Allora. Innanzitutto, scusate la latitanza, ma proprio in queste settimane ho traslocato (mi sono trasferito dallo sgabuzzino per le scope della Cobretti Mansion allo scantinato della Cobretti Mansion, che divido con la lavatrice senziente di Nanni) e dunque non ho avuto testa per tenere aggiornate queste pagine regolarmente. Detto ciò, passo subito a parlare dell’argomento che mi sta a cuore oggi e ve ne scrivo ascoltando i Genesis in sottofondo: The Martian.
Sarò breve: The Martian (tradotto incomprensibilmente in Italia con “L’uomo di Marte”) è un romanzo di Andy Weir, un programmatore con l’hobby della fantascienza. È anche il suo esordio e si vede: lo stile è abbastanza acerbo e piuttosto piatto. Detto fuori dai denti: The Martian è un romanzo con una bella idea ma tutto sommato scritto male. Perché ve ne parlo, allora? Perché è da questo libro che è tratto il prossimo film di Ridley Scott con Matt Damon.
E lo so, qui spesso il Ridley lo si chiama “il fratello scemo di Tony“, ed è innegabile che negli anni si sia terribilmente rincoglionito rispetto a un passato tra i più gloriosi e ineguagliabili della storia del cinema. Ma è anche vero che è sempre interessante vederlo tornare alla fantascienza, perché male che vada fa qualcosa di clamoroso, anche se è un pasticcio clamoroso (vedi Prometheus). E poi ho una teoria riguardo ai brutti libri (che non è solo mia, per la verità) che fa più o meno così: da brutti libri, di solito bei film.
The Martian, dicevo, ha un’idea di base forte – un astronauta rimane bloccato sul pianeta dopo che l’equipaggio della sua missione ha evacuato per una tempesta di sabbia fortissima, e deve tentare di cavarsela da solo e sopravvivere finché non arriveranno i soccorsi, ovvero dopo più di 400 giorni – ma un’esecuzione discutibile. Per dirne una, non c’è neanche una descrizione dei personaggi. NEANCHE UNA. Ora io non è che ci tenga al rispetto di presupposte leggi letterarie vecchie di millenni, sia chiaro, però insomma, almeno se uno è alto, basso, ha i denti storti o la fiatella che gli puzza di toscano vorrei saperlo, mi aiuterebbe a farmi un’immagine mentale del personaggio anche senza che mi si dica se ha gli occhi blu, i capelli viola e tre capezzoli. Invece niente, un piattume che non ti dico, nessun contesto ma solamente i fatti, quello che accade. Pensate che io sono totalmente frocio per Marte, mi affascina proprio come luogo della narrativa fantastica (penso si sia capito), eppure in questo caso Weir non è manco riuscito a trasmettermi questo. Che è anche interessante, fino a un certo punto di vista, perché il romanzo è narrato in prima persona dal protagonista (Mark Watney) e lui ODIA Marte, lo vede come un mondo inospitale, freddo, pericoloso, arido. Ci sta anche, ma dopo un po’ ho cominciato a chiedermi cose come “Ma se uno decide di fare l’astronauta e andare su Marte, avrà anche un minimo di fascinazione per quelle cose lì, no?”. E invece, per come la mette giù Weir, Watney ne esce come un coglione superficiale completamente fuori dal suo elemento, come se una mattina si fosse svegliato e qualcuno gli avesse citofonato chiedendo “Oh ti va di andare un attimo su Marte” e lui “Ok dai, dovevo andare dal dentista ma gli telefono”. Cioè, almeno un rapporto amore/odio? Una fascinazione che confina con la repulsione che confina con la fascinazione? No?
Però la storia c’è. Robinson Crusoe su Marte è un concept fico di per sé e Scott (e lo sceneggiatore Drew Goddard, che Dio lo benedica per sempre) ha tutto il diritto di tradire la fonte con estremo pregiudizio e scavar fuori un film degno di questo nome. I precedenti ci dicono che di solito funziona: Lo squalo e Il padrino sono tratti da romanzi ampiamente riconosciuti come inferiori ai film. Shining è considerato uno dei peggiori libri di Stephen King (non l’ho letto mai, mi baso su quel che si dice in giro, sentitevi liberi di sputtanarmi su questo). I figli degli uomini di Patricia Highsmith non si avvicina manco per scherzo al pugno in faccia che è il film di Cuaron. Di altri (Cobra, Rambo, Die Hard) manco ce li ricordiamo i libri.
The Martian arriva il 26 novembre. Speriamo di aver avuto ragione. E speriamo anche che lascino il titolo così com’è.
« Porta le chiappe su Marte! »
Il libro mi è piaciuto molto, l’ho divorato pur con tutti i difetti che George elenca. Speriamo che la trasposizione cinematografica riesca bene.
Finito da poco di leggere il libro. Stile un po’ scarno, ma la storia mi ha preso un casino. Quello che temo del film è che scivoli verso un approccio troppo serioso che finisca in atmosfere alla Apollo 13
E invece a me il libro è piaciuto molto, proprio per l’approccio scarno e diretto, al limite del manuale di istruzioni.
La storia poi è molto cinematografica, praticamente una sceneggiatura già scritta, tagliando qua e la.
Ho molte speranze e, quindi, molta paura di come alla fine uscirà il film.
Ma infatti il punto è proprio che è una sceneggiatura fatta e finita, la storia è forte ma i personaggi sono mal descritti. Per quello dico che è perfetto per il cinema.
Mi incuriosisce molto. Ho letto che c’è anche Sean Bean tra il cast. Che muore?
Uhm non credo!
Che Ridley Scott a quasi 80 anni riesca a girare un film ad alto budget all’anno, e quasi tutti di merda, rimane un grande mistero… forse dovrebbero farci un film.
a me più che scott preoccupa damon come protagonista che interstellar, in un ruolo che aveva delle cose in comune con il protagonista di questa storia, era ridicolissimo…
bah Matt Damon in Interstellar non mi è parso male (la scena del risveglio soprattutto)
cmq ho letto Lo Squalo e non è male ma non è così incentrato sul pesce e la sua caccia come il film e Una Splendida Festa Di Morte (titolo italiano di Shining hahah) non lo metterei tra i peggio riusciti di King, ma opinione mia
@George,
per l’angolo del rompicoglioni:
i figli degli uomini è di P.D.James, non della Highsmith.