelle attrici inglesi che film che vai, intepretazione impeccabile che trovi, potrebbe essere la moglie alle prese col marito pazzo e il figlio malato, lì sotto, un giovanissimo che sta lavorando molto e che promette grandi cose.
Essendo The Harvest un thrillerone pronto a esplodere in horror psicologico, personaggi e twist vanno a braccetto nella grande valle delle storie matte, e il primo twist sta già nella premessa: Michael Shannon è quello buono. Michael Shannon è lì che non ne può più, e Samantha Morton è proprio pazza da legare. Più pazza del pazzo che ci si aspetta da Shannon, pazza tipo Kathy Bates senza coltelli ma con un abusabile figlio malato terminale. Dopo una carriera di ruoli decorosi e mai neurologicamente deviati, ecco che quel genio di McNaughton è arrivato e le ha detto va’, sei una pazza anche tu adesso, e lei ci si è buttata dentro con la professionalità e la dedizione che fanno degli attori britannici i migliori attori in circolazione. È tutto filologico: McNaughton torna al genere, anche se in maniera diversa e senza un sadico omicida come protagonsita, sceglie una faccia incredibile che nessuno conosceva per certe sfumature e aspetta pure un paio d’anni per far uscire il film, proprio come era successo con Henry (gli anni erano 4 e il motivo era che nessuno ne voleva sapere a meno che non fosse uscito rated X). Cosa potrebbe andare storto? Quasi niente.
Di fatto, il lavoro di McNaughton su The Harvest è impeccabile: voleva girare un film classico e ha fatto ogni singola scelta in funzione di quello. L’ha girato in pellicola, ha scelto una colonna sonora a tutta orchestra, ha scelto una fotografia che sembra uscita dagli anni ’80 di Stand By Me, ha scelto due attori incredibili e li ha usati finché ha potuto. The Harvest vuole essere quel tipo di cinema che sa di essere cinema, drama, sceneggiatura, ma che non ha paura di sembrare finto o poco credibile. Credo faccia tutto parte di una certa vecchia scuola americana di cui fanno parte, ad esempio, anche Friedkin o lo stesso Rob Reiner: girare film con precisione, professionalità, consci del fatto che sia un lavoro, prima di tutto.
I problemi arrivano, prevedibilmente, sulla sceneggiatura. La premessa non è niente di che: ragazzino malato terminale, tenuto segregato in casa dalla madre protettiva, trova un’amica nella nuova vicina di casa che, con la sua invadenza, scoprirà i segreti della famiglia. Il twist in questione è fortunatamente molto buono, e aiuta il film a darsi una mossa nel momento in cui tutto sembra stagnare, ma i personaggi non vanno oltre la funzione narrativa per cui sono stati scritti e la storia non coinvolge mai abbastanza. Non ci fossero stati attori di quel calibro non saremmo qui a parlarne come un film decente, perché nonostante siano date tutte le motivazioni del caso e ogni comportamento sia, nei limiti, giustificato, passare da quella è pazza a ecco perché quella è pazza senza passare anche dal ridicolo ci vuole un certo lavoro.
Alla fine, The Harvest funziona come un film di trent’anni fa trovato per caso in una scatola in cantina: bello, ma sembra già vecchio.
DVD-quote:
“Per essere un film del 1987, sembra girato ieri”
Jean-Claude Van Gogh, i400Calci.com
sembra proprio il genere di cose che io guardo volentieri.
michael shannon mi piace un sacco. fosse per me lui dovrebbe fare il film su hitman. è uguale. non quella specie di orlando bloom che hanno scelto.
mi avevi già letto sul blog, confessa Jean-Claude :)
concordo con la rece, aggiungo che lo storytelling è molto efficace e la visione resta nel tempo, forse questo modo di fare cinema è ciò di cui davvero abbiamo bisogno
A me non è dispiaciuto. Sottoscrivo che la storia poteva essere gestita un po’ meglio, ma è abbastanza ben fatto e soprattutto ben interpretato per farti arrivare fino alla fine con interesse.
Curiosità: il soggetto di partenza (twist compreso) ricorda molto da vicino un celebre Dylan Dog, a sua volta ispirato a un fatto di cronaca (c’era scritto alla fine dell’albo mi pare). Per non spoilerare dato che è meglio se prima vedete il film, ora lascio molti spazi e poi lo scrivo ribaltato in fondo come nei rebus.
ʞɐǝɹɟ ʎuuɥoɾ
AH! Non mi ha lasciato i molti spazi, però almeno è ribaltato.
Eh si’ che era difficile indovinarlo…te possino…comunque sto film mi attizza…ma poi perché un film dell’87?
“[…]tutto parte di una certa vecchia scuola americana di cui fanno parte, ad esempio, anche Friedkin o lo stesso Rob Reiner: girare film con precisione, professionalità, consci del fatto che sia un lavoro, prima di tutto.”
ORO
Shannon tanta tanta tanta roba.
Guardatevi “senza freni”, passato inosservato ma godibilissimo.
Gran bel film,certo se al cinema volete cose irreali e botte voli improbabili dall inizio alla fine senza uno straccio di trama lasciate perdere….